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Atto a cui si riferisce:
C.4/05640 sono in atto, con maggior frequenza a partire dal mese di aprile 2014, i trasferimenti da Lampedusa verso la regione Friuli Venezia Giulia di cittadine e cittadini stranieri richiedenti asilo...



Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Mercoledì 8 aprile 2015
nell'allegato B della seduta n. 404
4-05640
presentata da
COPPOLA Paolo

Risposta. — Le procedure di identificazione dei migranti che arrivano sulle coste italiane sono garantite dalla presenza di squadre di fotosegnalatori della polizia scientifica, sia sulle navi della Marina militare sia nei porti di sbarco. Tuttavia, persistono talune criticità che, in alcuni casi, non hanno consentito la tempestiva identificazione di tutti gli stranieri prima della loro sistemazione nelle strutture di accoglienza.
L'espletamento di tale compito è stato ostacolato, in particolare, dal contestuale massiccio afflusso di migranti in alcuni porti della Sicilia, nonché dalla reticenza dei cittadini stranieri di nazionalità eritrea, somala e siriana, che utilizzano l'Italia come Paese di transito per raggiungere altri Stati dell'Unione europea, dove sono intenzionati a formalizzare la richiesta di protezione internazionale.
Proprio al fine di rafforzare i controlli delle frontiere esterne dell'Unione, il 1o novembre 2014 è stata avviata un'operazione di Frontex, denominata Triton, il cui principale obiettivo consiste nel contrastare l'immigrazione irregolare e le attività di traffico di esseri umani. Per consentire lo svolgimento dell'operazione – a cui partecipano, oltre all'Italia, 18 Stati membri che forniscono assetti aerei e navali oppure i propri esperti – il budget di Frontex è stato opportunamente incrementato, con uno stanziamento di 20 milioni di euro per il 2015.
Il rafforzamento dei controlli delle frontiere esterne dell'Unione, attraverso l'azione di Frontex, è solo uno dei punti cardine della nuova strategia italiana ed europea di gestione dei flussi migratori. Ad esso se ne affiancano altri due: il miglioramento della cooperazione con i Paesi terzi di origine e transito dei flussi e la piena attuazione del sistema comune europeo di asilo.
Sul versante della cooperazione, l'Italia è da sempre in prima linea, avendo privilegiato la sottoscrizione di accordi bilaterali con i Paesi del nord Africa (Tunisia, Libia e Egitto) e dell'Africa sub-sahariana (Niger, Nigeria e Gambia), nell'intento di attuare specifici programmi di assistenza tecnica a beneficio delle forze di polizia di quegli Stati.
Quanto all'attuazione del sistema comune europeo di asilo, le priorità individuate dall'Unione europea riguardano l'intensificazione delle attività di identificazione dei migranti e la costruzione di sistemi di accoglienza flessibili, in grado di rispondere ai flussi migratori improvvisi.
Relativamente all'identificazione, il Ministero dell'interno ha già disposto un vigoroso giro di vite nel sistema di sicurezza, per rispondere in modo più efficace alle esigenze del fotosegnalamento, della registrazione e della raccolta delle impronte dei migranti, anche al fine di contrastare i tentativi di aggirare il sistema Eurodac, perpetrati dalla rete dei trafficanti.
Per quanto riguarda, invece, l'accoglienza dei migranti, il Governo ha avviato una profonda revisione del relativo sistema, attraverso l'elaborazione di un Piano operativo nazionale sul quale la Conferenza unificata ha sancito l'intesa nella seduta dello 10 luglio 2014.
La portata innovativa di tale documento risiede nel coinvolgimento a regime nella gestione dei flussi migratori dei tre livelli di governo del Paese: Stato, regioni e comuni. Le rappresentanze di queste entità hanno deciso di condividere, in maniera proporzionale e secondo parametri predefiniti sul territorio, gli oneri dell'accoglienza dei migranti attraverso uno screening che viene realizzato in centri governativi chiamati hub, appositamente individuati in ogni regione. Coloro che hanno diritto alla protezione internazionale sono poi avviati nel sistema Sprar gestito dalle municipalità.
In passato, crisi umanitarie, non paragonabili in alcun modo a quella attuale, sono state gestite in una logica emergenziale, cioè facendo ricorso agli strumenti propri della protezione civile. Ciò non ha dato sempre luogo a buoni risultati. La scelta che il Governo ha compiuto con il piano operativo nazionale sta consentendo, pur se in una fase di particolare impatto migratorio, di costruire uno stabile sistema di accoglienza, ripartendone gli oneri su tutto il territorio nazionale e mitigando così l'impatto sociale. Questa scelta contribuirà anche ad agevolare il percorso di integrazione degli stranieri che rimarranno in Italia.
Il piano operativo nazionale prevede che, nel caso in cui la capienza dei centri governativi e del sistema di protezione per i richiedenti asilo e rifugiati risulti insufficiente, il Ministero dell'interno, avvalendosi del supporto e delle indicazioni di un tavolo di coordinamento nazionale, distribuisca i migranti sul territorio nazionale secondo un criterio di ripartizione per quote regionali, individuate sulla base di parametri predeterminati (fissati nella stessa intesa: percentuale della quota di accesso al Fondo nazionale per le politiche sociali; presenza effettiva di migranti nel territorio interessato; esclusione dei comuni colpiti da terremoti o da sopravvenute situazioni di emergenza). A tal fine, vengono utilizzati i centri di accoglienza attivati temporaneamente su tutto il territorio nazionale.
A livello regionale, in sede di tavolo di coordinamento presieduto dal prefetto del capoluogo di regione, a cui partecipano, tra gli altri, anche i prefetti delle province interessate, le regioni, Upi e Anci regionali, oltre ai soggetti del privato sociale maggiormente rappresentativi, in attuazione delle strategie operative definite in sede nazionale, sono concordati i criteri di riparto provinciale, fissati anche in considerazione delle specificità territoriali.
Ai fini dell'attivazione delle strutture di accoglienza, secondo i criteri di riparto concordati in sede di tavoli regionali, i prefetti di ciascuna provincia interpellano i sindaci dei comuni e i presidenti della provincia per l'individuazione di strutture pubbliche eventualmente disponibili e procedono ad indagini di mercato per l'individuazione di strutture messe a disposizione dal privato-sociale.
Alle procedure e ai criteri testé descritti risponde anche l'organizzazione del sistema di accoglienza nella regione Friuli Venezia Giulia.
Oltre a riformare il sistema dell'accoglienza, il Governo si è adoperato anche per il suo rafforzamento. In proposito, ricordo che in questi anni la capienza dello Sprar è stata ampliata più volte. I posti attivati attualmente sono circa 20.800 su tutto il territorio nazionale, di cui circa 850 destinati ai minori stranieri non accompagnati, siano o meno richiedenti asilo.
Con riferimento alla necessità di garantire l'attivazione delle procedure di riconoscimento della protezione internazionale, l'eccezionale afflusso di stranieri nell'anno appena trascorso ha comportato un allungamento dei tempi di conclusione dei relativi procedimenti.
Per accelerarli, senza tuttavia incidere sulle garanzie procedurali previste dalla normativa vigente per i richiedenti, è stata disposta la semplificazione del procedimento di esame della domanda.
In particolare, sono state introdotte nuove modalità di svolgimento del colloquio, invertendo il criterio seguito finora, in base al quale esso si svolgeva sempre davanti all'intera commissione e solo su richiesta dell'interessato davanti a un solo componente, senza incidere sulla decisione finale, che rimane assunta collegialmente dalla commissione.
Inoltre, sono stati introdotti criteri aggiuntivi per la determinazione della competenza territoriale della commissione, che tengono conto sia dei trasferimenti e dei cambi di residenza del richiedente, sia del numero di procedimenti assegnati a ciascuna commissione.
Il notevole aumento del carico di lavoro delle commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale ha determinato anche la necessità di un incremento del loro numero, che è stato autorizzato con il decreto-legge n. 119 del 2014. In attuazione di tale provvedimento, nel mese di novembre 2014 è stato disposto il raddoppio sia delle commissioni che delle relative sezioni, portandone il numero complessivo da 20 a 40.
In questo ambito, in particolare, sono state istituite la Commissione territoriale di Verona, competente a conoscere le domande presentate nei territori del Veneto e del Trentino-Alto Adige, e la sezione di Padova, con competenza primaria nelle province di Padova, Venezia e Rovigo. Pertanto la commissione di Gorizia, che finora era l'unica esistente nei nord est italiano, rimarrà competente per le sole domande presentate in Friuli-Venezia Giulia.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Domenico Manzione.