Testo della risposta
Atto a cui si riferisce:
S.4/02621 AUGELLO - Al Ministro della giustizia - Premesso che:
nella notte del 3 marzo del 2014, intorno alle ore 01:30, nel quartiere fiorentino di Borgo San Frediano, è deceduto il signor...
Atto Senato
Risposta scritta pubblicata nel fascicolo n. 068
all'Interrogazione 4-02621
Risposta. - Risulta che Riccardo Magherini è morto a Firenze nella notte tra il 2 ed il 3 marzo 2014, nel corso di operazioni di controllo e contenzione messe in atto da alcuni militari del nucleo radiomobile dei Carabinieri.
Alle ore 3,00 circa del 3 marzo 2014, il pubblico ministero di turno, nella persona del dottor Bocciolini, veniva avvertito del decesso, avvenuto, come da informativa, per "arresto cardiocircolatorio", mentre Magherini si trovava ammanettato allo scopo di essere tratto in arresto per rapina.
Nella mattinata del 3 marzo i Carabinieri del nucleo investigativo depositavano una informativa esplicativa cui veniva allegata l'annotazione di servizio redatta dai militari del nucleo radiomobile intervenuti sul posto, i referti medici attestanti le lesioni a carico dei quegli stessi militari ed alcuni verbali di sommarie informazioni assunte di iniziativa dai medesimi operanti. Secondo quanto riferito, risultava che Magherini, in stato di alterazione, prima dell'intervento dei Carabinieri, aveva sottratto un iPhone al proprietario, aveva danneggiato alcune vetrine di negozi ed aveva poi opposto resistenza ai militari che cercavano di contenerlo.
Alla stregua del materiale acquisito, il pubblico ministero procedente disponeva 2 diverse iscrizioni, la prima a carico di Riccardo Magherini per le fattispecie di rapina, resistenza a pubblico ufficiale e danneggiamento (artt. 628, 337, 635 del codice penale) e la seconda a carico di ignoti, in relazione alle ipotesi di reato di morte o lesioni come conseguenza di un altro delitto (art. 586 del codice penale) e spaccio di sostanze stupefacenti (art. 73 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990). Tale ultima iscrizione veniva disposta dal magistrato in ragione della condotta tenuta dal giovane e delle dichiarazioni rese nell'immediatezza dei fatti ai Carabinieri della stazione di Firenze Palazzo Pitti dal padre di Magherini, il quale aveva riferito che il figlio era in cura presso uno psicologo per problemi connessi all'uso di sostanze stupefacenti, fornitegli da terzi, al momento ignoti.
Su richiesta della famiglia del giovane veniva autorizzata la visione della salma da parte dei congiunti, prima dell'esame autoptico.
In data 4 marzo, la famiglia Magherini depositava nomina del difensore nella persona dell'avvocato Luca Bisori, il quale veniva avvisato del conferimento di incarico medico-legale-tossicologico per l'accertamento delle cause della morte; tale incarico veniva affidato ad un collegio composto dal professor Gian Aristide Norelli, direttore dell'Istituto di medicina legale di Firenze, dalla dottoressa Focardi, medico presso il medesimo istituto, e dal professor Mari, già direttore dell'Istituto di tossicologia forense dell'università di Firenze. L'inizio delle operazioni peritali veniva fissato per il pomeriggio del giorno 4, con la richiesta da parte dell'autorità inquirente di sospendere immediatamente l'esame autoptico nel caso in cui nel corso dell'autopsia fossero state riscontrate lesioni riconducibili a percosse o lesioni.
All'esame autoptico partecipava per conto della famiglia Magherini il dottor Lorenzo D'Antonio. Al termine dell'esame, compiutosi senza che vi fosse alcuna sospensione, il professor Norelli informava il pubblico ministero di non aver rinvenuto sulla salma alcun segno di lesioni da percosse, ma soltanto alcuni graffi sul viso e lievi lesioni, compatibili, come riferito, con una posizione di Magherini sdraiato a terra nell'ammanettamento e una frattura costale tipica anche delle manovre rianimatorie. Nel corso dell'autopsia, dietro espressa disposizione del magistrato procedente, la Polizia scientifica effettuava un'accurata ripresa fotografica delle condizioni del cadavere.
Nel frattempo, con provvedimento emesso in data 3 marzo, veniva disposto dal sostituto procuratore che le indagini sul decesso di Magherini fossero condotte da un gruppo di investigatori formato da appartenenti alla Polizia di Stato ed ai Carabinieri della locale sezione di Polizia giudiziaria, con esclusione dell'Arma territoriale e, quindi, della struttura di appartenenza dei militari che avevano proceduto al fermo.
L'attività svolta dalla Polizia giudiziaria su direttiva del pubblico ministero prevedeva inizialmente l'escussione di testimoni oculari, l'acquisizione delle registrazioni telefoniche delle chiamate al 112, al 113 e al 118 e dei dati relativi all'intervento dei sanitari (atteso che la prima ambulanza intervenuta sul posto non era "medicalizzata" e che l'automedica era giunta soltanto alcuni minuti dopo), l'acquisizione dei tabulati telefonici del cellulare di Riccardo Magherini e l'individuazione ed escussione delle persone con le quali quest'ultimo aveva trascorso la serata. In data 14 marzo, il difensore della famiglia Magherini provvedeva a depositare le risultanze delle indagini difensive espletate, consistenti in 9 verbali di sommarie informazioni testimoniali e in un video con solo audio udibile.
Risulta che, a motivo delle discordanze riscontrate nei contenuti delle dichiarazioni rese dalle persone escusse, il pubblico ministero trasmetteva alla Polizia giudiziaria gli atti difensivi con richiesta di sentire nuovamente le persone informate sui fatti. Inoltre, sempre sulla scorta delle emergenze delle indagini difensive che rilevavano l'esistenza di nuovi soggetti informati sui fatti, il pubblico ministero disponeva che la Polizia giudiziaria individuasse tutti i potenziali testimoni, identificando "tutti i soggetti che abitano nel tratto di strada in cui avvenne il fatto".
Venivano, poi, acquisiti 2 brevi filmati effettuati con uno "smartphone" da una ragazza abitante nei pressi del luogo ove avvenivano i fatti. Detti filmati, ripuliti dalla Polizia scientifica da interferenze, erano consegnati in copia anche all'avvocato della famiglia Magherini.
In data 24 aprile, la Procura della Repubblica diffondeva un comunicato per rispondere all'avvertita esigenza di dover confutare le notizie circolate sulla stampa circa un'erronea od insufficiente attività di conduzione delle indagini preliminari in cui nessun soggetto risultava indagato: l'intento dell'ufficio di Procura, segnalato dalla stessa magistratura inquirente, era infatti quello di dare conto dello stato reale della vicenda ed evidenziare che "nel corso dell'autopsia non erano state riscontrate lesioni riconducibili a percosse", circostanza questa riferita dai consulenti del pubblico ministero e confermata telefonicamente allo stesso pubblico ministero dal medico legale professor Norelli. Nel comunicato stampa si evidenziava, peraltro, che "la perizia medico legale, da cui ci si aspetta di conoscere con precisione le cause della morte, non è ancora stata ultimata", rappresentando che le valutazioni sulle condotte dei Carabinieri e dei soccorritori in relazione all'evento morte sarebbero state svolte dagli organi della Procura della Repubblica soltanto a seguito del deposito di detta consulenza medico-legale e degli atti di indagine compiuti dalla Polizia giudiziaria. La nota della Procura veniva comunicata telefonicamente all'Ansa, senza essere seguita da comunicazioni o dichiarazioni ulteriori sui fatti.
In data 29 aprile, successivamente all'avvenuta escussione da parte della Procura di 72 persone informate sui fatti, la famiglia Magherini procedeva alla sostituzione del proprio legale con l'avvocato Fabio Anselmo, il quale depositava formale denunzia nei confronti di "tutti i Carabinieri intervenuti" (per omicidio preterintenzionale) e di "tutti i sanitari che avevano prestato soccorso a Riccardo Magherini" (per omicidio colposo). Tali accuse venivano formulate in modo generico, non essendo stata ultimata, alla data del 30 aprile 2014, la consulenza medico-legale sulle cause della morte e non essendo a quel tempo ancora conoscibili i dati relativi alle indagini svolte dall'ufficio di Procura, eccezion fatta per i verbali delle persone sentite nel corso delle indagini difensive.
Il giorno successivo alla denuncia, la Procura provvedeva a iscrivere nel registro degli indagati i carabinieri che avevano effettuato l'intervento in relazione all'ipotesi di cui agli artt. 110 e 584 del codice penale (omicidio preterintenzionale in concorso) e i sanitari che erano intervenuti con riferimento all'ipotesi di cooperazione nell'omicidio colposo ex artt. 113 e 589 del codice penale, sospendendo le operazioni di consulenza ancora in corso (in attesa degli esiti tossicologici e istologici) e differendo l'incontro che i consulenti tecnici del pubblico ministero avevano già fissato con i consulenti dei familiari della vittima, per dare modo anche ai difensori e consulenti tecnici degli indagati di prendervi parte.
In data 8 maggio 2014 la Polizia giudiziaria trasmetteva un'annotazione relativa a parte delle indagini svolte con specifico riferimento allo scambio di telefonate dirette ai numeri 112, 113 e 118 e fra questi intercorse. Poiché risultava che, a seguito della richiesta dei Carabinieri, era stata inviata una "ambulanza non medicalizzata" e solo in seguito l'auto medica, il pubblico ministero iscriveva nel registro degli indagati per omicidio colposo anche i due operatori del 118, dando loro modo di prendere parte alle operazioni peritali ancora sospese.
Il 22 maggio avveniva l'incontro tra i consulenti tecnici del pubblico ministero e quelli nominati dalle parti, in occasione del quale veniva redatto un verbale nel quale tutte le parti concordavano nel rilevare che la morte di Riccardo Magherini potesse essere attribuita ad un concorso di cause tossicologiche-cardiologiche ed asfittiche.
Il pubblico ministero autorizzava il rilascio di copia del verbale ai difensori.
In data 11 settembre 2014 veniva depositata la relazione di consulenza tecnica autoptica sulla salma di Magherini che veniva immediatamente posta a disposizione delle parti, affinché le stesse potessero prenderne visione ed estrarne copia e presentare, entro il termine consentito, richieste di ulteriori approfondimenti necroscopici. Trascorso detto termine veniva autorizzato, in data 18 settembre, il seppellimento della salma.
In data 25 settembre la Procura emetteva avviso di conclusione delle indagini ex art. 415-bis del codice di procedura penale contestando a 7 indagati (4 carabinieri e 3 volontari della prima ambulanza intervenuta sul posto) di aver colposamente concorso nel determinare la morte di Magherini "avvenuta per arresto cardio respiratorio, per intossicazione acuta da cocaina associata a un meccanismo asfittico" (artt. 113 e 589 del codice penale).
In data 1° ottobre 2014 veniva emesso un ulteriore avviso di garanzia con cui la Procura contestava ad uno solo dei Carabinieri indagati anche il reato di percosse (art. 581 del codice penale).
In data 11 novembre, veniva emessa richiesta di rinvio a giudizio nei confronti dei predetti indagati per i reati rispettivamente ascritti, come prima menzionati.
Preso atto delle emergenze fattuali e procedimentali in atti, appare evidente come l'attività istruttoria connessa all'esame ed agli accertamenti tecnici sul cadavere di Riccardo Magherini sia stata attentamente monitorata in considerazione dell'individuazione delle possibili responsabilità in relazione alle cause del decesso.
In tale ottica risultano collocarsi: a) l'attività di documentazione degli accertamenti tecnici, disposta al fine di consentire una verifica dei risultati ottenuti, anche in fasi successive a quella delle indagini preliminari; b) la sospensione delle operazioni di consulenza, disposta in occasione delle diverse iscrizioni di ipotesi di reato nei confronti di soggetti noti, al fine di consentire l'immediato coinvolgimento di questi ultimi in chiave di tutela dei diritti degli indagati, ma anche di salvaguardia della piena utilizzabilità degli atti compiuti; c) la nomina di un collegio di consulenti del pubblico ministero, in sé finalisticamente rivolta al pieno accertamento dei fatti, così come il mantenimento della salma nella diretta disponibilità della Procura fino all'avvenuto deposito della relazione di consulenza autoptica, al fine di consentire ogni eventuale approfondimento.
Per alcuni aspetti connessi al caso, ma estranei rispetto all'oggetto specifico dell'interrogazione, sono infine in corso ulteriori verifiche da parte del Ministero.
ORLANDO ANDREA Ministro della giustizia
23/12/2014