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Atto a cui si riferisce:
C.5/05212 gli impianti di risalita, in ragione della loro funzione di mezzo pubblico di trasporto in regime di concessione e a tariffa, sono stati da sempre ricompresi nella categoria catastale E/1...



Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Mercoledì 1 aprile 2015
nell'allegato al bollettino in Commissione VI (Finanze)
5-05212

Gli Onorevoli interroganti con il documento in esame chiedono che l'Amministrazione finanziaria emani provvedimenti al fine di ricomprendere, anche a seguito dell'emanazione della sentenza della Corte di Cassazione 5 marzo 2015, n. 4541, le stazioni filoviarie, funicolari e funiviarie all'interno della categoria catastale E/1 e non nella categoria D/8, affinché sia correttamente riconosciuto a simili strutture, da un punto di vista giuridico, anche ai fini fiscali, la funzione pubblica di trasporto, non dissimilmente da altri impianti e infrastrutture esplicanti il medesimo servizio di trasporto.
Diversamente, tali fattispecie, a seguito della citata sentenza, risulterebbero inquadrabili fra gli immobili urbani a fini catastali e, quindi, gli impianti di risalita vedrebbero riclassificare i propri immobili, con conseguente ridefinizione della rendita catastale incidente nel calcolo dell'IMU.
Per ben comprendere la problematica occorre evidenziare che la citata sentenza della Cassazione (accogliendo il ricorso dell'Agenzia delle entrate e del territorio contro la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Veneto-Mestre 80/06/11 del 5 ottobre 2011 che rigettava l'appello sul nuovo classamento di un immobile di pertinenza di una società di gestori funiviari del Veneto) ha stabilito che, in considerazione del fatto che gli impianti di risalita insistenti all'interno di un'area sciabile, non possono essere classificati come mezzo pubblico di trasporto, perché non sono nemmeno parzialmente utilizzabili come mezzo di trasporto a disposizione del pubblico, ma svolgono un'esclusiva funzione commerciale di ausilio e integrazione della fruizione delle aree sciabili da parte degli utenti, detti impianti vanno conteggiati nello stabilire la rendita catastale degli immobili ospitanti le stazioni degli impianti di risalita, posto che per le disposizioni tributarie sono beni immobili non solo il suolo ed i fabbricati, ma anche tutte le strutture fisse che concorrono al pregio ed alla utilizzabilità degli immobili stessi.
Al riguardo sentiti gli Uffici dell'Amministrazione si fa presente quanto segue.
Preliminarmente, occorre evidenziare che con specifico riferimento al classamento catastale delle unità immobiliari che ospitano gli impianti di risalita, le caratteristiche peculiari degli stessi rendono necessaria una stima puntuale e diretta della loro redditività e un'inventariazione in categorie diverse da quelle a destinazione ordinaria.
In particolare, gli impianti di risalita sono censiti nella categoria «a destinazione particolare» E/1, relativa a stazioni per servizi di trasporto terrestri, marittimi ed aerei, nel caso in cui, nel loro complesso, siano assimilabili ad una stazione per il servizio pubblico di trasporto collettivo di persone e cose e consentano, analogamente a quanto avviene per un porto marittimo ovvero una stazione ferroviaria, lo spostamento di passeggeri e cose nel contesto di un'attività riconducibile a finalità di servizio pubblico.
Questo è il caso delle funivie utilizzate per raggiungere, ad esempio, piccoli centri urbani, ovvero destinate al trasporto non esclusivamente o prevalentemente dedicato alle attività turistiche.
Per converso, gli impianti sciistici a vocazione ludico-ricreativa sono censiti nella categoria catastale D/8, che ricomprende «Fabbricati costruiti o adattati per le speciali esigenze di un'attività commerciale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali trasformazioni».
Con riferimento alla destinazione del bene, è opportuno evidenziare che le unità immobiliari sensibili nelle categorie particolari di cui al gruppo «E», a differenza di quelle appartenenti alle categorie speciali del gruppo «D», hanno, come tratto caratteristico, proprio la tendenziale estraneità del bene alla sola logica del commercio o della produzione, in quanto trattasi di immobili funzionali anche ad esigenze di pubblica utilità.
A conferma del peculiare connotato che caratterizza le categorie particolari, si richiama l'articolo 2, commi 40 e seguenti, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, richiamato dalla stessa Corte di Cassazione, il quale ha dettato disposizioni in materia di censimento delle unità immobiliari nelle categorie catastali del gruppo «E».
In particolare, il comma 40 dell'articolo 2 stabilisce che: «Nelle unità immobiliari censite nelle categorie catastali E/1, E/2, E/3, E/4, E/5, E/6 ed E/9 non possono essere compresi immobili o porzioni di immobili destinati ad uso commerciale, industriale, ad ufficio privato ovvero ad usi diversi, qualora gli stessi presentino autonomia funzionale e reddituale».
Come rilevato in altro contesto dalla Suprema Corte, la suddetta norma «... stabilisce una sorta di intrinseca incompatibilità tra la destinazione ad uso commerciale o industriale di un immobile e la possibile classificabilità in categoria “E”, fino al punto di prevedere che se un immobile a tale uso destinato sia ricompreso in una più ampia unità immobiliare in detta categoria classificata, l'immobile de quo, che abbia una propria autonomia funzionale e reddituale, debba essere necessariamente classificato in un diverso gruppo».
Tali caratteristiche «non commerciali» non si riscontrano nel trasporto realizzato per meri fini ludici/sportivi da società che perseguono un profitto di natura imprenditoriale, non qualificabile come esigenza di natura pubblicistica volta al soddisfacimento di un bisogno di interesse generale. Ne è una prova il prezzo per l'utilizzo degli impianti di risalita sportivi, non commisurato al prezzo «politico» di un servizio di trasporto pubblico essenziale, ma a quello di un servizio di impresa.
Sulla base di tali chiarimenti, appare coerente escludere la destinazione catastale di «servizio di trasporto» per quegli impianti di risalita (funivie, seggiovie o mezzi similari) che non sono utilizzabili quali «mezzi di trasporto» a disposizione della collettività – garantendo così la mobilità generale – ma svolgono una esclusiva funzione commerciale di ausilio ed integrazione dell'uso delle piste sciistiche.
Quanto sopra non risulta in contrasto con la definizione che ne offrono alcune leggi regionali, essendo tali normative dettate, all'evidenza, per disciplinare la materia del trasporto a mezzo fune anche in un'ottica di promozione della pratica sportiva e di sicurezza, senza che questo possa avere riflessi automatici sulla nozione catastale di «servizio per il trasporto» e sulle regole che presiedono il classamento.
Per quanto concerne gli elementi che devono essere considerati nella stima diretta degli immobili di specie, finalizzata alla determinazione della rendita catastale, la Circolare n. 6 del 30 novembre 2012 – peraltro «legificata» con l'articolo 1, comma 244, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 – chiarisce inoltre che negli impianti di risalita (siano essi su fune o su sede fissa) sono da includere nella stima i motori che azionano i sistemi di trazione, se posti in sede fissa, mentre vanno esclusi le funi, i carrelli, le sospensioni, le cabine, al pari dei vagoni e delle locomotrici, che fanno specificamente parte della componente mobile del trasporto.
Pertanto, ne consegue che per la determinazione della rendita catastale degli impianti sopra richiamati vengono prese in considerazione soltanto la stazione di valle e quella di monte, con esclusione di tutte le strutture intermedie (piloni, tralicci, eccetera) e di tutte le componenti mobili (funi, cabine, eccetera).
Alla luce delle considerazioni sopra esposte vengono individuati i principi e i criteri che guidano i tecnici dell'Agenzia delle Entrate e del Territorio per la corretta applicazione della prassi e delle norme catastali relative al classamento degli impianti di risalita.
Per i motivi sopra esposti, risulta quindi evidente che un'eventuale esenzione degli impianti come richiesta dall'interrogante necessiterebbe di un'apposita previsione legislativa, in relazione alla quale andrebbero valutati anche gli effetti in termini di impatto sull'erario.