• C. 2139 EPUB Proposta di legge presentata il 26 febbraio 2014

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Atto a cui si riferisce:
C.2139 Disposizioni per la modifica o l'abrogazione di norme discriminatorie


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 2139


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
KYENGE, CARLO GALLI, FEDI, PICIERNO, FAMIGLIETTI, TIDEI, CHAOUKI, CIMBRO, QUARTAPELLE PROCOPIO, GARAVINI, MATTIELLO, GULLO, GASPARINI, GIUSEPPE GUERINI
Disposizioni per la modifica o l'abrogazione di norme discriminatorie
Presentata il 26 febbraio 2014


      

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Onorevoli Colleghi! La presente proposta di legge risponde alla necessità di procedere alla manutenzione del nostro ordinamento, da un lato eliminando definitivamente espressioni in aperto contrasto con i diritti dell'uomo e con il diritto dell'Unione europea e, dall'altro, armonizzando altre disposizioni alle recenti novità normative, approvate nel corso della presente legislatura; in particolare facciamo riferimento all'articolo 7 della legge 6 agosto 2013, n. 97 (legge europea 2013), riguardante le modifiche alla disciplina in materia di accesso ai posti di lavoro presso le pubbliche amministrazioni, casi EU Pilot 1769/11/JUST e 2368/11/HOME.
      Le norme della proposta di legge prevedono interventi di natura ordinamentale, volti a eliminare disposizioni discriminatorie e tra queste anche disposizioni disapplicate e mai abrogate: nella maggior parte dei casi non presentano, quindi, specifici problemi di copertura, potendosi far fronte ad alcuni eventuali adempimenti, quali l'aggiornamento della modulistica, ad invarianza della spesa.
      L'unica eccezione è contenuta nell'articolo 8 che riguarda il divieto di espulsione dello straniero marito di una donna in stato di gravidanza. Tuttavia si è in presenza di un numero esiguo di casi con un eventuale onere trascurabile per la finanza pubblica.
      La proposta di legge si compone complessivamente di dodici articoli. I primi due articoli, dopo quasi settanta anni, eliminano definitivamente dall'ordinamento italiano i riferimenti all'iscrizione al Partito nazionale fascista o alla Gioventù italiana del littorio, nonché all'appartenenza alla razza ariana. In questo modo si intende continuare nell'obiettivo avviato con la recente abrogazione delle disposizioni discriminatorie in materia di personale marittimo negro imbarcato sulle navi italiane, disposta dall'articolo 6 della legge 23 settembre 2013, n. 113.
      Più specificatamente, l'articolo 1 prevede che il Governo provveda a modificare l'articolo 4 del Regolamento per il personale civile di ruolo degli Istituti di prevenzione e di pena, di cui al regio decreto 30 luglio 1940, n. 2041. In particolare, si prevede l'eliminazione del requisito della razza ariana, attualmente previsto per l'ammissione ai concorsi del personale di ruolo degli istituti di prevenzione e pena. Si tratta di un'operazione di manutenzione dell'ordinamento poiché il requisito di appartenenza alla razza ariana non è più richiesto, in virtù dell'articolo 1, secondo comma, del regio decreto-legge 20 gennaio 1944, n. 25, che ha disposto la reintegrazione nei diritti civili e politici degli ebrei o delle persone considerate di razza ebraica. Nello specifico, per quanto attiene al personale di ruolo degli istituti di prevenzione e di pena, l'articolo 42 della legge 15 dicembre 1990, n. 395, recante «Ordinamento del Corpo di polizia penitenziaria», aveva genericamente già previsto l'abrogazione delle norme contenute nel regolamento per il personale civile degli Istituti di prevenzione incompatibili con la medesima legge.
      Si prevede l'eliminazione, inoltre, del requisito dell'iscrizione al Partito nazionale fascista, peraltro non più richiesto in virtù dell'articolo 1 del regio decreto-legge 2 agosto 1943, n. 704.
      L'articolo 2 prevede che il Governo modifichi l'articolo 5 del regolamento di esecuzione dei titoli I, II e III del libro II della legge postale e delle telecomunicazioni, di cui al regio decreto 19 luglio 1941, n. 1198. In particolare, è eliminato il requisito della razza ariana per il personale alle dipendenze del concessionario del servizio telefonico o telegrafico pubblico, da ritenere già abrogato per incompatibilità sopravvenuta, in virtù dell'articolo 1, secondo comma, del citato regio decreto-legge n. 25 del 1944, che ha disposto la reintegrazione nei diritti civili e politici degli ebrei o delle persone considerate di razza ebraica.
      Inoltre, si prevede una modifica allo stesso articolo 5 nel rispetto di quanto disposto dall'articolo 7 della citata legge n. 97 del 2013, che ha cambiato la disciplina in materia di accesso ai posti di lavoro presso le pubbliche amministrazioni contenuta nell'articolo 38 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, prevedendo l'accesso a tali impieghi, oltre che ai cittadini degli Stati membri dell'Unione europea, anche ai loro familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, nonché ai cittadini di Paesi terzi che siano titolari del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo o che siano titolari dello status di rifugiato ovvero dello status di protezione sussidiaria.
      L'articolo 3 prevede che il governo abroghi l'articolo 10, primo comma, punto 1, del regolamento di cui all'allegato A annesso al regio decreto 8 gennaio 1931, n. 148, riguardante il «Coordinamento delle norme sulla disciplina giuridica dei rapporti collettivi del lavoro con quelle sul trattamento giuridico-economico del personale delle ferrovie, tranviarie e linee di navigazione interna in regime di concessione».
      La proposta di abrogazione deriva dal fatto che la normativa contiene la previsione del requisito della cittadinanza italiana per l'ammissione al servizio in prova del personale delle ferrovie, tranviarie e linee di navigazione interna in regime di concessione. Anche tale disposizione dovrebbe ritenersi già implicitamente abrogata, a seguito dell'evoluzione normativa intervenuta, in particolare, con l'articolo 2, comma 3, del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998 (in materia di immigrazione), poiché contraria al principio di parità di trattamento tra lavoratore migrante regolarmente soggiornante e lavoratore nazionale, anche nell'ambito dell'accesso al lavoro, per effetto della ratifica da parte dell'Italia della Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) n. 143 del 1975. Tuttavia, la giurisprudenza di merito (tribunale di Milano, ordinanza del 20 luglio 2009 e tribunale di Torino, ordinanza del 13 ottobre 2013) ha sottolineato la necessità di procedere all'abrogazione espressa della norma in questione, dinanzi alla generalizzata applicazione della stessa da parte delle imprese del trasporto pubblico locale ed extralocale. Nonostante tale norma sia stata sottoposta a processo di delegificazione per effetto dell'articolo 1, comma 2, della legge 12 luglio 1988, n. 270, con il quale è stato introdotto il principio per cui le disposizioni contenute nel citato regolamento possono essere derogate dalla contrattazione nazionale di categoria, il requisito della cittadinanza viene ritenuto tuttora in vigore, non essendo mai stato derogato dai contratti nazionali collettivi di categoria. L'unica eccezione viene applicata in favore dei cittadini di altri Stati membri dell'Unione europea, che sono equiparati ai cittadini italiani per effetto dei Trattati europei e delle norme sulla libera circolazione e soggiorno di cui al previgente regolamento (CEE) n. 1612/68, ora regolamento (UE) n. 492/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio.
      L'articolo 4 apporta alcune modifiche agli articoli 119 e 133 del codice della navigazione marittima.
      In particolare, il comma 1, sostituisce il primo comma dell'articolo 119 che prevede, attualmente, il possesso della cittadinanza italiana o di uno degli Stati membri dell'Unione europea per l'iscrizione nel registro delle matricole della gente di mare. La norma esclude la possibilità d'iscrizione nel registro per i cittadini di Paesi terzi non membri dell'Unione europea e la modifica consentirà ai cittadini di Paesi non membri dell'Unione europea, regolarmente soggiornanti in Italia, di iscriversi nel registro.
      Infine, il comma 2 garantirà l'iscrizione nelle matricole del personale navigante anche ai cittadini dell'Unione europea e ai cittadini di Paesi terzi.
      L'articolo 5 modifica il comma 3 dell'articolo 5 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215, in materia di azione civile contro le discriminazioni.
      L'articolo 5 prevede che nelle cause per discriminazione collettiva, qualora non siano individuabili in modo diretto e immediato le persone lese dalla discriminazione, siano legittimate ad agire le associazioni iscritte nell'elenco previsto dal medesimo articolo. In tale elenco sono iscritte le associazioni che abbiano come finalità programmatica il contrasto alla discriminazione, oltre alle associazioni iscritte nel registro di cui all'articolo 52, comma 1, lettera a), del regolamento per l'esecuzione del citato testo unico sull'immigrazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999.
      Poiché il decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215, ha recepito la direttiva europea in materia di contrasto delle discriminazioni fondate sulla «razza o l'origine etnica» (direttiva 2000/43/CE), potrebbe ipotizzarsi che tale legittimazione non valga per i casi di discriminazione collettiva dello straniero (cioè delle discriminazioni fondate sulla «nazionalità»), essendo quest'ipotesi disciplinata dagli articoli 43 e 44 del citato testo unico sull'immigrazione (che non prevedono ipotesi di legittimazione ad agire delle associazioni, fatte salve le organizzazioni sindacali per le discriminazioni sul lavoro).
      A riguardo si segnala che vi è stato un vasto contenzioso sviluppatosi nell'ultimo quinquennio in materia. I giudici hanno in prevalenza risolto il problema mediante un'interpretazione estensiva della norma, riconoscendo la legittimazione attiva delle associazioni anche nei casi di discriminazione dello straniero. Tuttavia in una minoranza di casi la decisione è stata di segno opposto. Tale situazione è fonte di grande incertezza nell'azione delle associazioni e rende meno incisivo il contrasto alla discriminazione, ledendo l'essenziale principio di certezza del diritto. Inoltre, l'interpretazione restrittiva conduce a risultati particolarmente illogici ove si pensi che tutti i fattori di discriminazione prevedono la legittimazione particolarmente ampia di enti e associazioni (ad esempio, per età, convinzioni personali od orientamento sessuali sono legittimate tutte le associazioni «rappresentative del diritto o dell'interesse leso» senza la necessità di essere inserite in un apposito elenco; per la discriminazione di genere vi è la consigliera di parità), mentre per le discriminazioni verso lo straniero, statisticamente le più diffuse, non vi sarebbe un soggetto collettivo legittimato ad agire in proprio.
      L'articolo 6 modifica il comma 2 dell'articolo 28 del decreto legislativo 1 settembre 2011, n. 150, in materia di controversie riguardanti le discriminazioni, al fine di risolvere il problema della competenza territoriale nel giudizio antidiscriminatorio.
      L'ordinamento ha da sempre introdotto la competenza territoriale del luogo di domicilio del «ricorrente-discriminato» intendendo favorire il ricorrente persona fisica, spesso privo di mezzi per spostarsi sul territorio. Nel caso in cui tale previsione si applicasse anche alle associazioni, si avrebbe l'effetto paradossale di condurre il convenuto in giudizio in un tribunale probabilmente molto lontano, ad esempio nella sede legale dell'associazione a carattere nazionale, senza che ciò corrisponda a un effettivo interesse tutelato. Inoltre, anche il ricorrente individuale può aver interesse a che il giudizio si instauri, per evidenti ragioni di collegamento con il contesto, nel luogo in cui si è svolta la vicenda. È dunque assai più logico fissare una competenza alternativa come quella prevista dall'articolo 413 del codice di procedura civile, consentendo la scelta tra il luogo del domicilio e il luogo «dove è posta in essere la discriminazione denunziata» (con formula analoga a quella prevista dall'articolo 28 della legge n. 300 del 1970 in materia di comportamento antisindacale).
      L'articolo 7 prevede che il Governo apporti modifiche al citato regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999.
      La stipulazione del contratto di soggiorno, anche in relazione a rapporti d'impiego successivi a quelli collegati al primo ingresso in Italia e in relazione alle procedure di rinnovo del permesso di soggiorno, collide con il principio di parità di trattamento sancito dall'articolo 10 della citata Convenzione dell'OIL n. 143 del 1975, secondo cui le restrizioni nell'accesso al lavoro degli stranieri possono considerarsi legittime solo con riferimento alla fase di ingresso nel territorio dello Stato ospitante e non anche nei confronti di coloro che hanno già ottenuto un regolare permesso di soggiorno. Coerentemente con tale principio, si prevedono la soppressione dal comma 2-bis dell'articolo 13 (relativo alla previsione della subordinazione del rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro alla sussistenza di un contratto di soggiorno per lavoro) e l'abrogazione nel rispetto del medesimo principio, dell'articolo 36-bis del regolamento in oggetto, il quale stabilisce che l'instaurazione di un nuovo rapporto di lavoro comporti la sottoscrizione di un nuovo contratto di lavoro anche ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno.
      L'articolo 8 sostituisce la lettera d) del comma 2 dell'articolo 19 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, estendendo il divieto di espulsione per la donna in stato di gravidanza, o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio cui provvede, anche al marito, convivente della donna, nonché all'uomo che abbia provveduto al riconoscimento del nascituro ai sensi dell'articolo 254 del codice civile.
      La sostituzione della lettera d) viene effettuata per adeguare la previsione alla sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato l'illegittimità nella parte in cui non estende il divieto di espulsione al marito straniero convivente della donna in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio (sentenza n. 376 del 2000). Secondo la Corte costituzionale la norma, infatti, pur apprestando nella particolare materia dell'ingresso e del soggiorno degli stranieri nel territorio dello Stato una tutela adeguata nei riguardi della donna incinta e di colei che ha partorito da non oltre sei mesi, omette di considerare il diritto del minore a essere educato, ove ciò sia possibile, da entrambi i genitori ponendo, altresì, la donna di fronte alla drammatica alternativa di seguire il marito o affrontare la maternità da sola. In tal modo si viola il principio di «paritetica partecipazione di entrambi i coniugi alla cura e all'educazione della prole, senza distinzione o separazione di ruoli tra uomo e donna, ma con reciproca integrazione di essi» (sentenza n. 341 del 1991). La Corte ha ritenuto che «una volta parificata la posizione del marito convivente con la donna incinta o che ha partorito da non oltre sei mesi, con quella della stessa, deve essere esteso anche a tale soggetto il divieto di espulsione, salvo che sussistano i motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato», previsti dall'articolo 13, comma 1, del citato testo unico sull'immigrazione. L'ulteriore estensione del divieto di espulsione all'uomo che abbia provveduto al riconoscimento del nascituro ha lo scopo di recepire il divieto di discriminazioni fondate sulla nascita di cui all'articolo 21 della Carta europea dei diritti fondamentali e la conseguente illegittimità di ogni distinzione tra status e grado di tutela tra figli legittimi e figli naturali recepita con la legge n. 219 del 2012.
      L'articolo 9 modifica il comma 2 dell'articolo 1 del medesimo testo unico al fine di evitare che cittadini dell'Unione europea e cittadini italiani possano essere trattati in modo meno favorevole dello straniero cittadino di un Paese terzo.
      L'articolo 10 modifica alcuni articoli dello stesso testo unico, in materia di alloggio idoneo dello straniero. Attualmente l'idoneità dell'alloggio del richiedente il permesso per soggiornanti di lungo periodo e per i familiari deve essere dimostrata con riferimento ai parametri minimi previsti dalla legge regionale per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica, oppure a quelli igienico-sanitari, accertati dall'azienda sanitaria locale competente per territorio. Le modifiche proposte prevedono l'inserimento nell'articolo 5-bis, comma 1, lettera a), nell'articolo 9, comma 1, e nell'articolo 29, comma 3, lettera a), della definizione della nozione di «alloggio idoneo», in modo da evitare che l'immobile dello straniero debba essere di qualità decisamente più alta di quella usuale. Peraltro, si ricorda che ormai esiste nel nostro ordinamento il divieto di aggravio ingiustificato delle procedure, motivo per cui la presente proposta di legge allinea la questione ai princìpi della legge generale sull'attività pubblica contenuti nella legge 7 agosto 1990, n. 241.
      L'articolo 11 prevede abrogazioni di alcune disposizioni. In particolare, sono abrogati i commi 2 e 3 dell'articolo 3 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, che prevedono il requisito della cittadinanza italiana per ricoprire il ruolo di direttore di una testata giornalista o di un periodico. Successivamente l'articolo 9 della legge 6 febbraio 1996, n. 52, ha esteso tale facoltà anche ai cittadini appartenenti all'Unione europea.
      Le disposizioni in questione potrebbero ritenersi implicitamente abrogate per effetto della legislazione sopravvenuta, in particolare, del citato testo unico sull'immigrazione che equipara il cittadino di un Paese non membro dell'Unione europea regolarmente soggiornante in Italia al cittadino nazionale nell'esercizio dei diritti in materia civile (articolo 2, comma 2) e che prevede espressamente come discriminazione ogni comportamento che comprometta l'esercizio di un diritto fondamentale ovvero impedisca l'esercizio di un'attività economica legittimamente intrapresa da uno straniero regolarmente soggiornante in Italia, soltanto in ragione della sua condizione di straniero (articolo 43, commi 1 e 2).
      La tesi dell'abrogazione tacita della norma della legge sulla stampa relativa al requisito della cittadinanza italiana è stata fatta propria anche da taluni tribunali (ad esempio, Milano e Brescia), che hanno riconosciuto il diritto dei cittadini di un Paese non membro dell'Unione europea di assumere la direzione responsabile di giornali diretti alle loro comunità presenti sul territorio e questo sulla base anche delle norme di fonte internazionale relative alla libertà d'espressione quale diritto umano fondamentale (articolo 19 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, ratificato ai sensi della legge n. 881 del 1977).
      L'articolo 11 provvede, infine, ad abrogare l'articolo 113 del testo unico delle disposizioni di legge per le ferrovie concesse all'industria privata, le tramvie a trazione meccanica e gli automobili, di cui al regio decreto 9 maggio 1912, n. 1447.
      L'ultimo comma di tale articolo, in cui è richiesto che il personale debba essere di nazionalità italiana, è ancora vigente, mentre l'articolo 104 del decreto del Presidente della Repubblica n. 753 del 1980 ha disposto l'abrogazione di tutti gli altri commi.
      Infine, l'articolo 12 disciplina l'entrata in vigore delle disposizioni di cui alla proposta di legge.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Modifiche all'articolo 4, del regolamento di cui al regio decreto 30 luglio 1940, n. 2041, in materia di personale civile di ruolo degli Istituti di prevenzione e di pena).

      1. Il Governo, entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, provvede a modificare l'articolo 4 del regolamento di cui al regio decreto 30 luglio 1940, n. 2041, sopprimendo al secondo comma, le parole: «, appartenere alla razza ariana e, a seconda dell'età, essere iscritti al P.N.F. o alla G.I.L.» e, al terzo comma, le parole: «anche se non iscritti al P.N.F.».

Art. 2.
(Modifiche all'articolo 5 del regolamento di cui al regio decreto 19 luglio 1941, n. 1198, in materia di legge postale e delle telecomunicazioni).

      1. Il Governo, entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, provvede a modificare l'articolo 5 del regolamento di cui al regio decreto 19 luglio 1941, n. 1198; inserendo dopo le parole: «di nazionalità italiana» le seguenti: «o cittadino di Stati membri dell'Unione europea o cittadino di Paesi terzi» e sopprimendo le parole: «e di razza ariana».

Art. 3.
(Modifica all'articolo 10 del regolamento di cui all'allegato A annesso al regio decreto 8 gennaio 1931, n. 148, in materia di personale delle ferrovie, tranviarie e linee di navigazione interna in regime di concessione).

      1. Il Governo, entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge,

provvede ad abrogare l'articolo 10, primo comma, punto 1, del regolamento di cui all'allegato A annesso al regio decreto 8 gennaio 1931, n. 148.
Art. 4.
(Modifiche agli articoli 119 e 133 del codice della navigazione).

      1. Il primo comma dell'articolo 119 del codice della navigazione, è sostituito dal seguente : «I cittadini italiani, o i cittadini di Stati membri dell'Unione europea e i cittadini di Paesi terzi regolarmente soggiornanti di età non inferiore a sedici anni che abbiano i requisiti per ciascuna categoria stabiliti dal regolamento possono conseguire l'iscrizione nelle matricole della gente di mare».
      2. Il primo comma dell'articolo 133 del codice della navigazione è sostituito dal seguente: «Possono conseguire l'iscrizione nelle matricole del personale navigante, se di età non inferiore a quattordici anni e in possesso dei requisiti stabiliti dal regolamento, i cittadini italiani, i cittadini di Stati membri dell'Unione europea e i cittadini di Paesi terzi».

Art. 5.
(Modifica all'articolo 5, del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215, in materia di azione civile contro le discriminazioni).

      1. Al comma 3 dell'articolo 5 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «La legittimazione sussiste anche con riferimento alle discriminazioni previste dall'articolo 43 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286».

Art. 6.
(Modifica all'articolo 28, del decreto legislativo 1 settembre 2011, n. 150, in materia di controversie riguardanti le discriminazioni).

      1. Al comma 2 dell'articolo 28 del decreto legislativo 1 settembre 2011,

n. 150, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «ovvero il tribunale del luogo dove è stata posta in essere la discriminazione denunciata».
Art. 7.
(Modifiche al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, in materia di abolizione dell'obbligo di stipulare il contratto di soggiorno, per il rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato).

      1. Il Governo, entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, provvede a modificare il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, stabilendo che:

          a) al comma 2-bis dell'articolo 13 le parole: «alla sussistenza di un contratto di soggiorno per lavoro, nonché» sono soppresse;

          b) il comma 1 dell'articolo 36-bis è abrogato.

Art. 8.
(Modifica all'articolo 19 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in materia di previsione del divieto di espulsione esteso al marito della donna in stato di gravidanza).

      1. La lettera d) del comma 2 dell'articolo 19 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, è sostituita dalla seguente:

          «d) della donna in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio cui provvede, nonché, per tutto il periodo per cui la donna non è soggetta a espulsione, dell'uomo che abbia provveduto al riconoscimento del nascituro ai sensi dell'articolo 254 del codice civile e del marito convivente della donna».

Art. 9.
(Modifica all'articolo 1 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in materia di norma più favorevole da applicare ai cittadini degli Stati membri dell'Unione europea).

      1. Il comma 2 dell'articolo 1 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, è sostituito dal seguente:
      «2. Le disposizioni di cui al presente testo unico si applicano ai cittadini degli Stati membri dell'Unione europea e ai cittadini italiani solo se più favorevoli».

Art. 10.
(Modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in materia di alloggio idoneo dello straniero).

      1. Al testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) la lettera a) del comma 1 dell'articolo 5-bis è sostituita dalla seguente:

              «a) la garanzia da parte del datore di lavoro della disponibilità di un alloggio idoneo per il lavoratore. Si considera alloggio idoneo l'unità immobiliare che abbia destinazione d'uso residenziale e per la quale le amministrazioni competenti non abbiano messo in atto interventi atti ad impedirne l'utilizzazione quale abitazione»;

          b) il comma 1 dell'articolo 9 è sostituito dal seguente:
      «1. Lo straniero in possesso, da almeno cinque anni, di un permesso di soggiorno in corso di validità, che dimostra la disponibilità di un reddito non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale e, nel caso di richiesta relativa ai familiari, di un reddito sufficiente secondo i parametri indicati nell'articolo 29, comma 3, lettera b), e di un alloggio idoneo, può chiedere al questore il rilascio del permesso di soggiorno

CE per soggiornanti di lungo periodo, per sé e per i familiari di cui all'articolo 29, comma 1. Si considera alloggio idoneo l'unità immobiliare che abbia destinazione d'uso residenziale e per la quale le amministrazioni competenti non abbiano messo in atto interventi atti ad impedirne l'utilizzazione quale abitazione»;

          c) alla lettera a) del comma 3 dell'articolo 29 le parole: «di un alloggio conforme ai requisiti igienico-sanitari, nonché di idoneità abitativa, accertati dai competenti uffici comunali» sono sostituite dalle seguenti: «di un alloggio idoneo. Si considera alloggio idoneo l'unità immobiliare che abbia destinazione d'uso residenziale e per la quale le amministrazioni competenti non abbiano messo in atto interventi atti ad impedirne l'utilizzazione quale abitazione».

Art. 11.
(Abrogazioni).

      1. Dalla data di entrata in vigore della presente legge sono abrogati:

          a) l'articolo 113 del testo unico di cui al regio decreto 9 maggio 1912, n. 1447, e successive modificazioni;

          b) l'articolo 3, commi secondo e terzo, della legge 8 febbraio 1948, n. 47.

Art. 12.
(Entrata in vigore).

      1. Le disposizioni di cui alla presente legge entrano in vigore il trentesimo giorno successivo alla data di pubblicazione della medesima legge nella Gazzetta Ufficiale.