• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE

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Atto a cui si riferisce:
C.5/05110 con la locuzione «disfunzione dell'ATM» viene genericamente indicata una patologia a carico dell'articolazione temporo-mandibolare determinata dalla perdita dei naturali rapporti anatomici...



Atto Camera

Interrogazione a risposta in commissione 5-05110presentato daDI VITA Giuliatesto diLunedì 23 marzo 2015, seduta n. 397

DI VITA, GRILLO, MANTERO, DALL'OSSO, CECCONI, SILVIA GIORDANO e LOREFICE. — Al Ministro della salute . — Per sapere – premesso che:
con la locuzione «disfunzione dell'ATM» viene genericamente indicata una patologia a carico dell'articolazione temporo-mandibolare determinata dalla perdita dei naturali rapporti anatomici esistenti tra i capi articolari, quello della mandibola (condilo), quello dell'osso temporale (fossa glenoide) e il menisco articolare tra loro interposto allo scopo di rendere congrue le superfici articolari;
tale si caratterizza per una serie di disturbi clinici quali: cefalea, mal di schiena, vertigini, nausea, acufeni, rumori articolari (click), limitazione dei movimenti mandibolari, algie facciali, cervicalgia, riduzione dell'udito, dolori irradiati all'orecchio, agli zigomi, fischi o ronzii all'udito, capogiri, torcicollo, bruxismo, parestesia alle spalle, agli arti superiori, alle mani, fastidio o dolore alla deglutizione, blocco articolare acuto o cronico (limitazione di apertura, fino al blocco in apertura e chiusura della bocca), sindromi simil-trigeminali (dolori trafittivi o a scossa elettrica in zona cranio-facciale), malocclusione, asimmetria di crescita cranio-facciale, respirazione orale, traumi diretti o indiretti cranio-cervico-mandibolari, vizi di postura, patologie ortopediche e/o fisiatriche, con coinvolgimento della postura cranio-cervicale, ansie e stress, attacchi di panico, aperture esagerate della bocca, parafunzioni (digrignare o serrare i denti, masticare gomme, mordicchiare unghie e/o oggetti), lassità legamentosa (ipermobilità articolare, frequente nelle donne), parestesie agli arti inferiori, disturbi della fonazione, eccetera; condizioni, queste, che possono presentarsi singolarmente, oppure variamente sovrapposte;
le forme di dolore cronico possono arrivare a determinare una compromissione delle interazioni di lavoro o sociali, con conseguente riduzione della qualità di vita generale della persona;
il campo delle disfunzioni dell'articolazione temporo-mandibolare è salito alla ribalta proprio perché sono in aumento i pazienti che lamentano tale tipo di disturbi. Studi epidemiologici rivelano infatti che le disfunzioni temporo-mandibolari colpiscono almeno il 70 per cento della popolazione, in maggioranza le donne con un rapporto di 1 a 4, evidenziando i disturbi maggiormente tra i 15-45 anni; tuttavia, già dal 2000 uno studio condotto dall'università di Perugia ne documentava la gravità e l'incidenza sulla popolazione;
in letteratura, tuttavia, sono diverse e controverse le definizioni riconducibili ai suddetti disturbi: disfunzione temporomandibolare (DTM), sindrome dolorosa miofasciale mandibolare, disturbo delle articolazioni temporomandibolari, o anche disordine cranio-cervico-mandibolare (DCCM);
negli ultimi anni sono altresì moltiplicati gli studi riguardanti le possibili correlazioni tra malocclusioni dentali, alterazioni del rachide cervicale e alcune forme di cefalee facciali. Nonostante gli sforzi della ricerca, tuttavia, il campo delle disfunzioni temporo mandibolari presenta ancor oggi molte zone d'ombra;
anche se l'articolazione temporo-mandibolare risulta essere una delle strutture del corpo umano più importanti, per le peculiarità che presenta e per la sua complessa anatomia, è soltanto recentemente, infatti, che alcuni studiosi hanno messo in evidenza le relazioni che legano questa articolazione con il sistema muscolare e i meccanismi neurologici di controllo. Infatti, diversi specialisti, tra cui odontoiatri, ortopedici, ortodontisti, otorinolaringoiatri, fisiatri, neurologi si sono ritrovati a studiare, dal loro punto di vista, i complessi rapporti esistenti tra l'apparato stomatognatico e il resto dell'organismo, facendo ricorso esclusivo alle proprie conoscenze mediche pregresse, preso atto della mancanza di protocolli terapeutici o indicazioni univoche da parte delle istituzioni e/o della medicina ufficiale;
in Italia i professionisti implicati e, dunque, consultati nel controllo e nella cura dell'apparato masticatorio sono prevalentemente gli odontoiatri, più di recente, gli gnatologi; in presenza dei sintomi acuti sopra descritti, il loro approccio «terapeutico» (se così può essere definito, atteso che non esiste una terapia che curi questa «condizione umana») prevede essenzialmente l'utilizzo di farmaci antinfiammatori e miorilassanti per alcuni giorni, cui si accompagna la valutazione dell'utilizzo di un dispositivo mobile da interporre tra le arcate dentali tipo bite-plane, allo scopo di ripristinare l'equilibrio occlusale e, conseguentemente, di tutto il corpo;
è opportuno evidenziare, però, che quelli dell'articolazione temporo-mandibolare si caratterizzano come i classici disturbi di confine poiché generalmente essi non si presentano con una sintomatologia evidente: ciò che si verifica pressoché nella maggioranza dei casi, infatti, è che i pazienti che accusano uno o più sintomi si rivolgono per una valutazione, appunto, del sintomo e dei più sintomi accusati, ad un numero variabile di specialisti quali, solo per citarne alcuni, i dentisti, gli odontoiatri, gli gnatologi, gli otorinolaringoiatri, i neurologi, gli ortopedici-fisiatri o lo stesso medico generico, con il risultato pressoché ordinario, dato il quadro sintomatologico spesso di difficile interpretazione diagnostica, di analisi molto costose dall'interpretazione opinabile e/o di prescrizioni di lunghi, inutili o, peggio ancora, errati e potenzialmente dannosi, trattamenti sintomatici, anche a base di psicofarmaci; ciò al netto di una descritta vasta sintomatologia che rende altamente complessa, e non senza ripercussioni per la salute del paziente, l'attività di diagnosi da parte del medico specialista che, nella quasi totalità dei casi, non riconduce la stessa sintomatologia ad una disfunzione dell'articolazione temporo-mandibolare, se non in ultima istanza;
è evidente che le disfunzioni temporo mandibolari versano ancora nell'incertezza più totale dal punto di vista medico e ciò emerge chiaramente nella recente letteratura scientifica: l'Announcement of New Science Information Statement on TMDS, approvato nel marzo del 2010 dall’American Association for Dental Research (AADR), dal titolo «Management of Patients with TMDs: A New «Standard of Care», evidenzia sostanzialmente che ancora non sono state trovate terapie efficaci; la European Academy of Craniomandibular Disorders con le sue «Recommendations for examinations, diagnosis, management of patients with temporomandibular disorders ad orofacial pain by the general dental practitioner», in particolare nel paragrafo relativo alle terapie praticabili, afferma che non è possibile trovare una terapia basata sull'eziologia poiché questa non è ancora ben conosciuta; viene altresì evidenziato che solamente pochissimi studi hanno approfondito i risultati terapeutici dovuti a una sola terapia occlusale. In entrambi gli studi citati, in conclusione, si afferma che non vi sono certezze al riguardo, ma, soprattutto, che non si possiedono basi scientifiche certe e che le terapie risultano efficaci o meno variabilmente a seconda del paziente;
nelle raccomandazioni del Ministero della salute in odontostomatologia del 2014, alla pagina 155, si legge: «Nonostante i fattori eziologici dei vari disordini temporomandibolari non siano ancora completamente chiariti, non vi sono correnti evidenze che malocclusioni, perdita di denti, interferenze occlusali causino in maniera diretta disordini temporomandibolari». Vi si legge subito dopo circa le terapie praticabili: «dispositivi intraorali (placche occlusali: non esiste un disegno di placca che si sia dimostrato chiaramente superiore ad altri; è sempre consigliabile una costruzione individuale accompagnata da istruzioni personalizzate e seguita da attento monitoraggio)». A pagina 216 , poi, con riferimento alle «problematiche verticali» viene solo timidamente asserito che «Ancora discusso è il ruolo del deep bite nella patogenesi dei disordini cranio-mandibolari»;
anche le linee guida emanate dal Ministero della salute in materia (quaderno della salute n. 7 Gen-Feb 2011) presentano confusione nei dati in questo campo. Alla pagina 81, infatti, a giudizio degli interroganti in contraddizione con quanto apoditticamente prescritto nelle pagine precedenti, si legge: «Nei pazienti con disordini posturali, in base ai dati forniti dalla letteratura, non è possibile l'attuazione di terapia odontoiatriche volte alla correzione degli stessi. Allo stato attuale mancano ancora prove scientifiche certe e, quindi, le relative evidenze che dimostrino la natura delle relazioni tra occlusione, disfunzioni temporo-mandibolari e postura. È comunque il caso di segnalare che, nell'evidenza clinica, vi sono riscontri di pazienti con sintomatologie riferibili a disordini posturali che hanno confermato il miglioramento della sintomatologia successivamente al riequilibrio occlusale. La spiegazione di tali eventi è tuttora nel campo delle ipotesi e nessun dato scientifico ne è a supporto»;
è una circostanza paradossale che, nonostante l'altissima incidenza di questa «condizione» nella popolazione e i fortissimi disagi che essa provoca, l'assistenza odontoiatrica pubblica nell'ambito di tale patologia risulti del tutto carente; ciò può ritenersi in parte frutto dell'applicazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 novembre 2001, il quale stabilisce che le cure odontoiatriche pubbliche siano rivolte soltanto ad alcune categorie di persone, mentre per tutte le restanti non resta altra soluzione che rivolgersi ai liberi professionisti privati;
con particolare riferimento, poi, alla locuzione del disordine cranio-cervico-mandibolare (DCCM), spesso distintamente utilizzata nella letteratura scientifica, si constata che ancora oggi essa non risulta presente nell'elenco delle patologie croniche riconosciute dal Ministero della salute; tale circostanza alimenta ancor più il dubbio che le istituzioni non abbiano ancora provveduto a classificare nettamente la «condizione» come una patologia propriamente detta;
dal 2002, con l'introduzione dei Lea (livelli essenziali di assistenza) le cure odontoiatriche sono a carico della regione, che ha l'obbligo di garantire la prevenzione (per la fascia d'età 0-14) e di assistere i malati gravi. Nessun tipo di assistenza, servizio o professionalità è però prevista per i pazienti affetti da disordine cranio-cervico-mandibolare, nonostante sul sistema sanitario regionale siano intervenuti prima il Ministero della salute e poi una Commissione parlamentare d'inchiesta (presieduta dall'attuale sindaco di Roma, Ignazio Marino) che hanno stabilito come invece la sanità pubblica deve (o dovrebbe) garantire l'accesso alle cure;
la comunità scientifica sembra dunque non essere ancora giunta a creare un protocollo terapeutico definitivo per il contrasto specifico del disordine cranio-cervico-mandibolare, pertanto non esisterebbe ancora una vera e propria cura, così come la gnatologia non ha approfondito del tutto i nessi causali tra la disfunzione e l'ampio spettro di sintomi che causa –:
se intenda illustrare quale sia lo stato dell'arte nei riconoscimenti scientifici ufficiali per patologie complesse come la sindrome algico disfunzionale e, più in generale, per la disfunzione cranio cervico mandibolare, quali siano le relative cure e terapie fornite dal servizio sanitario nazionale e quale sia lo stato attuale della ricerca;
se esista una definizione ufficiale di disordine cranio-cervico-mandibolare, se essa sia classificata come «patologia umana» e, in tal caso, come venga effettuata la diagnosi e perché risulti ancora dunque così difficile per dentisti e gnatologi procedere ad una diagnosi certa nonché, soprattutto, documentata di tale patologia, e perché non esistano atti ufficiali del Ministero che ne forniscono una definizione univoca;
se esista una distinzione chiara tra disordine cranio-cervico-mandibolare, disturbi dell'articolazione temporo-mandibolare, sindrome algico-disfunzionale, tutte definizioni, queste, che sembrano riferirsi alla stessa patologia ma che rivelano le grandi controversie in materia esistenti tuttora in questo campo;
se sia mai stata condotta una specifica sperimentazione scientifica;
se esistano, e quali siano, le terapie ufficialmente riconosciute che hanno portato a risultati sicuri, quindi sperimentati;
se non si ritenga di dover avviare una ricerca mirata in questo campo vista la quasi totale mancanza nella letteratura scientifica, anche internazionale, della stessa definizione di disordine cranio-cervico-mandibolare, di cure e terapie, dal momento che «disordini dell'articolazione temporo-mandibolare» si dimostra essere una definizione troppo generica, considerato che non si è certi della correlazione tra sintomi e patologia;
se la problematica sia almeno oggetto di ricerca degli Istituti di ricerca e cura a carattere scientifico o, in caso contrario, se intenda includerla urgentemente visto che la percentuale della popolazione colpita da questi disturbi ammonta a circa il 70-80 per cento della popolazione di cui il 35 per cento sintomatici, spesso invalidanti;
se sia a conoscenza del fatto che spesso le persone affette da disordine cranio-cervico-mandibolare, non riuscendo a reperire uno specialista che diagnostichi chiaramente tale patologia e, non potendo, nei casi più gravi, svolgere gli atti quotidiani della vita, si ritrovano oltretutto nell'impossibilità di richiedere il riconoscimento dell'invalidità civile, e cosa intenda fare al riguardo;
se sia stata condotta una ricognizione dei pazienti che in Italia soffrono di questi disturbi e che risultano tuttora senza cura, a fronte del fatto che nei casi di disordine cranio-cervico-mandibolare il servizio sanitario nazionale non fornisce alcuna assistenza odontoiatrica, non risultando essa nemmeno compresa nei Lea, e se non ritenga opportuno avviarla al più presto, considerato il fatto che le prime cure cui gli italiani rinunciano in periodi di crisi sono proprio quelle dentistiche, perché più costose;
se sia a conoscenza del fatto che molti pazienti, come accennato in premessa, spesso dopo lunghi e inutili esami e accertamenti che abbracciano numerose discipline, vengono addirittura curati attraverso la prescrizione di psicofarmaci;
se non ritenga doveroso e urgente assumere iniziative per disporre a carico dei professionisti sanitari che offrono le proprie cure e terapie per questa patologia, un generale obbligo di informazione del paziente sul reale stato dell'arte;
se il Ministero disponga di dati in relazione all'efficacia, ai benefici e agli eventuali effetti pregiudiziali delle terapie prescritte dagli studi odontoiatrici privati contro tali disturbi, e se intenda promuovere iniziative al fine di verificare se i pazienti in cura traggano effettivamente benefici o se, al contrario, vengano ulteriormente danneggiati, come molti purtroppo lamentano;
a che titolo gli odontoiatri forniscono cure, terapie e dispositivi ortotici se il Ministero stesso non ha riconosciuto alcuna terapia ufficiale;
se sia consapevole del fatto che il mancato riconoscimento di una terapia ufficiale consente agli specialisti di fare delle vere e proprie sperimentazioni sui pazienti tramite l'uso di bite e ortotici costruiti solo sulla base di conoscenze ed esperienza personali del medico, senza nessuna evidenza scientifica al riguardo e, spesso, senza informarne il paziente;
se abbia contezza delle numerose segnalazioni, inoltrate in questi anni, dei cittadini che denunciano questa problematica, se abbia già risposto loro, e come si sia eventualmente attivato per farvi fronte;
come venga realmente inquadrata la branca della gnatologia che, non essendo una disciplina medica a tutti gli effetti, non prevede nemmeno una scuola di specializzazione pubblica in Italia;
se sia a conoscenza delle molte difficoltà che i pazienti affetti da tali disturbi incontrano nel tentativo di individuare cure o terapie adeguate alla propria condizione, tra le numerose, anche contrastanti, offerte e rese facilmente accessibili sul web da numerosi dentisti, e non per forza gnatologi, i quali omettono spesso di avvisare e informare esplicitamente gli utenti del fatto che ad oggi non esiste ancora alcuna terapia scientificamente riconosciuta, e cosa intenda fare al riguardo;
se il problema sia oggetto di studio del gruppo tecnico sull'odontoiatria, da poco rinnovato dallo stesso Ministero, o se, in caso contrario, non ritenga doveroso sottoporlo a tale gruppo al più presto;
se non sia il caso di prendere urgentemente in considerazione l'avvio di una ricerca ad hoc sul campo coinvolgendo, oltre le diverse figure professionali interessate, data la interdisciplinarità della problematica, che investe gnatologi, posturologi, osteopati, odontoiatri, fisioterapisti, farmacologi, ricercatori, anche esperti di branche scientifiche complementari qual è, ad esempio, l'ingegneria biomedica, o discipline affini che possano comunque integrare e ausiliare la ricerca nella individuazione esatta delle cause e, quindi, di una cura specifica, nonché pazienti con anni di esperienza alle spalle, che possano fornire la propria testimonianza. (5-05110)