• C. 2975 EPUB Proposta di legge presentata il 19 marzo 2015

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Atto a cui si riferisce:
C.2975 Modifiche al testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado, di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, in materia di formazione e reclutamento del personale docente della scuola, nonché modifica all'articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e altre disposizioni concernenti la formazione delle classi nelle scuole di ogni ordine e grado


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 2975


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
CHIMIENTI, BRESCIA, DI BENEDETTO, D'UVA, LUIGI GALLO, MARZANA, VACCA, SIMONE VALENTE, COMINARDI, CIPRINI, TRIPIEDI, LUIGI DI MAIO, MASSIMILIANO BERNINI, GAGNARLI, L'ABBATE, MANLIO DI STEFANO, DI BATTISTA, SPADONI, GRANDE, SCAGLIUSI, DEL GROSSO, AGOSTINELLI, CANCELLERI, BATTELLI, RUOCCO, BUSINAROLO, FERRARESI, CARIELLO, CASO, BRUGNEROTTO, D'INCÀ, ALBERTI, VALLASCAS, TOFALO, SPESSOTTO, PAOLO NICOLÒ ROMANO, DELL'ORCO, TERZONI, DAGA, MICILLO, BENEDETTI, PARENTELA, FANTINATI, LOREFICE, COZZOLINO, SILVIA GIORDANO, MANTERO, GRILLO, PESCO, RIZZO, FRUSONE, CORDA, BASILIO, CRISTIAN IANNUZZI, ARTINI, PINNA, DE LORENZIS, LIUZZI, NICOLA BIANCHI, BARONI, PAOLO BERNINI, BONAFEDE, BUSTO, CARINELLI, CASTELLI, CECCONI, COLONNESE, CRIPPA, DA VILLA, DADONE, DALL'OSSO, D'AMBROSIO, DE ROSA, DELLA VALLE, DI VITA, DIENI, FICO, FRACCARO, GALLINELLA, LOMBARDI, LUPO, MANNINO, NESCI, NUTI, PETRAROLI, PISANO, SARTI, SIBILIA, SORIAL, TONINELLI, VIGNAROLI, VILLAROSA, ZOLEZZI, COLLETTI
Disposizioni concernenti la formazione e il reclutamento del personale docente della scuola e la costituzione delle classi nelle scuole di ogni ordine e grado, nonché per il potenziamento dell'offerta formativa del sistema nazionale di istruzione
Presentata il 19 marzo 2015


      

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Onorevoli Colleghi! La presente proposta di legge persegue il duplice obiettivo di migliorare il servizio scolastico, tramite un adeguato potenziamento dell'offerta formativa del sistema nazionale di istruzione e formazione, e di porre rimedio alla situazione di precariato del personale scolastico. A questi fini, si interviene anche sui criteri di formazione delle classi, tramite una riduzione del rapporto tra docenti e alunni per classe.
      Sul fronte del reclutamento del personale, l'intervento nasce dalla necessità di porre un argine definitivo al fenomeno del precariato scolastico, divenuto strutturale dopo oltre venti anni di politiche scellerate che hanno devastato la certezza del diritto attraverso una schizofrenica stratificazione di modifiche normative, finendo spesso per calpestare i diritti acquisiti e impedendo di fatto il rispetto delle stesse norme di legge. Spesso, in un quadro di perenne incertezza, sono stati i tribunali a ripristinare la legalità, cancellando l'efficacia di provvedimenti illegittimi e aprendo lunghe stagioni di sanatorie per tentare di rendere meno iniqui gli effetti di quegli stessi provvedimenti.
      Dall'introduzione del «doppio canale» di reclutamento (decreto-legge n. 357 del 1989, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 417 del 1989) fino al regolamento di cui al decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 249 del 2010, di seguito «regolamento del 2010», sono intervenuti numerosi provvedimenti che hanno integrato, modificato e finito per rendere sempre più complessa la materia. Si pensi alla legge n. 124 del 1999, che ha creato la prima graduatoria permanente da aggiornare anno per anno, che ha subìto varie interpretazioni anche da parte della magistratura amministrativa e che ha modificato complessivamente l'organizzazione originaria degli scaglioni.
      Il sistema è entrato in crisi con l'avvio del nuovo sistema universitario di abilitazione frutto della riforma «a puzzle» dell'ex Ministro Berlinguer che ha introdotto le scuole di specializzazione all'insegnamento secondario (SSIS) e che ha costretto il Ministero a progressive revisioni delle fasce nonché dei punteggi e dei titoli a esse attribuite.
      Il decreto-legge n. 97 del 2004, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 143 del 2004 ha trasformato quindi le supplenze annuali in fattore ordinario con l'aggiornamento delle graduatorie permanenti ogni due anni.
      La cosiddetta «legge Fioroni» (articolo 1, comma 605, della legge n. 296 del 2006 – legge finanziaria 2007) ha tentato di definire un quadro di riferimento per l'assorbimento del precariato strutturale esistente trasformando le graduatorie permanenti in graduatorie ad esaurimento con aggiornamento del punteggio biennale. Ma successivamente è intervenuto il decreto-legge n. 137 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 169 del 2008, che ha riaperto le graduatorie ad esaurimento per i docenti abilitati del IX corso SSIS, che in teoria non avrebbe mai dovuto essere attivato, ai docenti abilitati presso le Facoltà di scienze della formazione, le accademie e i conservatori nell'anno scolastico 2007/2008.
      Negli ultimi anni sono intervenuti ulteriori provvedimenti legislativi e regolamentari che, lungi dal semplificare la situazione, hanno esasperato il contenzioso e le aspettative delle varie categorie di precariato, diventato, come detto, ormai strutturale.
      Dopo quasi dieci anni di blocco, solo nel 2012 (decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 24 settembre 2012) sono stati indetti i primi concorsi ordinari a cattedra. Tale ritardo, ultradecennale, ha cristallizzato la situazione del cosiddetto precariato «storico» nella scuola per poi introdurre con il regolamento del 2010, dopo la chiusura delle SSIS, un nuovo canale di abilitazione per i futuri docenti con i tirocini formativi attivi e i percorsi abilitanti speciali, intasando le graduatorie e aumentando i contenziosi.
      Dopo più di venti anni di caos, usato spesso strumentalmente per fini di consenso politico a ogni tornata elettorale, è dunque necessario intervenire sul sistema di reclutamento con una proposta di legge organica che abbia caratteristiche di definitività per l'assorbimento del precariato attuale e che dia finalmente certezze in merito al reclutamento e all'abilitazione dei futuri docenti nel medio e lungo periodo.
      Ecco dunque il motivo che ha spinto i deputati proponenti a presentare questo testo di legge, che, per il profilo qui in esame, si articola in due fasi.
      In una prima fase transitoria, che produrrà i suoi effetti nel quinquennio dal 2015 al 2020, il Movimento 5 Stelle (M5S) prevede un piano di assunzioni straordinario che riguardi innanzitutto i 148.000 docenti iscritti nelle graduatorie ad esaurimento e i vincitori del concorso a cattedra del 2012, ma che sia poi rivolto, per scorrimento e in subordine, anche ai precari della seconda fascia delle graduatorie d'istituto provvisti di abilitazione. Questa scelta si pone in contrasto con la direzione intrapresa dal Governo Renzi ed esplicitata nel documento «La Buona Scuola» e ha motivazioni ben precise.
      L'assunzione a settembre 2015 di oltre 148.000 docenti delle graduatorie ad esaurimento, se davvero sarà realizzata, è comunque insufficiente. Ma soprattutto, a seguito della sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 26 novembre scorso e delle motivazioni allegate, la scelta del Governo risulta ingiustificata e arbitraria: non è stato applicato il criterio delle 36 mensilità di servizio, come richiesto dalla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, né si è scelto di privilegiare il criterio dell'abilitazione all'insegnamento. Si è deciso, al contrario, di puntare tutto su una sola categoria di docenti, gli iscritti nelle graduatorie ad esaurimento abilitati entro il 2008, lasciando da parte tutti gli altri, ovvero chi ha avuto l'unica «colpa» di abilitarsi successivamente alla chiusura delle SSIS. Se è vero che l'assunzione dei 148.000 precari storici è doverosa e che la sentenza pone giustamente l'accento su di loro, è altrettanto innegabile che sono potenzialmente interessati dalla pronuncia della Corte almeno altrettanti precari abilitati e in possesso di almeno tre annualità di servizio.
      Procedere secondo questa logica, adottando cioè un mero criterio temporale nella scelta di quali abilitazioni considerare «di serie A» e quali invece «di serie B», risulta palesemente discriminatorio e non fa altro che alimentare le tensioni tra le categorie dei precari.
      Il M5S ritiene invece che, anche sfruttando l'onda lunga dei prossimi pensionamenti, sia necessario compiere uno sforzo economico per garantire a tutti gli abilitati l'immissione in ruolo entro i prossimi cinque anni.
      Dai dati ufficiali del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ormai risalenti all'anno scolastico 2007/2008, risultava infatti che i docenti di ruolo di età compresa tra i 45 e i 49 anni fossero 137.318, di età compresa tra 50 e 45 anni fossero 163.203 e di età compresa tra 55 e 59 anni fossero 153.999. Su un attuale organico di diritto di circa 650.000 docenti, si prospetta dunque che nel corso dei prossimi dieci anni andranno in pensione più di 300.000 docenti, con la storica possibilità di un ricambio generazionale di più del 40 per cento del corpo insegnante.
      Un Governo che vedesse nella scuola pubblica una risorsa da accrescere e da coltivare piuttosto che un fardello da alleggerire, considererebbe un numero superiore di docenti assunti a tempo indeterminato, adeguatamente formati, ben retribuiti e costantemente aggiornati, una grande opportunità di crescita per il Paese intero piuttosto che una spesa inutile da «potare» costantemente.
      Ecco per quale motivo il piano straordinario di assunzioni proposto dal M5S, ripartito in un quinquennio e non in un solo anno, prenderà in considerazione anche i docenti iscritti nella seconda fascia delle graduatorie d'istituto, già adeguatamente formati dallo Stato e in molti casi con diversi anni di servizio alle spalle. Per poter realizzare questo piano, ambizioso ma necessario, occorre unirlo a una serie di iniziative e di fondamentali interventi normativi paralleli: il ripristino delle compresenze e del tempo pieno nella primaria, il rispetto rigoroso del numero massimo di 22 alunni nella formazione delle classi, la revisione dei parametri pensionistici della riforma Fornero e l'incentivo al part-time dei docenti con una cospicua anzianità di servizio.
      Proprio in riferimento al fenomeno del sovraffollamento delle classi o delle cosiddette classi pollaio è una delle grandi emergenze della scuola pubblica italiana. All'avvio di ogni anno scolastico puntualmente si ripropongono assurde situazioni di disagio, con oltre trenta alunni stipati in ambienti troppo piccoli e non a norma, all'interno di edifici fatiscenti e spesso privi delle necessarie certificazioni di agibilità. I genitori e gli studenti denunciano gli episodi, gli organi di informazione dedicano ampio spazio all'emergenza del sovraffollamento e puntualmente i rappresentanti delle istituzioni dichiarano di volersi impegnare per risolvere il problema.
      Poi, purtroppo, l'emergenza viene dimenticata e i casi di classi sovraffollate si ripresentano a settembre.
      A generare tutto questo, lo ricordiamo, è una norma del 2008 a firma Giulio Tremonti, allora Ministro dell'economia e delle finanze: si tratta dell'articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito dalla legge n. 133 del 2008. La disposizione ha incrementato di un punto, nel triennio 2009-2011, il rapporto alunni/docente per classe (dall'8,94 del 2008 al 9,94 del 2012). Precisamente, la norma ha previsto l'adozione, a decorrere dall'anno scolastico 2009/2010 e ai fini di una fantomatica «migliore qualificazione dei servizi scolastici e di una piena valorizzazione professionale del personale docente», di «interventi e misure volti ad incrementare, gradualmente, di un punto il rapporto alunni/docente, da realizzare comunque entro l'anno scolastico 2011/2012, per un accostamento di tale rapporto ai relativi standard europei tenendo anche conto delle necessità relative agli alunni diversamente abili».
      Per raggiungere questo obiettivo il piano triennale Gelmini-Tremonti ha comportato il licenziamento di ben 86.931 docenti, garantendo un risparmio di oltre 2 miliardi di euro, come si evince dalla seguente tabella, allegata nella relazione tecnica del provvedimento:
Stima alunni (dato Ministero della pubblica istruzione 2008/2009) 7.768.506
Docenti (dato MPI 2007/2008 attualizzato a legislazione vigente) 468.542
Rapporto alunni/docenti 8,94
Retribuzione media docenti (dato MPI) 31.630 (euro/anno).
Anno scolastico
2008/2009
2009/2010
2010/2011
2011/2012
2012/2013
Stima alunni 7.768.506 7.768.506 7.768.506 7.768.506 7.768.506
Docenti 868.542 826.437 800.977 781.201  
Rapporto 8,94 9,4 9,7 9,94  
Differenze di rapporto 0,45 0,30 0,24 1,0  
Differenze annuali   -42.105 -25.660 -19.676  
Riduzioni già previste dalla legislazione vigente   -10.000 -10.000 0  
Totale   -32.105 -15.560 -19.676  
Totale nuove
riduzioni cumulate
  -32.105 -47.886 -67.341


Risparmi per anno scolastico
2009/2010
2010/2011
2011/2012
Euro 1.015.487.206,81 492.159.677,93 622.337.213,24


Risparmi per anno finanziario
2009
2010
2011
2012
Euro 338.495.736 1.179.549.433 1.715.092.622 2.129.984.098

      Oltre ad aver avuto un impatto devastante sotto il profilo occupazionale, il drastico taglio delle cattedre a fronte di un numero di alunni iscritti stabile o addirittura in crescita ha comportato l'inevitabile aumento del numero degli studenti per classe, fino al verificarsi di episodi assurdi in cui si è appunto arrivati ad avere addirittura 40 studenti stipati nella stessa aula, in deroga a ogni norma di sicurezza.
      L'articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008 ha poi necessitato di appositi atti normativi che lo rendessero concretamente operativo. Ed ecco che a tradurre in legge le drammatiche e inevitabili conseguenze del piano di razionalizzazione è stato il decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009, che nelle sue premesse cita appunto l'articolo 64.
      Le disposizioni in questione, che – lo ricordiamo – hanno natura regolamentare e sono dunque fonti di rango secondario, hanno infatti determinato una drastica ridefinizione degli assetti e dei parametri per la composizione delle classi, andando a incidere sulla precedente normativa in materia, il decreto del Ministro della pubblica istruzione 24 luglio 1998, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 264 dell'11 novembre 1998, e ridisegnando la disciplina in merito al numero minimo e massimo di alunni per classe degli edifici scolastici di ogni ordine e grado.
      Si è cominciato con le sezioni della scuola dell'infanzia, innalzando da 25 a 26 il numero massimo di alunni per classe. Per le sezioni della scuola primaria, il numero minimo di alunni stabilito dal citato decreto del 1998 era fissato a 10, e il numero massimo a 25. Con il decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009 si è passati a un minimo di 15 e a un massimo di 27. Quanto alla scuola secondaria di primo grado, si è passati da un minimo di 15 e un massimo di 25 a un minimo di 18 e a un massimo di 28.
      Ma il caso più eclatante riguarda le scuole secondarie di secondo grado, in cui è attualmente possibile comporre classi di 33 alunni. Se si tiene conto della possibilità di derogare fino al 10 per cento al numero massimo degli alunni per classe, prevista dall'articolo 4, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009, è facile comprendere come ad oggi sia legittimo e pienamente conforme alla legge comporre sezioni con ben 33 alunni.
      La puntualità nel tradurre in legge il piano programmatico di razionalizzazione contenuto nell'articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008 e la conseguente modifica dei parametri per la composizione delle classi non sono state purtroppo accompagnate da altrettanta solerzia nel concretizzare a livello normativo la realizzazione del piano generale di riqualificazione dell'edilizia scolastica, annunciato dal comma 2 dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009 e a tutt'oggi mai realizzato.
      In fase di redazione del decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009, il legislatore non ha poi tenuto conto di una serie di disposizioni normative tuttora vigenti e pienamente efficaci: ci riferiamo innanzitutto alla norma di cui al decreto del Ministro dell'interno 26 agosto 1992, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 218 del 16 settembre 1992, sulla prevenzione degli incendi, che individuava il parametro di 26 persone per aula al fine di determinare il «massimo affollamento» ipotizzabile sui piani e complessivamente nell'edificio scolastico, in un'ottica di conformazione, in caso di emergenza, delle vie d'esodo per la messa in sicurezza del personale.
      In secondo luogo, l'articolo 5 della legge 11 gennaio 1996, n. 23, recante norme per l'edilizia scolastica, dispone al comma 3 che, fino all'approvazione di norme tecniche regionali, possano essere assunti quali indici di riferimento circa il numero di alunni per classe quelli contenuti nelle norme tecniche di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 18 dicembre 1975, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 29 del 2 febbraio 1976. E secondo tali norme, per poter essere sicuro ogni alunno deve godere di uno spazio minimo di 1,80 metri

quadri nella scuola dell'infanzia, primaria e secondaria di primo grado, e di 1,96 metri quadri nella scuola secondaria di secondo grado. Il superamento di questi limiti mette chiaramente a repentaglio la sicurezza degli studenti.
      Ridurre il numero massimo di alunni per classe è dunque, in primis una questione di sicurezza, di incolumità fisica, di igiene e vivibilità. Ed è questo, in primis, il motivo che ha spinto i deputati proponenti a presentare questa proposta di legge, volta a rivedere il rapporto alunni/docente in classe.
      Ma c’è un altro innegabile vantaggio: rivedere il rapporto alunni/docente inciderebbe molto positivamente sulla qualità della didattica poiché avere meno studenti da seguire permetterebbe al docente di dedicarsi individualmente con maggiori attenzione e solerzia ai suoi allievi. Oltre a pregiudicare la formazione degli alunni, il fenomeno delle classi pollaio non consente infatti la piena integrazione dei ragazzi disabili. Ricordiamo che, a fronte di 200.000 alunni con disabilità certificate iscritti alle scuole italiane, sono disponibili solo 101.000 insegnanti di sostegno, per un rapporto medio di un insegnante ogni due allievi. Inoltre, circa 700.000 studenti, il 9 per cento dell'intera popolazione scolastica, rientrano nella categoria dei bisogni educativi speciali, che includono i disturbi specifici dell'apprendimento e lo svantaggio socio-economico, linguistico o culturale. Osservando queste cifre come si può pensare che i docenti italiani riescano a garantire un'elevata qualità della didattica dovendo anche, in un contesto di sovraffollamento, farsi carico in prima persona di situazioni di disagio e di deficit tramite l'elaborazione di piani didattici personalizzati? Il tutto senza alcun riconoscimento economico e soprattutto senza che si garantisca loro un'adeguata formazione per affrontare esigenze così specifiche e delicate.
      Sul tema della disabilità interviene espressamente l'articolo 5, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009, stabilendo che le prime classi delle scuole di ogni ordine e grado che accolgono alunni disabili al loro interno non possono superare «di norma» il numero di 20 alunni. Eppure, nonostante le ripetute circolari emesse dal MIUR, tutte volte a raccomandare il rispetto della normativa, la realtà dei fatti risulta ben diversa, con aule che superano abbondantemente i parametri stabiliti per legge e che costringono le famiglie con figli disabili a rivolgersi ai tribunali per vedere applicate le normative.
      Alla luce di tutti questi motivi, il capo II della presente proposta di legge interviene innanzitutto sull'articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2009, la norma madre che ha generato i casi di sovraffollamento, proponendo un piano triennale realmente finalizzato alla «migliore qualificazione dei servizi scolastici e a una piena valorizzazione del personale docente» e che prevede interventi e misure volti, nel triennio 2015-2017, a diminuire di un punto il rapporto alunni/docente. In questo modo, di fatto, si eliminerebbero gli effetti nefasti prodotti dal piano di razionalizzazione e si ritornerebbe alla situazione pre Tremonti e Gelmini, ripristinando gli oltre 86.000 posti di lavoro tagliati e consentendo così la cancellazione del contenuto del decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009.
      Al medesimo capo, inoltre, sono previsti interventi mirati proprio sul decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009, prevedendo un abbassamento del numero massimo degli alunni per classe nelle scuole di ogni ordine e grado, fissato inderogabilmente a 22.
      A supporto delle richieste dei deputati proponenti, oltre al buon senso e alla volontà di difendere la sicurezza degli alunni e la qualità della didattica, giova infine segnalare le pronunce del tribunale amministrativo regionale (TAR) Molise, che nel 2012 con le sentenze nn. 144 e 145 hanno annullato alcuni provvedimenti di accorpamento di più classi composte da pochi alunni finalizzati a costituirne un minor numero ma con moltissimi studenti. Le norme richiamate dai giudici e poste a fondamento delle decisioni del TAR sono particolarmente interessanti e tra queste si ricordano le citate norme di cui ai decreti ministeriali del 18 dicembre 1975 e del 26 agosto 1992, in materia di norme tecniche dell'edilizia scolastica e di prevenzione degli incendi.
      Ma soprattutto è significativo che, a seguito del tentativo da parte delle amministrazioni scolastiche regionali di eccepire che tali norme fossero in realtà state automaticamente abrogate dal decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009, il TAR abbia chiaramente affermato che le norme contenute in un decreto del Presidente della Repubblica sono a carattere generale, mentre quelle contenute in un decreto ministeriale sono speciali e dunque, per legge, non possono essere abrogate da norme generali poiché riguardano specificamente la «tutela al diritto alla sicurezza e alla salute».
      Le misure contenute nel capo III della presente proposta di legge sono funzionali all'attuazione del piano di assunzioni di cui all'articolo 8, a cui sarà affiancata anche una modifica strutturale delle attuali graduatorie, in modo da snellire le procedure e da accelerarne lo smaltimento: le graduatorie ad esaurimento diventeranno graduatorie regionali, con possibilità di optare per un'unica provincia in cui richiedere l'immissione in ruolo, mentre le attuali graduatorie d'istituto si trasformeranno in graduatorie provinciali, superando così l'assurdo limite di scelta delle venti scuole all'interno della stessa provincia.
      L'attribuzione degli incarichi, delle supplenze annuali e delle supplenze fino al termine delle lezioni avviene attraverso il ricorso alla suddetta graduatoria provinciale direttamente da parte degli ambiti territoriali.
      È poi previsto un censimento preventivo di tutti i docenti attualmente iscritti nelle graduatorie ad esaurimento e nella seconda fascia delle graduatorie d'istituto, necessario per avere un quadro preciso della platea e per avere informazioni precise circa i titoli in possesso, gli anni di servizio, l'eventuale svolgimento di un'altra professione e l'indicazione della regione e della provincia in cui essere preferibilmente immessi in ruolo. La compilazione del questionario è formalmente vincolante per ottenere l'iscrizione nelle nuove graduatorie regionali e provinciali e per entrare nel piano di assunzioni.
      Nel quinquennio transitorio è comunque mantenuto il cosiddetto «doppio canale» di accesso al reclutamento e verranno banditi regolari concorsi ogni due anni per tutti i docenti provvisti di abilitazione.
      Oltre alla stabilizzazione, fondamentale strumento per garantire la continuità della didattica e la tutela dei diritti dei lavoratori della scuola, il M5S non dimentica il concetto di merito. Ecco perché, per tutti i docenti immessi in ruolo dalle graduatorie regionali e, in subordine, dalle graduatorie provinciali degli abilitati nel quinquennio 2015-2020, l'anno di prova è completamente modificato.
      Non si tratterà più, come purtroppo avviene da sempre, di un semplice obbligo formale e burocratico, di un mero passaggio automatico e scontato all'assunzione a tempo indeterminato, ma sarà finalmente un anno di prova serio e ben strutturato, il cui superamento risulterà vincolante per la prosecuzione dell'insegnamento. Il nuovo anno di prova, a cui dovranno sottoporsi tutti gli aspiranti docenti destinatari del piano di assunzioni straordinario, consterà di verifiche in itinere e di prove rigorose che testino le competenze didattiche e psico-attitudinali e si avvarrà dell'importantissimo contributo di commissioni di valutazione esterne agli istituti scolastici, formate anche da un nutrito contingente di ispettori ministeriali.
      Dal 2020 scatterà la seconda fase della riforma, che prevede una revisione globale del sistema di formazione per non ricreare più le attuali sacche di precariato. Dopo la laurea magistrale, si prevede un concorso bandito annualmente in base al fabbisogno reale che verta sulle competenze teoriche ma senza ricorrere ad assurdi quiz nozionistici e a crocette. Il superamento del concorso iniziale e di una prova psico- attitudinale che valuti l'effettiva capacità dell'aspirante docente di gestire correttamente il rapporto con gli alunni, darà accesso a un anno di corso-concorso da svolgersi presso la Scuola Superiore della Pubblica istruzione, basato sul fabbisogno reale delle scuole. Il corso-concorso comprenderà un tirocinio retribuito, gestito interamente dalle scuole e sotto la supervisione di docenti tutor selezionati tra i docenti senior, con oltre dieci anni di servizio, che dedicheranno la metà del loro monte ore alla formazione dei tirocinanti. La formazione iniziale degli aspiranti docenti, che per la prima volta prevederà anche corsi di educazione ambientale, alimentare e affettiva oltre allo studio delle metodologie comunicazionali di trasferimento della conoscenza, è dunque volta alla valorizzazione delle competenze professionali inerenti l'insegnamento attivo e non teorico-accademico attraverso l'istituzione di un tirocinio incentrato sugli aspetti pratici e didattici della professione.
      Al termine del tirocinio e dopo una prova finale, spetterà l'immissione in ruolo entro tre anni dal conseguimento della specializzazione. Qualora ciò non avvenga, gli aspiranti docenti che abbiano conseguito l'abilitazione ma che non siano stati assunti a tempo indeterminato entro tre anni avranno un risarcimento quantificabile nelle conseguenze causalmente riconducibili a tale mancata assunzione.
      Infine, la presente proposta di legge, con le norme del capo IV, è volta al potenziamento dell'offerta formativa delle scuole.
      Per migliorare l'offerta formativa e contrastare il grave fenomeno della dispersione scolastica si rende necessario procedere al ripristino del tempo pieno, delle compresenze e del sistema dei moduli nella scuola primaria. Si prevede altresì il graduale superamento del modello del docente unico di riferimento con orari di insegnamento prevalente e compiti di coordinamento.
      La cosiddetta «riforma Gelmini», che in un solo triennio ha operato un taglio complessivo di risorse al comparto scuola per oltre 8 miliardi di euro, ha avuto come principale conseguenza un impoverimento generale dell'offerta formativa per gli studenti di tutte le scuole di ogni ordine e grado.
      La riforma è stata attivata per l'anno scolastico 2010/2011 ed è entrata in pieno regime per l'anno scolastico 2014/2015.
      Nell'ambito del taglio del 10 per cento del monte ore globale del percorso di istruzione, gli istituti tecnici e professionali sono stati i più penalizzati: sono state, ad esempio, ridotte di un terzo le ore di insegnamento della materia «Tecnologie» e «Disegno tecnico»; sono venute meno molte ore di didattica in laboratorio, fondamentali per la formazione dei giovani negli istituti professionali, con conseguente riduzione delle cattedre dei docenti disciplinari e di quelli degli istituti tecnico-pratici.
      Nella presente proposta di legge si ripristinano le ore di insegnamento pratico e laboratoriale degli istituti tecnico-pratici, imprescindibili non solo a livello formativo ma anche ai fini dell'inserimento nel mondo del lavoro degli studenti.
      Anche i percorsi liceali hanno subìto ingenti riduzioni del monte ore dedicato alle varie discipline: la scure dei tagli si è abbattuta in particolare sulle materie umanistiche e artistiche, all'interno di una logica che mercifica i saperi e svaluta quelli che, apparentemente, meno si legano al profitto. Sono così venute meno materie fondamentali come «Storia», «Latino», «Geografia» e «Storia dell'arte».
      Nei bienni dei licei, attualmente, vengono dedicate all'insegnamento della storia e della geografia solo tre ore settimanali: due di storia e una di geografia. È nata così una nuova disciplina, detta «Geostoria», che tende a unificare i due saperi, per far fronte alla necessità di comprimere «in pillole» i programmi. Una riorganizzazione del curricolo in chiave geostorica non è un'operazione di poco conto sul piano culturale, e dovrebbe provare la sua fondatezza epistemologica e pedagogico-didattica. La geografia è una materia fondamentale che fornisce le chiavi interpretative della realtà. Eliminarla tout-court, senza approfonditi studi preliminari, ha conseguenze non trascurabili. Per questo motivo, si propone di rafforzare lo studio della geografia nei bienni delle scuole secondarie di secondo grado.
      Similmente, si intende dare valore alla cultura del nostro Paese, ricca di storia e di arte. Ogni cittadino deve poter comprendere appieno il valore di un monumento storico o di un quadro, avendo accesso alle categorie storiche e scientifiche che ne consentano l'interpretazione. Dare valore alla storia significa anche tenere viva la memoria più preziosa del nostro passato: l'eredità della tradizione greco-latina, ormai confinata ai soli licei classici, deve diventare patrimonio comune da riconoscere, tutelare e tramandare. Si rende quindi necessario ripristinare quadri orari, discipline, cattedre e monte ore precedenti, opponendosi con fermezza al graduale impoverimento del bagaglio culturale dei cittadini.
      Al fine di ampliare la conoscenza del patrimonio filologico e archeologico giunto fino a noi attraverso i secoli si propone di implementare le ore destinate allo studio della lingua e della civiltà latina nei licei scientifici e linguistici, laddove le ore di insegnamento di tale disciplina sono state drasticamente ridotte dalle recenti disposizioni normative.
      In ultimo, è giunto il momento di introdurre nei curricoli nuove discipline, ormai divenute imprescindibili per la formazione dei cittadini del futuro. L'Italia ha recentemente recepito nella propria normativa la Convenzione di Istanbul che prevede, tra l'altro, l'obbligo per i docenti di formarsi sui temi delle pari opportunità e del contrasto della violenza di genere.
      La scuola ha una grande responsabilità nel favorire lo sviluppo della persona e nel contrastare l'insorgere di pregiudizi originati dagli stereotipi di genere che si radicano nella persona fin dai primi anni di vita. A questo fine, sfruttando questa occasione storica, intendiamo istituire percorsi interdisciplinari di «Educazione all'affettività» finalizzati a prevenire e contrastare ogni forma di violenza, discriminazione di genere e di bullismo omofobico.


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PROPOSTA DI LEGGE
Capo I
MODIFICHE AL TESTO UNICO DI CUI AL DECRETO LEGISLATIVO 16 APRILE 1994, N. 297
Art. 1.
(Accesso ai ruoli).

      1. All'articolo 399 del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado, di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 1, le parole: «materna, elementare e secondaria» sono sostituite dalle seguenti: «dell'infanzia, primaria e secondaria» e le parole da: «, per il 50» fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: «tramite concorsi pubblici per titoli ed esami»;

          b) il comma 2 è abrogato.

Art. 2.
(Concorsi per titoli ed esami).

      1. All'articolo 400 del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 01, la parola: «triennale» è sostituita dalla seguente: «biennale» e la parola: «triennio» è sostituita dalla seguente: «biennio»;

          b) al comma 2, dopo la parola: «secondaria» è inserita la seguente: «di secondo grado»;

          c) al comma 3, la parola: «elementare» è sostituita dalla seguente: «primaria»;

          d) al comma 20, le parole: «provveditore agli studi» sono sostituite dalle seguenti: «direttore generale dell'ufficio scolastico regionale».

Art. 3.
(Percorso di formazione iniziale dei docenti della scuola dell'infanzia e della scuola primaria).

      1. L'articolo 401 del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
      «Art. 401. – (Percorso di formazione iniziale dei docenti della scuola dell'infanzia e della scuola primaria). – 1. A partire dall'anno scolastico 2020/2021 i percorsi di formazione iniziale per gli insegnanti della scuola dell'infanzia e della scuola primaria si svolgono durante i corsi di laurea magistrale, quadriennali, di scienze della formazione primaria. I corsi sono a numero chiuso e programmati in base ai posti vacanti e disponibili presenti nel sistema di istruzione dell'infanzia e primaria della regione. A tale scopo gli uffici scolastici regionali, con cadenza annuale, forniscono i dati sul fabbisogno delle singole istituzioni scolastiche. La laurea in scienze della formazione primaria costituisce titolo abilitante all'insegnamento».

Art. 4.
(Scuola superiore della pubblica istruzione).

      1. L'articolo 402 del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, è sostituito dal seguente:
      «Art. 402. – (Scuola superiore della pubblica istruzione). – 1. È istituita la Scuola superiore della pubblica istruzione (SSPI), con sede centrale in Roma.


      2. La SSPI, posta nell'ambito e sotto la vigilanza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e coordinata dal Comitato per il coordinamento delle scuole pubbliche di formazione istituito dall'articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 70, è un'istituzione di alta formazione che ha lo scopo di sostenere e di promuovere il processo di innovazione del sistema nazionale di istruzione.
      3. Compito primario della SSPI è svolgere attività di formazione di eccellenza per i docenti, con il supporto di attività di analisi e di ricerca.
      4. La SSPI è dotata di autonomia organizzativa e contabile nei limiti delle proprie risorse economico-finanziarie. La SSPI è iscritta nell'apposito schedario dell'Anagrafe delle ricerche, istituito ai sensi del terzo comma dell'articolo 63 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382.
      5. La SSPI svolge prioritariamente attività di formazione, selezione e reclutamento dei docenti delle scuole secondarie di primo e di secondo grado.
      6. L'attività di formazione è svolta da esperti nell'ambito della didattica e dell'insegnamento, da pedagogisti, da psicologi e da docenti secondo la seguente percentuale: per il 70 per cento personale docente in servizio nelle istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione e per il 30 per cento docenti universitari presso i corsi di laurea in scienze della formazione primaria.
      7. Con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca sono istituite le sedi distaccate della SSPI e sono definiti i compiti, le attività e l'organizzazione della stessa».
Art. 5.
(Percorso di formazione iniziale dei docenti della scuola secondaria di primo e di secondo grado).

      1. Dopo l'articolo 402 del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994,

n. 297, come sostituito dalla presente legge, è inserito il seguente:
      «Art. 402-bis. – (Percorso di formazione iniziale dei docenti della scuola secondaria di primo e di secondo grado). – 1. A partire dall'anno scolastico 2020/2021 i percorsi di formazione iniziale per gli insegnanti di scuola secondaria di primo e di secondo grado si svolgono dopo il conseguimento della laurea magistrale o specialistica, che costituisce titolo di accesso al corso-concorso bandito dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Il corso è tenuto dalla SSPI e ha durata annuale. Il corso-concorso è aperto a tutti i candidati in possesso di laurea conformemente a quanto stabilito con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ovvero di abilitazione valida per l'insegnamento della disciplina o per il gruppo di discipline cui il concorso si riferisce, per i concorsi a cattedre e a posti di insegnamento nelle scuole secondarie.
      2. Per le classi di concorso per le quali è prevista l'ammissione sulla base dei titoli artistico-professionali e artistici si tiene conto dei titoli medesimi in luogo del titolo di studio. L'accertamento dei titoli, qualora non sia già avvenuto, è operato dalla medesima commissione giudicatrice del concorso, prima dell'inizio delle prove di esame.
      3. Per l'insegnamento dell'educazione musicale sono validi anche gli attestati finali di corsi musicali straordinari di durata complessiva di studi non inferiore a sette anni svolti presso i conservatori di musica e gli istituti musicali pareggiati. Gli attestati rilasciati, a decorrere dall'anno 1990, sono validi solo se conseguiti all'esito di corsi i cui programmi abbiano ottenuto l'approvazione ministeriale.
      4. Il corso-concorso è bandito sulla base del fabbisogno reale del sistema di istruzione delle scuole secondarie di primo e di secondo grado, secondo le modalità di cui all'articolo 400. A tale scopo gli uffici scolastici regionali, con cadenza annuale, forniscono i dati del fabbisogno delle singole istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado.
      5. L'anno di formazione, a cui si accede solo mediante superamento del corso-concorso e a seguito di una prova psico-attitudinale che valuti l'effettiva capacità dell'aspirante docente di gestire correttamente il rapporto con gli alunni, comprende quattro gruppi di attività:

          a) un percorso formativo, da svolgere presso il corso di laurea in scienze della formazione primaria, con insegnamenti di scienze dell'educazione e con insegnamenti di pedagogia, di didattiche disciplinari e di metodologie dell'insegnamento che, anche in un contesto di laboratorio, sono svolti stabilendo una stretta relazione tra l'approccio disciplinare e l'approccio didattico. Al termine dei corsi sono stabilite delle sessioni di esame in cui sono testate le conoscenze e le competenze acquisite dagli specializzandi;

          b) un percorso di carattere socio-psico-pedagogico, finalizzato allo sviluppo delle capacità relazionali del futuro docente e basato sullo sviluppo di tecniche di comunicazione e motivazionali efficaci che favoriscano il naturale processo relazionale docente-discente. Tale percorso è incentrato sull'approfondimento di tecniche di comunicazione assertiva, di ascolto attivo e di intelligenza emotiva nonché sullo studio delle metodologie comunicazionali di trasferimento della conoscenza;

          c) un percorso formativo finalizzato all'attribuzione agli specializzandi delle necessarie competenze in materia di educazione civica, educazione alimentare, educazione all'ambiente ed educazione all'affettività e alla sessualità consapevole, al fine di contrastare il diffondersi di pregiudizi e ogni forma di bullismo;

          d) un tirocinio indiretto e diretto di 475 ore, svolto presso le istituzioni scolastiche sotto la guida di un docente tutor ai sensi di quanto previsto dai commi 6 e 7. La SSPI progetta il percorso di tirocinio, di concerto con le istituzioni scolastiche, prevedendo una fase osservativa e una fase di insegnamento attivo, anche in compresenza con i docenti tutor. Almeno 75 ore del tirocinio sono dedicate alla maturazione

delle necessarie competenze didattiche per l'integrazione degli alunni disabili.

      6. Al termine dell'anno di formazione è prevista una prova finale che tiene conto dei risultati degli esami svolti in itinere e dell'attività di tirocinio svolta da ciascuno specializzando. La valutazione è affidata a una commissione, di cui fanno parte il personale della SSPI gli insegnanti delle istituzioni scolastiche che abbiano collaborato alle attività di tirocinio.
      7. L'accesso al ruolo avviene entro tre anni dalla conclusione del periodo di formazione. Qualora ciò non avvenga è riconosciuto un risarcimento quantificabile nelle conseguenze causalmente riconducibili a tale mancata assunzione.
      8. Per lo svolgimento delle attività di tirocinio la SSPI si avvale di personale docente in servizio nelle istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione che abbia raggiunto un livello di esperienza professionale pari ad almeno dieci anni e che possa essere utilizzato per metà del proprio monte-ore nell'insegnamento tradizionale nelle classi e per l'altra metà in attività di formazione per i nuovi docenti.
      9. Ai docenti di cui al comma 9 sono affidati compiti tutoriali, in qualità di tutor dei tirocinanti. I tutor dei tirocinanti hanno il compito di orientare gli studenti rispetto agli assetti organizzativi e didattici della scuola e alle diverse attività e pratiche in classe, di accompagnare e monitorare l'inserimento in classe e la gestione diretta dei processi di insegnamento dei tirocinanti. I docenti chiamati a svolgere i predetti compiti sono designati dai coordinatori didattici e dai dirigenti scolastici preposti alle scuole inserite nell'elenco di cui al comma 10 i docenti in servizio con contratto a tempo indeterminato e che abbiano raggiunto un livello di esperienza professionale pari ad almeno dieci anni nelle medesime istituzioni e che ne abbiano fatto domanda.
      10. Per lo svolgimento delle attività di tirocinio ciascun ufficio scolastico regionale predispone e aggiorna annualmente

un elenco telematico delle istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione, accreditate ad accogliere i vincitori del corso-concorso di cui al presente articolo evidenziando per ogni istituzione scolastica i seguenti dati:

          a) elenco degli insegnanti con contratto a tempo indeterminato e con un'esperienza professionale pari ad almeno dieci anni disponibili a svolgere il compito di tutor con il rispettivo curriculum vitae;

          b) piano di realizzazione e di inserimento nell'attività della scuola delle attività di tirocinio;

          c) eventuali precedenti esperienze di tirocinio;

          d) presenza di laboratori attrezzati;

          e) eventuali altri elementi che possono concorrere alla valorizzazione delle esperienze delle istituzioni scolastiche;

          f) sviluppo di progetti riguardanti l'educazione alimentare, l'educazione ambientale e l'educazione all'affettività e alla sessualità consapevole.

      11. Ciascun ufficio scolastico regionale vigila sul rispetto, da parte delle istituzioni scolastiche inserite nell'elenco di cui al comma 10, delle condizioni previste per l'inserimento nell'elenco stesso.
      12. Ai tutor supervisori è affidato il compito di:

          a) orientare e gestire i rapporti con i tutor assegnando gli studenti alle diverse classi e scuole e formalizzando il progetto di tirocinio dei singoli studenti;

          b) provvedere alla formazione del gruppo di studenti attraverso le attività di tirocinio indiretto e l'esame dei materiali di documentazione prodotti dagli studenti nelle attività di tirocinio;

          c) supervisionare e valutare le attività del tirocinio diretto e indiretto;

          d) seguire le relazioni finali per quanto riguarda le attività in classe.

      13. Con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono stabiliti i contingenti del personale della scuola necessari per lo svolgimento dei compiti tutoriali e la loro ripartizione tra le sedi della scuola, nonché i criteri di selezione degli aspiranti ai predetti compiti. Sulla base dei criteri di selezione stabiliti e nei limiti dei contingenti ad esse assegnati, la SSPI provvede all'affidamento dell'incarico tutoriale, che ha una durata massima di quattro anni, non è consecutivamente rinnovabile ed è prorogabile solo per un ulteriore anno. L'incarico è soggetto a conferma annuale. Il suo svolgimento comporta, per i tutor coordinatori, un esonero parziale dall'insegnamento e, per i tutor organizzatori, l'esonero totale dall'insegnamento stesso».

      2. L'articolo 403 del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, è abrogato.

Capo II
DISPOSIZIONI CONCERNENTI LA FORMAZIONE DELLE CLASSI NELLE SCUOLE DI OGNI ORDINE E GRADO
Art. 6.
(Disposizioni concernenti la formazione delle classi nelle scuole di ogni ordine e grado).

      1. Entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge il Governo provvede ad apportare modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 81, ai fini di prevedere nuovi criteri per la formazione delle classi nelle scuole di ogni ordine e grado, prevedendo in particolare:

          a) al comma 2 dell'articolo 2, la sostituzione della lettera e) con la seguente:

          «e) alla distribuzione degli alunni nelle classi e nei plessi sulla base di una

diminuzione del rapporto medio, a livello nazionale, alunni/classe di 0,40, da realizzare nel triennio 2015-2017»;

          b) al comma 2 dell'articolo 5, la soppressione delle parole: «, di norma,»;

          c) al comma 1 dell'articolo 10, la sostituzione delle parole: «26, elevabile fino a 27 qualora residuino resti» con le seguenti: «22, elevabile a 23 qualora residuino resti»;

          d) al comma 1 dell'articolo 11, la sostituzione delle parole: «non meno di 18 e non più di 27 alunni, elevabili fino a 28 qualora residuino eventuali resti» con le seguenti: «non meno di 18 e non più di 22, elevabili fino a 23 qualora residuino eventuali resti»;

          e) all'articolo 16:

              1) all'alinea del comma 1, la sostituzione delle parole da: «sono costituite, di norma,» fino a: «per 27 il numero» con le seguenti: «sono costituite, di norma, con non meno di 20 allievi. A tal fine la previsione del numero delle classi del primo anno di corso in funzione nell'anno scolastico successivo deve essere formulata dividendo per 20 il numero»;

              2) al comma 2, la sostituzione del primo periodo con il seguente: «Gli eventuali resti della costituzione di classi con 20 alunni sono distribuiti tra le classi dello stesso istituto, sede coordinata e sezione staccata o aggregata, qualora non sia possibile trasferire in istituti viciniori dello stesso ordine e tipo le domande eccedenti, e senza superare, comunque, il numero di 22 studenti per classe; si costituisce una sola classe quando le iscrizioni non superano le 20 unità»;

              3) al comma 5, la sostituzione della cifra: «25» con la seguente: «20»;

              4) al comma 6, la sostituzione della cifra: «27» con la seguente: «20».

Art. 7.
(Modifica all'articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133).

      1. Il comma 1 dell'articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, è sostituito dal seguente:
      «1. Ai fini di una migliore qualificazione dei servizi scolastici e di una piena valorizzazione professionale del personale docente, a decorrere dall'anno scolastico 2015/2016, sono adottati interventi e misure volti a diminuire gradualmente di un punto il rapporto alunni/docente, da realizzare comunque entro l'anno scolastico 2018/2019».

Capo III
DISPOSIZIONI TRANSITORIE PER L'ASSORBIMENTO DEL PERSONALE SCOLASTICO A TEMPO DETERMINATO
Art. 8.
(Piano per l'assorbimento del personale scolastico a tempo determinato).

      1. Per garantire il corretto funzionamento delle attività didattiche, il rafforzamento dell'offerta formativa e la continuità didattica nonché per offrire adeguata soluzione al fenomeno del precariato scolastico è definito un piano quinquennale, per gli anni scolastici dal 2015/2016 al 2019/2020, di immissione in ruolo del personale docente ed educativo a tempo determinato all'interno delle graduatorie ad esaurimento su base regionale di cui all'articolo 10 e, in subordine, del personale docente ed educativo inserito nella graduatoria provinciale dei docenti abilitati di cui all'articolo 11. Il piano quinquennale è funzionale all'attuazione della direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, nonché del relativo decreto legislativo di attuazione 6 settembre 2001, n. 368.


      2. Le immissioni in ruolo di cui al comma 1 sono effettuate sulla base dei posti vacanti e disponibili dopo la determinazione degli organici sulla base dei seguenti criteri:

          a) rispetto dei limiti del numero degli alunni per classe stabilito dalle disposizioni di cui agli articoli 6 e 7 e dalle norme sulla sicurezza e sull'agibilità dei plessi scolastici;

          b) ripristino del tempo pieno e delle compresenze nella scuola primaria, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 14;

          c) attuazione della revisione delle classi di concorso per l'insegnamento nelle scuole superiori, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni, nel rispetto delle specifiche professionalità dei docenti;

          d) incentivazione delle richieste di part-time da parte del personale di ruolo con almeno venticinque anni di servizio;

          e) potenziamento dell'offerta formativa del sistema nazionale di istruzione, nel rispetto di quanto previsto dagli articoli 15, 16, 17 e 18.

      3. Nella prospettiva del superamento della distinzione tra organico di diritto e organico di fatto è realizzato l'organico funzionale, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 50 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35.

Art. 9.
(Criteri per l'immissione in ruolo).

      1. Dall'anno scolastico 2015/2016 all'anno scolastico 2019/2020, l'accesso ai ruoli del personale docente della scuola primaria e secondaria di primo e di secondo grado ha luogo, per il 50 per cento dei posti mediante concorsi per titoli ed esami e, per il restante 50 per

cento, attingendo dalle graduatorie ad esaurimento su base regionale di cui all'articolo 10 e, in subordine, alle graduatorie provinciali dei docenti abilitati di cui all'articolo 11.
      2. Durante la fase transitoria sono indetti concorsi pubblici a cadenza biennale, cui possono partecipare i docenti in possesso del titolo di abilitazione nonché coloro i quali, pur sprovvisti dell'abilitazione, abbiano maturato un'anzianità di servizio pari a trentasei mesi consecutivi entro l'anno scolastico 2014/2015.
Art. 10.
(Graduatoria ad esaurimento su base regionale).

      1. Al fine di accelerare il processo di assorbimento delle graduatorie ad esaurimento, istituite ai sensi dell'articolo 1, comma 605, lettera c), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, è istituita una graduatoria su base regionale per ciascuna classe di concorso o grado, in sostituzione delle suddette graduatorie ad esaurimento valide per le immissioni in ruolo e in cui confluiscono tutti gli iscritti nelle graduatorie ad esaurimento. Ciascun docente, all'atto dell'iscrizione nella graduatoria regionale, può optare per una sola regione in cui richiedere l'immissione in ruolo.
      2. La graduatoria ad esaurimento su base regionale è valida per l'immissione in ruolo in tutte le province della regione in cui le classi di concorso risultino esaurite.
      3. Ciascun docente, all'atto dell'iscrizione nella graduatoria regionale, può indicare una sola preferenza in merito alla provincia in cui richiede l'immissione in ruolo. Il rifiuto da parte del docente dell'immissione in ruolo in una provincia diversa da quella selezionata all'atto dell'iscrizione non comporta la perdita del

diritto di permanenza nella suddetta graduatoria.
      4. Coloro che hanno presentato domanda di iscrizione con riserva nelle graduatorie ad esaurimento e che hanno conseguito il titolo di abilitazione entro il 31 agosto 2019 sono iscritti a pieno titolo nella graduatoria regionale.
Art. 11.
(Graduatoria provinciale dei docenti abilitati).

      1. Al fine di valorizzare la professionalità del personale docente provvisto di abilitazione e di ampliarne le prospettive lavorative, con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, è istituita una graduatoria provinciale dei docenti abilitati esclusi dalle graduatorie ad esaurimento regionali di cui all'articolo 10 e in possesso del titolo di abilitazione all'insegnamento o che lo conseguiranno entro il 31 agosto 2019, aggiornata con cadenza triennale, in cui confluiscono tutti i docenti abilitati. Tale graduatoria è valida ai fini del reclutamento, in subordine all'assorbimento della graduatoria ad esaurimento su base regionale.
      2. L'attribuzione degli incarichi, delle supplenze annuali e delle supplenze fino al termine delle lezioni avviene attraverso il ricorso alla graduatoria provinciale di cui al comma 1 direttamente da parte degli ambiti territoriali. I docenti provvisti di abilitazione che richiedano l'inclusione nelle graduatorie provinciali possono indicare tutte le sedi delle istituzioni scolastiche presenti nella provincia.

Art. 12.
(Censimento).

      1. Al fine di garantire la massima trasparenza e di consentire al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca

una corretta e puntuale verifica dei percorsi professionali compiuti, l'iscrizione nella graduatoria regionale valida per le immissioni in ruolo di cui all'articolo 10 e l'iscrizione alla graduatoria provinciale dei docenti abilitati di cui all'articolo 11 sono disposte a seguito di un censimento di tutti gli iscritti nelle graduatorie ad esaurimento e di tutti i docenti in possesso del titolo dell'abilitazione all'insegnamento o che lo conseguiranno entro il 31 agosto 2019, finalizzato a valutare il profilo di tutti i docenti.
      2. Il censimento di cui al comma 1 è svolto mediante la compilazione di un questionario, in cui gli iscritti nelle graduatorie ad esaurimento e nella seconda fascia delle graduatorie d'istituto devono indicare il numero di giorni di servizio prestato, l'eventuale contemporaneo svolgimento di un'altra professione e la classe di concorso in cui risultino abilitati. Il questionario contiene, altresì, una richiesta circa la volontà del docente di accettare l'immissione in ruolo nella propria classe di concorso e l'indicazione della regione e della provincia in cui richiedere l'immissione in ruolo. Possono presentare formale richiesta di iscrizione nella graduatoria regionale e nella graduatoria provinciale dei docenti abilitati solo i docenti che, a seguito del censimento, rispondano al questionario.
      3. All'esito del censimento il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, previa pubblicazione dei dati raccolti nel proprio sito internet istituzionale, attiva percorsi abilitanti nelle sole classi di concorso in cui il fabbisogno del sistema nazionale di istruzione non possa essere soddisfatto dal personale iscritto nelle graduatorie di cui agli articoli 10 e 11.
Art. 13.
(Anno di prova).

      1. I docenti immessi in ruolo, ai sensi dell'articolo 9 sono nominati in prova e la nomina decorre dalla data di inizio dell'anno scolastico. La prova ha la durata di

un anno scolastico e il servizio effettivamente prestato non può essere inferiore a centottanta giorni nell'anno scolastico.
      2. Ai fini della conferma in ruolo, il percorso professionale e l'operato dei nuovi docenti è valutato nel corso dell'anno scolastico di servizio in prova mediante verifiche trimestrali da parte di una commissione composta dal dirigente scolastico, che ne è il presidente, da quattro docenti quali membri effettivi e da due docenti quali membri supplenti. La commissione è inoltre coadiuvata dall'operato di apposite commissioni di valutazione esterne che valutano la qualità della didattica dei docenti in prova. Le commissioni di valutazione esterne sono composte da ispettori ministeriali, da psicologi e da docenti di altri istituti scolastici che assistono alle lezioni, osservano una sequenza didattica, esaminano i testi adottati, sostengono un colloquio con il docente assunto in prova e redigono un rapporto. I docenti nominati in prova elaborano, ogni trimestre, una relazione dettagliata circa lo svolgimento della propria attività di docenza, che è valutata dalle commissioni di valutazione.
      3. Le commissioni di valutazione esterne sono istituite e disciplinate con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Al fine di dare piena ed efficace attuazione all'operato delle commissioni di valutazioni esterne, il contingente di ispettori ministeriali nominati è annualmente incrementato anche attraverso l'indizione di nuovi concorsi pubblici.
      4. Al termine dell'anno di servizio in prova, i docenti immessi in ruolo dalle graduatorie di cui all'articolo 11 sostengono una prova finale in cui le commissioni di cui ai commi 2 e 3 del presente articolo redigono una valutazione approfondita e complessiva del suo anno di servizio, incentrata sugli aspetti e sulle competenze pedagogico-didattiche e sugli aspetti psico-attitudinali, al fine di valutare l'effettiva capacità del docente di gestire correttamente il rapporto con gli alunni. Il superamento della prova finale è vincolante ai fini dell'assunzione e ha valore concorsuale.
Capo IV
POTENZIAMENTO DELL'OFFERTA FORMATIVA DEL SISTEMA NAZIONALE DI ISTRUZIONE
Art. 14.
(Scuola primaria).

      1. L'orario settimanale delle lezioni nella scuola primaria può variare da 27 a 30 ore, estendendosi in base alla prevalenza delle scelte delle famiglie fino a 40 ore settimanali, corrispondenti al tempo pieno.
      2. A partire dall'anno scolastico 2015/2016, nella scuola primaria, con modalità graduali definite con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sono ripristinate l'organizzazione a moduli e le compresenze ed è superato il modello del docente unico di riferimento con orari di insegnamento prevalente e compiti di coordinamento.

Art. 15.
(Potenziamento dell'insegnamento della lingua latina).

      1. Al fine di innalzare il livello generale delle competenze e per assicurare la migliore offerta formativa e didattica agli alunni e agli studenti, nei licei linguistici e scientifici, a decorrere dall'anno scolastico 2015/2016, i quadri orari dei percorsi di studio previsti dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 89, sono integrati:

          a) da un'ora settimanale di insegnamento di lingua e cultura latina, nella prima classe del primo biennio e nella prima classe del secondo biennio del liceo scientifico;

          b) da due ore settimanali di insegnamento di lingua e cultura latina, nella prima e nella seconda classe del primo biennio e nella seconda classe del secondo biennio del liceo linguistico, nonché nella seconda classe del primo biennio e nella seconda classe del secondo biennio del liceo scientifico;

          c) da tre ore settimanali di insegnamento di lingua e cultura latina, nella prima e nella terza classe del secondo biennio del liceo linguistico.

Art. 16.
(Potenziamento dell'insegnamento della geografia nel secondo ciclo del sistema di istruzione e formazione).

      1. Il comma 1 dell'articolo 5 del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2013, n. 128, è sostituito dal seguente:
      «1. Nelle more dell'ulteriore potenziamento dell'offerta formativa nel secondo ciclo del sistema di istruzione e formazione, per consentire il tempestivo adeguamento dei programmi, a decorrere dall'anno scolastico 2015/2016, i quadri orari dei percorsi di studio previsti dai regolamenti di cui ai decreti del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 87, 15 marzo 2010, n. 88, e 15 marzo 2010, n. 89, relativi al riordino degli istituti professionali, degli istituti tecnici e dei licei, sono integrati:

          a) in una delle due classi del primo biennio degli istituti professionali e degli istituti tecnici, con l'introduzione di un'ora di insegnamento di “geografia generale ed economica”, laddove non sia già previsto l'insegnamento di geografia;

          b) nel primo biennio dei licei, con l'introduzione di due ore settimanali nella prima classe e di due ore settimanali nella seconda classe di insegnamento autonomo della geografia, ferma restando la previsione

di tre ore di insegnamento autonomo della storia».
Art. 17.
(Potenziamento delle ore di laboratorio negli istituti tecnici e professionali).

      1. Al fine di innalzare il livello generale delle competenze e di assicurare la migliore offerta formativa e didattica agli alunni, a decorrere dall'anno scolastico 2015/2016, con regolamento adottato con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, nei programmi di studio degli istituti tecnici e professionali sono ripristinate le ore di laboratorio previste dall'ordinamento vigente prima della data di entrata in vigore dei regolamenti di cui ai decreti del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 87, e 15 marzo 2010, n. 88, relativi al riordino degli istituti professionali e degli istituti tecnici.

Art. 18.
(Introduzione di percorsi di educazione all'affettività nelle scuole).

      1. Il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, al fine di promuovere il superamento di pregiudizi riferiti al genere di appartenenza e all'orientamento sessuale, dai quali possano derivare fenomeni di violenza e discriminazione, elabora appositi programmi di educazione all'affettività e alla sessualità consapevole, da svolgere nella scuola secondaria di primo grado e nei primi due anni della scuola secondaria di secondo grado.
      2. Con regolamento adottato con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca sono definite le

modalità per l'attuazione del presente articolo.
Capo V
DISPOSIZIONI FINALI
Art. 19.
(Disposizioni finanziarie).

      1. Alla realizzazione delle immissioni in ruolo previste dal piano quinquennale, di cui all'articolo 8 della presente legge, si provvede a valere sulle risorse iscritte nel Fondo di cui al comma 4 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
      2. Il Fondo di cui al comma 4 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, è incrementato di 1.000 milioni di euro per il 2015, di 3.000 milioni di euro per l'anno 2016 e di 4.000 milioni di euro a decorrere dall'anno 2017. Al relativo onere si provvede mediante le maggiori risorse conseguenti alla riduzione di spesa di cui al comma 3 e con le maggiori entrate di cui al comma 4.
      3. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia, sono adottate misure di eliminazione o di riduzione dei regimi di esenzione, di esclusione e di favore fiscali vigenti tali da assicurare maggiori entrate pari a 2.000 milioni di euro per l'anno 2016 e a 3.000 milioni di euro a decorrere dall'anno 2017, con esclusione delle disposizioni a tutela dei redditi di lavoro dipendente e autonomo, dei redditi da pensione, della famiglia, della salute, delle persone economicamente o socialmente svantaggiate, dell'istruzione e dei beni culturali.
      4. A decorrere dal 1 gennaio 2015 è istituita un'imposta progressiva sui grandi patrimoni mobiliari e immobiliari determinata e riscossa dallo Stato. Per grandi patrimoni si intendono i patrimoni il cui

valore complessivo è superiore a 2 milioni di euro. Per patrimoni mobiliari si intendono: le automobili, le imbarcazioni e gli aeromobili; i titoli mobiliari, esclusi i titoli emessi dallo Stato italiano, quelli emessi dalle società quotate e le obbligazioni bancarie e assicurative. Dai patrimoni immobiliari sono esclusi gli immobili di proprietà di persone giuridiche che sono utilizzati dalle medesime ai soli fini dell'esercizio dell'attività imprenditoriale. L'imposta di cui al presente comma è dovuta dai soggetti proprietari o titolari di altro diritto reale, persone fisiche o giuridiche, nelle seguenti misure: per patrimoni superiori a 2 milioni di euro, lo 0,75 per cento del totale; per patrimoni superiori a 5 milioni di euro, lo 0,85 per cento del totale; per patrimoni superiori a 10 milioni di euro, l'1,5 per cento del totale; per patrimoni superiori a 15 milioni di euro, il 2 per cento del totale. Entro il 31 marzo 2015, l'Osservatorio del mercato immobiliare dell'Agenzia del territorio individua i valori dei patrimoni immobiliari. Il valore complessivo dei patrimoni immobiliari è calcolato sommando i valori determinati ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, e successive modificazioni. Dall'applicazione dell'imposta sono esclusi i fondi immobiliari e le società di costruzioni. L'imposta è versata in un'unica soluzione entro il 30 dicembre di ciascun anno. La somma da versare può essere rateizzata in rate trimestrali, previa autorizzazione dell'Agenzia delle entrate.
Art. 20.
(Entrata in vigore).

      1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.