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Atto a cui si riferisce:
C.2987 Disposizioni in materia di coltivazione della cannabis sativa per la produzione di alimenti, cosmetici, semilavorati innovativi per le industrie di diversi settori, opere di bioingegneria e di bonifica dei terreni, attività didattiche e di ricerca
approvato con il nuovo titolo
"Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa"


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
Testo senza riferimenti normativi
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 2987


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa del deputato DORINA BIANCHI
Disposizioni in materia di coltivazione della cannabis sativa per la produzione di alimenti, cosmetici, semilavorati innovativi per le industrie di diversi settori, opere di bioingegneria e di bonifica dei terreni, attività didattiche e di ricerca
Presentata il 25 marzo 2015


      

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Onorevoli Colleghi! La coltivazione della canapa da fibra e la sua lavorazione sono state in passato una delle voci principali dell'economia di vaste aree di alcune regioni d'Italia.
      Su scala economicamente significativa la coltura è cessata verso la fine degli anni cinquanta soprattutto a causa della pesantissima intensità di lavoro richiesta dalle sue coltivazione e lavorazione e con l'arrivo dagli Stati Uniti d'America (USA) del cotone e delle fibre sintetiche, meno costosi e più moderni.
      Con la successiva emanazione della normativa antidroga e con il perdersi del ricordo della coltivazione della canapa da fibra si è poi diffuso il convincimento che la coltivazione della canapa fosse del tutto vietata mentre anche la semplice lettura del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, il quale per la canapa parla sempre e soltanto di cannabis indica e di delta 9-tetraidrocannabinolo (THC), dimostra che in realtà il legislatore voleva vietare soltanto la coltivazione, la lavorazione e la commercializzazione della canapa da fibra ove non sia stata autorizzata specificamente dal Ministero della salute per la produzione di farmaci nel rispetto delle prescrizioni stabilite dallo stesso testo unico (recinzione e illuminazione delle coltivazioni, conta dei semi utilizzati per la semina, conta delle piante emerse, registro di carico e scarico delle piante ottenute). In conseguenza della diffusione di tale errata credenza, chi negli anni settanta e fino al 1997 ha tentato in Italia di riprendere la coltivazione della canapa da fibra è stato oggetto di pesanti interventi delle Forze dell'ordine e di onerosi procedimenti penali, mentre in altre nazioni europee e soprattutto in Francia i coltivatori di canapa percepivano dall'Unione europea un contributo pari a quasi 1,5 milioni di lire per ettaro, importante occasione di reddito persa dai coltivatori italiani.
      In Francia la coltivazione della canapa da fibra non è mai cessata; in Inghilterra, Germania, Polonia, Ungheria e Romania la coltivazione è ripresa dagli anni novanta; in Italia, nonostante la canapa fosse stata considerata già dall'epoca autarchica la risorsa agricola più interessante per le industrie in sostituzione dei materiali di origine fossile, la coltivazione si è potuta riprendere soltanto dal 1998, dopo l'emanazione della circolare del Ministero delle politiche agricole e forestali n. 734 del 2 dicembre 1997.
      L'interruzione (per oltre cinquanta anni e per due generazioni) nella coltivazione e nella trasformazione della canapa è anche stata causa di un pesante gap tecnologico sia nella genetica, settore in cui l'Italia aveva in passato primeggiato, sia per quanto concerne i macchinari agricoli e quelli per la prima trasformazione.
      La ripresa della coltivazione della canapa da fibra in Italia ha avuto inizio dopo l'emanazione della citata circolare ministeriale del 1997 che dava attuazione in Italia alla normativa europea in materia di sostegno alla coltivazione. Al decollo delle coltivazioni su scala rilevante si opponevano la situazione poco chiara della normativa e la mancanza di macchinari per la prima trasformazione della canapa adatti alle realtà italiane (nei Paesi del nord Europa sono utilizzati macchinari costruiti per il lino adattati per la canapa soprattutto perché in tali Paesi le varietà di canapa hanno caratteristiche simili al lino mentre le varietà di canapa adattate ai climi più caldi e meno piovosi hanno caratteristiche piuttosto diverse con rese anche molto più elevate, cosiddette canape giganti).
      In mancanza di una normativa del rango di legge specifica su tale coltura e in presenza soltanto di decreti e circolari ministeriali per dare attuazione alla normativa europea sui contributi a sostegno della coltivazione, coloro che coraggiosamente hanno cominciato a coltivare canapa da fibra si sono sempre trovati in balìa del buon senso e dell'intelligenza degli appartenenti alle Forze dell'ordine e dei magistrati che intervenivano. Talvolta, a seguito di accertamenti eseguiti con procedure di prelievo e di esame difformi da quanto prescritto dalla normativa europea per la determinazione della percentuale di THC delle coltivazioni, i coltivatori hanno rischiato e in alcuni casi hanno subìto procedimenti penali con onerose spese legali e con il sequestro o la distruzione o, comunque, la perdita del raccolto di coltivazioni risultate del tutto regolari agli accertamenti eseguiti secondo la normativa europea dall'organo deputato alla vigilanza da parte del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (MIPAAF).
      Nonostante nella maggioranza dei casi i coltivatori che hanno rispettato le prescrizioni impartite dal MIPAAF non abbiano subìto conseguenze negative, ogni anno, in un certo numero di casi, le lacune del quadro normativo sulla coltivazione della canapa da fibra hanno dato spazio all'intransigenza di agenti di polizia giudiziaria e dei magistrati o alla ricerca di notorietà i quali pretendevano di applicare ad essa le regole stabilite dalla normativa antidroga. Anche la stagione 2013 ha avuto in Sardegna il suo caso, fortunatamente contenuto. E persino ricercatori dell'Istituto sperimentale colture industriali di Bologna ora accorpato nel Centro di ricerca per le colture industriali, incaricato dal MIPAAF dell'esecuzione dei controlli, sono stati inquisiti per aver impiantato coltivazioni di canapa da fibra nel contesto di attività di ricerca.
      La stessa situazione si è verificata dopo l'emanazione della circolare del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali del 2 maggio 2009 che, su parere favorevole del Consiglio superiore di sanità e dell'Istituto superiore di sanità, aveva autorizzato l'impiego dei semi di canapa e dei loro derivati nell'alimentazione. Tale circolare avrebbe potuto aprire importanti prospettive per filiere della canapa che puntavano all'alimentare, se non fosse per la scarsa chiarezza della circolare e in mancanza di una normativa che stabilisce i limiti di THC negli alimenti, anche l'impiego del seme ad uso alimentare comporta rischi che discendono dall'applicazione restrittiva del testo unico. Quanto rilevato spiega perché, dal 2006 per quanto concerne la canapa da fibra e dal 2009 per quanto concerne gli alimenti a base di seme di canapa, la rappresentanza degli operatori del mondo italiano della canapa richiede con forza che sia emanata una legge che stabilisca con certezza che la coltivazione della canapa da fibra (a basso tenore di THC) è lecita prevedendo, allo stesso tempo, cautele per evitare, per quanto possibile, che siano erogati contributi alle coltivazioni di canapa da droga. Dal 1998 sono stati presentati diversi progetti di legge sulla coltivazione della canapa industriale. Tra essi, i più ampi avevano il difetto di complicare troppo gli adempimenti burocratici di carattere preventivo senza peraltro individuare gli enti competenti al rilascio delle autorizzazioni. Quelli più recenti, in genere, affrontavano solo alcuni aspetti delle problematiche della coltivazione della canapa, limitandosi spesso all'intenzione di stimolare o favorire il decollo di filiere della canapa mediante finanziamenti e quindi prevedevano l'emanazione di bandi per l'assegnazione da parte dello Stato di contributi per l'attuazione di progetti pilota.
      Senza una legge è pressoché impossibile trovare imprenditori o finanziatori disposti ad investire fino a quando esiste il rischio concreto che le loro iniziative incontrino difficoltà come quelle accennate. E analogo handicap possono incontrare anche iniziative di sviluppo finanziate con fondi pubblici come quelle che si intendono attivare con gli ultimi progetti di legge.
      Si evidenzia, infine, l'opportunità di sostenere il decollo delle filiere della canapa non soltanto con i contributi dei piani di sviluppo rurale regionali o con fondi destinati allo sviluppo economico sostenibile e all'innovazione ma anche, come è avvenuto per i materiali provenienti da riciclo, stabilendo quote riservate negli appalti pubblici e, per quanto riguarda il risparmio energetico, l'adozione di incentivi che premino l'impiego di materiali prodotti in Italia.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Finalità).

      1. Ai fini della ricerca e dello sviluppo di colture agricole sostitutive di colture eccedentarie, fornitrici di materie prime biodegradabili per le industrie e, in generale, per la riduzione dell'impatto ambientale dell'agricoltura e per il contrasto alla desertificazione dei suoli e alla perdita di biodiversità, la presente legge ha lo scopo di promuovere:

          a) la coltivazione e la prima trasformazione della cannabis sativa;

          b) l'incentivazione dell'impiego di semilavorati di canapa di produzione agricola locale;

          c) la creazione di nuovi processi produttivi organici e completi, rispondenti alle moderne logiche di filiera;

          d) forme di aggregazione quali associazioni di produttori.

      2. La presente legge si applica esclusivamente alle coltivazioni di cannabis sativa delle varietà che fruiscono del contributo dell'Unione europea, di seguito denominate «varietà ammesse», e che non rientrano nell'ambito di applicazione del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309.

Art. 2.
(Liceità della coltivazione).

      1. La coltivazione della cannabis sativa per la fornitura di semilavorati, fibre,

canapulo, polveri, oli alimentari e derivati dalla materia prima canapa per le industrie di diversi settori, compreso quello energetico, per la produzione di alimenti e per uso umano e zootecnico, per la pratica agro-dinamica del sovescio, per la bonifica di siti inquinati, per la produzione di cosmetici, essenze e preparati e per lavori di bioingegneria, previa autorizzazione del Ministero della salute, nonché per attività didattiche e di ricerca da parte di istituti pubblici o privati è consentita in Italia senza necessità di autorizzazione, a condizione che si tratti di cannabis sativa delle varietà ammesse e che i soggetti che le coltivano rispettino le procedure e le condizioni stabilite dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (MIPAAF) d'intesa con gli altri Ministeri interessati.
      2. La coltivazione delle varietà della cannabis sativa ammesse per scopi diversi da quelli di cui al comma 1 può essere autorizzata dal MIPAAF e in caso di varietà non registrate o con valori di delta 9-tetraidrocannabinolo (THC) e di cannabidiolo (CBD) o di altri cannabinoidi superiori nel totale allo 0,2 per cento dal Ministero della salute.
Art. 3.
(Metodi di controllo del contenuto di THC nelle coltivazioni).

      1. Nel controllo del contenuto di THC delle coltivazioni di cannabis sativa di cui alla presente legge, gli organi tecnici incaricati dal MIPAAF ai sensi della normativa dell'Unione europea e le Forze dell'ordine impiegano il metodo stabilito dal regolamento delegato (CE) n. 640/2014 della Commissione, dell'11 marzo 2014, di seguito denominato «regolamento».
      2. Qualora all'esito del controllo il contenuto di THC della coltivazione risulti superiore nel totale allo 0,2 per cento, il coltivatore che ha rispettato le prescrizioni impartite dal MIPAAF non è soggetto ad alcuna sanzione. L'organo che verifica il superamento del limite stabilito per l'assegnazione

del contributo alla coltivazione ne dà comunicazione al MIPAAF per l'attivazione della procedura prevista dal regolamento, nei confronti della varietà di cannabis sativa che ha superato tale limite.
      3. Qualora all'esito del controllo di cui al comma 2 il contenuto di THC nella coltivazione risulti superiore allo 0,5 per cento e fino all'1 per cento le Forze dell'ordine possono eseguire ulteriori indagini finalizzate alla prevenzione della produzione di sostanze stupefacenti. Gli esami per il controllo del contenuto di THC delle coltivazioni devono sempre riferirsi a medie tra campioni di piante, prelevati, conservati, preparati e analizzati secondo la metodica prescritta dal regolamento.
      4. Le Forze dell'ordine e i magistrati possono disporre il sequestro o la distruzione delle coltivazioni di cannabis sativa impiantate nel rispetto delle disposizioni stabilite dalla presente legge e dal MIPAAF solo qualora, a seguito di un accertamento effettuato secondo il metodo prescritto dal regolamento, verifichino che il contenuto di THC nella coltivazione è superiore all'1 per cento.
Art. 4.
(Disposizioni per la coltivazione della canapa).

      1. Il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, d'intesa con il Ministro dell'interno, con il Ministro della salute, con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro della giustizia, sentite le associazioni di categoria degli agricoltori e le associazioni dei produttori di settore più rappresentative a livello nazionale, adotta, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un regolamento contenente disposizioni relative ai soggetti che possono coltivare cannabis sativa, agli adempimenti a carico di tali coltivatori e dei primi trasformatori, all'individuazione degli organi tecnici preposti al controllo a campione del tenore di THC delle coltivazioni,

ai laboratori di riferimento per gli esami necessari, ai metodi di prelievo, di conservazione e di preparazione dei campioni da analizzare, ai metodi di analisi, alle ricerche affidate alle istituzioni pubbliche per la ricostituzione di un patrimonio genetico adeguato alle condizioni pedoclimatiche nazionali e alle esigenze delle diverse industrie nonché alla concessione degli eventuali contributi di cui all'articolo 7.
      2. Il regolamento di cui al comma 1 è adottato in conformità ai seguenti criteri:

          a) la coltivazione di cannabis sativa senza necessità di specifica autorizzazione preventiva è consentita:

              1) agli agricoltori o agli imprenditori agricoli a qualsiasi titolo, singoli o associati;

              2) alle imprese o ai singoli che utilizzano coltivatori o contoterzisti per sperimentare la coltivazione della cannabis sativa ai fini dell'avvio di una nuova attività o di una nuova impresa, purché in possesso dei requisiti minimi per accedere alla coltivazione contenuti nel fascicolo aziendale;

              3) alle università e agli istituti di ricerca pubblici;

              4) ai musei etnografici dedicati o che hanno sezioni dedicate alla cannabis sativa;

              5) ai titolari di progetti di ricerca o di sviluppo industriale ovvero di progetti di rilievo sociale approvati da enti pubblici che prevedono la realizzazione di coltivazioni di cannabis sativa o l'impiego di materiali di cannabis sativa, nonché ai titolari di progetti approvati che prevedono l'impiego della cannabis sativa come pianta depuratrice dei terreni da sostanze inquinanti, purché in possesso dei requisiti minimi per accedere alla coltivazione;

          b) la superficie minima coltivata deve essere pari a 0,5 ettari per ogni impresa, ente o progetto e a 1.000 metri quadrati per appezzamento;

          c) possono essere coltivate soltanto varietà di cannabis sativa iscritte nel Registro europeo delle sementi;

          d) il coltivatore, l'impresa o la persona per conto della quale il coltivatore opera devono dimostrare l'impiego di semente certificata mediante fattura di acquisto e il cartellino rilasciato dall'ente preposto, registrato nel fascicolo aziendale e mantenuto per un periodo di cinque anni dalla data di acquisto;

          e) la comunicazione della semina della cannabis sativa deve essere trasmessa a cura del coltivatore alla stazione delle Forze dell'ordine più vicina entro dieci giorni dall'emergenza delle piantine e tramite posta elettronica certificata all'apposito indirizzo elettronico del MIPAAF. Nella comunicazione devono anche essere indicate l'eventuale impresa o persona per conto della quale è attivata la coltivazione e la destinazione del prodotto ottenuto. In caso di successiva perdita del raccolto o di cambio della destinazione dello stesso, un'analoga comunicazione deve essere trasmessa alla medesima stazione delle Forze dell'ordine a cui è stata trasmessa la comunicazione della semina;

          f) il controllo a campione del tenore di THC delle coltivazioni prescritto dalla normativa europea è eseguito esclusivamente dal Centro di ricerca per le colture industriali o da un'altra istituzione pubblica specializzata individuata dal MIPAAF;

          g) per i controlli e per gli esami di loro competenza le Forze dell'ordine e l'autorità giudiziaria utilizzano gli istituti e i laboratori specializzati allo scopo individuati dal MIPAAF.

Art. 5.
(Limiti di THC negli alimenti e nei cosmetici).

      1. Il Ministro della salute, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con proprio decreto, tenuto

conto dei valori individuati e approvati dal Consiglio superiore di sanità, aggiorna la tabella I allegata al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, per quanto concerne i livelli massimi di residui di THC ammessi nei derivati alimentari e nei cosmetici ottenuti dalle diverse parti della pianta di cannabis sativa.
Art. 6.
(Incentivi per l'impiego della cannabis sativa nelle produzioni industriali e artigianali).

      1. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, le regioni e gli enti locali, provvede, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, ad emanare specifiche norme che prevedono incentivi per l'impiego nei semilavorati o nei manufatti quali pannelli isolanti o fonoassorbenti, blocchi di canapa e calce o di canapa e terra cruda, strutture portanti e cappotti isolanti realizzati con l'impiego di piante non alimentari prodotte dall'agricoltura rinnovabili annualmente. Tali incentivi si sommano ai benefìci già previsti dalla legislazione vigente per promuovere il miglioramento del rendimento energetico degli edifici.
      2. Gli incentivi di cui al comma 1 sono maggiorati comunque in misura non inferiore al 30 per cento se i prodotti agricoli impiegati provengono da piante coltivate in Italia.

Art. 7.
(Incentivi per la realizzazione di impianti di prima trasformazione).

      1. Nei limiti delle disponibilità finanziarie, il MIPAAF e le regioni possono stanziare somme per l'assegnazione di contributi per la realizzazione e il potenziamento di impianti di prima trasformazione.


      2. I contributi di cui al comma 1 sono concessi mediante bando su base nazionale o regionale per impianti che trasformano esclusivamente cannabis sativa coltivata in Italia o direttamente dal primo trasformatore ovvero acquistata sulla base di contratti di coltivazione o di ritiro del materiale vegetale stipulati tra il primo trasformatore e il produttore agricolo ed esclusivamente se il progetto presentato è finalizzato all'attivazione di una filiera completa.
      3. Il vincolo all'impiego di cannabis sativa coltivata in Italia è valido per dieci anni e comunque per la maggiore durata prevista per l'impianto, a esclusione dei casi dimostrati di forza maggiore. Nel caso in cui l'impianto cessi di lavorare il prodotto italiano, pur essendo ampiamente disponibile sul mercato limitrofo, il titolare deve rimborsare all'ente pubblico il contributo ricevuto ai sensi del presente articolo rapportato al periodo ancora da ammortizzare.
      4. La prima trasformazione della cannabis sativa intesa come prima separazione della fibra dal canapulo e le successive lavorazioni necessarie per adattare fibra e canapule alle esigenze delle industrie sono considerate a tutti gli effetti lavorazioni agricole se eseguite presso l'impianto di prima trasformazione.
      5. Nei limiti delle loro disponibilità finanziarie i Ministeri interessati e le regioni possono stanziare somme per la concessione al produttore di un contributo di 35 euro per ogni tonnellata. La concessione di tale contributo è erogato per due anni dalla data di primo avvio della coltivazione.
Art. 8.
(Incentivi per la ricerca e lo sviluppo sperimentale industriale).

      1. Il Ministero dello sviluppo economico e le regioni promuovono, nei loro bandi, la ricerca e l'innovazione nei settori agronomico, agro-meccanico, agro-industriale, agro-artigianale, industriale, artigianale,

alimentare e nutraceutico, finalizzate alla coltivazione e alla lavorazione della cannabis sativa e all'impiego dei materiali di canapa.
      2. I progetti di ricerca presentati ai sensi del comma 1 devono espressamente tenere conto dei risultati già raggiunti in Italia nelle sperimentazioni compiute a decorrere dal 1998.
      3. Lo Stato, le regioni, le università e gli altri istituti di ricerca pubblici, misti o privati che hanno usufruito di contributi pubblici per lo svolgimento di ricerche mettono a disposizione di chiunque sia interessato nei loro siti internet o su richiesta mediante invio per posta elettronica i risultati delle ricerche condotte a decorrere dal 1998 sulla coltivazione della cannabis sativa e sui suoi impieghi.
Art. 9.
(Modifica all'articolo 14 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309).

      1. Il numero 6) della lettera a) del comma 1 dell'articolo 14 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

          «6) la cannabis sativa, compresi i prodotti da essa ottenuti, proveniente da coltivazioni con una percentuale di delta 9-tetraidrocannabinolo superiore all'1 per cento solo per uso industriale, i loro analoghi naturali, nonché le sostanze ottenute per sintesi o per semisintesi che siano ad essi riconducibili per struttura chimica o per effetto farmaco-tossicologico;».

      2. L'applicazione del sequestro cautelativo da parte delle Forze dell'ordine, previsto dal testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, alle coltivazioni di cannabis sativa è ammessa esclusivamente in caso di mancato rispetto delle prescrizioni impartite dal MIPAAF e dopo che sia stato definitivamente accertato, con i metodi di

prelievo, di conservazione e di preparazione dei campioni nonché di analisi stabiliti dallo stesso Ministero, che la coltivazione ha un contenuto di principio attivo psicotropo di THC superiore all'1 per cento.
Art. 10.
(Tutela del consumatore).

      1. Il MIPAAF, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, predispone un marchio da concedere a tutte le imprese che trasformano i prodotti della cannabis sativa nel territorio nazionale stabilendo le modalità e le condizioni per la concessione di tale marchio.
      2. Il MIPAAF predispone un Sistema di qualità agroalimentare nazionale ai sensi del regolamento (CE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013.