• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE

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Atto a cui si riferisce:
C.5/06675 è un fatto riconosciuto che le problematiche inerenti ai figli di genitori separati rappresenta un'emergenza non solo sociale ma anche medico-sanitaria in costante crescita; la rottura...



Atto Camera

Interrogazione a risposta in commissione 5-06675presentato daTURCO Tancreditesto diGiovedì 15 ottobre 2015, seduta n. 503

TURCO, ARTINI, BALDASSARRE, BARBANTI, BECHIS, MUCCI, PRODANI, RIZZETTO e SEGONI. — Al Ministro della salute . — Per sapere – premesso che:
è un fatto riconosciuto che le problematiche inerenti ai figli di genitori separati rappresenta un'emergenza non solo sociale ma anche medico-sanitaria in costante crescita;
la rottura del nucleo genitoriale porta in quasi tutto il mondo occidentale alla frequente perdita della figura e del ruolo di uno dei due genitori, quello che ha occasione di trascorrere meno tempo con i figli, con conseguenti danni da «parental loss» e «childhood adversity»;
i danni sono chiari, sia da un punto di vista socio-sanitario sia medico scientifico;
nel primo caso si ricordano gli allarmi, spesso di fonte governativa, provenienti in primis dagli USA, Paese nel quale si è svolta molta ricerca sul tema, poiché l'ondata divorzista si è abbattuta quando in Italia o in molti Paesi europei non esisteva nemmeno la legge sul divorzio, sui minori che crescono senza il padre; sono documentati da tempo effetti sulla piccola criminalità, sulla dispersione scolastica, sul tabagismo, sulle gravidanze indesiderate, sull'uso di droghe e sullo status economico;
tra i tantissimi studi si citano: U.S. Department of Health and Human Services, National Center for Health Statistics, Survey on Child Health, Washington, DC, 1993; Carol W. Metzler, et al. «The Social Context for Risky Sexual Behavior Among Adolescents», Journal of Behavioral Medicine 17, 1994; Rebecca O’ Neill: «Experiments in living: the fatherless family», Civitas, The Institute for the Study of Civil Society, London 2009;
per i secondi si ricordano i danni bioumorali, ormonali e persino cromosomici derivanti dalla parental loss e dalla childhood adversity; tra i tanti si citano: 4-Opacka-Juffry et al.: «Experience of stress in childhood negatively correlates with plasma oxytocine concentration in adult men». Stress-2012 jan, 15 (1), 1-10; Epub 2011 jun 19; Patrick O Mc Gowan, Aya Sasaki et al., «Epigenetic regulation of the glucocorticoid receptor in human brain associates with childhood abuse», Nature Neuroscience, num.3, vol. 12, 2009; Janice K Kiecolt-Glaser et al: «Childhood adversity heightens the impact of later life care giving stress on telomere length and inflammation» Psychosomatic medicine 73: 16-22, 2011 8) Parental separation in childhood and adult inflammation: The importance of material and psychosocial pathways, Rebecca E. Lacey, Meena Kumari, Anne McMunn, Department of Epidemiology & Public Health, University College London, United Kingdom, Psychoneuroendocrinology 8 july 2013 PII. 50306-4530(13)00184-4doi:10.1016/j.psyneuen. 2013.05.007;
sul tema peraltro, tra il 1977 ed il 2014, sono stati pubblicati su riviste internazionali con revisione «peer in review» o in report governativi 76 studi fondati sul confronto tra affido materialmente esclusivo e affido materialmente condiviso e la loro valutazione esprime il pensiero della comunità scientifica basato su risultanze concrete;
tutti questi studi sono stati, infatti, analizzati in via metanalitica da due differenti ricerche (in parte sovrapposte) con parametri d'accesso differenti;
nella prima la professoressa tedesca Hildegunde Suenderhauf ha selezionato 50 studi pubblicati tra il 1977 e il 2013 includendo come criterio di affido materialmente condiviso anche i pochissimi studi che consideravano come tale la suddivisione 25-75 per cento, e ne ha analizzato le conclusioni: esse sono risultate inequivocabili;
solo due studi (cioè il 4 per cento) avevano dato risultati negativi per l'affido materialmente condiviso, undici o non avevano mostrato influenze oppure avevano mostrato alcuni effetti negativi neutralizzati da altri positivi (gruppo di studi detto neutrale o misto). Trentasette (cioè il 74 per cento), però, avevano prodotto inequivocabili risultati positivi per l'affido materialmente condiviso. (Suenderhauf 2013);
si precisa inoltre che uno di questi due studi negativi (quello di Mc Intosh del 2008) è stato fatto oggetto di censure per vizi metodologici e ridotte dimensioni della campionatura con l'effetto di essere poi stato parzialmente rinnegato dalla stessa autrice;
in questa casistica di 50 studi l'affido materialmente condiviso era rappresentato, come sopra accennato, da provvedimenti giudiziari che contemplavano una distribuzione dei tempi di coabitazione inclusa nel range 25-75 per cento fino al 50-50 per cento, con la massima concentrazione attorno al range 33-66 per cento;
l'International Council on Shared Parenting, sulla base della revisione della letteratura scientifica, ha stabilito nel convegno internazionale di Bonn del luglio 2014 come il miglior interesse standard del minore sia rappresentato da disposizioni giudiziarie che prevedano tempi di coabitazione e cura compresi fra il 66-33 per cento e il 50-50 per cento; più nello specifico nella revisione dei 50 studi sopra citati i risultati migliori si hanno proprio per la suddivisione paritaria dei tempi di coabitazione dei minori con i genitori;
una seconda metanalisi è quella della Professoressa Linda Nielsen che ha incluso 40 studi pubblicati tra il 1989 e il 2014 che paragonavano i risultati sul benessere della prole derivanti dall'affido materialmente esclusivo rispetto a quello materialmente condiviso, quest'ultimo inteso però come quella forma di affido in cui la prole trascorreva non meno del 35 per cento con ognuno dei due genitori, quindi con limite più alto rispetto a quello preso in considerazione dalla Professoressa Suenderhauf, nella prima parte di studi più sopra citati; le conclusioni sono state riassunte all'autrice in quattro punti:
a) l'affido materialmente condiviso era legato a migliori risultati per i minori di tutte le età per un vasto range di parametri emozionali, comportamentali e salute fisica;
b) non c'era nessun evidenza convincente che il pernottamento presso il padre o l'affido materialmente condiviso fossero collegati a risultati negativi per bambini anche piccoli di età 1-4 anni;
c) i risultati non sono positivi quando c’è una storia di violenza o quando i bambini non amano stare col padre;
d) anche se le coppie con affido materialmente condiviso dei figli tendono spesso ad avere entrate economiche più alte e minori conflitti verbali che gli altri genitori, questi due fattori non spiegano i migliori risultati per i figli;
a corollario di queste due metanalisi si trova poi la metanalisi di Warshak, pubblicata nel 2014 con l'endorsement di 110 studiosi internazionali, incentrata solo sulla revisione della letteratura internazionale disponibile inerente all'affido materialmente condiviso per i minori di anni 4 e che conclude affermando che «in generale i risultati degli studi considerati in questo documento sono favorevoli a piani parentali che più uniformemente bilanciano il tempo dei bimbi piccoli tra due abitazioni»;
non devono quindi stupire le recenti prese di posizione della società italiana di pediatria preventiva e sociale e del collegio, nazionale dell'Ordine degli psicologi a favore dell'affido materialmente condiviso e del doppio domicilio che hanno semplicemente anticipato la delibera del 2 ottobre 2015 del Consiglio d'Europa (doc. 13870 del 1o ottobre 2015) con la quale si invitano gli Stati membri, tra l'altro, a promuovere l'affido materialmente condiviso, definito nella relazione introduttiva come quella forma di affidamento in cui i figli trascorrono più o meno tempi eguali presso i due genitori;
purtroppo, l'attuale prassi giurisprudenziale italiana, con la sola eccezione del tribunale di Perugia, noncurante di tutti questi studi di riconosciuta valenza scientifica e spesso anche in contrasto con la lettera della legge che dovrebbe favorire la bigenitorialità, porta centinaia di migliaia di minori a vivere in condizioni di sostanziale mono-genitorialità, e circa il 30 per cento di loro a perdere contatto con uno dei genitori dopo la separazione, quando in Svezia, ad esempio, è solo il 14 per cento, con gravi conseguenze sulla salute psico-fisica dei minori;
tali prassi collocano il nostro Paese agli ultimi posti in Europa in quanto a difesa del diritto del minore alla bigenitorialità, come espresso in importanti ricerche comparative presso il Parlamento europeo, l'Alto Commissariato per i diritti umani dell'ONU ed in sede del quinto convegno europeo degli assistenti sociali, dall'esperto internazionale pediatra dottor Vittorio Vezzetti (in «A comparative research on european children and divorce – Scholar's Press», 2015-07-06 e rivista della Società italiana di pediatria preventiva e sociale, n. 1, 2015, anno X, pagine 8-13. I minori europei e il divorzio dei genitori), dati pienamente confermati dall'osservatorio della più importante piattaforma associativa d'Europa; Colibrì, presente in 18 Paesi europei con 46 associazioni –:
se sia a conoscenza di questi importanti risvolti sulla salute e quali siano gli orientamenti al riguardo;
se ritenga, anche in collaborazione con il Ministro della giustizia, di promuovere iniziative conseguenti di fronte a questa evidente contraddizione tra risultanze scientifiche, delibere del Consiglio d'Europa e prassi giudiziarie italiane, al fine di tutelare la salute delle generazioni future, che sempre più spesso si trovano a fronteggiare la separazione della propria coppia genitoriale, 80-90.000 minori ogni anno, secondo modalità tutt'altro che ottimali. (5-06675)