• C. 2496 EPUB Disegno di legge presentato il 27 giugno 2014

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Atto a cui si riferisce:
C.2496 [Decreto Risarcimento Detenuti] Conversione in legge del decreto-legge 26 giugno 2014, n. 92, recante disposizioni urgenti in materia di rimedi risarcitori in favore dei detenuti e degli internati che hanno subito un trattamento in violazione dell'articolo 3 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, nonché di modifiche al codice di procedura penale e alle disposizioni di attuazione, all'ordinamento del Corpo di polizia penitenziaria e all'ordinamento penitenziario, anche minorile
approvato con il nuovo titolo
"Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 26 giugno 2014, n. 92, recante disposizioni urgenti in materia di rimedi risarcitori in favore dei detenuti e degli internati che hanno subito un trattamento in violazione dell'articolo 3 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, nonché di modifiche al codice di procedura penale e alle disposizioni di attuazione, all'ordinamento del Corpo di polizia penitenziaria e all'ordinamento penitenziario, anche minorile"


Frontespizio Relazione Relazione Tecnica Analisi tecnico-normativa Analisi dell'impatto della regolamentazione (AIR) Disegno di Conversione Decreto Legge
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 2496


DISEGNO DI LEGGE
presentato dal presidente del consiglio dei ministri
(RENZI)
e dal ministro della giustizia
(ORLANDO)
Conversione in legge del decreto-legge 26 giugno 2014, n. 92, recante disposizioni urgenti in materia di rimedi risarcitori in favore dei detenuti e degli internati che hanno subito un trattamento in violazione dell'articolo 3 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, nonché di modifiche al codice di procedura penale e alle disposizioni di attuazione, all'ordinamento del Corpo di polizia penitenziaria e all'ordinamento penitenziario, anche minorile
Presentato il 27 giugno 2014


      

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Onorevoli Deputati! Con il presente disegno di legge si chiede la conversione in legge del decreto-legge 26 giugno 2014, n. 92, recante disposizioni urgenti in materia di rimedi risarcitori in favore dei detenuti e degli internati che hanno subito un trattamento in violazione dell'articolo 3 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, nonché di modifiche al codice di procedura penale e alle disposizioni di attuazione, all'ordinamento del Corpo di polizia penitenziaria e all'ordinamento penitenziario, anche minorile.
      Il decreto è finalizzato ad adottare alcuni interventi riguardanti la predisposizione di rimedi risarcitori in favore dei detenuti sottoposti a trattamenti tali da violare il disposto dell'articolo 3 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, resa esecutiva dalla legge n. 848 del 1955 (CEDU), nonché a operare alcune puntuali modifiche in materia di codice di procedura penale e di norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo n. 271 del 1989, riguardanti, nello specifico, gli obblighi informativi nascenti dall'incardinazione di procedimenti incidenti sullo stato di libertà di soggetti condannati da corti penali internazionali, le modalità di esecuzione delle ordinanze applicative degli arresti domiciliari e le modalità esecutive dei provvedimenti limitativi della libertà personale nei confronti degli imputati e condannati minorenni che, nel corso dell'esecuzione, siano divenuti maggiorenni. Infine, il decreto propone di operare alcune modifiche in materia di ordinamento della polizia penitenziaria e in materia di ordinamento penitenziario. Viene altresì prevista una specifica modifica al comma 2-bis dell'articolo 275 del codice di procedura penale, finalizzata a renderlo coerente con quelle contenute nell'articolo 656 in materia di sospensione dell'esecuzione della pena detentiva.
      In ordine al primo punto, il presente decreto è finalizzato a dare compiuta attuazione a quanto stabilito dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, in particolare nella sentenza dell'8 gennaio 2013 (causa Torreggiani e altri contro Italia, ricorsi 43517/09 più altri riuniti); in questa sede, i giudici europei (peraltro richiamando la propria giurisprudenza già intervenuta in materia) hanno stabilito che la situazione di sovraffollamento carcerario è suscettibile di violare l'articolo 3 della CEDU.
      Hanno quindi specificamente constatato che la situazione di sovraffollamento carcerario ha, in Italia, un carattere sistemico e hanno deciso di determinarsi con una «sentenza pilota» disponendo (paragrafo 97) che il nostro Stato dovesse, entro il termine di un anno dalla data di definitività della sentenza stessa, istituire un rimedio (o un insieme di rimedi) idonei a garantire una riparazione adeguata del danno sofferto a causa della sottoposizione a un trattamento detentivo contrario al citato articolo 3 della CEDU; in attesa dell'adozione, da parte delle autorità interne, delle misure necessarie sul piano nazionale, la Corte ha deciso di «rinviare», per il suddetto periodo, l'esame dei ricorsi non ancora comunicati e aventi come unico oggetto il sovraffollamento carcerario in Italia, riservandosi la facoltà, in qualsiasi momento, di dichiarare irricevibile una causa di questo tipo o di cancellarla dal ruolo in seguito ad un accordo amichevole tra le parti o a una composizione della controversia con altri mezzi. Viceversa, per quanto riguarda «i ricorsi già comunicati al governo convenuto, la Corte potrà proseguire il loro esame per la via della procedura normale» (paragrafo 101).
      Con le misure previste dal decreto-legge 1 luglio 2013, n. 78 (contenente una serie di modifiche in materia di esecuzione della pena), convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 94, e dal decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146 (che ha, tra l'altro, introdotto il beneficio della liberazione anticipata speciale), convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 10, il legislatore ha adottato degli interventi tali da influire sulla situazione strutturale di sovraffollamento carcerario – ottemperando quindi ad alcune direttive disposte dai giudici europei nella suddetta sentenza – e che già hanno determinato un sensibile calo numerico della popolazione carceraria.
      Sul punto, va altresì sottolineato che l'introduzione dell'articolo 35-bis della legge n. 354 del 1975, sull'ordinamento penitenziario (operata dal citato decreto-legge n. 146 del 2013), ha avuto, tra le altre, la finalità di consentire, a seguito di reclamo al magistrato di sorveglianza, l'immediata rimozione di situazioni tali da violare i diritti del detenuto, prevedendosi altresì uno specifico rimedio mutuato sullo schema del giudizio amministrativo di ottemperanza. Deve quindi ritenersi, sul piano prospettico, che la proposizione del rimedio risarcitorio previsto dal nuovo articolo 35-ter, introdotto dall'articolo 1 del presente decreto, sarà prevalentemente relativa a situazioni di fatto pregresse e comunque esaurite.
      Tanto premesso, con il presente decreto ci si propone di regolare la specifica materia inerente la liquidazione del danno conseguente alla violazione dell'articolo 3 della CEDU.
      L'articolo 1, comma 1, del decreto regola quindi la predetta materia introducendo l'articolo 35-ter della legge n. 354 del 1975, specificamente regolante la materia dei rimedi risarcitori conseguenti alla sottoposizione a trattamenti tali da violare il disposto dell'articolo 3 della CEDU.
      Viene quindi previsto (al comma 1 dell'articolo 35-ter) che, qualora il pregiudizio subito dal detenuto sia consistito nella violazione dell'articolo 3 della convenzione per un periodo pari o superiore a quindici giorni, il magistrato di sorveglianza possa disporre, su istanza del detenuto medesimo (proposta personalmente ovvero tramite difensore munito di procura speciale) e a titolo di risarcimento del danno, una riduzione della pena detentiva ancora da espiare in misura percentuale pari al 10 per cento del periodo durante il quale il trattamento penitenziario è stato tale da violare la disposizione suddetta.
      Si tratta di uno specifico rimedio che appare rispondente alle direttive emesse dai giudici europei e che la stessa Corte ha recentemente preso in considerazione nell'occasione in cui si è occupata di un caso omologo di sovraffollamento carcerario (sentenza Ananyev contro la Russia del 10 gennaio 2012, cui la sentenza Torreggiani significativamente rinvia più volte), allorché la Corte ha ribadito come in molte pronunce, ivi richiamate (paragrafo 222), sia stata riconosciuta l'adeguatezza del meccanismo di riduzione della pena apprestato da alcuni Stati come strumento riparativo per l'irragionevole durata del processo (si pensi, ad esempio, all'ordinamento tedesco, nel quale la riduzione di pena è stata utilizzata per indennizzare il condannato dell'eccessiva durata medesima).
      Pur riconoscendo, nella sentenza in oggetto, di non avere ancora deciso un caso in cui la riduzione della pena sia collegata, con intento riparativo, alla violazione dell'articolo 3 della CEDU (paragrafo 223), tuttavia la Corte è sembrata avallare indirettamente la legittimità del ricorso a questo rimedio «compensativo», impegnandosi a fissarne i presupposti e gli impliciti limiti (paragrafi 224, 225 e 226), quale ad esempio quello di operare soltanto nei casi in cui la riduzione di pena spettante per la detenzione sofferta in violazione del citato articolo 3 non sia pari o superiore alla pena da espiare.
      Conseguentemente, la previsione di una riduzione percentuale di pena, configurata quale rimedio risarcitorio di tipo compensativo, appare conforme alle esposte sentenze dei giudici europei.
      Il comma 2 dell'articolo 35-ter regola peraltro i casi in cui: a) il pregiudizio si sia protratto per un periodo inferiore a quindici giorni; b) il periodo di pena ancora da scontare non sia tale da consentire l'applicazione della predetta misura risarcitoria. In tali casi, il magistrato di sorveglianza – una volta operata la riduzione di pena in misura corrispondente alla pena detentiva ancora da espiare in relazione all'ipotesi di cui alla lettera a) – liquida altresì al detenuto, a titolo di risarcimento per equivalente, una somma di denaro in una misura che viene forfetariamente fissata in euro 8 per ogni giornata durante il quale sia stato riscontrata la sottoposizione a un trattamento carcerario tale da violare il disposto dell'articolo 3 della CEDU.
      Il comma 3 fissa le disposizioni applicabili ai soggetti che abbiano già terminato il periodo di espiazione della pena detentiva o che non si trovino più sottoposti a custodia cautelare (e per i quali il relativo periodo non sia computabile nella pena da espiare in riferimento al disposto dell'articolo 657 del codice di procedura penale).
      Assumendo quale presupposto la giurisdizione del giudice ordinario, vengono quindi stabilite alcune speciali disposizioni in materia processuale, prevedendo un termine di decadenza di sei mesi dalla cessazione dello stato di detenzione e la competenza per territorio del tribunale del distretto in cui l'attore ha la propria residenza, disponendo che il giudizio avvenga secondo le forme del rito camerale regolato dagli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile; vengono altresì richiamati, in riferimento alla liquidazione del danno, i medesimi criteri fissati nel comma 2.
      L'articolo 1, comma 2, del presente decreto, inserisce una modifica nell'ambito dell'articolo 68 dell'ordinamento penitenziario, che detta alcune disposizioni fondamentali relative allo status del magistrato di sorveglianza sotto il profilo ordinamentale. Viene quindi previsto, in diretta conseguenza con l'ampliamento delle materie sottoposte alla cognizione dello stesso, che questi possa avvalersi dell'ausilio di personale volontario, a propria volta individuato sulla base dei criteri contenuti nell'articolo 78 (regolativa della figura degli assistenti volontari designati dall'amministrazione penitenziaria al fine di partecipare all'opera di rieducazione e reinserimento).
      L'articolo 2 del presente decreto, proprio in riferimento alla specifica fattispecie regolata dal comma 3 del nuovo articolo 35-ter, detta (al comma 1) delle specifiche disposizioni transitorie; viene quindi previsto che i soggetti che non si trovino più in stato di detenzione alla data di entrata in vigore del decreto possano proporre azione risarcitoria entro sei mesi dalla medesima data. Il comma 2, al fine di favorire l'operatività dell'istituto di nuova introduzione e la conseguente deflazione del cospicuo contenzioso pendente davanti alla Corte europea, introduce un'ulteriore disposizione transitoria, sulla falsariga di quella prevista dall'articolo 6 della legge 24 marzo 2001, n. 89 (legge Pinto), finalizzata a consentire la proposizione del reclamo per violazione dell'articolo 3 della CEDU a tutti coloro nei cui confronti «non sia intervenuta una decisione sulla ricevibilità del ricorso da parte della predetta Corte» e prevedendo, in tal caso, che il reclamo debba recare (a pena di inammissibilità) la data di presentazione del ricorso di fronte alla Corte europea (comma 3). Viene altresì previsto (comma 4) che la cancelleria del giudice nazionale adito debba informare il Ministero degli affari esteri delle domande presentate ai sensi di tale disposizione nel termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto.
      L'articolo 3 del presente decreto predispone un intervento normativo a fronte di alcune doglianze rappresentate da tribunali e corti penali internazionali riguardanti la mancata comunicazione della pendenza di procedimenti incidenti sullo stato di libertà personale di soggetti condannati da questi organismi e detenuti in Italia.
      Pertanto, al fine di assicurare un tempestivo avviso a tali organismi, si prevede l'introduzione del comma 3-bis dell'articolo 678 del codice di procedura penale, stabilendo che i giudici di sorveglianza debbano informare, della pendenza di tali procedimenti, il Ministro della giustizia (fornendo idonea documentazione) e che quest'ultimo ne informi il Ministro degli affari esteri e, qualora previsto da accordi internazionali, ne dia successiva informazione all'organo internazionale che ha pronunciato la condanna.
      L'articolo 4 del presente decreto interviene sull'articolo 97-bis delle citate norme di attuazione del codice di rito; sul punto, va rilevato che l'attuale testo non contiene una specifica regolamentazione relativa alle modalità di esecuzione del provvedimento che dispone gli arresti domiciliari – all'esito di sostituzione della misura della custodia in carcere – nell'ipotesi, resa tendenzialmente di applicazione generale a seguito della modifica dell'articolo 275-bis del codice di procedura penale operata con il decreto-legge n. 146 del 2013, in cui venga disposto il controllo mediante strumentazione elettronica.
      Si ritiene quindi necessaria la riscrittura dell'articolo prevedendo, in particolare al comma 3, una norma specifica, che consenta al giudice – a seguito di segnalazione operata dal competente direttore dell'istituto penitenziario – di autorizzare il differimento dell'esecuzione dell'ordinanza sostitutiva, al fine di predisporre le necessarie misure di carattere tecnico per dare luogo ai controlli.
      Contestualmente, appare opportuno anche riformulare le vigenti disposizioni contenute nell'articolo 97-bis nel senso di chiarire gli specifici presupposti in presenza dei quali il detenuto, nei cui confronti sia stata applicata la misura sostitutiva, deve essere accompagnato presso il domicilio dalle Forze di polizia. Ciò in modo da evidenziare che la regola è quella in base alla quale il luogo di esecuzione può essere raggiunto senza scorta, fatta salva l'esistenza di specifiche esigenze di cui il giudice deve dare conto nell'ambito dell'ordinanza; a tal fine, le disposizioni contenute nel testo finora vigente sono trasposte nei commi 1 e 2 del nuovo articolo 97-bis.
      L'articolo 5 del presente decreto detta una specifica disposizione relativa all'esecuzione delle pene detentive, delle misure cautelari, delle misure alternative, delle sanzioni sostitutive e delle misure di sicurezza nei confronti di soggetti che abbiano da poco compiuto la maggiore età. Pertanto (in un'ottica sia di deflazione della popolazione carceraria sia finalizzata a differenziare il trattamento rieducativo nei confronti di soggetti in giovane età) si interviene sul testo dell'articolo 24 del decreto legislativo n. 272 del 1989, prevedendo che le disposizioni dettate in materia di esecuzione dei provvedimenti limitativi della libertà personale nei confronti dei minorenni si applicano a tutti i soggetti sottoposti a sanzione che non abbiano ancora compiuto il venticinquesimo anno e non più, come prima previsto, il ventunesimo.
      L'articolo 6 del presente decreto reca alcune specifiche modifiche in materia di ordinamento della polizia penitenziaria, contenute nel decreto legislativo 30 ottobre 1992, n. 443.
      La disposizione di cui al comma 1 è finalizzata a ridurre la dotazione organica del ruolo degli ispettori del Corpo di polizia penitenziaria e ad aumentare la dotazione organica del ruolo degli agenti e assistenti. A tale proposito, con l'istituzione nell'anno 2000 del ruolo direttivo del Corpo di polizia penitenziaria, infatti, i commissari hanno assunto funzioni che in precedenza erano svolte dagli ispettori. Tale circostanza rende opportuno rivedere l'organico del ruolo degli ispettori prevedendo la soppressione di 703 posti – numero corrispondente alla dotazione organica complessiva dei commissari – e, contestualmente, a parità di copertura finanziaria, aumentare la dotazione organica degli agenti e assistenti, per adeguare le piante organiche degli istituti penitenziari alle attuali, effettive esigenze; lo specifico intervento è quindi attuato mediante la sostituzione della tabella prevista dall'articolo 1, comma 3, del citato decreto legislativo.
      Le disposizioni contenute nel comma 2 sono finalizzate a modificare la durata del corso di formazione degli allievi vice ispettori del Corpo di polizia penitenziaria (come regolata dall'articolo 25 del decreto legislativo n. 443 del 1992), vincitori del concorso pubblico, prevedendo una riduzione dello stesso da diciotto mesi a dodici mesi e una correlativa, proporzionale riduzione del periodo massimo di assenze consentite (mediante un intervento sull'articolo 27).
      La durata del corso, come ridotta a seguito del presente intervento normativo, appare comunque idonea a garantire un'adeguata formazione del personale, consente di ridurre gli oneri finanziari che lo svolgimento del corso comporta e rende più rapido l'impiego operativo dei nuovi assunti, particolarmente rilevante in presenza di organici che presentano rilevanti carenze.
      Correlativamente, viene previsto (sempre con una modifica all'articolo 25) che gli allievi possano essere destinati a impieghi operativi dopo un periodo di corso proporzionalmente ridotto a otto mesi.
      L'articolo 7 contiene ulteriori disposizioni relative al personale in servizio presso l'amministrazione penitenziaria, che appaiono necessitate dalle particolari esigenze di servizio conseguenti all'attuale situazione carceraria. Viene quindi previsto (al comma 1) che, per un biennio, decorrente dalla data di entrata in vigore del decreto, tutto il personale appartenente ai relativi ruoli non possa essere destinatario di provvedimenti di comando o di distacco presso amministrazioni diverse da quella di appartenenza. Il comma 2 prevede che i provvedimenti di comando o distacco già adottati e che perdano di efficacia nel predetto biennio non possano essere rinnovati.
      L'articolo 8 contiene una modifica al comma 2-bis dell'articolo 275 del codice di procedura penale inerente alla materia del giudizio di proporzionalità e adeguatezza riservato al giudice della cautela, a propria volta sistematicamente conseguente al vigente testo dell'articolo 656 del codice di procedura penale, il quale prevede la sospensione dell'esecuzione della pena detentiva qualora la stessa non sia superiore a tre anni. Viene quindi previsto che le misure della custodia in carcere e quella degli arresti domiciliari non possano essere disposte quando il giudice della cautela ritiene, prognosticamente, che la condanna a pena detentiva possa essere contenuta entro tale limite.
      Tale innovazione, oltre che a esigenze di coerenza, è anche ispirata dalla finalità di disporre rimedi strutturali idonei a prevenire ulteriori situazioni di sovraffollamento carcerario (in rispondenza con altre disposizioni contenute nel decreto).
      L'articolo 9 prevede le disposizioni in materia di copertura finanziaria degli oneri derivanti dagli articoli 1 e 2, prevedendo altresì che il Ministro della giustizia provvede al relativo monitoraggio e riferisce in merito al Ministro dell'economia e delle finanze. Viene altresì previsto uno specifico meccanismo di salvaguardia in ipotesi di scostamento in aumento rispetto alle previsioni di spesa.
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RELAZIONE TECNICA
(Articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni).

        È stato esaminato il testo del presente decreto finalizzato, in particolare, ad adottare interventi urgenti riguardanti i rimedi risarcitori in favore dei detenuti sottoposti a trattamenti tali da violare il disposto dell'articolo 3 della CEDU; il provvedimento prevede inoltre modifiche al codice di procedura penale e alle norme di attuazione dello stesso in materia di obblighi di informazione nascenti dall'incardinazione di procedimenti ricadenti sullo stato di libertà di soggetti destinatari di condanne emessi da corti penali internazionali; disciplina altresì le modalità di esecuzione delle ordinanze applicative degli arresti domiciliari; interviene sulle modalità esecutive dei provvedimenti restrittivi della libertà personale nei confronti degli imputati e condannati minorenni che nel corso dell'esecuzione siano divenuti maggiorenni ed è teso ad apportare modifiche in materia di ordinamento della polizia penitenziaria e in materia di ordinamento penitenziario.

        Dal punto di vista finanziario si procede all'analisi degli articoli del provvedimento.

Articolo 1.
(Modifiche alla legge 26 luglio 1975, n. 354).

        L'articolo, che introduce l'articolo 35-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, regola la materia dei rimedi risarcitori conseguenti a trattamenti tali da violare i diritti del detenuto secondo il disposto dell'articolo 3 della CEDU.

        Nello specifico viene previsto (al comma 1 dell'articolo 35-ter) che qualora il pregiudizio subito dal detenuto sia consistito nella violazione dell'articolo 3 della convenzione per un periodo pari o superiore a quindici giorni, il magistrato di sorveglianza dispone, su istanza del detenuto, a titolo di risarcimento del danno, una riduzione della pena detentiva ancora da espiare nella misura del 10 per cento del periodo durante il quale il trattamento penitenziario è stato tale da violare la disposizione suddetta. Certamente tale riduzione di pena nella misura del 10 per cento ridurrà sensibilmente i costi derivanti dal mantenimento in carcere dei detenuti dando luogo a notevoli risparmi di spesa, seppur allo stato non quantificabili, in considerazione della variabile platea dei beneficiari di tale disposizione.

        Nel caso in cui, invece, il periodo di pena da scontare non sia tale da consentire l'applicazione della predetta misura risarcitoria (comma 2 dell'articolo 35-ter) il magistrato di sorveglianza liquida al detenuto una somma di denaro in una misura forfettaria fissata in euro 8 per ogni giornata in relazione alla quale sia stata riscontrata la

sottoposizione a un trattamento carcerario tale da violare l'articolo 3 della CEDU.

        Gli strumenti compensativi in esame si rendono quanto mai necessari alla luce della sentenza «Torreggiani» pronunciata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, cosiddetta «sentenza pilota» in virtù della quale lo Stato italiano è stato condannato al pagamento di circa 100.000 euro, per i sette ricorrenti, per accertata violazione degli standard minimi di vivibilità nelle strutture carcerarie, e al pagamento delle spese sostenute dai ricorrenti, ivi comprese quelle per onorari, pari a 1.500 euro pro capite.

        Dagli ultimi dati in possesso dell'amministrazione della giustizia, risultano attualmente depositati presso la Corte europea un numero di ricorsi pari a 6.829, in relazione ai quali e in mancanza dell'adozione di un sistema compensativo o risarcitorio «interno», si potrebbero manifestare ingenti esborsi finanziari per le condanne inflitte nei confronti dello Stato italiano, anche alla luce dei parametri utilizzati dalla Corte europea per il caso «Torreggiani».

        La Corte europea ha infatti accantonato l'esame dei ricorsi pendenti in attesa dell'istituzione del sistema di compensazione nazionale, da adottare entro un anno dalla data della citata sentenza, idoneo a definire sia i citati ricorsi che eventuali nuovi casi di violazione dei requisiti minimi di reclusione.

        Giova comunque rilevare che la proposizione del rimedio risarcitorio prevista dal nuovo articolo 35-ter è da riferire a situazioni di fatto pregresse e comunque esaurite, in relazione al progressivo miglioramento delle condizioni detentive riscontrate nell'ultimo periodo per effetto dei recenti provvedimenti in materia di riduzione della popolazione carceraria e del sovraffollamento, quali la realizzazione di nuove strutture, la riduzione mirata della pena, la messa alla prova dell'imputato, l'estensione delle misure alternative e il rimpatrio dei detenuti di altri Paesi.

        Si segnala al riguardo che i dati forniti dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria evidenziano una riduzione della popolazione carceraria, nell'ultimo periodo, pari a oltre 8.000 unità (dalle 67.897 rilevate al 31 dicembre 2010 alle 59.683 del 30 aprile 2014), e la sostanziale cessazione del fenomeno del sovraffollamento.

        Al fine di valutare l'impatto finanziario recato dalle norme in esame, si ipotizza prudenzialmente che il 50 per cento dei 6.829 ricorsi pendenti a Strasburgo siano da ritenere ammissibili (circa 3.415) e che il 10 per cento dei ricorrenti, trovandosi attualmente ancora in stato di detenzione, potrà usufruire dello sconto del residuo di pena. Il restante 40 per cento (circa 3.100) potrebbe ottenere, per accertata violazione dei diritti umani, il risarcimento di 8 euro giornalieri.

        La stima del 50 per cento è stata effettuata sulla base dei dati pervenuti dalla stessa Corte europea, la quale ha segnalato che a fronte dell'esame di 1.000 ricorsi depositati risultano ammissibili un numero pari a 500 (50 per cento).

        Considerando un periodo medio di violazione della CEDU pari ad un massimo di 18 mesi, l'onere per lo Stato può essere valutato in circa euro 13.392.000 (8 euro x 540 giorni x 3.100) per gli importi

risarciti e in circa euro 3.100.000 per il rimborso delle spese legali (3.100 procedimenti x 1.000 euro).

        Si ipotizza, altresì, un'ulteriore platea di potenziali ricorrenti nei confronti di organi diversi dalla Corte europea, valutata prudenzialmente in 2.000 istanze di risarcimento, a fronte delle quali si ritiene possano essere ritenute ammissibili, alla stregua dei ricorsi presentati alla Corte europea, in una misura pari al 50 per cento (1.000 ammessi), con riferimento a coloro che hanno terminato di espiare la pena detentiva in carcere e che possono proporre azione di risarcimento al tribunale del capoluogo di residenza, entro sei mesi dalla cessazione dello stato di detenzione, secondo il rito previsto dagli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile. Il risarcimento del danno, ove accertato, è liquidato con decreto nelle misure previste dal presente decreto.

        In tale platea di eventuali beneficiari sono altresì compresi i ricorrenti che, in applicazione dell'articolo 2 (Disposizioni transitorie) hanno cessato di espiare la pena detentiva e possono proporre l'azione di risarcimento, secondo i parametri contenuti nel provvedimento, entro il termine di decadenza di sei mesi decorrenti dalla data di entrata in vigore del decreto.

        Considerando un periodo medio di violazione della CEDU pari ad un massimo di 12 mesi, che potrebbe costituire, mediamente, la sommatoria di più periodi in relazione ai quali è stata accertata la violazione degli standard minimi di vivibilità nelle strutture carcerarie, l'onere per lo Stato può essere valutato in circa euro 2.880.000 (8 euro x 360 giorni x 1.000) per gli importi risarciti e in circa euro 1.000.000 per il rimborso delle spese legali (1.000 procedimenti x 1.000 euro).

        L'onere complessivo, da ripartire ragionevolmente nel triennio 2014-2016, è stimato nella misura di euro 20.372.000 (allegato 1), secondo la seguente ipotesi:

            2014 euro 5.000.000;

            2015 euro 10.000.000;

            2016 euro 5.372.000.

        L'articolo 1, comma 2, inserisce una modifica nell'ambito dell'articolo 68 dell'ordinamento penitenziario prevedendo che il magistrato di sorveglianza, in conseguenza dell'ampliamento delle materie sottoposte alla cognizione dello stesso, possa avvalersi dell'ausilio di personale volontario, la cui attività non può essere retribuita.

        Si sottolinea quindi la sostanziale neutralità finanziaria della stessa modifica.

Articolo 3.
(Modifiche all'articolo 678 del codice di procedura penale).

        L'articolo 3 prevede una nuova disciplina relativa alla comunicazione della pendenza di procedimenti incidenti sullo stato di libertà personale di soggetti condannati da corti penali internazionali e

detenuti in Italia. La norma in esame prevede difatti l'obbligo di un tempestivo avviso da parte del Ministro della giustizia agli organismi internazionali sulla base delle comunicazioni fornite dai giudici di sorveglianza.

        Tali adempimenti saranno espletati nell'ambito delle ordinarie risorse umane, strumentali e finanziarie assegnate al Ministero della giustizia e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Articolo 4.
(Modifiche alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale).

        L'articolo 4 del decreto interviene sull'articolo 97-bis delle disposizioni di attuazione del codice di rito.

        Il testo vigente non contiene una specifica regolamentazione relativa alle modalità di esecuzione del provvedimento che dispone gli arresti domiciliari anche nell'ipotesi in cui sia disposto il controllo mediante strumentazione elettronica e nel caso in cui non sia possibile dare esecuzione immediata alla scarcerazione, il giudice può autorizzare il differimento dell'esecuzione dell'ordinanza sostitutiva (sino ad un massimo di 48 ore), al fine di predisporre le misure necessarie di carattere tecnico per dare luogo ai controlli.

        La disposizione non determina nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.

Articolo 5.
(Modifiche all'articolo 24 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 272).

        Tale articolo detta una specifica disposizione relativa all'esecuzione delle pene detentive, delle misure cautelari, delle misure alternative e di sicurezza nei soggetti che abbiano compiuto da poco la maggiore età.

        Si prevede, quindi, che le disposizioni dettate in materia di esecuzione dei provvedimenti limitativi della libertà personale nei confronti dei minorenni si applicano a tutti i soggetti sottoposti a sanzione che non abbiano ancora raggiunto il venticinquesimo anno di età e non più il ventunesimo.

        Si segnala il carattere di sostanziale neutralità finanziaria recato dalla norma, con specifico riferimento alle spese di assistenza e mantenimento presso le strutture detentive interessate.

Articolo 6.
(Misure in materia di ordinamento del personale del Corpo di polizia penitenziaria).

        L'articolo 6 prevede modifiche in materia di ordinamento della polizia penitenziaria; in particolare la disposizione di cui al comma

1 è finalizzata a dare luogo alla riduzione della dotazione organica del ruolo degli ispettori del Corpo di polizia penitenziaria e contestualmente ad aumentare la dotazione organica del ruolo degli agenti ed assistenti. A tale proposito la norma interviene sull'organico del ruolo del Corpo di polizia penitenziaria, prevedendo la soppressione di 703 posti di ispettore, le cui funzioni sono state assorbite dai commissari dopo l'entrata in vigore del decreto legislativo n. 146 del 2000 che ha istituito il ruolo direttivo speciale del Corpo di polizia penitenziaria, e il contestuale incremento di un contingente pari ad un massimo di 907 posti nel ruolo degli agenti ed assistenti.

        Tale operazione consentirà una maggiore flessibilità nell'assegnazione del personale necessario ad adeguare le piante organiche alle effettive esigenze degli istituti penitenziari, con effetti finanziari di sostanziale neutralità, a parità di organico complessivo, in relazione agli oneri stipendiali fissi ed accessori (Allegato 2). La norma, inoltre, non apporta modifiche al vigente regime in materia di turn over.

        Si prevede altresì la riduzione della durata del corso di formazione degli allievi vice ispettori, da 18 a 12 mesi, al fine di rendere più rapido l'impiego operativo dei nuovi assunti e con effetti virtuosi di risparmio in relazione ai costi di formazione attualmente sostenuti dall'amministrazione penitenziaria.

        In merito a ciò, non potranno che aversi notevoli risparmi di spesa, seppure allo stato non quantificabili.

Articolo 7.
(Misure in materia di impiego del personale appartenente ai ruoli del Dipartimento della Amministrazione penitenziaria).

        La disposizione è dettata da particolari esigenze di servizio conseguenti all'attuale situazione carceraria.

        Viene previsto che, per un biennio, il personale dei ruoli del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria non possa essere destinatario di provvedimenti di comando o distacco presso altre amministrazioni diverse da quella di appartenenza (comma 1).

        Il comma 2 prevede che i provvedimenti di distacco o comando già adottati e che vengano a perdere di efficacia nel predetto biennio non possano essere rinnovati.

        La norma presenta aspetti di sostanziale neutralità finanziaria dando comunque luogo a un recupero di personale prestante servizio presso altre amministrazioni.

Articolo 8.
(Modifiche all'articolo 275 del codice di procedura penale).

        La disposizione è finalizzata a prevenire ulteriori situazioni di sovraffollamento attraverso una modifica al codice di procedura penale, con la quale viene previsto che le misure della custodia

cautelare in carcere o quella degli arresti domiciliari non possano essere disposte quando il giudice della cautela ritiene che la condanna a pena detentiva possa presuntivamente rientrare entro il limite dei tre anni.

        Tale disposizione non determina nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.

Articolo 9.
(Disposizioni di natura finanziaria).

        Il decreto prevede una copertura finanziaria, in relazione agli articoli 1 e 2, su base triennale, così articolata:

            agli oneri derivanti dalle disposizioni di cui agli articoli 1 e 2, valutati in 5.000.000 di euro per l'anno 2014, in 10.000.000 di euro per l'anno 2015 ed in 5.372.000 euro per l'anno 2016, si provvede: quanto a 5.000.000 di euro per l'anno 2014 mediante utilizzo delle somme versate entro il 5 giugno 2014 all'entrata del bilancio dello Stato ai sensi dell'articolo 148, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, non riassegnate ai pertinenti programmi e che sono acquisite, nel predetto limite di 5 milioni di euro, definitivamente al bilancio dello Stato; quanto a 10.000.000 di euro per l'anno 2015 ed a 5.372.000 euro per l'anno 2016 mediante riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.

        Ai sensi dell'articolo 17, comma 12, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, il Ministro della giustizia provvede al monitoraggio degli oneri di cui al presente decreto e riferisce in merito al Ministro dell'economia e delle finanze. Nel caso si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni di cui al comma 1, il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro della giustizia, provvede, con proprio decreto, alla riduzione, nella misura necessaria alla copertura finanziaria del maggior onere risultante dall'attività di monitoraggio, delle dotazioni finanziarie destinate alle spese di missione nell'ambito del programma «Amministrazione penitenziaria» e, comunque, della missione «Giustizia» dello stato di previsione del Ministero della giustizia.

        È inoltre stabilito che il Ministro dell'economia e delle finanze riferisca, senza ritardo, alle Camere con apposita relazione in merito alle cause degli scostamenti e all'adozione delle misure previste.

        All'attuazione delle restanti disposizioni del provvedimento si provvede mediante l'utilizzo delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.


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ANALISI TECNICO-NORMATIVA

Parte I. ASPETTI TECNICO-NORMATIVI DI DIRITTO INTERNO.

1)    Obiettivi e necessità dell'intervento normativo. Coerenza con il programma di Governo.

        Il presente decreto è finalizzato a dare compiuta attuazione a quanto stabilito dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, in particolare nella sentenza dell'8 gennaio 2013 (causa Torreggiani e altri contro Italia, ricorsi 43517/09 più altri riuniti); in questa sede, i giudici europei (peraltro richiamando la propria giurisprudenza già intervenuta in materia) hanno stabilito che la situazione di sovraffollamento carcerario è suscettibile di violare l'articolo 3 della CEDU.

        In tale sede, i giudici europei hanno stabilito che il nostro Stato dovesse, entro il termine di un anno dalla data di definitività della sentenza stessa, istituire un rimedio (o un insieme di rimedi) idoneo a garantire una riparazione adeguata del danno sofferto a causa della sottoposizione a un trattamento detentivo contrario al citato articolo 3 della CEDU.

        Contestualmente, il decreto contiene una serie di ulteriori disposizioni in materia di ordinamento penitenziario, di giudizio di proporzionalità e adeguatezza in materia di applicazione di misure cautelari coercitive, di esecuzione della misura cautelare degli arresti domiciliari e della pena detentiva e di disciplina del personale in servizio presso l'amministrazione penitenziaria (tutte finalizzate all'obiettivo di rendere coerente la relativa regolamentazione con gli obiettivi indicati dai giudici europei); per affinità di materia viene altresì dettata una specifica disposizione inerente la materia delle attribuzioni della magistratura di sorveglianza in riferimento a detenuti condannati da corti penali internazionali.

        L'intervento normativo è coerente con il programma di Governo.

2) Analisi del quadro normativo nazionale.

        La materia del trattamento penitenziario risulta specificamente regolata dall'articolo 27, terzo comma, della Costituzione, il quale prevede che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e che le stesse devono comunque tendere alla rieducazione del condannato.

        La materia risulta altresì regolamentata dalle specifiche fonti relative all'ordinamento penitenziario e, in particolare, dalla legge 26 luglio 1975, n. 354 nonché dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230.

        In riferimento specifico alla materia della tutela avverso la lesione del diritto a un trattamento carcerario conforme al disposto costituzionale e all'ordinamento penitenziario, la stessa risulta attualmente azionabile secondo il disposto generale contenuto nell'articolo 2043

del codice civile e sulla base dei criteri di determinazione del danno risarcibile dettati dall'articolo 2056 dello stesso codice (impregiudicata peraltro ogni valutazione in ordine alla riconducibilità della relativa tutela al genus di quella contrattuale ovvero extracontrattuale, con le relative conseguenze in materia di regime dell'onere della prova e di prescrizione del diritto).

        In ordine al profilo relativo alla competenza a conoscere della lesione delle relative situazioni soggettive, anche alla luce di alcuni decisioni di merito che avevano ritenuto sussistente tale potestà (almeno per i soggetti ancora sottoposti a detenzione) in capo al magistrato di sorveglianza, la Suprema Corte ha ritenuto che la relativa tutela risarcitoria sia esperibile (secondo le forme ordinarie) di fronte al giudice civile (da ultimo, Cassazione, sezione I, 30 gennaio 2013, n. 4772; Cassazione, sezione I, 18 ottobre 2013, n. 42901).

        Per quanto riguarda gli ulteriori interventi contenuti nel decreto, gli stessi vanno a intervenire (con la tecnica della sostituzione del testo o di sue modifiche) su testi normativi vigenti.

3) Incidenza delle norme proposte sulle leggi e sui regolamenti vigenti.

        Le norme introdotte vanno a incidere sulla vigente normativa di riferimento (attraverso l'introduzione dell'articolo 35-ter nella legge 26 luglio 1975, n. 354, e con la previsione di specifiche disposizioni transitorie), essenzialmente, ai seguenti profili:

            stabiliscono precisi criteri di ripartizione della competenza in riferimento alla tutela risarcitoria, attribuendo la stessa al magistrato di sorveglianza in riferimento alle domande proposte da soggetti che si trovino in stato di detenzione, fatta salva la competenza della giurisdizione civile negli altri casi;

            fissano una specifica misura risarcitoria, disponendo che il giudice possa concedere al richiedente una riduzione della pena detentiva ancora da scontare pari a un giorno per ogni dieci durante i quali il trattamento è stato tale da violare l'articolo 3 della CEDU;

            nei casi in cui non sussistano i presupposti per la determinazione del risarcimento secondo i suddetti parametri speciali (per l'esiguità del periodo durante il quale si è consumata la violazione o in considerazione della concreta entità della pena residua da scontare), fissano specifici criteri quantitativi per la liquidazione del danno per equivalente;

            stabiliscono specifiche regole processuali, in riferimento all'azione proposta davanti al giudice civile, in relazione alla competenza per territorio e al rito applicabile;

            fissano un congruo termine di decadenza per la proposizione dell'azione, decorrente dalla cessazione dello stato di detenzione (e, per i soggetti per cui tale stato sia cessato in data anteriore a quella di entrata in vigore del decreto, decorrente dalla medesima data).

        Le ulteriori disposizioni intervengono sul vigente testo dell'articolo 68 della legge n. 354 del 1975, degli articoli 275 e 678 del codice di procedura penale e dell'articolo 97-bis delle norme di attuazione del codice di procedura penale, dell'articolo 24 del decreto legislativo n. 272 del 1989 e degli articoli 25 e 27 del decreto legislativo n. 443 del 1992, con una specifica disposizione sugli appartenenti ai ruoli dell'amministrazione penitenziaria.

4) Analisi della compatibilità dell'intervento con i princìpi costituzionali.

        L'intervento – con particolare riferimento alle disposizioni inerenti alla previsione delle suddette misure risarcitorie – è conforme alla disciplina costituzionale contenuta nell'articolo 27 ed attua i princìpi espressi dall'articolo 117 (ai sensi del quale la potestà legislativa è esercitata dallo Stato anche nel rispetto degli obblighi internazionali).

        Le ulteriori disposizioni contenute non presentano problematicità sul piano della loro compatibilità con i princìpi costituzionali.

5)    Analisi della compatibilità dell'intervento con le competenze e le funzioni delle regioni ordinarie e a statuto speciale nonché degli enti locali.

        Il decreto non presenta aspetti di interferenza o di incompatibilità con le competenze costituzionali delle regioni, incidendo su materie (norme in materia di tutela dei diritti civili e in materia processuale) riservate alla competenza esclusiva dello Stato.

6)    Verifica della compatibilità con i princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza sanciti dall'articolo 118, primo comma, della Costituzione.

        Le disposizioni contenute nell'intervento normativo sono compatibili e rispettano i princìpi di cui all'articolo 118 della Costituzione, in quanto non prevedono né determinano, sia pure in via indiretta, nuovi o più onerosi adempimenti a carico degli enti locali.

7)    Verifica dell'assenza di rilegificazioni e della piena utilizzazione delle possibilità di delegificazione e degli strumenti di semplificazione normativa.

        L'intervento normativo incide in materie riservate alla fonte primaria.

8)    Verifica dell'esistenza di progetti di legge vertenti su materia analoga all'esame del Parlamento e relativo stato dell’iter.

        Non risultano progetti di legge all'esame del Parlamento attinenti alla specifica materia del risarcimento per violazione dell'articolo 3 della CEDU.

9)    Indicazione delle linee prevalenti della giurisprudenza ovvero della pendenza di giudizi di costituzionalità sul medesimo o analogo oggetto.

        Le disposizioni contenute nel provvedimento attribuiscono, in riferimento ai soggetti che si trovino in stato di detenzione, una specifica competenza del magistrato di sorveglianza in materia risarcitoria, introducendo quindi una regola avente carattere speciale in tale ambito. Non risultano giudizi di costituzionalità pendenti sul medesimo oggetto.

Parte II. CONTESTO NORMATIVO DELL'UNIONE EUROPEA E INTERNAZIONALE.

10)    Analisi della compatibilità dell'intervento con l'ordinamento europeo.

        Il decreto si pone in esplicita attuazione delle direttive contenute nella sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo dell'8 gennaio 2013. I princìpi contenuti nella CEDU (il cui articolo 32 affida l'uniformità dell'interpretazione della stessa proprio alla Corte europea) sono, a propria volta, espressamente qualificati come princìpi generali del diritto dell'Unione europea dall'articolo 6 del Trattato sull'Unione europea (TUE).

11)    Verifica dell'esistenza di procedure di infrazione da parte della Commissione europea sul medesimo o analogo oggetto.

        Non risultano procedure di infrazione da parte della Commissione europea sul medesimo o analogo oggetto.

12)    Analisi della compatibilità dell'intervento con gli obblighi internazionali.

        L'intervento è pienamente compatibile con gli obblighi internazionali derivanti dall'articolo 3 della CEDU.

13)    Indicazione delle linee prevalenti della giurisprudenza ovvero della pendenza di giudizi innanzi alla Corte di giustizia dell'Unione europea sul medesimo o analogo oggetto.

        Risultano numerose pronunce della Corte di giustizia dell'Unione europea che, in coerenza con l'attuale disposto dell'articolo 6 del TUE, hanno ritenuto che i princìpi dettati dalla CEDU costituiscano parte integrante del diritto dell'Unione.

14)    Indicazione delle linee prevalenti della giurisprudenza ovvero della pendenza di giudizi innanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo sul medesimo o analogo oggetto.

        L'intervento normativo si pone quale diretta attuazione delle direttive emesse dalla Corte europea dei diritti dell'uomo nella

sentenza dell'8 gennaio 2014 (Torreggiani c. Italia). La Corte ha ripetutamente affermato che deve ravvisarsi una violazione dell'articolo 3 della CEDU nel caso in cui al detenuto non sia garantito un adeguato «spazio vitale» (sentenza 16 luglio 2009, Sulejmanovic c. Italia; sentenza 12 marzo 2009, Makarov c. Russia; sentenza 21 giugno 2007, Kantyrev c. Russia).

15)    Eventuali indicazioni sulle linee prevalenti della regolamentazione sul medesimo oggetto da parte di altri Stati membri dell'Unione europea.

        Tutti gli Stati membri sono tenuti al rispetto dell'articolo 3 della CEDU, nell'interpretazione datane dalla Corte di giustizia, sulla base del rinvio ai princìpi contenuti nella convenzione stessa operato dall'articolo 6 del TUE.

Parte III.    ELEMENTI DI QUALITÀ SISTEMATICA E REDAZIONALE DEL TESTO.

16)    Individuazione delle nuove definizioni normative introdotte dal testo, della loro necessità, della coerenza con quelle già in uso.

        Il provvedimento non contiene nuove definizioni normative.

17)    Verifica della correttezza dei riferimenti normativi contenuti nel progetto, con particolare riguardo alle successive modificazioni e integrazioni subite dai medesimi.

        I riferimenti normativi che figurano nel decreto sono corretti.

18)    Ricorso alla tecnica della novella legislativa per introdurre modificazioni e integrazioni a disposizioni vigenti.

        L'intervento normativo prevede, in uno specifico articolo, l'integrale sostituzione dell'articolo 97-bis delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale.

19)    Individuazione di effetti abrogativi impliciti di disposizioni dell'atto normativo e loro traduzione in norme abrogative espresse nel testo normativo.

        Il testo normativo (in specifico riferimento alle disposizioni contenute nell'articolo 275 del codice di procedura penale, nell'articolo 97-bis delle norme di attuazione del codice di procedura penale e negli articoli 25 e 27 del decreto legislativo n. 443 del 1992) determina l'abrogazione delle corrispondenti norme previgenti.

20)    Individuazione di disposizioni dell'atto normativo aventi effetto retroattivo o di reviviscenza di norme precedentemente abrogate o di interpretazione autentica o derogatorie rispetto alla normativa vigente.

        Non sono presenti disposizioni aventi effetto retroattivo o di reviviscenza di norme precedentemente abrogate o di interpretazione autentica o derogatorie rispetto alla normativa vigente.

21)    Verifica della presenza di deleghe aperte sul medesimo oggetto, anche a carattere integrativo o correttivo.

        Non sono presenti deleghe aperte sul medesimo oggetto.

22)    Indicazione degli eventuali atti successivi attuativi; verifica della congruità dei termini previsti per la loro adozione.

        Il provvedimento non costituisce attuazione di delega legislativa.

23)    Verifica della piena utilizzazione e dell'aggiornamento di dati e di riferimenti statistici attinenti alla materia oggetto del provvedimento, ovvero indicazione della necessità di commissionare all'Istituto nazionale di statistica apposite elaborazioni statistiche con correlata indicazione nella relazione tecnica della sostenibilità dei relativi costi.

        Il controllo e il monitoraggio statistico del numero e del relativo esito dei procedimenti per il risarcimento del danno incardinati di fronte al giudice nazionale per violazione dell'articolo 3 della CEDU e regolati dal decreto saranno svolti dall'Ufficio statistiche giudiziarie della Direzione generale di statistica del Ministero della giustizia.

        Analogamente, le strutture del Ministero provvederanno alla valutazione statistica degli ulteriori effetti conseguenti agli altri interventi normativi.


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ANALISI DELL'IMPATTO DELLA REGOLAMENTAZIONE (AIR)

Sezione 1 – Contesto e obiettivi dell'intervento di regolamentazione.

A)    Rappresentazione del problema da risolvere e delle criticità constatate, anche con riferimento al contesto internazionale ed europeo, nonché delle esigenze sociali ed economiche considerate.

        Il decreto è finalizzato a dare compiuta attuazione a quanto stabilito dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, in particolare nella sentenza dell'8 gennaio 2013 (causa Torreggiani e altri contro Italia, ricorsi 43517/09 più altri riuniti); in questa sede, i giudici europei (peraltro richiamando la propria giurisprudenza già intervenuta in materia) hanno stabilito che la situazione di sovraffollamento carcerario è suscettibile di violare l'articolo 3 della CEDU.

        In tale sede, i giudici europei hanno stabilito che il nostro Stato dovesse, entro il termine di un anno dalla data di definitività della sentenza stessa, istituire un rimedio (o un insieme di rimedi) idonei a garantire una riparazione adeguata del danno sofferto a causa della sottoposizione a un trattamento detentivo contrario al citato articolo 3 della CEDU.

        L'adozione di specifici strumenti risarcitori si rende necessaria in considerazione del numero di ricorsi presentati presso la CEDU da soggetti detenuti nelle strutture penitenziarie italiane, stimato nel numero di 6.829, e alla conseguente necessità di prevenire pronunce di condanna da parte dei giudici europei oltre che di evitare l'incardinazione di ulteriori contenziosi in tale sede e di determinare la definizione di quelli già in corso.

        Tale intervento si rende altresì necessario nel quadro di un progressivo adattamento del sistema di esecuzione della pena ai dettami della Carta costituzionale e delle fonti internazionali, che stabiliscono il diritto a un trattamento detentivo, oltre che finalizzato al recupero e alla rieducazione del condannato, anche conforme a standard minimi di adeguatezza.

        Al fine di ottenere tali obiettivi, si prevede che:

            a) i soggetti detenuti possano richiedere la liquidazione del danno al magistrato di sorveglianza mentre, per i soggetti che non si trovino più sottoposti a restrizione, l'azione dovrà essere proposta di fronte al giudice civile (individuato per competenza sulla base del luogo di residenza dell'attore);

            b) la liquidazione del danno avvenga, per i soggetti ancora detenuti, sulla base di uno specifico criterio compensativo consistente in una riduzione della pena detentiva ancora da espiare, pari alla misura di un giorno per ogni dieci giorni di detenzione durante il quale il trattamento è stato contrario rispetto ai parametri dettati dall'articolo 3 della CEDU;

            c) qualora la misura di cui alla lettera b) non sia concretamente adottabile (per la modesta entità del periodo in cui il trattamento è stato contrario ai parametri dettati dall'articolo 3 della CEDU, ovvero quando il periodo di pena ancora da scontare sia inferiore rispetto alla misura della compensazione spettante) viene previsto che il giudice liquidi il danno per equivalente, sulla base di un parametro fisso;

            d) analogamente, si provvede ai sensi della lettera c) nei confronti dei soggetti non più sottoposti a detenzione, in riferimento ai quali viene previsto – anche in via transitoria – uno specifico termine di decadenza per l'esercizio dell'azione.

        Contestualmente, il decreto contiene una serie di ulteriori disposizioni in materia di ordinamento penitenziario, di giudizio di proporzionalità e di adeguatezza nell'applicazione delle misure cautelari, di esecuzione della misura cautelare degli arresti domiciliari e della pena detentiva e di disciplina del personale in servizio presso l'amministrazione penitenziaria (tutte finalizzate all'obiettivo di rendere coerente la relativa regolamentazione con gli obiettivi indicati dai giudici europei in materia di sistema di esecuzione della pena); per affinità di materia, viene altresì dettata una specifica disposizione concernente la materia delle attribuzioni della magistratura di sorveglianza in riferimento a detenuti condannati da corti penali internazionali.

B)    Indicazione degli obiettivi (di breve, medio o lungo periodo) perseguiti con l'intervento normativo.

        L'obiettivo dell'intervento normativo è quello di dare attuazione alle direttive formulate dai giudici europei riassunte nel punto A), di perseguire le conseguenti finalità rappresentate dalla previsione di specifici rimedi risarcitori e l'esigenza di prevenire l'incardinazione di ulteriori contenziosi di fronte ai giudici europei oltre che di determinare la definizione di quelli già in corso.

        Gli obiettivi dei rimanenti interventi sono tutti riconducibili al sistema di esecuzione della pena, attraverso modifiche di specifiche disposizioni processuali, oltre che della normativa regolante l'ordinamento del Corpo di polizia penitenziaria. Tali obiettivi sono così riassumibili:

            a) esigenza di informare le corti penali internazionali in ordine all'incardinazione di procedimenti riguardanti l'esecuzione della pena di detenuti condannati da tali organismi;

            b) riformulare le disposizioni che regolano l'esecuzione della misura degli arresti domiciliari, al fine di alleggerire gli oneri amministrativi facenti capo al Corpo di polizia penitenziaria:

            c) disporre un coordinamento tra le disposizioni regolanti la materia delle misure cautelari e quelle relative all'esecuzione della pena, prevedendo quindi che il giudice della cautela non possa applicare misure coercitive quando si ritiene che possa essere irrogata una pena detentiva contenuta in tre anni;

            d) elevare l'età che consente di eseguire i provvedimenti limitativi della libertà personale nei confronti dei minorenni divenuti maggiorenni, in diretta correlazione con la finalità di recupero di soggetti di giovane età;

            e) adeguare l'organico del Corpo di polizia penitenziaria alle attuali esigenze operative e prevedere una più rapida utilizzazione dei nuovi assunti in compiti di istituto;

            f) impedire, per un biennio, che gli appartenenti al Corpo della polizia penitenziaria siano comandati o distaccati presso altre amministrazioni.

C)    Descrizione degli indicatori che consentiranno di verificare il grado di raggiungimento degli obiettivi indicati e di monitorare l'attuazione dell'intervento nell'ambito della VIR.

        Gli indicatori che consentiranno di verificare il grado di raggiungimento dell'obiettivo saranno rappresentati dalle conclusioni della Corte europea dei diritti dell'uomo in ordine all'idoneità dei rimedi apprestati dal legislatore nazionale ad attuare le direttive contenute nella citata sentenza Torreggiani dell'8 gennaio 2013 (con conseguente pronuncia in ordine alla persistente ricevibilità dei ricorsi già presentati).

        Un ulteriore indicatore sarà rappresentato dalla diminuzione del contenzioso incardinato presso la Corte europea e dal numero di controversie pendenti presso i giudizi nazionali e instaurate ai sensi delle nuove disposizioni.

        In relazione alle ulteriori disposizioni, indici rivelatori saranno rappresentati dall'incremento del personale dell'amministrazione penitenziaria effettivamente impegnato nelle competenze della medesima e dal rapporto percentuale tra gli stessi componenti del Corpo di polizia penitenziaria e numero dei detenuti.

D)    Indicazione delle categorie dei soggetti, pubblici e privati, destinatari dei principali effetti dell'intervento regolatorio.

        Risultano destinatari del decreto, tra i soggetti pubblici, gli appartenenti all'amministrazione penitenziaria, alla magistratura di sorveglianza e alla magistratura giudicante, assegnati alla trattazione di affari civili.

        Tra i soggetti privati, sono interessate le persone sottoposte o già sottoposte a detenzione in espiazione di una pena irrogata in forza di una sentenza passata in giudicato o destinatarie della misura cautelare della custodia in carcere o degli arresti domiciliari.

Sezione 2– Procedure di consultazione precedenti l'intervento.

        Non si è ritenuto opportuno consultare soggetti esterni all'amministrazione pubblica in riferimento alle disposizioni di rango

processuale, trattandosi di modifiche apprestate a tutela di diritti fondamentali; l'istruttoria, pertanto, ha ricevuto il contributo delle competenze interne al Ministero della giustizia. Allo stesso modo, si è provveduto in ordine alle disposizioni riguardanti il personale del Corpo di polizia penitenziaria.

        In riferimento alle disposizioni di natura prettamente finanziarie, si è proceduto a consultare gli uffici dell'amministrazione dell'economia e delle finanze.

Sezione 3 – Valutazione dell'opzione di non intervento di regolamentazione (opzione zero).

        L'opzione di non intervento è stata valutata ma disattesa, stante la pregiudiziale necessità di dare attuazione alle direttive contenute nella citata sentenza della Corte europea dell'8 gennaio 2013 (entro il termine ivi stabilito) e di conseguire l'obiettivo di deflazionare il contenzioso pendente nei confronti del nostro Stato per dedotta violazione dell'articolo 3 della Convenzione.

Sezione 4 – Opzioni alternative all'intervento regolatorio.

        Non sono emerse opzioni alternative concretamente percorribili, tenuto conto dei limiti stringenti imposti dalla sentenza della Corte europea dell'8 gennaio 2013.

        Per la rimanente parte dell'intervento la scelta dell'opzione regolatoria è giustificata dall'esigenza di operare un complessivo adeguamento delle disposizioni (di rango processuale e sostanziale) riguardanti l'esecuzione della pena, oltre che di perseguire il recupero dei detenuti, tenuta in particolare conto, per quanto riguarda i detenuti in giovane età, la specifica disposizione riguardante gli stessi.

Sezione 5 – Giustificazione dell'opzione regolatoria proposta e valutazione degli oneri amministrativi e dell'impatto sulle piccole e medie imprese.

A)    Svantaggi e vantaggi dell'opzione prescelta, per i destinatari diretti e indiretti, a breve e a medio-lungo termine, adeguatamente misurati e quantificati, anche con riferimento alla possibile incidenza sull'organizzazione e sulle attività delle pubbliche amministrazioni, evidenziando i relativi vantaggi collettivi netti e le relative fonti di informazione.

        L'opzione scelta non presenta svantaggi. Il presente intervento regolatorio fissa uno specifico rimedio risarcitorio (comportante i soli oneri per la finanza statale valutati nella specifica disposizione di copertura) e detta comunque puntuali regole processuali finalizzate ad accelerare la determinazione del danno subìto a seguito della violazione dell'articolo 3 della CEDU.

        In riferimento ai soggetti legittimati alla proposizione del rimedio risarcitorio, i costi di accesso alla tutela sono quelli previsti dalle disposizioni tributarie in materia di spese di giustizia.

B)    Individuazione e stima degli effetti dell'opzione prescelta sulle micro, piccole e medie imprese.

        Non derivano oneri amministrativi in capo alle micro, piccole e medie imprese.

C)    Indicazione e stima degli oneri informativi e dei relativi costi amministrativi, introdotti o eliminati a carico di cittadini e imprese. Per onere informativo si intende qualunque adempimento comportante raccolta, elaborazione, trasmissione, conservazione e produzione di informazioni e documenti alla pubblica amministrazione.

        Gli specifici strumenti previsti dal decreto hanno natura strettamente processuale stabilendo le modalità per garantire la tutela di diritti inviolabili (precedentemente non previste dall'ordinamento) e non impongono alcun onere in capo ai destinatari delle disposizioni.

D)    Condizioni e fattori incidenti sui prevedibili effetti dell'intervento regolatorio, di cui comunque occorre tener conto per l'attuazione (misure di politica economica e aspetti economici e finanziari suscettibili di incidere in modo significativo sull'attuazione dell'opzione regolatoria prescelta; disponibilità di adeguate risorse amministrative e gestionali; tecnologie utilizzabili, situazioni ambientali e aspetti socio-culturali da considerare per quanto concerne l'attuazione della norma prescelta eccetera).

        L'attuazione immediata delle nuove norme avviene tramite le strutture interne del Ministero della giustizia e, in particolare, attraverso gli uffici giudiziari e quelli dell'amministrazione penitenziaria. Agli oneri di natura strettamente finanziaria viene fatto fronte con la specifica disposizione di copertura.

Sezione 6 – Incidenza sul corretto funzionamento concorrenziale del mercato e sulla competitività del Paese.

        L'intervento normativo tende ad attuare un miglioramento delle garanzie per i diritti fondamentali, con conseguenti effetti positivi sulla competitività del Paese a livello internazionale, con particolare riferimento allo spazio dell'Unione europea.

Sezione 7 – Modalità attuative dell'intervento di regolamentazione.

A)    Soggetti responsabili dell'attuazione dell'intervento regolatorio.

        I magistrati giudicanti, il personale amministrativo in servizio presso gli uffici giudiziari e il personale dell'amministrazione penitenziaria.

B)    Azioni per la pubblicità e per l'informazione dell'intervento (con esclusione delle forme di pubblicità legale degli atti già previste dall'ordinamento).

        Non sono previste azioni specifiche per la pubblicità e per l'informazione dell'intervento. Il testo verrà diffuso in rete, tramite il sito web del Ministero della giustizia.

C)    Strumenti e modalità per il controllo e il monitoraggio dell'intervento regolatorio.

        Il controllo e il monitoraggio dell'intervento saranno attuati dal Ministero della giustizia attraverso le risorse in atto, senza l'introduzione di nuove forme di controllo che implichino oneri per la finanza pubblica.

D)    Meccanismi eventualmente previsti per la revisione dell'intervento regolatorio.

        In riferimento agli oneri di natura finanziaria, sono dettati i meccanismi di correzione previsti dalla relativa disposizione, la cui competenza è riservata al Ministero dell'economia e delle finanze previo parere del Ministero della giustizia.

        Il Ministero della giustizia provvederà a riferire in ordine agli esiti del monitoraggio al Ministero dell'economia e delle finanze, al quale è riservata la competenza ad adottare eventuali provvedimenti di correzione e le conseguenti variazioni di bilancio.

E)    Aspetti prioritari da monitorare in fase di attuazione dell'intervento regolatorio e da considerare ai fini della VIR.

        A cura del Ministero della giustizia verrà effettuata, a scadenza biennale, la prevista VIR, nella quale saranno presi in esame i seguenti aspetti:

            verifica sulle indicazioni della Corte europea dei diritti dell'uomo in ordine all'idoneità dei rimedi apprestati dal legislatore nazionale ad attuare le direttive contenute nella citata sentenza Torreggiani dell'8 gennaio 2013;

            verifica sugli oneri finanziari derivanti dall'entrata in vigore della normativa;

            verifica sui dati relativi al contenzioso incardinato presso la Corte europea nei confronti dello Stato italiano per violazione dell'articolo 3 della Convenzione e in ordine al numero di procedimenti instaurati presso i giudizi nazionali ai sensi delle nuove disposizioni;

            verifica sui dati concernenti la percentuale di recidiva per i detenuti nei cui confronti, ai sensi della specifica disposizione, l'esecuzione delle misure limitative della libertà personale sia avvenuta secondo le disposizioni dettate per i minorenni;

            verifica sulla consistenza complessiva della popolazione carceraria.


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DISEGNO DI LEGGE
Art. 1.

      1. È convertito in legge il decreto-legge 26 giugno 2014, n. 92, recante disposizioni urgenti in materia di rimedi risarcitori in favore dei detenuti e degli internati che hanno subito un trattamento in violazione dell'articolo 3 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, nonché di modifiche al codice di procedura penale e alle disposizioni di attuazione, all'ordinamento del Corpo di polizia penitenziaria e all'ordinamento penitenziario, anche minorile.
      2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

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Decreto-legge 26 giugno 2014, n. 92, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 147 del 27 giugno 2014
Disposizioni urgenti in materia di rimedi risarcitori in favore dei detenuti e degli internati che hanno subito un trattamento in violazione dell'articolo 3 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, nonché di modifiche al codice di procedura penale e alle disposizioni di attuazione, all'ordinamento del Corpo di polizia penitenziaria e all'ordinamento penitenziario, anche minorile.
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

        Visti gli articoli 77 e 87, comma 5, della Costituzione;

        Ritenuta la straordinaria necessità e urgenza di ottemperare a quanto disposto dalla Corte europea dei diritti dell'uomo nella sentenza dell'8 gennaio 2013 (causa Torreggiani e altri contro Italia), nella quale è stato stabilito che lo Stato italiano debba predisporre un insieme di rimedi idonei a offrire una riparazione adeguata del pregiudizio derivante dal sovraffollamento carcerario, a tal scopo stabilendo il termine di un anno dalla data di definitività della predetta decisione;

        Ritenuta, poi, la straordinaria necessità e urgenza, come concorrente misura volta a far cessare la condizione di sovraffollamento carcerario, di prevedere che i condannati minorenni possano essere custoditi fuori dal circuito penitenziario degli adulti sino al raggiungimento, non già come oggi del ventunesimo anno, ma del venticinquesimo anno d'età;

        Ritenuta, ulteriormente, la straordinaria necessità e urgenza di modificare il comma 2-bis dell'articolo 275 del codice di procedura penale, al fine di rendere tale norma coerente con quella contenuta nell'articolo 656, in materia di sospensione dell'esecuzione della pena detentiva;

        Ritenuta, ancora, la straordinaria necessità e urgenza di prevedere modifiche alla norma contenuta nelle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale relativa alle modalità di esecuzione del provvedimento che dispone gli arresti domiciliari, in considerazione della modifica dell'articolo 275-bis del codice (attuata dall'articolo 1, comma 1, lettera a), del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 10, che ha previsto quale regola, nell'ipotesi di applicazione di tale misura cautelare, la predisposizione di modalità elettroniche di controllo;

        Ritenuta, altresì, la straordinaria necessità e urgenza, all'esito di alcune doglianze provenienti dalle Corti penali internazionali, di intervenire sulla specifica materia della concessione di misure incidenti sull'esecuzione della pena di soggetti già condannati da tali organismi, per crimini conseguenti a gravi violazioni dei diritti umani;

        Ritenuta, ulteriormente, la straordinaria necessità e urgenza di intervenire sulle disposizioni vigenti in materia di ordinamento della polizia penitenziaria, al fine di garantire l'impiego del personale nelle mansioni di competenza e di consentirne una maggiore flessibilità nell'assegnazione alle strutture penitenziarie, oltre che di rendere più rapido l'impiego in mansioni operative dei nuovi assunti, nonché di prevedere l'introduzione di una specifica figura di ausiliario al magistrato di sorveglianza in conseguenza del progressivo ampliamento delle sue competenze;

        Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 20 giugno 2014;

        Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro della giustizia;

emana
il seguente decreto-legge:
Articolo 1.
(Modifiche alla legge 26 luglio 1975, n. 354).

        1. Dopo l'articolo 35-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, è inserito il seguente:

        «Art. 35-ter. (Rimedi risarcitori conseguenti alla violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali nei confronti di soggetti detenuti o internati). – 1. Quando il pregiudizio di cui all'articolo 69, comma 6, lett. b), consiste, per un periodo di tempo non inferiore ai quindici giorni, in condizioni di detenzione tali da violare l'articolo 3 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, ratificata ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848, come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, su istanza presentata dal detenuto, personalmente ovvero tramite difensore munito di procura speciale, il magistrato di sorveglianza dispone, a titolo di risarcimento del danno, una riduzione della pena detentiva ancora da espiare pari, nella durata, a un giorno per ogni dieci durante il quale il richiedente ha subito il pregiudizio.

        2. Quando il periodo di pena ancora da espiare è tale da non consentire la detrazione dell'intera misura percentuale di cui al comma 1, il magistrato di sorveglianza liquida altresì al richiedente, in relazione al residuo periodo e a titolo di risarcimento del danno, una somma di denaro pari a euro 8,00 per ciascuna giornata nella quale questi ha subito il pregiudizio. Il magistrato di sorveglianza provvede allo stesso modo nel caso in cui il periodo di detenzione espiato in condizioni non conformi ai criteri di cui all'articolo 3 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali sia stato inferiore ai quindici giorni.

        3. Coloro che hanno subito il pregiudizio di cui al comma 1, in stato di custodia cautelare in carcere non computabile nella determinazione della pena da espiare ovvero coloro che hanno terminato di espiare la pena detentiva in carcere possono proporre azione, personalmente ovvero tramite difensore munito di procura speciale, di fronte al tribunale del capoluogo del distretto nel cui territorio hanno la residenza. L'azione deve essere proposta, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla cessazione dello stato di detenzione o della custodia cautelare in carcere. Il tribunale decide in composizione monocratica nelle forme di cui agli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile. Il decreto che definisce il procedimento non è soggetto a reclamo. Il risarcimento del danno è liquidato nella misura prevista dal comma 2.».

        2. Al comma 4 dell'articolo 68 della legge 26 luglio 1975, n. 354, è aggiunto il seguente periodo:

            «Possono altresì avvalersi, con compiti meramente ausiliari nell'esercizio delle loro funzioni, di assistenti volontari individuati sulla base dei criteri indicati nell'articolo 78, la cui attività non può essere retribuita.».

Articolo 2.
(Disposizioni transitorie).

        1. Coloro che, alla data di entrata in vigore del presente decreto- legge, hanno cessato di espiare la pena detentiva o non si trovano più in stato di custodia cautelare in carcere, possono proporre l'azione di cui all'articolo 35-ter, comma 3, della legge 26 luglio 1975, n. 354, entro il termine di decadenza di sei mesi decorrenti dalla stessa data.

        2. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, i detenuti e gli internati che abbiano già presentato ricorso alla Corte europea dei diritti dell'uomo, sotto il profilo del mancato rispetto dell'articolo 3 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, ratificata ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848, possono presentare domanda ai sensi dell'articolo 35-ter, legge 26 luglio 1975, n. 354, qualora non sia intervenuta una decisione sulla ricevibilità del ricorso da parte della predetta Corte.

        3. In tale caso, la domanda deve contenere, a pena di inammissibilità, l'indicazione della data di presentazione del ricorso alla Corte europea dei diritti dell'uomo.

        4. La cancelleria del giudice adito informa senza ritardo il Ministero degli affari esteri di tutte le domande presentate ai sensi dei commi 2 e 3, nel termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge.

Articolo 3.
(Modifiche all'articolo 678 del codice di procedura penale).

        1. All'articolo 678 del codice di procedura penale, dopo il comma 3, è aggiunto il seguente comma:

        «3-bis. Il tribunale di sorveglianza e il magistrato di sorveglianza, nelle materie di rispettiva competenza, quando provvedono su richieste di provvedimenti incidenti sulla libertà personale di condannati da Tribunali o Corti penali internazionali, danno immediata comunicazione della data dell'udienza e della pertinente documentazione al Ministro della giustizia, che tempestivamente ne informa il Ministro degli affari esteri e, qualora previsto da accordi internazionali, l'organismo che ha pronunciato la condanna.».

Articolo 4.
(Modifiche alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale).

        1. L'articolo 97-bis delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, adottate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, è sostituito dal seguente:

        «97-bis. (Modalità di esecuzione del provvedimento che applica gli arresti domiciliari). – 1. A seguito del provvedimento che sostituisce la misura della custodia cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari, l'imputato raggiunge senza accompagnamento il luogo di esecuzione della misura, individuato ai sensi dell'articolo 284 del codice; del provvedimento emesso, il giudice informa il pubblico ministero e la polizia giudiziaria che possono, anche di propria iniziativa, controllare l'osservanza delle prescrizioni imposte.

        2. Qualora il giudice, anche a seguito della segnalazione operata dal pubblico ministero, dal direttore dell'istituto penitenziario o dalle forze di polizia, ritenga sussistenti specifiche esigenze processuali ovvero altre esigenze di sicurezza, con il provvedimento di sostituzione di cui al comma 1 dispone che l'imputato venga accompagnato dalle forze di polizia presso il luogo di esecuzione degli arresti domiciliari.

        3. Qualora, con il provvedimento di sostituzione di cui al comma 1, sia stata disposta l'applicazione delle procedure di controllo tramite gli strumenti previsti dall'articolo 275-bis, comma 1, del codice, il

direttore dell'istituto penitenziario, nel trasmettere la dichiarazione dell'imputato prevista dall'articolo 275-bis, comma 2, del codice, può rappresentare l'impossibilità di dare esecuzione immediata alla scarcerazione in considerazione di specifiche esigenze di carattere tecnico; in tal caso, il giudice può autorizzare il differimento dell'esecuzione del provvedimento di sostituzione sino alla materiale disponibilità del dispositivo elettronico da parte della polizia giudiziaria.».
Articolo 5.
(Modifiche all'articolo 24 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 272).

        1. All'articolo 24 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 272, nel comma 1 le parole: «ma non il ventunesimo anno di età.» sono sostituite dalle seguenti: «ma non il venticinquesimo anno di età.».

Articolo 6.
(Misure in materia di ordinamento del personale del Corpo di polizia penitenziaria).

        1. Al decreto legislativo 30 ottobre 1992, n. 443, la tabella A, prevista dall'articolo 1, comma 3, è sostituita dalla tabella I allegata al presente decreto.

        2. Al decreto legislativo 30 ottobre 1992, n. 443, sono apportate le seguenti modificazioni:

            a) all'articolo 25, comma 1, le parole: «un corso della durata di diciotto mesi» sono sostituite dalle seguenti: «un corso della durata di dodici mesi»;

            b) all'articolo 25, comma 3, le parole: «durante i primi dodici mesi di corso» sono sostituite dalle seguenti: «durante i primi otto mesi di corso»;

            c) all'articolo 27, comma 1, la lettera c) è sostituita dalla seguente:

                «c) sono stati per qualsiasi motivo, salvo che l'assenza sia determinata dall'adempimento di un dovere, assenti dal corso per più di sessanta giorni, anche non consecutivi, e novanta giorni se l'assenza è stata determinata da infermità contratta durante il corso o da infermità dipendente da causa di servizio qualora si tratti di personale proveniente da altri ruoli del Corpo di polizia penitenziaria, nel qual caso l'allievo è ammesso a partecipare al primo corso successivo al riconoscimento della sua idoneità»;

                d) all'articolo 27, comma 2, le parole: «novanta giorni» sono sostituite dalle parole: «sessanta giorni».

Articolo 7.
(Misure in materia di impiego del personale appartenente ai ruoli del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria).

        1. In considerazione delle particolari esigenze connesse all'attuale situazione carceraria, per un periodo di due anni decorrenti dalla data di entrata in vigore del presente decreto il personale appartenente ai ruoli del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria non può essere comandato o distaccato presso altre pubbliche amministrazioni.

        2. I provvedimenti di distacco e comando già adottati nei riguardi del personale di cui al comma 1, e che cessano di efficacia nei due anni decorrenti dalla data di entrata in vigore del presente decreto, non possono essere rinnovati.

Articolo 8.
(Modifiche all'articolo 275 del codice di procedura penale).

        1. Il comma 2-bis dell'articolo 275 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

            «2-bis. Non può essere applicata la misura della custodia cautelare in carcere o quella degli arresti domiciliari se il giudice ritiene che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena. Non può applicarsi la misura della custodia cautelare in carcere se il giudice ritiene che, all'esito del giudizio, la pena detentiva da eseguire non sarà superiore a tre anni.».

Articolo 9.
(Disposizioni di natura finanziaria).

        1. Agli oneri derivanti dalle disposizioni di cui agli articoli 1 e 2 del presente decreto, valutati in 5.000.000 di euro per l'anno 2014, in 10.000.000 di euro per l'anno 2015 ed in 5.372.000 di euro per l'anno 2016, si provvede:

            a) quanto a 5.000.000 di euro per l'anno 2014 mediante utilizzo delle somme versate entro il 5 giugno 2014 all'entrata del bilancio dello Stato ai sensi dell'articolo 148, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 che, alla data di entrata in vigore del presente provvedimento, non sono state riassegnate ai pertinenti programmi e che sono acquisite, nel predetto limite di 5 milioni di euro, definitivamente al bilancio dello Stato;

            b) quanto a 10.000.000 di euro per l'anno 2015 ed a 5.372.000 di euro per l'anno 2016 mediante riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.

        2. Ai sensi dell'articolo 17, comma 12, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, il Ministro della giustizia provvede al monitoraggio degli oneri di cui al presente decreto e riferisce in merito al Ministro dell'economia e delle finanze. Nel caso si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni di cui al comma 1, il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro della giustizia provvede, con proprio decreto, alla riduzione, nella misura necessaria alla copertura finanziaria del maggior onere risultante dall'attività di monitoraggio, delle dotazioni finanziarie destinate alle spese di missione nell'ambito del programma «Amministrazione Penitenziaria» e, comunque, della missione «Giustizia» dello stato di previsione del Ministero della giustizia.

        3. Il Ministro dell'economia e delle finanze riferisce senza ritardo alle Camere con apposita relazione in merito alle cause degli scostamenti ed alla adozione delle misure di cui al comma 2.

        4. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Articolo 10.
(Entrata in vigore).

        1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

        Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

        Dato a Roma, addì 26 giugno 2014.

NAPOLITANO

Renzi, Presidente del Consiglio dei ministri.
Orlando, Ministro della giustizia.

Visto, il Guardasigilli: Orlando.

Tabella I
(prevista dall'articolo 6, comma 1)

«Tabella A
(prevista dall'articolo 1, comma 3)

Corpo di Polizia penitenziaria
RUOLO
QUALIFICHE
UOMO
DONNA
TOTALE
Ispettori

Ispettori superiori
Ispettori capo
Ispettori
Vice Ispettori

590    
2.780    

50    
235    

640    
3.015    

Sovrintendenti

Sovrintendenti capo
Sovrintendenti
Vice Sovrintendenti

    

4.140    

    

360    

    

4.500    

Agenti
Assistenti

Assistenti capo
Assistenti
Agenti scelti
Agenti e agenti ausiliari

    

32.886    

    

3.569    

    

36.455    

Totale      

40.396    

4.214    

44.610    

.