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Atto a cui si riferisce:
C.2873 Istituzione del Fondo per il finanziamento dei partiti e dei movimenti politici


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 2873


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
PAGLIA, SCOTTO, COSTANTINO, MELILLA, ZACCAGNINI
Istituzione del Fondo per il finanziamento dei partiti e dei movimenti politici
Presentata l'11 febbraio 2015


      

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Onorevoli Colleghi! Forme di finanziamento della politica insieme ad adeguate forme di pubblicità amministrativa figurano pressoché in tutto il mondo. Come emerge anche dai dati raccolti dall’Administration and cost of elections (ACE), organismo di controllo internazionale sui sistemi elettorali, i principali Paesi che non le prevedono (Venezuela, Botswana, Egitto, Pakistan, Myanmar e Zimbabwe) hanno peraltro situazioni politiche estremamente complesse, che talvolta si tramutano anche in dittature. Abolire il finanziamento pubblico, dunque, significa battere una strada poco usuale nel mondo e di fatto assente dal mondo occidentale, con tutti gli intuibili rischi rispetto all'equilibrio democratico del Paese. Vale la pena ricordare la principale ragione che ha portato all'introduzione del finanziamento pubblico dei partiti e dei movimenti politici, di seguito «partiti», ovvero la necessità di garantire l'accesso alla competizione politica anche ai ceti meno abbienti della società, che non dispongono di ingenti patrimoni privati, assicurando al contempo una competizione più equa, nonché lo scardinamento della politica dai poteri forti dell'economia e della finanza. Non è un caso che una qualche forma di finanziamento pubblico della politica esista in ogni democrazia, in quanto essa rappresenta l'effettiva e concreta garanzia che ogni cittadino possa «concorrere a determinare la politica nazionale» (come previsto dall'articolo 49 della Costituzione) in condizioni di parità. Una democrazia pluralista deve, infatti, garantire uguali opportunità per tutti anche nell'accesso alla partecipazione politica e nell'esercizio delle funzioni pubbliche. Inoltre, attraverso il finanziamento pubblico regolato normativamente la competizione politica ubbidisce a princìpi e a standard predeterminati e quindi uguali, certi e misurabili. La previsione di un finanziamento ai partiti non significa, però, che non debba essere posto un limite massimo ai contributi pubblici erogati in favore delle forze politiche e ripartiti proporzionalmente fra tutte – anche per contenere la crescita abnorme delle spese elettorali – né significa che tali risorse possano essere utilizzate senza alcun controllo.
      È evidente l'importanza di incoraggiare la funzione e l'attività dei partiti, nonché dei movimenti politici, come delineate nella Carta costituzionale dall'articolo 49, in combinato disposto con gli articoli 1, 2 e 18, ovvero il punto finale di un percorso nel quale il partito costituisce il luogo naturale per i cittadini, associati liberamente, di concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale. Di vitale importanza è, quindi, incoraggiare anche il finanziamento di tali preziosi luoghi. Non è casuale che nella seconda metà del novecento il finanziamento pubblico ai partiti sia stato introdotto in molti Paesi dell'Europa occidentale: in Germania (1959), in Svezia (1965), in Danimarca (1967), in Norvegia (1970), in Italia (1974), in Austria (1975), in Spagna (1978), in Portogallo (1983), in Grecia (1984), in Danimarca (1987), in Francia (1988) e in Belgio (1989).
      Nelle democrazie europee, tra il 1950 e il 1994, gli iscritti ai partiti politici sono calati da una media dell'8,1 per cento sul totale degli elettori a una media del 5,7 per cento. Solo in Italia, negli anni novanta, i partiti hanno perso oltre due milioni di iscritti. Oltre a certificare il declino della centralità dei partiti, il calo delle iscrizioni comporta una riduzione delle quote associative, in un'epoca che vede le spese dei partiti in costante aumento (soprattutto per le campagne elettorali in televisione). Qualunque critica si intenda rivolgere ai partiti di massa, si deve tenere presente che per molti anni il nostro Paese è stato l'unico dell'Europa meridionale governato da un regime democratico e non da dittature e questo risultato è stato in parte sostanziale dovuto anche alla presenza organizzata dei partiti, grazie alla quale milioni di persone, in precedenza estranei alla vita politica, sono stati avvicinati ai codici e alle attività della politica democratica. L'eliminazione del finanziamento pubblico rischia purtroppo di indebolire ulteriormente tale partecipazione.
      In Italia, la legge n. 195 del 1974, in materia di finanziamento pubblico dei partiti, è stata oggetto di due referendum abrogativi aventi esiti opposti: nel 1978 il 56,3 per cento dei votanti si espresse a favore della permanenza del finanziamento pubblico, mentre nel 1993 il 90,3 per cento dei votanti scelse l'opzione abrogativa. Dal 1993 al 2014 è stato escluso il finanziamento pubblico per le attività non elettorali dei partiti, mentre è stato previsto il solo finanziamento delle campagne elettorali, di candidati e di partiti, con limiti massimi di spesa. Secondo molti critici tale disciplina non ha mai garantito sufficiente trasparenza e uguaglianza nelle campagne elettorali, favorendo sprechi e iniquità. Tuttavia, molti di questi critici ritenevano i pregi del finanziamento pubblico complessivamente prevalenti rispetto agli inconvenienti e auspicavano che i costi relativi alle attività dei partiti fossero ragionevoli e non percepiti quali eccessivi da parte dei cittadini, soprattutto in un periodo di crisi economica.
      Sulla base di tali considerazioni, la presente proposta di legge, partendo dalla convinzione della necessità del finanziamento dei partiti – seppure ridimensionato e strettamente vincolato ai princìpi di cui all'articolo 49 della Costituzione (princìpi democratici e trasparenza) – istituisce il Fondo per il finanziamento dei partiti e dei movimenti politici presso il Ministero dell'economia e delle finanze, alimentato annualmente in sede di legge di stabilità nella ragione di 1 euro per ogni voto regolarmente espresso nel corso delle consultazioni elettorali. I beneficiari delle risorse del fondo sono i partiti con almeno un rappresentante eletto nel Parlamento nazionale o in almeno tre consigli regionali. Si prevede, altresì, l'esclusione del finanziamento diretto o indiretto da parte, ad esempio, di persone fisiche o giuridiche che abbiano in essere concessioni da parte dello Stato, delle regioni, degli enti locali, di enti pubblici ovvero di società a partecipazione pubblica diretta o indiretta. Se infatti è positivo l'indirizzo espresso dai cittadini di voler finanziare volontariamente la politica, tale possibilità non può essere certamente accordata a chi ha evidentemente interessi economici in tutto o in parte legati o dipendenti da rapporti con la pubblica amministrazione. Nel nostro Paese è talmente radicato, purtroppo, il fenomeno corruttivo – inteso come ricerca di vantaggi ottenuti tramite relazioni e al di fuori della legalità – da rendere, infatti, necessario eliminare anche solo il sospetto che possa sussistere un rapporto fra dazioni di denaro a partiti e ottenimento di appalti o di concessioni pubblici. Per tali motivi si ritiene, dunque, assolutamente necessario prevedere il divieto di qualsiasi rapporto tra soggetti economici che prestino la loro attività nell'ambito della pubblica amministrazione e della politica, in qualsiasi forma quest'ultima sia organizzata. Non può e non deve stupire che nella presente proposta di legge si affronti, altresì, il tema del ripristino di un sistema trasparente e controllato di finanziamento pubblico, nonché il divieto di finanziamenti privati potenzialmente opachi sotto il profilo dell'interesse che li generi e ciò al fine di consentire che la politica sia possibile per tutti e libera da ogni condizionamento, secondo il dettato costituzionale. Infine, si prevedono norme in merito alla trasparenza per quanto attiene i contributi erogati dai privati in favore dei partiti.
      La proposta di legge, rispetto alla quale si auspica un'ampia convergenza delle diverse forze politiche, rappresenta, in definitiva, un contributo a un auspicabile ampio dibattito sul delicato tema del finanziamento della politica, in riferimento all'organica attuazione dell'articolo 49 della Costituzione.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Istituzione del Fondo per il finanziamento dei partiti e dei movimenti politici).

      1. È istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze il Fondo per il finanziamento dei partiti e dei movimenti politici, di seguito denominato «Fondo».
      2. Per il suo funzionamento, il Fondo usufruisce delle strutture tecniche del Ministero dell'economia e delle finanze, secondo quanto stabilito da un apposito regolamento, adottato, con proprio decreto, dal Ministro dell'economia e delle finanze entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
      3. Il Fondo è alimentato annualmente in sede di legge di stabilità nella ragione di 1 euro per ogni voto regolarmente espresso nel corso delle ultime elezioni politiche.
      4. Le risorse del Fondo sono destinate ai partiti e ai movimenti politici che abbiano eletto almeno un rappresentante nel Parlamento nazionale o europeo o in almeno tre consigli regionali e che abbiano partecipato alle ultime elezioni politiche, nella misura massima annuale di 1 euro per ogni voto conseguito nella medesima circostanza.
      5. Ai fini dell'accesso alle risorse del Fondo i partiti e i movimenti politici presentano una richiesta trimestrale corredata delle fatture o dei contratti relativi ad avvenuti pagamenti tracciabili relativi alle spese di cui al comma 7, che l'amministrazione liquida, previa verifica della congruità e della rispondenza ai requisiti formali richiesti, su conto corrente depositato dal partito o dal movimento politico.
      6. I partiti e i movimenti politici che beneficiano delle risorse del Fondo sono tenuti, ove possibile, ai fini delle spese di cui al comma 7, ad avvalersi del paniere merceologico di beni e servizi della società CONSIP Spa, alle condizioni previste per

la pubblica amministrazione, salvo presentazione di migliori condizioni da parte del richiedente.
      7. Sono ammissibili al finanziamento del Fondo le spese relative a personale dipendente, inquadrato a livello non dirigenziale, o parasubordinato per consulenze nel limite del 5 per cento degli oneri relativi a ciascun consulente, all'affitto di locali non residenziali, alle attività di stampa, alla gestione di piattaforme di comunicazione, alla locazione temporanea di strutture per l'esercizio di eventi politici e relativi servizi, nonché a viaggi e a soggiorni nel limite del 10 per cento degli oneri relativi a ciascun soggetto.
      8. Il Fondo si dota di un proprio sito internet, nel quale sono pubblicate trimestralmente le uscite, con l'indicazione di ogni rimborso effettuato dal soggetto richiedente, nonché la sintesi, per ogni partito e movimento politico, delle voci di spesa di cui al comma 7.
      9. Al termine dell'anno le eventuali giacenze residue del Fondo sono destinate al Fondo nazionale per il servizio civile.
Art. 2.
(Vigilanza del Fondo).

      1. La gestione delle risorse del Fondo è posta sotto la vigilanza del Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione e del Presidente della Corte dei conti.

Art. 3.
(Limiti al finanziamento dei partiti e dei movimenti politici).

      1. È vietato il finanziamento diretto o indiretto da parte di persone fisiche o giuridiche che abbiano in essere concessioni dello Stato, delle regioni, degli enti locali, di enti pubblici ovvero di società a partecipazione pubblica diretta o indiretta a:

          a) partiti e movimenti politici;

          b) chi ricopra, o abbia ricoperto nei dieci anni precedenti, cariche elettive o di

nomina politica in comuni, province o regioni, o chi sia membro del Governo, o lo sia stato nei precedenti dieci anni;

          c) fondazioni o altri enti collegati ai soggetti di cui alle lettere a) e b).

      2. Il divieto di cui al comma 1 si applica anche alle persone fisiche o giuridiche che abbiano rapporti di appaltatori o di subappaltatori con soggetti di cui al medesimo comma 1, lettere a), b) e c), o che dai medesimi ricevano incarichi di consulenza o di prestazione professionale.
      3. Il divieto di cui al comma 1 si applica, altresì, alle società a partecipazione pubblica diretta o indiretta, e alle persone fisiche che ricoprano cariche amministrative nelle società o negli enti di cui ai commi 1 e 2.
      4. In caso di violazione dei divieti di cui al presente articolo si applicano le sanzioni di cui all'articolo 7, terzo comma, della legge 2 maggio 1974, n. 195.

Art. 4.
(Modifiche all'articolo 5 del decreto-legge 28 dicembre 2013, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 13).

      1. Al comma 3 dell'articolo 5 del decreto-legge 28 dicembre 2013, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 13, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) dopo il quinto periodo è inserito il seguente: «Tutti i cittadini hanno comunque diritto di accedere a tale documentazione secondo le modalità stabilite dagli Uffici di Presidenza della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica»;

          b) il settimo periodo è soppresso.