• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA

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Atto a cui si riferisce:
S.4/00564 MAZZONI - Al Ministro per l'integrazione - Premesso che: dopo le offese, a giudizio dell'interrogante vergognose, inaccettabili e incivili, pronunciate dal vicepresidente del Senato...



Atto Senato

Interrogazione a risposta scritta 4-00564 presentata da RICCARDO MAZZONI
mercoledì 17 luglio 2013, seduta n.069

MAZZONI - Al Ministro per l'integrazione - Premesso che:

dopo le offese, a giudizio dell'interrogante vergognose, inaccettabili e incivili, pronunciate dal vicepresidente del Senato Roberto Calderoli, dalle quali l'interrogante si dissocia come parlamentare e come cittadino italiano, il Ministro in indirizzo in un'intervista al "Corriere della Sera" ha sollevato anche il "caso Prato" in merito alla questione dell'integrazione in Italia;

ha parlato di quanto visto nella sua recente fugace visita a Prato, affermando testualmente: "I bersagli delle ostilità in Italia sono due: il primo obiettivo sono le donne, il secondo la diversità. La pelle nera come la mia attira maggiormente l'attenzione, ma vale per tutte le diversità. Ho visto una reazione fortissima contro i cinesi nella zona di Prato, per esempio. Qualcuno fa fatica ad accettare che il Paese è cambiato. E penso che, proprio per questo, avrebbe bisogno di altri messaggi, di un altro tipo di comunicazione";

Prato è una città che ospita la seconda comunità cinese d'Europa dopo Parigi, e che sta pagando in modo pesantissimo le conseguenze negative di un distretto che vive e prospera in modo illegale, con un giro di affari di 1,8 miliardi di euro che sfuggono a ogni controllo e un'evasione annua stimata in circa 800 milioni;

la capitale storica del tessile italiano, che da almeno un decennio sta vivendo la crisi più terribile di tutta la sua storia, ha visto nascere al suo interno un autentico paradiso fiscale, quello dell'abbigliamento "pronto moda" cinese i cui dati sono impressionanti: 2.700 aziende con 17.000 addetti, un costo del lavoro che è di 30 punti inferiore a quello del distretto tessile tradizionale, nessun lavoratore orientale iscritto ai sindacati, solo il 7 per cento dei contratti che dura più di 2 anni;

le imprese hanno un turnover del 60 per cento contro il 15,7 per cento di quelle italiane. L'export è il 70 per cento del fatturato, perché il pronto moda cinese di Prato rifornisce buona parte dell'Europa. I cinesi comprano tessuti non pratesi (costo e qualità sono troppo elevati), in prevalenza importano dalla stessa Cina (negli ultimi 10 anni l'import è aumentato di oltre il 3.000 per cento), e sempre più si organizzano autonomamente anche per quanto riguarda la logistica e i trasporti. Il costo del lavoro per unità di prodotto quale risulta dai bilanci delle aziende cinesi è del 42,7 per cento contro il 73,2 per cento del distretto tessile ufficiale. Nessun lavoratore cinese è iscritto ad un sindacato;

questo è il quadro emblematico di un'immigrazione senza regole che rischia di travolgere definitivamente il distretto ufficiale che quotidianamente combatte per riuscire a competere sui mercati internazionali, che non ha punti di contatto sostanziali con quello parallelo perché qualità e tipologia di prodotto sono diversi, e che si trova costretto a fronteggiare contemporaneamente due gravissime crisi: quella internazionale e quella determinata dalla coesistenza sullo stesso territorio con chi non rispetta le regole e grazie a questo si arricchisce. Una situazione che potrebbe presto portare a pericolose distorsioni economiche e ad alzare il livello di allarme sociale in una città che pure storicamente è aperta all'immigrazione e all'integrazione;

Prato è purtroppo l'esempio negativo di come un'immigrazione incontrollata preclude ogni possibilità di integrazione, perché dove viene sistematicamente elusa la legalità si mette a repentaglio non solo lo sviluppo economico, ma la stessa coesione sociale. C'è ancora un barlume di speranza che il distretto pratese possa diventare un grande laboratorio europeo per l'inserimento degli imprenditori stranieri, ma in questo momento i cinesi rappresentano non un'opportunità di crescita per l'economia del territorio, bensì un problema di difficile soluzione;

l'integrazione è resa difficile anche a livello scolare, perché molti bambini cinesi che nascono a Prato vengono mandati in Cina, o accompagnandoli direttamente o affidandoli a una rete di conoscenti che si occupano di portarli nella madrepatria. In Cina i bambini nati in Italia vengono cresciuti dai nonni o dai parenti e tornano in Italia solo quando hanno l'età dell'asilo o addirittura della scuola senza conoscere una sola parola di italiano, con i conseguenti, gravissimi problemi linguistici che si creano,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti in premessa;

se non ritenga opportuno, prima di dare un giudizio così negativo come quello espresso nell'intervista al "Corriere della Sera", approfondire la conoscenza di una situazione complessa come quella di Prato, una città che da sempre si è distinta per la vocazione all'accoglienza e all'integrazione, senza problemi legati al colore della pelle, ma che si trova a fronteggiare un fenomeno come quello dell'immigrazione della comunità cinese che non ha mai dato alcun segnale di volersi integrare, violando sistematicamente le leggi, anche al fine di riconsiderare la proposta di concessione dello ius soli in relazione alla questione dell'immigrazione cinese.

(4-00564)