• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA ORALE

link alla fonte scarica il documento in PDF

Atto a cui si riferisce:
S.3/01837 COTTI, MARTON, SANTANGELO, AIROLA, BOTTICI, BUCCARELLA, BULGARELLI, CAPPELLETTI, CIAMPOLILLO, CRIMI, LEZZI, LUCIDI, MANGILI, MORONESE, MORRA, NUGNES, PETROCELLI, SCIBONA, SERRA, TAVERNA - Al...



Atto Senato

Interrogazione a risposta orale 3-01837 presentata da ROBERTO COTTI
giovedì 9 aprile 2015, seduta n.427

COTTI, MARTON, SANTANGELO, AIROLA, BOTTICI, BUCCARELLA, BULGARELLI, CAPPELLETTI, CIAMPOLILLO, CRIMI, LEZZI, LUCIDI, MANGILI, MORONESE, MORRA, NUGNES, PETROCELLI, SCIBONA, SERRA, TAVERNA - Al Ministro della difesa - Premesso che:

nella seconda metà degli anni 2000, di fronte all'allarme suscitato nell'opinione pubblica dall'emergere dei primi casi di neoplasie emoproliferative, il Ministro della difesa pro tempore, Arturo Parisi, istituì presso il Ministero della difesa, con decreto 23 novembre 2007, il Comitato per la prevenzione ed il controllo delle malattie (CPCM);

il CPCM, comitato tecnico-scientifico ad elevata specializzazione, insediatosi in data 14 dicembre 2007, fu istituito col compito di affiancare il Ministero sugli studi nel campo dell'epidemiologia tradizionale e molecolare, dell'eziopatogenesi, diagnostica e prevenzione delle malattie trasmissibili e non trasmissibili, delle problematiche sanitarie conseguenti a contaminazioni ambientali (in particolare da agenti radiologici, nucleari, chimici e geologici), anche con attività di ricerca nel campo dei farmaci, vaccini, emoderivati e biologici innovativi a fini di prevenzione e controllo delle malattie del personale della difesa, con particolare riguardo ai fattori di rischio per la salute correlati alla permanenza in zone addestrative e operative, compresi quelli derivanti dall'inquinamento nanodimensionato;

nella XIV, XV e XVI Legislatura sono state istituite presso il Senato della Repubblica Commissioni parlamentari d'inchiesta sui casi di morte e gravi malattie che hanno colpito il personale italiano impiegato nelle missioni militari all'estero, nei poligoni di tiro e nei siti in cui vengono stoccati munizionamenti;

nella XIV Legislatura, dinanzi alla Commissione parlamentare d'inchiesta sull'uranio impoverito, il Ministro della difesa pro tempore, Antonio Martino, comunicò che nei poligoni italiani non era previsto, né autorizzato, l'impiego di munizionamento speciale nel cui ambito è compreso quello dell'uranio impoverito, e che la difesa aveva sempre operato con la massima trasparenza e disponibilità per fugare ogni dubbio, promuovendo nel poligono interforze di Salto di Quirra in Sardegna l'effettuazione di una mappatura a tappeto del poligono, con l'obiettivo di costituire una banca dati finalizzata alla predisposizione di un piano di controllo ambientale sistematico;

nella XV Legislatura, dinanzi alla Commissione parlamentare d'inchiesta sull'uranio impoverito, il Ministro della difesa pro tempore, Arturo Parisi, sottolineò l'assoluto e primario interesse della difesa a fare chiarezza sull'argomento, individuando 3 fronti d'azione: l'acquisizione dei dati sulle neoplasie maligne, la ricerca delle cause e la normativa risarcitoria ed assistenziale;

nella stessa sede il ministro Parisi ribadì le rassicurazioni ricevute dai responsabili e tecnici delle strutture della difesa sull'esclusione di un'utilizzazione di armamenti ad uranio impoverito nei poligoni e in generale sul territorio nazionale, nell'ambito di competenza italiano, anche da parte di forze armate terze esercitatesi in detti poligoni, sottolineando inoltre l'esigenza di approfondire ulteriormente il fenomeno attraverso il CPCM, al fine di acquisire dati più completi e significativi dal punto di vista statistico ed epidemiologico;

nella XVI Legislatura, dinanzi alla Commissione parlamentare d'inchiesta sull'uranio impoverito, il generale professor Raffaele D'Amelio, coordinatore del CPCM, chiarì che l'organismo aveva svolto prevalentemente attività di consulenza e aggiornamento, ovvero che l'aspetto più qualificante consisteva nel varo di alcuni progetti di ricerca finanziati dal Ministero della difesa per un costo totale di 2.828.500 euro, unitamente alle attività dell'Osservatorio epidemiologico sull'insorgere di alcune malattie che colpirono i militari;

in data 25 maggio 2011, rispondendo all'interrogazione 4-11074 dell'onorevole Maria Antonietta Farina Coscioni, il Ministro della difesa pro tempore, Ignazio La Russa, dichiarò che l'allarme sociale suscitato da quella che la stampa definiva "Sindrome di Quirra" non lasciava certamente indifferente il Ministero, che continuava a prodigarsi concretamente e con tempestività per fare chiarezza sulle attività svolte nel poligono interforze di Salto di Quirra, anche per accertare l'eventuale impatto delle stesse sull'ambiente e sulla popolazione circostante, ovvero che i vari livelli di comando, e più in generale la catena gerarchica nella sua completezza, erano costantemente informati sulla tematica e anche parte attiva nell'applicazione delle misure di prevenzione a tutela del personale, nonché impegnati da tempo in un'attività a tutto campo finalizzata alla tutela del personale impiegato in missioni operative e in servizio presso i poligoni;

considerato che:

da notizie di stampa (in quotidiani quali "la Repubblica", "ItaliaOggi", "il Manifesto", eccetera) si apprende che in data 6 marzo 2015 la prima sezione del Tar del Piemonte ha depositato la sentenza n. 429/15 in cui, preso atto dell'impossibilità di stabilire un nesso diretto di causa effetto tra l'esposizione all'uranio impoverito e la malattia, i giudici hanno ritenuto sufficiente la dimostrazione in termini probabilistico-statistici del collegamento e hanno imposto al Ministero della difesa di rivedere l'istanza di riconoscimento di causa di servizio presentata da un militare, alla luce di dati statistici ritenuti sufficienti a dimostrare il nesso tra tumore e missione. Il parere impugnato, che aveva escluso il nesso eziologico fra la grave infermità e il servizio, non faceva infatti alcun cenno a dati recenti e indagini sulla materia. Per il Tar Piemonte, non è il militare ammalatosi a dover dimostrare la relazione tra esposizione e malattia, ma al contrario è il Ministero a dover produrre prove scientifiche della mancanza di nesso tra causa di servizio e patologia;

dall'agenzia di stampa Adnkronos si è appreso che in data 7 marzo la Corte d'appello di Roma ha depositato la sentenza con cui si è in parte respinto il ricorso presentato dai Ministeri della difesa e dell'economia e delle finanze contro la pronuncia in primo grado sulla causa civile promossa da genitori e parenti di un caporal maggiore dell'Esercito morto per linfoma di Hodgkin nel 2005 (3 anni dopo aver preso parte a una missione in Kosovo), in quanto la difesa avrebbe dovuto adottare tutte le opportune cautele contro il rischio di uranio impoverito per i militari italiani in missione all'estero;

da notizie diffuse da Falco Accame, ex ammiraglio, ex presidente della IV Commissione permanente (Difesa) alla Camera e attuale presidente dell'Associazione nazionale assistenza vittime arruolate nelle forze armate e famiglie dei caduti, associazione che tutela le famiglie dei militari deceduti in tempo di pace, si è appreso che il Tar Lazio, in data 19 marzo 2015, ha depositato la sentenza n. 043445/2015 con cui è stato accolto il ricorso contro i Ministeri della difesa e dell'economia di un ex marinaio transitato a ruoli civili per inidoneità all'impiego militare, tendente ad ottenere il riconoscimento della causa di servizio per un'infermità che l'interessato ha correlato al servizio prestato all'estero in diverse missioni ("Stanavformed" in Grecia, "Freedom" nel Golfo Persico, Standing Nato maritime group 2 in Marocco, nelle quali si faceva uso di uranio impoverito nelle munizioni anticarro e nelle corazzature di alcuni sistemi d'arma) e contro il parere espresso nel 2009 dal Comitato di verifica per le cause di servizio presso il Ministero dell'economia, il quale aveva escluso il nesso causale;

i giudici del Tar Lazio hanno sancito che il riconoscimento dell'indennità, contrariamente a quanto ritenuto dai Ministeri resistenti, non richiede quel grado di certezza di dimostrazione del nesso causale preteso, dato che, come chiarito dalla giurisprudenza in materia, è proprio per l'impossibilità di stabilire (sulla base delle attuali conoscenze scientifiche) un nesso diretto di causa-effetto che il legislatore non richiede la dimostrazione dell'esistenza del nesso causale con un grado di certezza assoluta, essendo sufficiente la dimostrazione dei termini probabilistico-statistici, come indicato nella relazione della Commissione parlamentare di inchiesta approvata nella seduta del 12 febbraio 2008 (allegato n. 33, pagg. 6 e 7) e di quella approvata nella seduta del 9 gennaio 2013 (pagg. 33 e 34), che infatti ha sostituito il criterio di probabilità al nesso di causalità. In sintesi, il verificarsi dell'evento costituisce di per sé elemento sufficiente (criterio di probabilità) a determinare il diritto per le vittime delle patologie e per i loro familiari al ricorso agli strumenti indennitari previsti dalla legislazione vigente in tutti quei casi in cui l'amministrazione militare non sia in grado di escludere un nesso di causalità. Secondo il Tar Lazio, una volta accertata l'esposizione del militare all'inquinante, l'onere della prova è in capo alla pubblica amministrazione che deve dimostrare come lo stesso non abbia determinato l'insorgere della patologia, ovvero la dipendenza della stessa da altri fattori (esogeni) dotati di autonoma ed esclusiva portata eziologica per l'insorgere dell'infermità;

considerato infine che:

la IV Commissione della Camera sta ultimando la discussione che porterà all'istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sui casi di morte e di gravi malattie che hanno colpito il personale italiano impiegato in missioni militari all'estero, nei poligoni di tiro e nei siti di deposito di munizioni, in relazione all'esposizione a particolari fattori chimici, tossici e radiologici dal possibile effetto patogeno, con particolare attenzione agli effetti dell'utilizzo di proiettili all'uranio impoverito e della dispersione nell'ambiente di nano particelle di minerali pesanti prodotte dalle esposizioni di materiale bellico e a eventuali interazioni;

il primo firmatario del presente atto di sindacato ispettivo, in data 10 marzo 2015, sulla base di quanto continua ad apparire nel sito internet del Ministero delle difesa riguardo al CPCM, ha depositato con non poche difficoltà, negli uffici che ancora vengono indicati come sede operativa del Comitato stesso, presso il Ministero della difesa, una richiesta di accesso agli atti finalizzata alla conoscenza delle risultanze di uno dei progetti di ricerca approvati dal CPCM,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti;

se risulti che allo stato attuale il Comitato per la prevenzione ed il controllo delle malattie sia ancora operativo e da chi sia composto, ovvero quando avrebbe esaurito i compiti assegnati e per quali ragioni;

conseguentemente, se le motivazioni e le ragioni d'ordine tecnico-politico, scientifico e istituzionale che portarono alla costituzione del CPCM siano venute meno e per quali motivi;

che cosa abbiano prodotto, in dettaglio e con relativi costi, le attività, i lavori, le collaborazioni e gli studi promossi, approvati o realizzati dal CPCM, se da questi siano emersi elementi di novità rispetto alle attuali conoscenze scientifiche e conclusioni a cui sono pervenute le Commissioni parlamentari d'inchiesta sull'uranio impoverito, istituite dal Senato nella XIV, XV e XVI Legislatura;

se non ritenga necessario che le risultanze degli studi e i progetti del CPCM, o promossi o approvati dallo stesso, finanziati dal Ministero della difesa, siano resi pubblicamente disponibili e rapidamente accessibili nel sito internet del Ministero stesso nonché sottoposti ad una verifica da parte di soggetti esterni, pubblici e privati, italiani o stranieri, adeguatamente qualificati e in grado di fornire idonea validazione;

quali iniziative intenda avviare nel breve periodo per dare concrete e qualificate risposte al continuo verificarsi di vicende umane legate a patologie contratte a causa di agenti patogeni anche legati all'esposizione o contaminazione da uranio impoverito al fine di assicurare la doverosa ricerca della verità;

se non ritenga opportuno avviare un piano di verifica del sistema di prevenzione e sicurezza nell'ambito dell'amministrazione militare, con particolare riguardo alla valutazione dei rischi per la salute nei teatri operativi esteri e nelle installazioni e nei poligoni militari in uso nel Paese.

(3-01837)