• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE

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Atto a cui si riferisce:
C.5/10816    con sentenza 8 novembre 2016 n. 286 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale serie speciale n. 52 del 28 dicembre 2016), inviata alla Camera dei deputati e al Senato, la Corte...



Atto Camera

Interrogazione a risposta in commissione 5-10816presentato daGALGANO Adrianatesto diMartedì 14 marzo 2017, seduta n. 759

   GALGANO, TERROSI, PAOLA BOLDRINI, DURANTI, MALISANI, FITZGERALD NISSOLI, DI SALVO, VEZZALI, PANNARALE, GRIBAUDO, GIACOBBE, GARAVINI, NICCHI, LOCATELLI, ROSTELLATO, MARZANO, CARLONI, MARTELLI, RUBINATO e CENTEMERO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i rapporti con il Parlamento, al Ministro della giustizia . — Per sapere – premesso che:
   con sentenza 8 novembre 2016 n. 286 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale serie speciale n. 52 del 28 dicembre 2016), inviata alla Camera dei deputati e al Senato, la Corte costituzionale, pronunciandosi sulla questione di costituzionalità sollevata dalla corte di appello di Genova, ha dichiarato la illegittimità costituzionale della norma di sistema «nella parte in cui non consente ai coniugi, di comune accordo, di trasmettere ai figli, al momento della nascita, anche il cognome materno», estendendo la pronuncia anche ai figli nati fuori dal matrimonio o adottati;
   la sentenza ha una portata storica perché segna il superamento dell'attribuzione automatica del cognome paterno, già definita dalla stessa Corte costituzionale come «retaggio di una concezione patriarcale della famiglia» (C.C. n. 61/2006);
   come evidenziato nella stessa sentenza «..., in assenza dell'accordo dei genitori, residua la generale previsione dell'attribuzione del cognome paterno, in attesa di un indifferibile intervento legislativo, destinato a disciplinare organicamente la materia, secondo criteri finalmente consoni al principio di parità»;
   nonostante le numerose proposte di legge d'iniziativa parlamentare avanzate sin dagli anni ’80, la condanna nel 2014 della Corte di Strasburgo e la conseguente presentazione di un disegno di legge governativo, il Parlamento non ha approvato alcuna norma al riguardo: l'atto Senato, 1628, già approvato dalla Camera, è da oltre due anni all'esame del Senato unitamente ad altri disegni di legge;
   a due mesi dalla data di pubblicazione della sentenza, le problematiche connesse alla fase di sua prima e concreta applicazione risultano in gran parte non risolte;
   oltre alle necessarie misure amministrative ed organizzative, si impone un urgente adeguamento del quadro normativo, affinché sia dato doveroso seguito alle perentorie e chiarissime conclusioni della Corte sopra riportate –:
   se il Governo intenda adottare opportune iniziative, allo scopo di eliminare la persistente discriminazione dell'attuale disciplina di cui in premessa e dare piena attuazione, in linea con quanto emerge dalla sentenza della Corte costituzionale, ai principi di cui agli articoli 2, 3 e 29 della Costituzione (in modo da garantire il «diritto del minore all'identità personale unitamente al riconoscimento del paritario rilievo di entrambe le figure genitoriali nel processo di costruzione di tale identità», come rilevato nella sentenza 286 del 2016 della Corte costituzionale). (5-10816)