• C. 2918 EPUB Proposta di legge presentata il 27 febbraio 2015

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Atto a cui si riferisce:
C.2918 Modifica all'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, in materia di accesso anticipato al trattamento pensionistico in favore dei lavoratori che assistono familiari gravemente disabili


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 2918


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
MELILLA, NICCHI, MATARRELLI, PLACIDO, AIRAUDO
Modifica all'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, in materia di accesso anticipato al trattamento pensionistico in favore dei lavoratori che assistono familiari gravemente disabili
Presentata il 27 febbraio 2015


      

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Onorevoli Colleghi! Ancora oggi, come in passato, il modello di welfare italiano si basa fondamentalmente sulla generosa e diuturna disponibilità delle famiglie a sostenere i soggetti più vulnerabili della società, come i figli, gli anziani e i disabili.
      La famiglia, quindi, continua a svolgere un ruolo primario nel processo di inclusione sociale: quello di potente ammortizzatore, di vero e proprio sistema di protezione dei propri componenti nei passaggi cruciali della vita, così come in occasione di particolari eventi critici quali la nascita di figli, la disoccupazione, la malattia eccetera.
      Se da una parte la legislazione italiana ha consolidato la centralità della famiglia, soprattutto quella dei disabili, considerata il perno intorno al quale ruotano l'assistenza e la cura di questi soggetti e per i quali rappresenta spesso, di fronte alla cronica carenza di strutture assistenziali e di provvidenze economiche da parte dello Stato, l'unico punto di riferimento in grado di rispondere in maniera puntuale alle loro esigenze, dall'altra parte deludente è stata la scarsa attenzione prestatale da tutti i Governi, soprattutto con riguardo alle famiglie con figli o altri familiari a carico.
      Vale la pena di ricordare che la legge 5 febbraio 1992, n. 104, ha rappresentato una grande conquista in tema di diritti di integrazione sociale e di assistenza della persona disabile, garantendone il pieno rispetto da parte dell'intera collettività e promuovendone l'integrazione in tutti gli ambiti della vita, dalla società alla famiglia, alla scuola e al lavoro. Sempre sullo stesso terreno, la legislazione italiana ha inoltre consolidato la centralità della famiglia nelle problematiche connesse alla disabilità, con le leggi n. 53 del 2000, e n. 328 del 2000 e con il testo unico di cui al decreto legislativo n. 151 del 2001.
      Secondo l'ultima indagine promossa dall'istituto nazionale di statistica (ISTAT) risalente al 2010, le persone con «gravi limitazioni funzionali», in Italia, sono 3,2 milioni, anzi, secondo il Diario della transizione del Censis del 2014, addirittura 4,1 milioni, il 6,7 per cento della popolazione: secondo la stessa indagine, saranno 4,8 milioni nel 2020 (7,9 per cento) e raggiungeranno i 6,7 milioni nel 2040 (10,7 per cento).
      Partendo dai citati dati consolidati occorre ora sostenere tale indirizzo culturale, dando priorità alla piena applicazione dei princìpi contenuti nella legge n. 104 del 1992.
      Tali dati, infatti, dimostrano concretamente e confermano la centralità della famiglia che, di fronte alla cronica carenza di strutture assistenziali e di provvidenze economiche da parte dello Stato, costituisce ancora l'unico microcosmo attorno al quale ruotano l'assistenza e la cura delle persone disabili.
      D'altra parte, laddove è presente una persona affetta da disabilità grave o gravissima i familiari, oltre alla normale attività lavorativa fonte di sostentamento (per la quale sono richieste presenza e professionalità), provvedono anche al suo accudimento quotidiano, che provoca un logoramento e uno stress fisico e psicologico di notevole portata, al punto da far equiparare tale attività ai lavori usuranti.
      Chiunque si prenda cura 24 ore su 24 di un familiare gravemente disabile, sa quanto questa attività sia usurante: importanti studi ci confermano come questa figura, il cosiddetto caregiver, abbia, a causa dell'elevato stress quotidiano a cui è esposta, aspettative di vita più brevi della media, vivendo circa 17 anni in meno degli altri, pur rappresentando un tassello fondamentale anche nel tessuto sociale dell'intera comunità. Tuttavia – solo nel nostro Paese – questa figura non è adeguatamente ricompensata e riconosciuta.
      A questo aspetto molto pesante della vita di chi sostiene l'onere della cura di un disabile, si aggiunge, molto spesso, anche la difficoltà economica derivante dall'esigenza di dover provvedere con propri mezzi alla copertura della spesa per l'aiuto di persone esterne al nucleo familiare, laddove i servizi socio-assistenziali non riescono a coprire in toto le pressanti esigenze richieste dal caso specifico.
      C’è ancora molto da fare per migliorare la qualità della vita sia delle persone con disabilità gravi e gravissime sia quella dei loro familiari che vivono quotidianamente il dramma della cura, spesso con scarsi supporti, condizione vissuta in solitudine e con grande senso di impotenza.
      La presenza in un nucleo familiare di un disabile genera sensi di frustrazione, qualche volta addirittura di colpa, determinando l'oscillazione della coscienza fra il bisogno di accettazione e la tentazione del rifiuto, sentimenti che continuano a permanere perché la situazione, per quanto controllata, è pur sempre una situazione di famiglia a rischio. Essa infatti è esposta a un insieme di processi che rendono particolarmente difficoltoso l'intrecciarsi delle relazioni: è la stessa vita di coppia che in questi casi deve ristrutturarsi, mentre le relazioni con l'esterno diventano difficili anche semplicemente per difficoltà nel reperire tempo libero.
      L'accentramento di interesse sul familiare disabile che ha bisogno di particolari forme di assistenza, di solidarietà e di aiuto impegna in modo assai ampio le risorse della famiglia soprattutto dal punto di vista psicologico. Per questo è essenziale il coinvolgimento sociale poiché molto spesso tali famiglie vivono isolate, si ritrovano senza amicizie o senza la possibilità di condurre una vita sociale normale, sia per la continuità, diurna e notturna del lavoro di cura, sia per la grande difficoltà o a volte, per l'impossibilità, di portare con sé il familiare disabile, sia per l'innegabile distacco operato da persone che, spesso non volendo, si trovano in realtà in una posizione discriminante verso il diverso rappresentato dal disabile.
      A questa condizione, che sembra senza possibilità di appello, si aggiunge il peso della necessità di dover lavorare per il sostentamento della famiglia con conseguente sovrapposizione tra attività, che di fatto rende stressante la quotidianità.
      Tale logoramento fisico e psichico delle persone a cui è affidata la cura del soggetto disabile, deve essere, oggi più che mai, degno di riconoscimento.
      Per i motivi esposti non è pertanto più eludibile introdurre nel nostro sistema giuridico alcune nuove disposizioni che consentano il pensionamento anticipato per coloro che assistono familiari gravemente disabili, aventi cioè una invalidità non inferiore al 100 per cento, con necessità, quindi, di assistenza continua poiché non in grado di compiere i normali atti quotidiani della vita.
      La gravità, quando si parla di handicap, non è un termine generico ma presuppone una speciale condizione, certificata in base a una visita collegiale, che comporti l'impossibilità per il disabile di compiere gli atti quotidiani della vita. Queste persone, se non vengono aiutate, non sono in grado di lavarsi, vestirsi, nutrirsi o partecipare alla vita sociale. Nella maggior parte dei casi il disabile in condizioni di gravità dipende completamente dal genitore che si occupa di lui e quando egli raggiunge la maggiore età e perde quindi la possibilità di partecipare alla vita scolastica, la sua famiglia si trova di fronte a scelte terribili: o lasciare anticipatamente il lavoro (senza cioè aver raggiunto l'età pensionabile) e vivere di assistenzialismo, o affidare il proprio figlio a un istituto-lager di cui è tristemente ricca la cronaca di tutti i giorni.
      D'altra parte il mantenimento del disabile nella sua famiglia di origine ha a suo vantaggio una serie di elementi che non meritano neppure di essere ricordati, tanto sono evidenti. Nel contesto familiare è infatti possibile lo sviluppo di relazioni personali, con il superamento del senso di abbandono vissuto spesso in termini drammatici.
      Inoltre è all'interno della famiglia che si supera lo stato di sradicamento del disabile dal contesto territoriale, sradicamento che lo penalizza gravemente poiché il territorio rappresenta un humus vitale per la persona.
      Ma questa maggiore sensibilità delle famiglie non deve farci dimenticare le grandi difficoltà che esse incontrano anche nelle relazioni interpersonali. Ad esempio la presenza di un disabile intellettivo comporta una notevole limitazione della possibilità di espressione degli altri soggetti che compongono la famiglia, limitazioni di ogni genere, ma soprattutto legate al coinvolgimento psicologico, con inevitabili ricadute negative sui rapporti interni. Questo perché nella famiglia considerata come unità sistemica, la realtà e la presenza di ogni componente influenzano quelle di tutti gli altri.
      Ciò per sottolineare come, a fronte di un forte avanzamento della cultura dei diritti verso le varie forme di diversità, frutto di un'attenzione sempre maggiore nei confronti della persona e della sua dignità, è tuttavia ancora dominante una visione utilitaristica della realtà che dà vita a una mentalità e a un costume gravemente penalizzanti per alcuni soggetti già marginalizzati per natura.
      D'altra parte il recupero della centralità della famiglia come soggetto primario nell'azione in favore della persona disabile dimostra quanto sia cresciuta la sensibilità delle coscienze, segno dei tempi, che ha prodotto come conseguenza la progressiva limitazione della istituzionalizzazione del problema attraverso il ricovero presso istituti di cura.
      La famiglia è una rete spontanea di solidarietà e perciò è il luogo privilegiato per l'assistenza alla persona disabile che, senza la solidarietà pubblica rischia di trasformarsi da circolo virtuoso in circolo vizioso.
      Occorre invece incentivare la cura e l'assistenza del soggetto disabile in ambito familiare, anche in linea con quanto già avviene nei più avanzati Paesi dell'Unione europea, e nell'ottica di una legittima e necessaria tendenza a de-ospedalizzare la tutela della salute anche al fine di garantire sempre di più al malato quella dignità e quel calore umano che soltanto nel proprio ambiente domestico è possibile percepire in modo ottimale, piuttosto che presso istituti i cui costi potrebbero ricadere almeno in parte sulla finanza pubblica.
      Riteniamo pertanto non più eludibile l'approvazione di una legge che ristori queste famiglie nel solco della solidarietà, verso questa entità sociale già fortemente penalizzata da un destino avverso, approvazione peraltro che rappresenterebbe una inversione di tendenza e il superamento di quella contrapposizione ancora oggi esistente tra il riconoscimento astratto dei diritti della persona disabile e il prevalere di fatto di un atteggiamento di emarginazione nei confronti della stessa.
      Già nella scorsa legislatura si era cercato di approvare un provvedimento di analogo contenuto, volto a riconoscere finalmente e con idonei benefìci previdenziali, l'impegno e la dedizione di coloro che, con grandi sacrifici, si dedicano quotidianamente alla cura e all'assistenza di familiari disabili in aggiunta all'ordinaria attività lavorativa.
      Come legislatori abbiamo, in primis, il dovere di riconoscere a queste famiglie il logorio di un'esistenza all'insegna della totale abnegazione verso il loro congiunto meno fortunato. Ed è per questo che oggi, muovendoci nello stesso solco già tracciato da nostri colleghi nella scorsa legislatura, con la presente proposta di legge abbiamo voluto porgere un esplicito riconoscimento a tutti quei familiari dei disabili gravi che quotidianamente svolgono una meritoria attività di cura familiare che si aggiunge spesso all'ordinaria attività lavorativa.
      Inoltre ciò che spesso rappresenta il segno di una profonda condivisione umana e affettiva, in diverse occasioni, può rappresentare anche il segno di una necessità economica. Riteniamo pertanto che debba comunque essere degno di riconoscimento il logoramento fisico e psichico di quei familiari a cui è affidata la cura del soggetto disabile, riconoscimento che peraltro comporterebbe indiscutibili vantaggi e risparmi economici per lo Stato derivanti dall'eliminazione dei costi dovuti per supplenze e per sostituzioni a causa delle inevitabili assenze dal posto di lavoro dei lavoratori che assistono un familiare gravemente disabile che si aggiungerebbero ai periodi di congedo previsti dalla normativa vigente.
      Alla luce di queste considerazioni il familiare assistente si afferma come creditore nei confronti dello Stato del riconoscimento del proprio ruolo e della valorizzazione del proprio lavoro.
      Con l'articolo 1 della presente proposta di legge si introduce, per il triennio 2015-2017 un regime sperimentale che riconosce su richiesta, alle lavoratrici e ai lavoratori dipendenti del settore pubblico o privato che si dedicano al lavoro di cura e di assistenza di familiari disabili gravi, cioè ai quali è stata certificata una percentuale di invalidità pari al 100 per cento e con necessità di assistenza continua in quanto non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, il diritto che può essere goduto da un solo familiare (coniuge, persona stabilmente convivente, genitore, fratello, sorella o figlio) che ha convissuto con la persona per almeno dieci anni per ciascuna persona disabile presente all'interno del nucleo familiare.
      Con l'articolo 2 si provvede alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dalle nuove disposizioni ricorrendo un aumento dell'accisa su birra, prodotti alcolici intermedi e alcool etilico.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Misure in favore dei lavoratori dipendenti del settore pubblico e dei lavoratori dipendenti o autonomi del settore privato e modalità di riconoscimento dei benefici).

      1. Dopo il comma 17-bis dell'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, sono inseriti i seguenti:
      «17-ter. In via sperimentale per il triennio 2015-2017, alle lavoratrici e ai lavoratori dipendenti del settore pubblico e alle lavoratrici e ai lavoratori dipendenti o autonomi del settore privato, iscritti alle gestioni dell'istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), che si dedicano al lavoro di cura e di assistenza di familiari disabili con totale e permanente inabilità lavorativa, che assuma connotazione di gravità ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ai quali è stata riconosciuta una percentuale di invalidità pari al 100 per cento, con necessità di assistenza continua in quanto non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, ai sensi della tabella di cui al decreto del Ministro della sanità 5 febbraio 1992, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 47 del 26 febbraio 1992, è riconosciuto, su richiesta, il diritto all'erogazione anticipata del trattamento pensionistico. Il diritto previdenziale di cui al presente comma è riconosciuto, a fronte di un periodo di assistenza continuativa del familiare disabile pari almeno a dieci anni, ai lavoratori e alle lavoratrici che abbiano compiuto il sessantesimo anno di età, a seguito del versamento e dell'accredito di almeno venti annualità di contributi previdenziali.

Nel caso di handicap congenito o di handicap che si manifesta dalla nascita, certificato da una struttura pubblica afferente al Servizio sanitario nazionale, l'assistenza continuativa è comunque calcolata dalla data di nascita. Il diritto previdenziale di cui al presente comma è riconosciuto a condizione che il familiare disabile non sia stato ricoverato a tempo pieno in modo continuativo in un istituto specializzato, nei dieci anni di cui al secondo periodo, ovvero non risulti stabilmente ricoverato a tempo pieno, alla data di entrata in vigore della presente disposizione, in un istituto specializzato.
      17-quater. Il diritto di cui al comma 17-ter può essere goduto da un solo familiare per ciascuna persona disabile, di cui al medesimo comma 17-ter, presente all'interno del nucleo familiare.
      17-quinquies. Ai fini di cui ai commi 17-ter e 17-quater per lavoratore o lavoratrice si intende uno solo tra i seguenti soggetti: coniuge, persona stabilmente convivente, genitore, fratello, sorella o figlio che, all'atto della presentazione della domanda di cui al comma 17-sexies, ha stabilmente convissuto con la persona disabile per un periodo di dieci anni, e che svolge un'attività lavorativa. Il fratello o la sorella del familiare disabile possono beneficiare del diritto previdenziale di cui al comma 17-ter solo se il coniuge, la persona stabilmente convivente o i genitori sono assenti ovvero impossibilitati a prestare assistenza al familiare disabile per gravi motivi di salute, come attestato da apposita certificazione di morte o sanitaria rilasciata da una struttura pubblica afferente al Servizio sanitario nazionale, ovvero nel caso in cui il coniuge o i genitori non convivono più con il familiare disabile, in quanto residenti in una differente località.
      17-sexies. Ai fini del riconoscimento del diritto all'erogazione anticipata del trattamento pensionistico, i soggetti di cui ai commi da 17-ter a 17-quinquies presentano un'apposita domanda all'INPS. Alla domanda, che riporta i dati anagrafici del richiedente e del familiare disabile assistito, sono allegati in originale o in copia conforme all'originale:

          a) certificazioni attestanti l'invalidità al 100 per cento, la totale inabilità lavorativa e la condizione di gravità ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, relative al disabile assistito, di cui al comma 17-ter del presente articolo, rilasciate dalle commissioni mediche preposte;

          b) ulteriore certificazione comprovante lo stato di disabilità, risultante da apposita certificazione sanitaria rilasciata da una struttura pubblica afferente al Servizio sanitario nazionale, qualora il periodo di assistenza continuativa del familiare disabile, di cui al comma 17-ter del presente articolo, abbia avuto inizio precedentemente all'accertamento della disabilità da parte delle commissioni mediche preposte;

          c) dichiarazione di appartenenza al novero dei soggetti elencati al comma 17-quinquies e, nel caso si tratti di fratello o sorella, certificazione di morte o di impossibilità, per gravi motivi di salute, del coniuge, della persona stabilmente convivente o del genitore ad assistere il familiare disabile, come risultante da apposita certificazione sanitaria rilasciata da una struttura pubblica afferente al Servizio sanitario nazionale, ovvero certificato di residenza del coniuge o dei genitori che non convivano più con il familiare disabile;

          d) certificazione attestante il numero di annualità di contribuzione versate o accreditate in favore dell'assicurato e il numero di annualità di contribuzione versate nel periodo di assistenza del familiare disabile convivente, non inferiori ai limiti minimi di cui al comma 17-ter.

      17-septies. Fatte salve le sanzioni penali previste dalla legislazione vigente quando

il fatto costituisca reato, in caso di comprovata insussistenza dei requisiti relativi all'invalidità, alla totale inabilità lavorativa e alla condizione di gravità, richiesti ai sensi del comma 17-sexies del presente articolo, si applica l'articolo 5, comma 5, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 21 settembre 1994, n. 698.
      17-octies. Le disposizioni dell'articolo 20 del decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, e successive modificazioni, si applicano anche agli accertamenti circa la sussistenza dei requisiti relativi all'invalidità, alla totale inabilità lavorativa e alla condizione di gravità, richiesti ai sensi dei commi da 17-ter a 17-quinquies del presente articolo».
Art. 2.
(Copertura finanziaria).

      1. Agli oneri derivanti dall'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 1, valutati in 85,3 milioni di euro per l'anno 2015, in 108,2 milioni di euro per l'anno 2016, in 150,5 milioni di euro per l'anno 2017, in 120,2 milioni di euro per l'anno 2018, in 108,3 milioni di euro per l'anno 2019, in 96,9 milioni di euro per l'anno 2020, in 50,5 milioni di euro per l'anno 2021, in 13,5 milioni di euro per l'anno 2022 e in 17,1 milioni di euro per l'anno 2023, si provvede, quanto a 85,3 milioni di euro per l'anno 2015, a 108,2 milioni di euro per l'anno 2016, a 110 milioni di euro per l'anno 2017, a 79,7 milioni di euro per l'anno 2018, a 67,8 milioni di euro per l'anno 2019, a 56,4 milioni di euro per l'anno 2020 e a 10 milioni di euro per l'anno 2023, ai sensi del comma 2, e, quanto a 40,5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2017, mediante corrispondente riduzione delle proiezioni, per il medesimo anno, dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2015-2017, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire»

dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2015, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
      2. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono aumentate le aliquote stabilite dall'allegato I annesso al testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni, relative alla birra, ai prodotti alcolici intermedi e all'alcole etilico, al fine di assicurare un maggior gettito complessivo pari a 85,3 milioni di euro per l'anno 2015, a 108,2 milioni di euro per l'anno 2016, a 110 milioni di euro per l'anno 2017, a 79,7 milioni di euro per l'anno 2018, a 67,8 milioni di euro per l'anno 2019, a 56,4 milioni di euro per l'anno 2020 e a 10 milioni di euro per l'anno 2021.
      3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
      4. Ai sensi dell'articolo 17, comma 12, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali provvede al monitoraggio degli oneri di cui alla presente legge e, nel caso si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni di cui al comma 1, fatta salva l'adozione dei provvedimenti di cui all'articolo 11, comma 3, lettera l), della citata legge n. 196 del 2009, provvede, con proprio decreto da adottare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, a rideterminare annualmente l'aliquota aggiuntiva di cui all'articolo 7 del decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 12 luglio 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 247 del 23 ottobre 2007, nella misura necessaria a provvedere alla copertura finanziaria del maggior onere risultante dall'attività di monitoraggio, e ne riferisce senza ritardo alle Camere con apposita relazione.