• C. 2096-A-bis EPUB BRAGANTINI Matteo, Relatore di minoranza

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Atto a cui si riferisce:
C.2096 [Decreto Finanziamento Pubblico ai Partiti] Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 dicembre 2013, n. 149, recante abolizione del finanziamento pubblico diretto, disposizioni per la trasparenza e la democraticità dei partiti e disciplina della contribuzione volontaria e della contribuzione indiretta in loro favore


Frontespizio Relazione
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 2096-A-bis


DISEGNO DI LEGGE
APPROVATO DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 12 febbraio 2014 (v. stampato Senato n. 1213)
presentato dal presidente del consiglio dei ministri
(LETTA)
dal vicepresidente del consiglio dei ministri
(ALFANO)
e dal ministro per le riforme costituzionali
(QUAGLIARIELLO)
di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze
(SACCOMANNI)
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 dicembre 2013, n. 149, recante abolizione del finanziamento pubblico diretto, disposizioni per la trasparenza e la democraticità dei partiti e disciplina della contribuzione volontaria e della contribuzione indiretta in loro favore
Trasmesso dal Presidente del Senato della Repubblica il 14 febbraio 2014
(Relatore per la minoranza: MATTEO BRAGANTINI)


      

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Onorevoli Colleghi! – Il testo approvato dalla maggioranza nelle Commissioni non può ritenersi soddisfacente, da un lato nel merito in quanto tradisce le aspettative dei cittadini rinviando di fatto l'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, dall'altro lato in quanto l'utilizzo della normativa d'urgenza rende il provvedimento in esame viziato rispetto ai profili di costituzionalità.
      Da molto tempo si dibatte nel Paese e nella società civile della questione del finanziamento della politica e con sempre più vivo interesse.
      È indubbio che esiste la necessità di intervenire sulla disciplina del finanziamento pubblico dei partiti, rispetto alla quale, specie nell'ultimo periodo, numerose sono le contestazioni sollevate da parte dei cittadini.
      Non si può infatti disconoscere che il referendum abrogativo della legge allora vigente sul finanziamento pubblico ai partiti, nell'aprile del 1993, ha visto ben il 90,3 per cento dei voti espressi a favore dell'abrogazione di questo sistema, nel clima di sfiducia seguito allo scandalo di «tangentopoli». E tuttavia la netta decisione popolare del 1993 è stata disattesa dal Parlamento, che, anche dopo l'abrogazione degli articoli 3 e 9 della legge 2 maggio 1974, n. 195, ha reintrodotto nel 1996 il meccanismo del finanziamento pubblico sotto il nome di «rimborsi elettorali».
      A fronte della diffusa disaffezione per la politica che si registra nell'opinione pubblica, si rende perciò necessario un superamento dell'attuale disciplina del finanziamento della politica, attraverso scelte che segnino una decisa discontinuità.
      La congiuntura economica internazionale degli ultimi tempi che ha investito anche il nostro Paese è stata accompagnata da un'evidente intensificazione del mal costume di politicanti affaristi inclini alla corruzione e alla collusione alimentando nell'opinione pubblica una disaffezione nei confronti della politica.
      Si è generato così in molti cittadini un sentimento diffuso di sfiducia nei confronti delle istituzioni, dei legislatori e degli amministratori.
      Spesso, infatti, quando si affronta il tema dei costi della politica si è inclini ad una generalizzazione qualunquista incapace di individuare in modo ampio e realmente riformatore soluzioni di lungo periodo capaci di cambiare radicalmente il sistema Paese. Queste premesse sono necessarie ad inquadrare la questione in modo non ideologico e pregiudiziale, intravedendo quale soluzione concreta di contenimento dei costi della politica e di contrasto al mal costume di politicanti speculatori, un'unica soluzione concreta, ossia, una profonda azione riformatrice volta a modificare l'asse attuale del sistema Paese.
      Il nostro Movimento Politico, la Lega Nord, senza se e senza ma, ha sempre sostenuto come fosse giusto, improcrastinabile e necessario abrogare le norme di finanziamento pubblico ai partiti. Senza demagogia, senza ipocrisia, abbiamo dimostrato nei fatti la nostra coerenza politica ogni qualvolta siamo stati chiamati ad esprimere con il nostro voto parlamentare questa posizione.
      Nella passata legislatura presentammo diverse proposte di legge ed emendamenti volti proprio a modificare la normativa che prevede il finanziamento pubblico ai partiti.
      Sempre nella passata legislatura abbiamo con nostre proposte chiesto che venissero bloccate le rate di finanziamento ai partiti e che queste risorse economiche fossero destinate ai territori colpiti dagli eventi sismici.
      Siamo però allo stesso tempo convinti che soltanto con l'entrata in vigore, prima del federalismo fiscale e poi di una reale riforma federalista dell'attuale assetto costituzionale, finalmente si possa trovare quel giusto equilibrio, che può essere sintetizzato nel «Vedo, Pago, Voto».
      Come Lega Nord, crediamo, in modo convinto, che se si affronta il tema dei «costi della politica» e dei necessari strumenti che debbono essere messi in atto al fine di invertire il trend negativo della storia di questa Repubblica, non possiamo dimenticarci delle riforme costituzionali e della riforma fiscale in un'ottica federalista.
      Una riforma, quella del federalismo fiscale, che interviene sull'assetto dei rapporti finanziari tra Stato, Regioni ed Enti Locali modificando in profondità il modello che ha regolato, fino ad ora, il finanziamento degli enti territoriali, al fine di rendere migliore il funzionamento delle amministrazioni, la qualità della spesa e gli equilibri di finanza pubblica.
      Prevedendo il superamento definitivo della «finanza derivata», con l'attribuzione a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni di autonomia di entrata e di spesa.
      Un sistema innovativo nel quale, superati i trasferimenti, le risorse finanziarie derivano da tributi ed entrate propri, da compartecipazioni al gettito di tributi erariali e dal fondo perequativo per i territori a minore capacità fiscale.
      Il passaggio dalla spesa storica, in virtù del quale ogni ente territoriale riceve finanziamenti parametrati sulla spesa in precedenza sostenuta, al costo standard è finalizzato, in ultima istanza, ad orientare la politica delle amministrazioni verso una nuova logica meritocratica che eviti le note inefficienze del passato e introduca nuove logiche manageriale di gestione delle risorse pubbliche.
      È una rivoluzione culturale che richiederà anche da parte delle amministrazioni un notevole sforzo di cambiamento delle tradizionali formule amministrative, ma che sicuramente nel medio-lungo periodo determinerà un miglioramento complessivo nella qualità dei servizi e nell'efficienze delle amministrazioni locali.
      Il secondo grande cambiamento conseguente alla riforma del federalismo fiscale è quello più propriamente incentrato sulla territorializzazione dei tributi locali, conformemente al principio costituzionale secondo il quale le Autonomie locali dispongono dei tributi generati dai propri territori. La «riferibilità» al territorio rappresenta un elemento rilevante non solo sotto il profilo strettamente finanziario, ma anche nella prospettiva del circuito della responsabilità politica che vede coinvolti gli amministratori ed i cittadini elettori.
      In conclusione, è evidente come solo attraverso questo approccio si riuscirà a promuovere un cambiamento radicale. Un percorso articolato e progressivo che verrà completato con l'entrata in vigore di una riforma federale dello Stato, l'abbandono del sistema del bicameralismo perfetto e la conseguente riduzione del numero dei parlamentari.
      Questa questione relativa alla riduzione del numero dei parlamentari, ha avuto un grandissimo rilievo mediatico nell'ambito del più complessivo dibattito sui tagli ai costi della politica e sulla riforma dell'ordinamento costituzionale. È necessario ricordare che il governo di centrodestra, nella XIV legislatura, aveva approvato la riforma della parte II della Costituzione nella quale venivano affrontati anche questi aspetti ma che è stata bocciata con il successivo referendum costituzionale.
      Tutto ciò detto, entrando nel merito del provvedimento in esame, è necessario fare alcuni ragionamenti per spiegare il motivo della nostra contrarietà.
      Il decreto legge in esame stabilisce l’ abolizione del finanziamento pubblico diretto ai partiti politici, relativo al rimborso delle spese per le consultazioni elettorali e ai contributi pubblici erogati per l'attività politica e a titolo di cofinanziamento. L'articolato del presente decreto introduce, inoltre, in violazione dei presupposti di costituzionalità dell'omogeneità delle norme contenute e del divieto di prevedere norme ordinamentali, ulteriori criteri per garantire la trasparenza e la democraticità dei partiti politici, prevedendo, tra l'altro, varie norme volte alla semplificazione, all'efficacia dei controlli e alla certificazione esterna dei rendiconti dei partiti politici.
      Il provvedimento in oggetto presenta diversi profili di criticità in ordine al rispetto dei profili di costituzionalità. L'utilizzo della normativa d'urgenza trova una giustificazione soltanto politica, infatti, il Governo stesso, mediaticamente, ha motivato il ricorso allo strumento del decreto-legge solo perché il disegno di legge, identico nell'articolato, già all'esame del Parlamento, rischiava di avere tempi per l'approvazione definitiva troppo lunghi. È palese quindi che il Governo abbia operato nella piena consapevolezza di travalicare i limiti costituzionali solo ed esclusivamente perché incapace di trovare una maggioranza parlamentare coesa.
      Pur se da un lato, è necessario ribadire, che si ritiene l'operato del Governo, nel caso specifico, opportuno sotto il profilo del merito, dall'altro lato, è inaccettabile, al fine della garanzia dello Stato di diritto, non evidenziare come tale articolato sia manifestamente incostituzionale. Proprio ai fini, quindi, della necessità di operare nella direzione che si intende perseguire con il provvedimento in esame, sarebbe grave convertire il presente decreto-legge, così viziato rispetto ai profili di costituzionalità, rischiando che la Consulta, chiamata ad esprimersi, possa dichiararlo incostituzionale, facendone conseguentemente venire meno gli effetti, violando, nei fatti, nuovamente la buona fede degli elettori che già nel 1993 avevano espresso, in occasione della consultazione referendaria, la loro chiara volontà di voler abrogare il sistema del finanziamento pubblico ai partiti.
      La mancanza dei requisiti della necessità ed urgenza sanciti ex articolo 77 della Costituzione si manifesta in tutta la sua gravità nelle norme transitorie che prevedono in sostanza l'abolizione definitiva del finanziamento pubblico ai partiti e i movimenti politici solo a partire dal 2017.
      Per l'ennesima volta il Governo utilizza lo strumento della normativa d'urgenza in modo improprio svuotando il Parlamento delle proprie prerogative.
      Il ricorso alla decretazione d'urgenza si configura ormai da anni come una forma di sbilanciamento e di forzatura degli equilibri dei poteri previsti dal dettato Costituzionale vigente, che ha spostato di fatto in capo al Governo ogni potere regolatorio ed imposto una compressione dei poteri legislativi delle Camere. Il continuo e reiterato uso della decretazione d'urgenza, come normale prassi legislativa, utilizzato dall'attuale Governo e che riprende una modalità introdotta dai precedenti, e più volte censurata dai richiami del Capo dello Stato e da numerose sentenze della Corte Costituzionale, produce da un lato un vulnus all'articolo 70 della Carta costituzionale, che affida la funzione legislativa collettivamente alle due Camere, e, dall'altro lato, uno svuotamento e una mortificazione del ruolo del Parlamento e dei parlamentari;
      In conclusione auspichiamo che, dopo le molteplici dichiarazioni di intenti e i proclami da più parti sbandierati si ponga finalmente mano realmente al superamento del finanziamento pubblico ai partiti ma soprattutto si giunga ad una riforma compiuta della Costituzione che permetta a questo Paese di dotarsi di un moderno sistema di governo funzionale, capace di superare i gangli della burocrazia, capace di valorizzare i territori e soprattutto capace di rendere il nostro Paese competitivo nel contesto Europeo ed internazionale.
      Tutto ciò oggi può essere realizzato da un lato valorizzando le identità sociali e culturali dei diversi territori che compongono il nostro Paese e dall'altro lato inseguendo il sogno di ridisegnare una nuova Europa che non sia soltanto unita dalla stessa divisa monetaria e articolata su una sterile partecipazione a quote ma sia capace di diventare un soggetto Politico a livello mondiale fondato sul rispetto delle differenze dei cento popoli che la compongono e unita da una medesima visione Politica.
      Solo se riusciremo in questo arduo compito restituiremo ai cittadini fiducia e speranza e soprattutto ridaremo sostanza al compito principale che spetta alla politica ossia l'impegno e la passione nella ricerca di soluzioni idonee e finalizzate al bene comune.

Matteo BRAGANTINI