• Testo DDL 1316

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Atto a cui si riferisce:
S.1316 Disposizioni in materia di unioni civili


Senato della RepubblicaXVII LEGISLATURA
N. 1316
DISEGNO DI LEGGE
d'iniziativa dei senatori SACCONI, BIANCONI, CHIAVAROLI e MANCUSO

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 14 FEBBRAIO 2014

Disposizioni in materia di unioni civili

Onorevoli Senatori. -- La famiglia è il cuore di ogni società umana, elemento imprescindibile per lo sviluppo dei popoli. Una società dove la famiglia e le reti familiari sono solide è una società robusta, capace di affrontare avversità e superare ostacoli che per singoli individui sarebbero insormontabili. È interesse primario di ogni società tutelarla e riconoscerne il ruolo sussidiario e sostenerla nel prezioso compito della cura e dell'educazione del figli.

La famiglia a cui ci riferiamo è quella fondata sul matrimonio, istituto che la storia dell'umanità conosce da sempre in quanto impegno pubblico di un uomo e di una donna di vivere insieme e crescere insieme i propri figli, all'interno di una trama di diritti e doveri reciproci. È questo il caso della famiglia definita dalla Costituzione come «società naturale fondata sul matrimonio», potenzialmente aperta alla procreazione e in quanto tale deputata a garantire la continuità generazionale sulla quale si fonda la sopravvivenza di qualunque comunità umana. Il matrimonio, che nel corso della storia è divenuto istituto di diritto pubblico in molti ordinamenti, compreso il nostro, assicura la tutela per i potenziali figli, salvaguardati da un'unione riconosciuta pubblicamente e da una responsabilità genitoriale che perdura indipendentemente dalla possibile interruzione del rapporto affettivo fra i coniugi.

È fondamentale quindi che alla famiglia fondata sul matrimonio, inteso in una concezione pubblicistica, venga dato il necessario sostegno da un punto di vista sociale ed economico.

Differente è il discorso dei diritti che il nostro ordinamento riconosce ai componenti di una coppia di fatto, riconducibili a un inquadramento prettamente privatistico. L'elenco delle previsioni normative attualmente vigenti è lungo, articolato, e copre anche voci che spesso sono evocate a fondamento della richiesta di un riconoscimento. L'estensione al convivente di diritti riconosciuti al coniuge, derivante dalla legge ordinaria o dalla giurisprudenza, esiste già in tema di assistenza da parte dei consultori, di interdizione e inabilitazione, di figli, di successione nella locazione o nell'assegnazione di un alloggio popolare. Il convivente di fatto ha titolo, a determinate condizioni, al risarcimento del danno subìto dall'altro convivente, e anche la legislazione sulle vittime di mafia o terrorismo non conosce trattamenti diversificati fra convivente e coniuge. Quello delle convivenze, anche se nel nostro paese tendono a precedere il matrimonio più che a sostituirsi ad esso, è un fenomeno in aumento, che la giurisprudenza, nel corso degli anni, tende a riconoscere, adeguandosi alle modificazioni del costume e della cultura diffusa. Anche recenti provvedimenti legislativi, come l'equiparazione dei figli nati dentro e fuori il matrimonio seguono questa direzione.

Una visione liberale della società concepisce uno Stato che entri il meno possibile nella vita delle persone: che, dunque, non invada con la sua potestà regolatoria la sfera dei liberi legami affettivi, ma si limiti a disciplinare e a dare forma giuridica alle unioni che rivestono una funzione sociale, e in quanto tali accanto al godimento di diritti contemplino l'adempimento di doveri e l'assunzione di responsabilità.

È utile, in questo senso, richiamare la sentenza n. 166 del 13 maggio 1998 con la quale la Corte costituzionale giunse ad affermare che la convivenza more uxorio «rappresenta l'espressione di una scelta di libertà dalle regole che il legislatore ha sancito in dipendenza dal matrimonio: da ciò deriva che l'estensione automatica di queste regole alla famiglia di fatto potrebbe costituire una violazione del princìpi di libera determinazione delle parti». È compito del legislatore rendere chiare anche quelle zone grigie ancora esistenti nel nostro ordinamento, permettendo al cittadino una immediata conoscenza dei propri diritti e un più facile esercizio del medesimi; e intervenendo, ove possibile, in supporto alla parte più debole all'interno di una relazione.

Il presente disegno di legge ha come scopo proprio quello di raccogliere in disposizioni chiare e determinate quanto la giurisprudenza in questi anni via via ha indicato, nella direzione del riconoscimento dei diritti individuali dei conviventi e di aggiungere quanto ancora non è stato riconosciuto, in ambito lavorativo, sanitario, o nel sostegno allo stato di bisogno di uno dei conviventi da parte dell'altro. Tali diritti devono essere garantiti senza distinzione tra coppie di sesso uguale o diverso e senza entrare nella natura affettiva o meramente solidaristica delle convivenze stesse.

La tutela della famiglia basata sul matrimonio, così come disegnata dalla nostra Carta costituzionale, che le dedica ben due articoli, il 29 e il 31, si pone quindi su un piano totalmente differente dal doveroso riconoscimento dei diritti individuali delle persone conviventi, che restano in ambito strettamente privatistico.

L'articolo 1 della legge richiama l'esclusività della famiglia fondata dal matrimonio, anche sulla scorta della sentenza della Consulta n. 138 del 15 aprile 2010. La Corte infatti ricorda come, con l'espressione «società naturale [...] si volle sottolineare che la famiglia contemplata dalla norma aveva del diritti originari e preesistenti allo Stato, che questo doveva riconoscere». Nella medesima sentenza si ribadisce come la nostra Costituzione contempli «esclusivamente il matrimonio tra uomo e donna».

L'articolo 2 individua i diritti dei conviventi. Al comma 1 si definisce la convivenza come il rapporto stabile tra due persone maggiorenni, non legate da vincoli di parentela né coniugate, che duri da almeno tre anni nel caso non vi siano figli comuni, e almeno da uno, quando vi siano figli comuni. L'inizio e la fine della convivenza sono stabilite dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223, per cui, agli effetti anagrafici si intende per convivenza «un insieme di persone normalmente coabitanti» per diversi motivi.

Il comma 2 stabilisce il dovere del convivente di sostenere l'altro, quando versi in condizione di bisogno, anche oltre la cessazione della convivenza, per un periodo di tempo proporzionato alla durata della convivenza stessa.

Il comma 3 prevede, ai fini del calcolo dell'Isee che i redditi del conviventi siano cumulati.

Il comma 4 dispone che in caso di morte di uno dei conviventi, all'altro sia riconosciuto il diritto di continuare ad abitare nell'immobile di comune residenza, se di proprietà del defunto.

Il comma 5 dispone che il convivente ha diritto di succedere in un contratto di locazione al convivente conduttore, quando quest'ultimo receda dal contratto.

Il comma 6 assicura, in caso di malattia o ricovero, il diritto di visitare e assistere il convivente, o i suoi familiari purché parenti di primo grado.

Il comma 7 estende al convivente la possibilità di usufruire di permessi retribuiti ai sensi della legge 8 marzo 2000, n. 53 (articolo 4, comma 1), qualora l'altro convivente, o familiari a suo carico (parenti di primo grado) siano gravemente infermi.

Il comma 8 consente al convivente, in caso di decesso dell'altro, di disporre delle modalità di trattamento del corpo e celebrazione delle esequie, a meno di disposizioni autografe contrarie.

Il comma 9 stabilisce che, alla morte del convivente, l'altro abbia diritto a un legato proporzionato, nel caso versi in stato di bisogno; il legato è da definirsi nei limiti della quota ereditaria disponibile.

Il disegno di legge non comporta oneri per la finanza pubblica e non necessita quindi di copertura finanziaria.

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

(Tutela della famiglia)

1. L'istituto del matrimonio, inteso come unione stabile tra un uomo e una donna, come previsto nel vigente ordinamento, è fondamento della famiglia, società naturale con diritti originari e preesistenti allo Stato, ai sensi degli articoli 29 e 31 della Costituzione. Alla famiglia, per la sua infungibile funzione sociale, sono riservate in via esclusiva le provvidenze e le agevolazioni sociali ed economiche previste dalla normativa vigente.

Art. 2.

(Diritti individuali dei conviventi)

1. La presente legge disciplina i diritti individuali e i doveri di due maggiorenni conviventi, non legati da rapporti di parentela né coniugati, a condizione che la convivenza duri stabilmente da almeno tre anni, in assenza di figli comuni, o almeno da uno, in presenza di figli comuni. L'inizio e la cessazione della convivenza sono stabiliti ai sensi dell'articolo 5, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223.

2. Nell'ipotesi di cessazione della convivenza, qualora uno dei due conviventi versi in stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento, l'altro deve prestare gli alimenti per un periodo successivo alla data della cessazione della convivenza, determinato in proporzione alla durata della convivenza stessa.

3. Per il calcolo dell'Isee i redditi dei conviventi sono cumulati.

4. In caso di decesso di uno dei conviventi, all'altro convivente è riconosciuto il diritto di abitazione nell'immobile di comune residenza, se di proprietà del defunto: tale diritto cessa in caso di matrimonio o di nuova convivenza.

5. In caso di recesso dal contratto di locazione dell'immobile adibito a residenza comune da parte del convivente conduttore, l'altro convivente ha diritto a succedergli nel contratto.

6. In caso di malattia o di ricovero del convivente, o di familiari a carico del convivente, purché legati da parentela di primo grado, l'altro convivente ha il diritto di visitarli e di prestare loro cura e assistenza.

7. In caso di documentata grave infermità del convivente o di familiari a suo carico, purché legati da parentela di primo grado, l'altro convivente ha diritto a permessi retribuiti ai sensi dell'articolo 4, comma 1, della legge 8 marzo 2000, n. 53.

8. In caso di decesso di un convivente, l'altro può disporre delle modalità di trattamento del corpo e di celebrazione delle esequie, a meno di disposizioni contrarie, effettuate in forma scritta e autografa.

9. In caso di decesso di un convivente, è attribuito al convivente superstite un legato, proporzionato al suo stato di bisogno e finalizzato al suo mantenimento, nei limiti della quota ereditaria disponibile.