C. 2994-416-1595-1835-2043-2045-2067-2291-2524-2630-2860-2875-2975-A-ter EPUB BORGHESI Stefano, Relatore di minoranza
Atto a cui si riferisce:
C.2630 Norme generali sul sistema educativo d'istruzione statale nella scuola di base e nella scuola superiore. Definizione dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di nidi d'infanzia
Frontespizio | Relazione |
CAMERA DEI DEPUTATI |
N. 2994-416-1595-1835-2043-2045-2067-2291-2524-2630-2860-2875-2975-A-ter |
Onorevoli Colleghi! – È triste constatare come ormai la democrazia nel nostro Paese si stia affievolendo ogni giorno di più, l'opinione pubblica, anche per colpa dei media, risulta ormai narcotizzata da notizie scelte ad arte per distogliere l'attenzione dal fatto che il Governo Renzi sta compiendo un'opera di smantellamento della nostra scuola pubblica, riducendola a una pluralità di piccole aziende agli ordini del «padroncino» di turno, in questo caso il dirigente scolastico.
Questa è una riforma della scuola di cui si parla in modo assolutamente insoddisfacente su televisioni e giornali, non c’è nessuna democrazia in un provvedimento che pretende di calare dall'alto norme incostituzionali tendenti alla diffusione di un concetto diffuso di precarietà all'interno della scuola pubblica italiana, ancorché giustificato da ragioni di bilancio. Preoccupano molto alcuni articoli del disegno di legge in virtù di un indirizzo verticistico attribuito a pochi eletti chiamati a decidere il futuro di docenti e studenti italiani, una riforma questa che rappresenta una vera e propria aggressione alla libertà della persona, alla sua dignità e in generale un attacco alla democrazia.
La scuola è il fulcro attorno al quale si regge la democrazia di un Paese e il disegno di legge Giannini-Renzi si configura come un attacco grave a quei princìpi insiti nel sistema educativo italiano. Attraverso questa riforma si avvelena un organo fondamentale per garantire la democrazia, la scuola, togliendo di fatto la libertà di insegnamento, come garantito dall'articolo 33 della nostra Costituzione.
Che si tratti di una riforma autoritaristica appare chiaro alla lettura di determinati articoli. Basti guardare infatti all'articolo 21 del disegno di legge, fortunatamente leggermente ridimensionato dalla lettura in Commissione, e all'ampio spettro di interventi che lo Stato si garantisce per gli anni a venire al fine di riformare, o meglio, demolire ulteriormente la scuola.
Con questo ddl le certezze del lavoro vengono a crollare e persino, come disposto dall'articolo 9, i docenti delle Gae interessati dal piano di assunzioni, non avranno la certezza di entrare effettivamente di ruolo. Ci sarà un anno di prova della durata di 180 giorni in cui si verrà valutati all'improvviso, anche entrando in classe senza preavviso. Una valutazione negativa dell'aspirante docente potrà trasformarsi in dispensa dal servizio con effetto immediato. A quel punto si dovrà ripartire da zero rifacendo un nuovo concorso per riprovare ad entrare di ruolo.
Il testo – dopo il passaggio in Commissione, conferma l'assunzione, da quest'anno, di circa 100 mila docenti: i vincitori del concorso a cattedre del 2012 e gli iscritti nelle graduatorie a esaurimento. Rimangono fuori dal Piano straordinario di assunzioni gli idonei del concorso 2012: per loro l'assunzione arriverà non prima del 1 settembre 2016.
Questa scelta presenta notevoli problemi di incostituzionalità così come messo in luce nella nostra pregiudiziale di costituzionalità alla quale si rimanda per il merito.
Uno dei princìpi fondamentali della riforma è il rafforzamento dell'autonomia scolastica, cioè una maggiore libertà nella gestione degli edifici, della didattica, dei progetti formativi e dei fondi a disposizione di ogni singola scuola: le scuole avranno l'onere di determinare triennalmente la propria offerta formativa e a questa triennalità saranno legati altri adempimenti dell'amministrazione, come gli organici, la mobilità del personale e le assunzioni. Le uniche modifiche rispetto al testo iniziale riguardano solo il ruolo dei presidi nell'intraprendere le strategie generali della scuola dell'autonomia, che continueranno ad essere condivise con gli organi collegiali.
Non si ritiene condivisibile nella maniera più assoluta il fatto che non sia stata modificata la norma che permette ai dirigenti di scegliersi una parte del personale, come se si trattasse di dipendenti aziendali. E per la scelta del personale, si vorrebbero far cadere le graduatorie oggettive: il rischio è un modello di reclutamento che favorisce il clientelismo.
Non c’è stato alcun progresso per quanto riguarda gli altri punti del disegno di legge, che mantengono davvero troppi poteri in mano ai presidi. Ad iniziare la scelta soggettiva dei docenti sulla base degli albi territoriali e i premi pecuniari da assegnare al personale. In pratica, i docenti potranno inviare la propria candidatura. Ma (aspetto molto discutibile) in caso di graduatoria esaurita, sarà poi il dirigente scolastico ad utilizzare il personale docente in classi di concorso diverse da quelle per le quali è abilitato, purché possegga titoli di studio, validi per l'insegnamento della disciplina.
Anche il conferimento dei premi e la valutazione dei docenti rimarranno in capo al dirigente scolastico. In particolare, per quanto concerne i 200 milioni di premialità da assegnare agli insegnanti più «bravi», nella scelta il dirigente scolastico sarà affiancato da un Comitato di valutazione di cui faranno parte due docenti, due rappresentanti dei genitori e (solo alle superiori) uno studente. Sempre i dirigenti scolastici potranno individuare fino al 10 per cento di docenti che li «coadiuvano» nel supporto organizzativo e didattico, in modo da costituire lo staff del capo d'Istituto.
I pochi soldi inviati agli istituti per incentivare il personale meritevole andranno ad una nicchia di dipendenti, per lo più vicina alle simpatie del dirigente scolastico.
È davvero esecrabile la volontà governativa di introdurre una norma illegittima sulla scelta del personale non più sulla base di graduatorie oggettive. Il rischio di questo nuovo modello di reclutamento è quello del nepotismo imperante: perché da sempre, in caso di esaurimento delle graduatorie, molti presidi hanno dimostrato di non conoscere la parola etica, ma di voler spesso scegliere per le supplenze le persone a loro più vicine, ad iniziare da nipoti e amici. Ora, si vuole legalizzare questo scempio. Che significherebbe la fine della scuola pubblica, intesa costituzionalmente come garanzia di eguali possibilità di accesso alla formazione e all'insegnamento.
Per quanto riguarda gli abilitati Tfa e Pas, anche loro esclusi dal Piano assunzioni, è stato previsto un concorso ad hoc: il concorsone dovrà essere bandito entro il 1 ottobre 2015 e vi potranno accedere, per l'assunzione a tempo indeterminato, esclusivamente i candidati in possesso del titolo di abilitazione all'insegnamento per la classe di concorso o la tipologia di posto per cui concorrono. Inoltre, è stato previsto un limite al numero di idonei: non potranno essere più del 10 per cento del numero dei posti banditi. Sempre per il futuro concorso viene previsto che costituiranno titoli valutabili in termini di maggior punteggio: aver insegnato per massimo 180 giorni con contratti a tempo e il titolo di abilitazione all'insegnamento conseguito a seguito sia dell'accesso ai percorsi di abilitazione tramite procedure selettive pubbliche per titoli ed esami, sia del conseguimento di specifica laurea. Le graduatorie dureranno massimo 3 anni.
Inoltre si ritiene un aspetto fortemente negativo il fatto che, con riferimento all'articolo 10, nell'ambito del concorso di cui al comma 17, non siano state individuate modalità atte a valorizzare pienamente il servizio prestato e le professionalità acquisite negli anni dai docenti abilitati con il tirocinio formativo attivo, nonché ad estendere il piano straordinario di assunzioni di cui al medesimo articolo anche ai docenti abilitati iscritti a pieno titolo nelle graduatorie di circolo e di istituto, aspetto da noi evidenziato e confermato con propria osservazione dalla Commissione Lavoro in sede di parere.
Un ultimo accenno infine alla possibilità in sede di dichiarazione dei redditi, a partire dal 2016, di devolvere il 5 per mille anche alle scuole, con la possibilità di indicare uno specifico istituto a cui destinare le risorse. Da un lato questa norma certifica il fallimento del Governo Renzi nell'intento di attribuire risorse finanziarie alla scuola, tanto sbandierato all'atto del suo insediamento, che deve capitolare di fronte al reale stato delle finanze pubbliche costringendolo, ancora una volta, a chiedere aiuto ai contribuenti italiani, dall'altro appare iniqua perché potrebbe dar luogo a forti squilibri tra gli istituti scolastici, perchè ovviamente nelle zone più disagiate e periferiche il numero degli incapienti è certamente maggiore, da qui la necessità di creare un fondo perequativo che però, a nostro avviso, non servirà a ristabilire un equilibrio e a sanare le diseguaglianze.
Stefano BORGHESI,
Relatore di minoranza.