• Testo DDL 1815

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Atto a cui si riferisce:
S.1815 Riforma del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale


Senato della RepubblicaXVII LEGISLATURA
N. 1815
DISEGNO DI LEGGE
d’iniziativa dei senatori CROSIO, CENTINAIO, ARRIGONI, BELLOT, BISINELLA, CALDEROLI, CANDIANI, COMAROLI, CONSIGLIO, DIVINA, MUNERATO, STEFANI, STUCCHI, TOSATO e VOLPI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 12 MARZO 2015

Riforma del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale

Onorevoli Senatori. -- Il servizio pubblico radiotelevisivo (public service broadcasting -- PSB) è percepito come un marchio di qualità, uno strumento di partecipazione democratica ed una precondizione del pluralismo, un mezzo per promuovere la cultura, le arti e le differenti visioni della società. Il PSB rappresenta dunque un elemento fondamentale di democrazia, oggi minacciato dalle difficoltà finanziarie. La contrazione delle risorse sta radicalmente cambiando i contenuti del sistema dei media italiano contraendo gli spazi di dibattito, di approfondimento, di pluralismo. Pertanto, oggi più che mai, sentiamo l'esigenza di una ridefinizione della missione di servizio pubblico nell'era digitale.

Il PSB nella sua storia ha attraversato svariate fasi critiche: dalla fine del monopolio, al superamento del duopolio pubblico-privato, all'avvento della pay-tv, alla web-tv e alla rivoluzione dei social media, eccetera. La recente tendenza degli Esecutivi di tagliare drasticamente le sovvenzioni alla stampa quotidiana e periodica e all'emittenza radiofonica locale ha evidentemente compresso gli spazi di pluralismo rendendo di fatto la RAI, società concessionaria del servizio pubblico, la monopolista di tutte le risorse che lo Stato destina all'informazione ed alla promozione della cultura. Quindi, in un panorama di ristrettezze economiche diventa fondamentale esaltare la capacità del PSB di diffondere informazioni utili, cultura e conoscenza, e non solo intrattenimento. Ristrettezze che hanno segnato la nuova tendenza europea di mutare l'assetto gestionale del servizio pubblico orientandolo in mano privata.

In accordo con la normativa vigente, come ribadito nell'articolo 1 del presente disegno di legge, il PSB ha carattere di preminente interesse generale in quanto volto ad ampliare la partecipazione dei cittadini ed a concorrere allo sviluppo sociale e culturale del Paese in conformità ai princìpi di libertà e pluralismo sanciti dalla Costituzione (articolo 43). Concordiamo quindi con la visione per cui il PSB possa caratterizzarsi come un prodotto del welfare europeo, come parte integrante del disegno di politiche sociali volte a promuovere il benessere dei cittadini e a incrementare la partecipazione democratica. Il Trattato di Amsterdam (1997) e la risoluzione del Consiglio dei ministri europeo (Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee n. C30 del 5 febbraio 1999) già ribadivano la centralità del servizio pubblico radiotelevisivo, invitando gli Stati membri a destinare adeguate risorse. A livello europeo il comune denominatore delle emittenti di servizio pubblico è quello di fornire prodotti audiovisivi contraddistinti dall'universalità del contenuto, l'universalità d'accesso, la libertà editoriale e l'alta qualità del servizio. La competizione con le emittenti private ha creato una crisi di identità cui il servizio pubblico ha risposto con un palinsesto molto più articolato e complesso rispetto al passato, ampliando l'offerta di servizi e programmi con particolare attenzione e maggiori risorse per l'intrattenimento.

In Italia il servizio pubblico radiotelevisivo è stato segnato dalla lottizzazione prima e dal consolidamento del duopolio poi. Anche qui, come nel resto dell'Europa, si è verificato un incremento del numero di ore di programmazione ed un lento, quanto inesorabile, livellamento delle offerte nei palinsesti. Da qui la considerazione che il servizio pubblico dovrebbe riconquistare, proprio in virtù delle sue caratteristiche democratiche e pluraliste, la sua centralità dinanzi al proliferare di un'offerta sempre più settoriale, specialistica e frammentata.

Un'altra caratteristica costitutiva del servizio pubblico radiotelevisivo è la sua trasparenza nei confronti degli utenti che, in alcuni casi, si traduce in strumenti diretti per la verifica e la bontà dei servizi erogati (ad esempio, il «Rapporto delle promesse agli utenti» britannico) o con l'individuazione di un organo supervisore designato a rappresentare gli interessi della società in generale e incaricato di valutare l'operato dell'azienda (nel nostro ordinamento, la Commissione bicamerale di vigilanza e l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni). Inoltre, in diversi Paesi tra cui il nostro, la trasparenza è stata inseguita mediante dettagliati «contratti di servizio» stipulati tra la concessionaria e il Ministero competente. Noi riteniamo che la Commissione di vigilanza abbia fatto il suo tempo e che per incrementare la comunicazione tra la RAI e i cittadini sia necessario fare entrare «parti» della società nell'ambito stesso della gestione. Per questo proponiamo l'ingresso in consiglio di amministrazione di un rappresentante delle associazioni dei consumatori.

La legge n. 223 del 1990, nell'attribuire la natura di «preminente interesse generale» all'attività di diffusione di programmi radiofonici e televisivi, in linea con l'assetto normativo precedente, ha disposto che l'affidamento del servizio pubblico generale radiotelevisivo fosse affidato, mediante concessione, ad una società per azioni avente totale partecipazione pubblica, identificata nella RAI-Radio Audizioni Italia. L'11 giugno 1995, un referendum abrogativo proposto dal gruppo parlamentare della Lega nord e dai Radicali, con il 54,9 per cento dei sì ha, di fatto, trasformato la natura stessa della Rai-Radiotelevisione italiana, aprendo al possibile ingresso dei privati nel capitale sociale dell'azienda e decretando così la fine di quanto previsto dalla richiamata legge del 1990. La Corte costituzionale, nella sentenza n. 7 del 1995 che ha dichiarato l'ammissibilità del referendum, ha ammesso che «una partecipazione privata al capitale azionario della RAI (non si porrebbe in contrasto) con la natura pubblica del servizio radiotelevisivo ovvero con il carattere di società di interesse nazionale riconosciuto, ai sensi dell'articolo 2461 del codice civile, alla concessionaria di tale servizio». Ad avviso della Corte, «tali elementi possono, infatti, operare indipendentemente dalla qualità pubblica o privata dei soggetti titolari del capitale azionario, riguardando, invece, la specialità del complessivo regime giuridico del servizio pubblico esercitato tramite concessionaria: specialità connessa al raggiungimento di quei fini di interesse generale cui, in ogni caso, non può non ispirarsi lo svolgimento di tale servizio». Inoltre, nella sentenza n. 284 del 2002, la Corte costituzionale ha ribadito che «il venir meno del monopolio statale non comporta il venir meno della giustificazione costituzionale del servizio pubblico radiotelevisivo, che risiede nella sua funzione specifica, volta a soddisfare il diritto all'informazione ed i connessi valori costituzionali, primo fra tutti il pluralismo, nonché a diffondere la cultura per concorrere allo sviluppo sociale e culturale del Paese».

In una direzione di privatizzazione della televisione pubblica è quindi intervenuta la legge n. 112 del 2004, che ha previsto una serie di passaggi per trasformare la RAI in una public company ad azionariato diffuso, lasciando lo Stato come azionista di maggioranza. Ma il processo di privatizzazione non si è mai concluso ed attualmente la concessione del servizio pubblico radiotelevisivo è ancora affidata alla RAI Radiotelevisione italiana Spa, nonostante negli anni si sia cercato più volte di trasformare la televisione pubblica per svincolarla da logiche politiche e per migliorare il servizio offerto ai cittadini.

Il presente disegno di legge nasce quindi dalla volontà di intervenire sul mercato televisivo liberandolo dai vincoli e da regole ormai superate, cominciando a demolire quelle strutture orfane della lottizzazione.

La riforma del sistema radiotelevisivo pubblico è quantomai necessaria in questa fase di profonda trasformazione televisiva, con il proliferare dei canali e delle offerte, con l'avvento di altri soggetti all'interno dello scenario televisivo e con l'uso di internet. È necessario ripensare al ruolo che la televisione pubblica dovrebbe svolgere, alla sua missione e alle specifiche modalità di funzionamento. L'attuale trasformazione tecnologica deve necessariamente essere accompagnata anche da una trasformazione normativa, che renda il servizio pubblico radiotelevisivo italiano più efficiente e al passo coi tempi, anche intervenendo sull'assetto organizzativo e gestionale della concessionaria RAI, partendo proprio da una privatizzazione dell'azienda che vedrebbe comunque lo Stato come azionista di maggioranza. È arrivato il momento di emanciparsi dal vecchio concetto per cui il servizio pubblico è la RAI. Il servizio pubblico è un'altra cosa, il servizio pubblico non è chi lo fa, ma è l'oggetto stesso, quindi il contenuto.

L'articolo 1 definisce appunto cosa si intende per servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale: un vuoto normativo che deve essere colmato. L'articolo 2 prevede una riorganizzazione della RAI per allontanare le ingerenze politiche e mettere in atto strategie manageriali in grado di far funzionare al meglio l'azienda senza tralasciare la sua missione di concessionaria del servizio pubblico. Viene infatti prevista la concessione per venti anni a partire dal 6 maggio 2016 (data in cui cessa l'attuale concessione). Ma entro quella data viene prevista la vendita sul mercato del 49 per cento della società, lasciando comunque la quota maggioritaria nelle mani pubbliche. Si prevede che il consiglio di amministrazione sia composto da sette membri in rappresentanza degli enti locali, delle associazioni dei consumatori, dei dipendenti RAI e dell'Agcom. Le Commissioni parlamentari di Camera e Senato competenti in materia di telecomunicazioni e di cultura eleggono tre membri, fra cui il presidente. Ma la vera novità è che tutti i consiglieri non dovranno aver ricoperto cariche politiche di alcun tipo nei dieci anni precedenti, così come anche l'amministratore delegato che sarà indipendente e slegato da logiche politiche. Il controllo sul rispetto dell'attuazione della mission pubblica spetterà ad un organismo super partes come l'Agcom, mentre la Commissione bicamerale di vigilanza cesserà di esistere.

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

(Servizio pubblico radiofonico, televisivo
e multimediale)

1. Il servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale si fonda sul principio costituzionale della libera manifestazione del pensiero e sul diritto dei cittadini di informare e di essere informati per concorrere allo sviluppo sociale e culturale del Paese. La Repubblica, in tutte le sue articolazioni, ne riconosce l'importanza come strumento formativo della collettività e pertanto tutela, valorizza e sostiene la produzione e la diffusione di programmi radiotelevisivi e multimediali di interesse generale.

2. Il servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale consiste nella diffusione di contenuti audiovisivi fruibili e condivisibili tramite la radio, la televisione ed altri dispositivi multimediali disponibili attraverso le diverse piattaforme, rivolti al grande pubblico e intesi anche a soddisfare interessi speciali, purché essi rispondano alle esigenze democratiche, culturali e sociali della collettività e siano contraddistinti da una informazione libera, completa, obiettiva e plurale che valorizzi le storie, le lingue, le culture e le identità locali.

3. In particolare, si definiscono di pubblico interesse:

a) i programmi di informazione e approfondimento generale: notiziari nazionali e regionali con programmazione quotidiana o straordinaria; informazione istituzionale e parlamentare, nazionale ed europea; rubriche tematiche, inchieste e dibattiti di rete o di testata, attinenti ai temi dell'attualità interna, ai fenomeni sociali, alle diverse religioni, alle condizioni della vita quotidiana del Paese, con riferimento ad ambiti quali la salute, la giustizia e la sicurezza; confronti su temi politici, culturali e religiosi, sociali ed economici; informazione di carattere internazionale accompagnata da un approfondimento qualificato dei temi trattati; informazione sulle attività e il funzionamento dell'Unione europea;

b) le rubriche di servizio: trasmissioni incentrate sui bisogni della collettività; trasmissioni a carattere sociale, anche incentrate su specifiche fasce deboli; programmi legati ai bisogni della collettività, quali le condizioni delle strutture sanitarie, assistenziali e previdenziali, all'ambiente e alla qualità della vita, alle iniziative delle associazioni della società civile; trasmissioni sulle pari opportunità anche in adempimento dei princìpi costituzionali; comunicazioni relative ai servizi di pubblica utilità in ambito nazionale e regionale; trasmissioni che consentano adeguati spazi alle associazioni e ai movimenti della società civile, ai gruppi etno-culturali e linguistici presenti in Italia e specifiche trasmissioni per l'informazione dei consumatori; trasmissioni che contribuiscano alla conoscenza della lingua italiana e delle lingue straniere e alla alfabetizzazione informatica;

c) i programmi e le rubriche di promozione culturale: trasmissioni a carattere culturale con particolare attenzione alle forme artistiche dal vivo, quali teatro, danza, lirica, prosa e musica in tutti i suoi generi; trasmissioni finalizzate alla promozione e valorizzazione delle lingue, delle culture e delle identità, della storia, delle tradizioni, dei costumi e del patrimonio storico-culturale del Paese e a diffonderne la conoscenza; trasmissioni volte alla partecipazione della società alla tutela del patrimonio artistico e ambientale; trasmissioni e documentari a contenuto educativo, storico, artistico, letterario e scientifico e trasmissioni finalizzate alla promozione dell'industria musicale italiana; programmi per la valorizzazione del turismo e del made in Italy nel mondo; trasmissioni volte a valorizzare la presenza sul territorio di enti ed organizzazioni no profit, con particolare riguardo all'attività sociale, formativa ed educativa in genere; programmi di approfondimento della cultura e della storia europea;

d) i programmi concernenti lavoro, comunicazione sociale, pubblica utilità: trasmissioni dedicate al tema del lavoro, delle sue condizioni, della sua tutela e della sua sicurezza; trasmissioni dedicate all'integrazione ed alla comprensione della cultura di riferimento; comunicazioni relative ai servizi di pubblica utilità in ambito nazionale e regionale;

e) l'informazione e i programmi sportivi: eventi sportivi nazionali e internazionali trasmessi in diretta o registrati; notiziari; rubriche di approfondimento;

f) i programmi per i minori: programmi di tutti i generi, anche in lingua originale, dedicati ai bambini delle diverse fasce di età, compresa quella inferiore ai tre anni, agli adolescenti e ai giovani, che abbiano finalità formativa, informativa o di intrattenimento, nel rispetto del diritto dei minori alla tutela della loro dignità e del loro sviluppo fisico, psichico ed etico; trasmissioni finalizzate a promuovere la conoscenza dell'Unione europea tra i minori;

g) le produzioni audiovisive italiane ed europee: prodotti cinematografici, fiction, film e serie televisive in animazione, cartoni, documentari, di produzione italiana o europea; programmi per la valorizzazione dell'audiovisivo in generale.

Art. 2.

(Disciplina della RAI-Radiotelevisione
italiana Spa)

1. Il servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale è affidato in concessione a una società per azioni sulla base di un contratto nazionale di servizio stipulato con il Ministero dello sviluppo economico e di contratti di servizio regionali, e per le province autonome di Trento e di Bolzano provinciali, con i quali sono individuati i diritti e gli obblighi della società concessionaria. I suddetti contratti sono rinnovati ogni cinque anni.

2. La concessione del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale è affidata, per la durata di venti anni dalla scadenza della concessione in essere alla data di entrata in vigore della presente legge, alla RAI-Radiotelevisione italiana Spa. Per quanto non diversamente previsto dalla presente legge, la RAI-Radiotelevisione italiana è assoggettata alla disciplina generale delle società per azioni.

3. Entro il 30 luglio 2015, il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, avvia il procedimento per la cessione di una quota pari al 49 per cento delle azioni dello Stato nella RAI-Radiotelevisione italiana Spa, in conformità a quanto previsto dall'articolo 1 della legge 14 novembre 1995, n. 481, e successive modificazioni.

4. Entro il 30 dicembre 2015, con uno o più decreti dei Ministeri dello sviluppo economico e dell'economia e delle finanze si provvede a definire i tempi, le modalità, i requisiti, le condizioni e ogni altro elemento delle offerte pubbliche di vendita, anche relative a specifici rami d'azienda. La vendita della quota di partecipazione di cui al comma 3 deve concludersi entro e non oltre il 6 maggio 2016.

5. I proventi derivanti dal procedimento di cessione della partecipazione azionaria, di cui ai commi 3 e 4, sono destinati al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato, di cui alla legge 27 ottobre 1993, n. 432, e successive modificazioni.

6. Il consiglio di amministrazione della Rai-Radiotelevisione italiana Spa, formula gli indirizzi generali per l'attuazione dei princìpi di cui all'articolo 1 e per la predisposizione dei programmi; indica i criteri generali per la formazione dei piani annuali e pluriennali di spesa e di investimento con riferimento alle prescrizioni dell'atto di concessione; formula indirizzi generali relativamente ai messaggi pubblicitari, allo scopo di assicurare la tutela del consumatore e la compatibilità delle esigenze delle attività produttive con la finalità di pubblico interesse e le responsabilità del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale;

7. Il consiglio di amministrazione della RAI-Radiotelevisione italiana Spa è composto da sette membri. Possono essere eletti membri del consiglio di amministrazione persone di riconosciuto prestigio e competenza professionale e di notoria indipendenza di comportamenti, che abbiano maturato significative esperienze nel settore radiotelevisivo e delle telecomunicazioni e che non abbiano ricoperto incarichi di natura politica a qualunque titolo nei dieci anni precedenti alla nomina. I membri del consiglio di amministrazione durano in carica cinque anni e sono rieleggibili una sola volta. Il consiglio di amministrazione svolge funzioni di indirizzo, controllo e garanzia circa le finalità e gli adempimenti del servizio pubblico radiotelevisivo.

8. Un membro del consiglio di amministrazione, in rappresentanza degli enti locali, è eletto a maggioranza semplice dalla Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281; il presidente e due membri del consiglio di amministrazione sono eletti, a maggioranza assoluta, dalle Commissioni parlamentari competenti in materia di cultura e di telecomunicazioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica in seduta congiunta; un membro del consiglio di amministrazione è eletto a maggioranza relativa fra i dipendenti della RAI-Radiotelevisione italiana Spa; un membro del consiglio di amministrazione è eletto a maggioranza semplice in sede di Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti in rappresentanza delle associazioni dei consumatori e degli utenti riconosciute secondo i criteri stabiliti dall'articolo 137 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206; un membro del consiglio di amministrazione è eletto a maggioranza assoluta dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.

9. L'amministratore delegato della RAI-Radiotelevisione italiana Spa è nominato dai membri del consiglio di amministrazione fra persone in possesso dei requisiti di cui al comma 7. L'amministratore delegato dura in carica cinque anni ed opera con autonomia gestionale e con potere di rappresentanza e poteri di spesa fino a importi massimi di dieci milioni di euro per ogni operazione, nell'ambito del predefinito bilancio di previsione.

Art. 3.

(Verifica dell'adempimento dei compiti)

1. In conformità a quanto stabilito nella comunicazione della Commissione delle Comunità europee 2001/C 320/04, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee n. C 320 del 15 novembre 2001, relativa all'applicazione delle norme sugli aiuti di Stato al servizio pubblico di radiodiffusione, è attribuito all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) il compito di verificare che il servizio pubblico generale radiotelevisivo sia effettivamente prestato ai sensi delle disposizioni di cui alla presente legge, del contratto nazionale di servizio e degli specifici contratti di servizio conclusi con le regioni e con le province autonome di Trento e di Bolzano, tenendo conto anche dei parametri di qualità del servizio e degli indici di soddisfazione degli utenti definiti nel contratto medesimo anche attraverso meccanismi di feed back quali-quantitativi.

2. L'Agcom controlla il rispetto degli indirizzi e adotta tempestivamente le deliberazioni necessarie per la loro osservanza; stabilisce, tenuto conto delle esigenze dell'organizzazione e dell'equilibrio dei programmi, le norme per garantire l'accesso al mezzo radiotelevisivo; disciplina direttamente le rubriche «Tribuna politica» «Tribuna elettorale», «Tribuna sindacale» e «Tribuna stampa» ovvero i programmi aventi analogo contenuto, comunque denominati; riceve dal consiglio di amministrazione della società concessionaria le relazioni sui programmi trasmessi e ne accerta la rispondenza agli indirizzi generali formulati; vigila sugli indirizzi generali relativamente ai messaggi pubblicitari, allo scopo di assicurare la tutela del consumatore e la compatibilità delle esigenze delle attività produttive con la finalità di pubblico interesse e le responsabilità del servizio pubblico radiotelevisivo; analizza, anche avvalendosi dell'opera di istituti specializzati, il contenuto dei messaggi radiofonici e televisivi, accertando i dati di ascolto e di gradimento dei programmi trasmessi.

3. Qualora ravvisi infrazioni agli obblighi di cui al comma 1, l'Agcom fissa alla società concessionaria il termine, comunque non superiore a trenta giorni, per l'eliminazione delle infrazioni stesse. Nei casi di infrazioni gravi, tenuto conto della gravità e della durata dell'infrazione, l'Agcom dispone, inoltre, l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria fino al 3 per cento del fatturato realizzato nell'ultimo esercizio chiuso anteriormente alla notificazione della diffida, fissando i termini, comunque non superiori a trenta giorni, entro i quali l'impresa deve procedere al pagamento della sanzione. Nei casi di reiterata inottemperanza l'Agcom può disporre la sospensione dell'attività d'impresa fino a novanta giorni.

4. L'Agcom dà conto dei risultati del controllo effettuato ai sensi del presente articolo nella relazione annuale di cui all'articolo 1 della legge 31 luglio 1997, n. 249.

Art. 4.

(Abrogazioni)

1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge sono o restano abrogati:

a) la legge 14 aprile 1975, n. 103;

b) gli articoli 17, 19, 20 e 21 della legge 3 maggio 2004, n. 112;

c) gli articoli 48 e 49 del testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177.