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Atto a cui si riferisce:
C.5/02526 le Ferrovie dello Stato hanno assegnato in passato diversi caselli in disuso a capistazione, macchinisti, capitreno, in modo da poterne garantire la reperibilità fuori orario e gli assegnatari,...



Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Giovedì 15 maggio 2014
nell'allegato al bollettino in Commissione IX (Trasporti)
5-02526

Con riferimento a quanto richiesto dall'Onorevole Interrogante, sono state assunte dettagliate informazioni presso Rete Ferroviaria italiana (RFI), la quale ha rappresentato che l'attuale situazione alloggiativa residenziale, al 31 dicembre 2013, è di circa 6.150 alloggi (di cui solo 1.100 riferibili a dipendenti del Gruppo e i rimanenti riferibili a pensionati, vedove di pensionati e legittimi eredi), con un valore medio della locazione in essere di circa 150 euro/mese ad alloggio.
RFI ha riferito inoltre che la politica del Gruppo sul tema abitazione è stata sempre rispettosa dell'aspetto sociale che il tema riveste, nonostante la gravosa incidenza sui ricavi dei costi tecnici/amministrativi nonché le fiscalità (IMU) sostenute per la relativa gestione degli alloggi locati siti in circa 1800 Comuni.
Entrando nel merito dell'interrogazione, RFI ha evidenziato che le disdette con efficacia al 31 dicembre 2013 hanno interessato 423 alloggi, (circa il 7 per cento del complesso alloggiativo residenziale), i quali ricadono su 263 Comuni ed hanno un canone medio di circa 120 euro/mese. Sono condotti per il 12 per cento da personale ancora in servizio.
Gli alloggi in parola formarono oggetto di due processi massivi di rinnovi contrattuali: nel 1994 con la legge equo canone e nel 1999 con la legge n. 431 del 1998.
I contratti stipulati nel rinnovo del ’99 hanno assunto come schema contrattuale quello convenuto con le organizzazioni sindacali (comunque rispettoso della citata legge n. 431) che prevedeva come fine locazione il 31 dicembre 2008, qualora disdettato entro giugno 2008, oppure una proroga fino al 31 dicembre 2013, quale cadenza finale del contratto, se non disdettato entro il richiamato giugno 2008, condizione questa intervenuta per i 423 alloggi in parola.
La disdetta esercitata da Ferservizi nel periodo maggio/giugno 2013 è, quindi, stata una formalità contrattuale, che non andava corredata da alcuna motivazione, considerato che si trattava di fine contratto.
RFI evidenzia, altresì, che gli approfondimenti e processi gestionali, in corso, posti in essere su scala nazionale fanno rilevare ad oggi che il fenomeno si è ridotto a circa 300 casi, tra cui:
48 alloggi sono rinnovabili per variate condizioni di esercizio ferroviario;
26 alloggi sono stati rilasciati spontaneamente a significato di un utilizzo non come abitazione principale;
25 alloggi sono utilizzati come seconda abitazione;
22 alloggi sono in presenza di contenziosi o morosità conclamata.

È necessario chiarire, inoltre, che, all'origine, l'utilizzazione dei caselli ferroviari era riferita a particolari servizi e figure professionali quali i «cantonieri»: ferrovieri deputati al controllo a piedi della linee ferroviarie (peraltro all'epoca assoggettate a caratteristiche di traffico ben diverse dalle attuali e in assenza di macchinari e tecnologie oggi in uso).
Proprio in ragione di quel servizio, i richiamati immobili erano posti a ridosso delle linee e a ridotta distanza l'uno dall'altro. Orami, da moltissimi anni, questi beni hanno perso la loro funzione originaria.
Nel tempo, poi, queste «case cantoniere» sono state utilizzate da dipendenti (tra l'altro oggi in gran parte non più in servizio) con diverse mansioni aziendali, senza più nessuna relazione tra posto di lavoro e luogo di residenza, ponendo quindi gli utilizzatori alla stregua di normali cittadini, senza competenze specifiche a convivere con una situazione intimamente legata all'esercizio ferroviario, e pertanto sottoposto alle cautele adottate nei confronti di chiunque viva a ridosso della sede ferroviaria (mai sotto i 4,5 mt di distanza).
In merito alla scelta di Ferservizi dell'eventuale demolizione, RFI evidenzia che scopo principale sarebbe quello di evitare occupazioni abusive e, qualora fattibile, proporre la vendita dei diritti edificatori, anche al fine di recuperare risorse economiche.
Infatti, gli alloggi in questione, qualora non si fossero trovati nello stato di incompatibilità con l'esercizio ferroviario, sarebbero stati posti in vendita agli occupanti, come già è intervenuto, nel 1995, per i 15.000 alloggi sopra citati, evitando così l'insorgere di problemi sociali, di immagine, di contesto mediatico ed economici.
Ricordo, infine, che una materia di estrema delicatezza ed importanza, quale la sicurezza dell'esercizio ferroviario, è anche regolata dal decreto del Presidente della Repubblica n. 753/1980 che stabilisce:
il limite di 30 metri lungo i tracciati per costruzioni, ricostruzioni e ampliamenti degli edifici o manufatti di qualsiasi specie (articolo 49);
la deroga al cennato limite (articolo 60), quando la sicurezza pubblica lo consenta, che può essere espressa solo dagli Uffici Lavori Compartimentali di Ferrovie, oggi RFI gestore della rete, che nel 2004 ha ridotto i franchi a 4,5 metri tra la parete verticale e la più vicina rotaia, per problemi di sicurezza, di geometria della piattaforma della sede ferroviaria (garanzia di viottolo per verifica periodica della rete), nonché anche per problemi connessi alla manutenzione straordinaria dei fabbricati che qualora posti ad una distanza inferiore ai 4,5 metri dal binario, comporterebbero la sospensione della linea elettrica con ricadute sull'esercizio ferroviario.