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Atto a cui si riferisce:
S.1/00114 premesso che: l'articolo 14 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, ha introdotto il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi...



Atto Senato

Mozione 1-00114 presentata da LAURA CANTINI
mercoledì 17 luglio 2013, seduta n.069

CANTINI, MORGONI, ASTORRE, BERTUZZI, CIRINNA', CUOMO, DE MONTE, DEL BARBA, DI GIORGI, ESPOSITO Stefano, FAVERO, LUMIA, MANASSERO, MARCUCCI, MOSCARDELLI, PAGLIARI, PEZZOPANE, PIGNEDOLI, PUPPATO, RUTA, SCALIA - Il Senato,

premesso che:

l'articolo 14 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, ha introdotto il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (Tares) in sostituzione della Tarsu (tassa per lo smaltimento di rifiuti solidi urbani) e della Tia (tariffa di igiene ambientale) anche con l'obiettivo di consentire l'individuazione della natura giuridica della prestazione patrimoniale dovuta a fronte dei servizi di smaltimento dei rifiuti;

la disciplina relativa a tale nuovo tributo è stata modificata dalla legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità), con cui si è provveduto a differire il versamento fino ad aprile 2013;

successivamente, con l'articolo 1-bis del decreto-legge 14 gennaio 2013, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° febbraio 2013, n. 11, è stato posticipato a luglio 2013 il termine di versamento della prima rata della Tares, a meno che i Comuni, con proprio regolamento, non avessero fissato scadenze diverse da quelle previste dalla legge;

secondo quanto introdotto dal decreto-legge n. 35 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 62 del 2013, recante disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali per l'anno 2013, fino alla determinazione delle tariffe, l'importo delle rate della Tares è determinato in acconto, commisurandolo all'importo versato, nell'anno precedente, a titolo di Tarsu o di Tia 1 oppure di Tia 2. Inoltre, sempre limitatamente all'anno 2013, ha determinato che la maggiorazione standard pari a 0,30 euro per metro quadrato è riservata allo Stato e non trova applicazione la tariffa corrispettiva;

la nuova Tares secondo le intenzioni del legislatore andrà a coprire i costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento, ma anche i costi relativi ai servizi indivisibili dei Comuni;

la tassazione, secondo il dettato del comma 11 dell'art. 14 del decreto-legge n. 201 del 2011 dovrà assicurare la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio; in particolare comprenderà una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio di gestione rifiuti e cioè agli investimenti (che ricomprende gli investimenti per le opere e i relativi ammortamenti), nonché una quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito e all'entità dei costi di gestione e di smaltimento;

all'importo in tal modo determinato, in base al comma 13 dell'art. 14, si applicherà una maggiorazione pari a 0,30 euro per metro quadrato per i costi dei servizi indivisibili dei Comuni, che può essere aumentata, con deliberazione del consiglio comunale, fino a 0,40 euro, e che si sovrappone in parte alla voce "servizi indivisibili" già presente nell'Imu;

come previsto dall'art. 14, comma 9, la Tares sarà inoltre messa in relazione principalmente all'unità di superficie dell'immobile, collegando in questo modo la tassa sui rifiuti non tanto alla quantità di rifiuti prodotti, ma piuttosto ad elementi di natura patrimoniale;

dall'indagine conoscitiva della 13ª Commissione permanente (Territorio, ambiente, beni ambientali) del Senato "Sulle problematiche relative alla produzione e alla gestione dei rifiuti, con particolare riferimento ai costi posti a carico dei cittadini, alla tracciabilità, al compostaggio, alla raccolta differenziata e alla effettiva destinazione al recupero ed al riuso dei rifiuti o delle loro porzioni", svolta durante la XVI Legislatura, è emerso che il contenimento dei rifiuti e quindi dei costi si ottiene attraverso una capillare opera di informazione e di educazione finalizzata alla prevenzione della produzione di rifiuti e attraverso una tariffazione puntuale che commisura il costo del servizio alla quantità dei rifiuti prodotta da ciascun cittadino. Nel caso della Tares, questa possibilità rimane residuale permettendo ma non incoraggiando in caso di misurazione puntale della quantità di rifiuti conferiti una tariffazione avente natura corrispettiva;

nelle disposizioni finali del Documento XVII, n. 19, approvato nella seduta del 16 gennaio 2013 richiedeva "il ripensamento del nuovo tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES), che desta forte preoccupazione in quanto basato su elementi meramente patrimoniali e non invece raccordato al quantitativo di rifiuti prodotti e avviati a smaltimento e distorsivo del moderno ed efficiente meccanismo di tariffa correlata ad un servizio" e "la proposta e la diffusione di modelli di raccolta che consentano di passare realmente ad un sistema a tariffa, commisurato a quantità e qualità dei rifiuti prodotti", ciò anche in considerazione del fatto che ad oggi vi sono realtà virtuose dove attraverso questa forma di contenimento dei rifiuti si riesce ad arrivare ad una raccolta differenziata superiore al 90 per cento;

secondo una ricerca della Confcommercio, l'entrata in operatività del nuovo regime tariffario Tares comporterà per le attività produttive un aumento medio del 290 per cento delle tariffe sui rifiuti calcolate sulla base del decreto del Presidente della Repubblica n. 158 del 1999 e la stessa associazione richiede una revisione dei criteri considerati datati;

dai dati presentati dalle associazioni di consumatori la nuova Tares una volta in vigore farebbe aumentare per le famiglie la tassazione attuale sui rifiuti del 15 o 20 del per cento senza che vi siano stati incrementi del rifiuto prodotto;

risulta evidente che il passaggio al nuovo tributo segnerà un aumento di fiscalità notevole, che graverà non solo sul sistema imprenditoriale, ma in generale ed in modo indiscriminato sul sistema Paese in termini di ulteriore riduzione dei consumi, penalizzando inoltre i principi di equità e responsabilità;

considerato che:

l'Unione europea, con la direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, chiede agli Stati membri di prevenire, riciclare e recuperare i materiali, ridurre l'impatto per l'ambiente e la salute della produzione e della gestione dei rifiuti, ridurre l'impatto complessivo dell'uso delle risorse e migliorarne l'efficacia e promuovere comportamenti virtuosi in questi settori;

quanto sancito al comma 3 dell'art. 14 del decreto-legge n. 201 del 2011, "Il tributo è dovuto da chiunque possieda, occupi o detenga a qualsiasi titolo locali o aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani" risulta in pieno contrasto con i principi della normativa ambientale promulgata dall'Unione europea, basata sul principio del «chi inquina paga»;

numerose esperienze maturate a livello nazionale dimostrano che la riduzione dei rifiuti prodotti e il loro maggior avvio a recupero si ottiene attraverso una maggiore responsabilizzazione del produttore anche nella fase di post consumo delle merci, attuando un principio in base al quale ogni utente paga in funzione della quantità e qualità dei materiali residui che conferisce. Nel caso della Tares questa possibilità rimane inattuabile in quanto risulta in pieno contrasto con l'orientamento della giurisprudenza in materia. Le sentenze della Corte costituzionale (ad esempio la sentenza n. 238 del 2009) e della Corte di cassazione hanno espresso orientamenti inequivocabili in base ai quali il pagamento di un corrispettivo per un servizio a domanda individuale risulta incompatibile con un servizio in privativa che assolve funzioni di pubblica utilità. È pertanto necessario un adeguamento normativo che consenta di conciliare il principio di universalità, proprio dei servizi pubblici, con un sistema tariffario che permetta la differenziazione delle tariffe in base alla qualità e quantità dei rifiuti conferiti attraverso sistemi di rilevazione puntuale dei conferimenti effettuati dai singoli utenti;

rimane inoltre una sostanziale lacuna normativa inerente all'assimilazione dei rifiuti speciali agli urbani che rende a tutt'oggi vigente la deliberazione Interministeriale del 27 luglio 1984, decreto attuativo dell'art. 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 1982 che lascia libera disponibilità ai Comuni sulla determinazione delle tipologie dei rifiuti speciali assimilati, sulla base di parametri che non considerano le esigenze dei diversi settori industriali, artigianali, commerciali e dei servizi e si basa non sulla qualità dei rifiuti prodotti, ma piuttosto su criteri misti che ricomprendono la quantità, determinando situazioni profondamente disomogenee nel Paese. Anche per questo aspetto è opportuno recepire gli indirizzi comunitari da tempo stabiliti;

l'Associazione nazionale Comuni italiani ha criticato la nuova tariffazione chiedendo una revisione e una rivisitazione del prelievo locale;

diverse associazioni ambientaliste, quali ad esempio "Legambiente", hanno promosso una petizione "Chi inquina paga, chi produce meno rifiuti deve risparmiare", chiedendo di rivedere il nuovo tributo sui rifiuti, rispettando il principio europeo "chi inquina paga" e predisponendo una tariffazione che sia calcolata solo sull'effettiva produzione di rifiuti indifferenziati, permettendo così agli utenti più virtuosi di pagare meno;

rilevato che:

seppure secondo le cifre raccolte da Legambiente vi sono ben 330 Comuni "rifiuti free", a cui rimane da smaltire meno di 75 chili di rifiuti pro capite all'anno, come succede ad Empoli (Firenze), con i suoi 50.000 abitanti in cui si è giunti a tale risultato con la raccolta "porta a porta" con la modalità puntuale di tariffazione del servizio;

secondo i dati riportati nel Rapporto 2012 dell'Istat nel Paese non la situazione non è uniforme e nel periodo che va dal 2002 al 2009 nelle regioni del Nord la quantità di rifiuti smaltita in discarica è passata da 251,8 a 140,4 chilogrammi per abitante, mentre nelle regioni del Centro si è passati da 427,6 a 393,8 chilogrammi e in quelle del Mezzogiorno da 399 a 347,8 chilogrammi per abitante. La raccolta differenziata nelle regioni del Nord è passata dal 30,6 al 48 per cento, in quelle del Centro dal 14,6 per cento al 24,9 per cento e in quelle del Mezzogiorno dal 6,3per cento al 19,1 per cento e ha raggiunto nel 2010 una percentuale pari al 35,3 per cento della produzione nazionale dei rifiuti urbani, attestandosi a oltre 11,4 milioni di tonnellate, in crescita rispetto al 2009, anno in cui tale percentuale si collocava al 33,6 per cento circa;

a livello di aree geografiche il successo della raccolta differenziata appare molto differente: difatti mentre il Nord si colloca nel 2010 al 49,1 per cento, il Centro ed il Sud si attestano, nello stesso anno, su tassi pari, rispettivamente, al 27,1 e al 21,2 per cento; comunque sia gli obiettivi fissati dalla normativa del 50 per cento per il 2009 e del 60 per cento per il 2011 appaiono distanti quindi potrebbe essere importante per il raggiungimento degli obiettivi europei un'educazione, tramite differenti tariffe, alla raccolta differenziata,

impegna il Governo:

1) ad adottare un adeguamento normativo in grado di conciliare il principio di universalità, proprio dei servizi pubblici, con un sistema tariffario basato sulla differenziazione delle tariffe, in base alla qualità e quantità dei rifiuti conferiti, attraverso sistemi di rilevazione puntuale dei conferimenti effettuati dai singoli utenti;

2) ad attivarsi, per quanto di competenza, al fine di promuovere l'eliminazione delle maggiorazioni di 0,30 centesimi di euro per metro quadro previste dall'art. 14, al comma 13, del decreto-legge n. 201 del 2011, in quanto estremamente penalizzanti nei confronti di cittadini e imprese e non correlate in alcun modo all'esigenza di responsabilizzare i comportamenti individuali applicando criteri meritocratici;

3) ad individuare un sistema premiante rivolto agli ambiti territoriali omogenei (ATO) che esprimano risultati significativi in termini di minore produzione ed elevata raccolta differenziata e recupero-riciclo dei rifiuti;

4) ad attivarsi al fine di aggiornare i criteri e i coefficienti stabiliti dal decreto del Presidente della Repubblica n. 158 del 1999 e superare i principi dello stesso decreto sulla base delle modifiche intervenute nel frattempo in materia di produzione e tipologia di rifiuti prodotti, tenendo conto degli aumenti esponenziali dei costi che vanno a gravare sulle attività produttive;

5) a superare l'annosa diatriba sull'assimilazione ai rifiuti urbani, presente esclusivamente nella normativa italiana, ottemperando all'adozione dei principi sulla classificazione dei rifiuti stabiliti dalla decisione della Commissione europea del 18 novembre 2011 (2011/753 UE), notificata con il numero C(2011) 8165, articolo 1, comma 1, punti 1, 2 e 3, in base alla quale i «rifiuti domestici», sono i rifiuti prodotti dai nuclei domestici; i «rifiuti simili», sono i rifiuti comparabili, per tipo e composizione, ai rifiuti domestici, esclusi i rifiuti da processi produttivi e i rifiuti provenienti dall'agricoltura e dalla silvicoltura; e i «rifiuti urbani», sono i rifiuti domestici e i rifiuti simili.

(1-00114)