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Atto a cui si riferisce:
C.1/00833 premesso che: all'inizio del XX secolo, durante gli ultimi anni dell'esistenza dell'Impero Ottomano, il popolo armeno ha subito un vero e proprio genocidio (in lingua armena Medz...



Atto Camera

Mozione 1-00833presentato daBRUNETTA Renatotesto diGiovedì 23 aprile 2015, seduta n. 414

La Camera,
premesso che:
all'inizio del XX secolo, durante gli ultimi anni dell'esistenza dell'Impero Ottomano, il popolo armeno ha subito un vero e proprio genocidio (in lingua armena Medz Yeghern «Grande Crimine»). Ideato, pianificato e realizzato dal governo dei Giovani Turchi, ebbe il suo tragico inizio il 24 aprile 1915, con la fucilazione dell'intellighenzia armena di Istanbul e si concluse con lo sterminio di oltre 1.500.000 civili armeni cristiani indifesi;
la strage fu condotta nel modo più crudele: fucilazione della popolazione maschile, deportazione e lunghe marce della morte verso i deserti della Siria, e l'annientamento finale dei sopravvissuti nei campi della morte nel deserto di Deir el-Zor, su disposizione del governo turco guidato dal Gran Visir Talat Pasha e condotto dall'OS (Organizzazione speciale per lo sterminio degli armeni);
è posizione consolidata tra gli storici indipendenti che gli armeni furono eliminati alimentando odio religioso e razziale, adempiendo l'indispensabile pulizia etnica propugnata dall'ideologia dei Giovani Turchi;
come ormai è riconosciuto da 21 Paesi (Argentina, Armenia, Belgio, Canada, Cile, Cipro, Francia, Germania, Grecia, Italia, Libano, Lituania, Paesi Bassi, Polonia, Federazione Russa, Slovacchia, Svezia, Svizzera, Uruguay, Santa Sede, Venezuela), dal Parlamento europeo, dal Consiglio d'Europa e dalla Commissione per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, il termine corretto per definire la prima immensa strage del ’900, e che fu perpetrata contro gli armeni, è «genocidio»;
è notorio che Raphael Lemkin, giurista polacco ebreo, ha fondato la descrizione del reato di genocidio nel diritto internazionale sulle dinamiche del genocidio armeno, coniando così il termine stesso che sta alla base della Convenzione ONU per la Prevenzione e la Punizione del Crimine di Genocidio del 1948;
la Camera dei deputati con una risoluzione del 17 novembre 2000, all'unanimità, ha fatto proprio il contenuto di una risoluzione del Parlamento europeo del 1987, riconoscendo il genocidio armeno. In particolare nella risoluzione ricorda l'invito al governo di Ankara al riconoscimento del genocidio ai danni della minoranza armena, commesso anteriormente allo stabilimento della moderna Repubblica Turca. Inoltre, più di 60 amministrazioni locali italiane, grandi e piccole (Roma, Milano, Genova, Firenze, Padova, Parma, Ravenna, Belluno, Udine eccetera) hanno solidarizzato con i discendenti dei sopravvissuti del genocidio armeno attraverso riconoscimenti;
nell'occasione del centenario, Papa Francesco, nel corso di una messa nel ricordo dei «martiri armeni», ha definito quello contro armeni e altri cristiani, perpetrato a partire dal 24 aprile 1915, «il primo genocidio del XX secolo» che «ha colpito il popolo armeno, prima nazione cristiana» (12 aprile);
successivamente a questa attestazione pubblica, in continuità con parole e atti di Giovanni Paolo II, il governo turco ha definito «calunniose» le affermazioni del Pontefice e ha richiamato in patria il proprio ambasciatore presso la Santa Sede. Tutto questo ha scosso profondamente l'opinione pubblica italiana;
il Governo italiano – nella persona del sottosegretario Gozi – ha invece in sostanza rivendicato il diritto al silenzio e il dovere della neutralità sulla questione dei genocidi del secolo scorso;
il genocidio degli armeni è pressoché sconosciuto alla grande massa dei cittadini italiani. Nei testi scolastici se ne trovano modeste tracce e non senza ambiguità. Le manifestazioni pubbliche dedicate a questa tragica vicenda sono rarissime;
il centenario del 2015 è un'occasione di memoria condivisa con un popolo, la cui storia e la cui cultura si sono da secoli fecondamente intrecciate alle nostre, dall'età romana fino alla guerra di liberazione e alla costruzione dell'Italia repubblicana;
il patrimonio culturale armeno in Italia ha la sua roccaforte nell'Isola di San Lazzaro a Venezia custodita dai padri mechitaristi armeni, ma preziosi reperti della cultura armena sono custoditi in quasi tutte le regioni italiane. Numerose comunità armene della diaspora sono presenti in modo vivace e perfettamente integrato nel nostro Paese;
negli ultimi anni il romanzo storico «La masseria delle allodole» di Antonia Arslan, cittadina italiana di origine armena, scampata al genocidio, e l'omonimo film dei fratelli Taviani, hanno ottenuto riconoscimenti nazionali e internazionali per il valore artistico e l'accuratezza della ricostruzione storica;
il centesimo anniversario del primo genocidio del XX secolo, le cui tecniche e la cui segretezza furono presi a modello per quella catena di crimini contro l'umanità che ha caratterizzato il Secolo Breve, è una straordinaria occasione per consolidare nella coscienza nazionale e trasmettere alle giovani generazioni il ripudio dell'odio razziale e religioso e la fecondità del rapporto tra popoli e civiltà differenti;
la coscienza della comune appartenenza alla famiglia umana ed in particolare a quella europea impone a chi ha responsabilità pubblica di contribuire a spazzare via le foglie secche dell'oblio, senza lasciarsi frenare da opportunismi e prudenze di comodo dinanzi al contenzioso ancora aperto tra popoli e governi discendenti delle vittime e dei carnefici;
non si tratta di puntare il dito contro il popolo turco. Tanto più che esistono responsabilità delle potenze occidentali che lasciarono che il massacro si compisse per ragioni di strategia globale. Esse permisero che l'opera di annientamento fosse compiuta, dopo un timido soccorso. E dimenticarono. Non dimenticò invece Hitler, che trasse insegnamenti per i crimini contro l'umanità della II Guerra mondiale... Già il 22 agosto 1939 a Obersalzberg, prima dell'invasione della Polonia allorché diede l'ordine «di uccidere senza pietà tutti gli uomini, donne e bambini di razza o lingua polacca», tranquillizzò i suoi comandanti sulle future conseguenze dicendo: «Chi parla ancora oggi dello sterminio degli armeni?»;
lo studio e la conoscenza dei fatti sono potente strumento contro il negazionismo, il quale, secondo l'Associazione internazionale degli studiosi del genocidio (IAGS), non è una semplice opinione sbagliata, infatti: «L'ultimo atto di un genocidio è la sua negazione». In altri termini è quell'atto che rende il crimine del genocidio, un crimine perfetto;
oggi tocca il compito di sapere. Senza giustificazionismi e senza negazionismi. La memoria è scudo contro la barbarie presente e futura;
il culmine delle celebrazioni in Armenia e in tutto il mondo è il 24 aprile 2015,

impegna il Governo:

a riconoscere il genocidio degli armeni, primo genocidio del XX secolo, come omaggio alla verità storica senza cui non esiste pacifica convivenza;
a partecipare con una delegazione del massimo livello alle celebrazioni in memoria delle vittime a Erevan il 24 aprile prossimo;
a promuovere attivamente la riconciliazione tra la nazione e il Governo turco e la nazione e il Governo armeno sulla base della ricerca della verità, che non può prescindere dal riconoscimento sincero delle responsabilità del governo turco ottomano per le immani stragi contro armeni e cristiani di tutte le confessioni in quel 1915;
ad attivarsi, collaborando con le istituzioni scolastiche e nel rispetto della loro autonomia, per far sì che nelle scuole di ogni ordine e grado ancora in questo anno scolastico e in quello 2015-2016 si promuova con idonee iniziative la conoscenza e lo studio del genocidio del popolo armeno, attraverso testimonianze e lezioni da tenersi in orario scolastico e post-scolastico, predisponendo una serie di strumenti e di proposte d'intesa con la comunità armena;
ad inserire stabilmente la conoscenza del genocidio armeno nei programmi scolastici, favorendo una mentalità di pace e concordia tra i popoli, nel rispetto delle differenti identità religiose e culturali.
(1-00833) «Brunetta, Palmieri, Picchi, Polidori».