• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA ORALE

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Atto a cui si riferisce:
C.3/00228 nella notte tra il 13 e il 14 giugno 2008, Giuseppe Uva e Alberto Biggiogero venivano condotti nella caserma dei carabinieri di Varese, senza alcuna formale attività di polizia e nessun verbale...



Atto Camera

Interrogazione a risposta immediata in Assemblea 3-00228presentato daFERRARESI Vittoriotesto diMartedì 23 luglio 2013, seduta n. 58

FERRARESI, AGOSTINELLI, BONAFEDE, BUSINAROLO, COLLETTI, MICILLO, SARTI, PETRAROLI e TURCO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
nella notte tra il 13 e il 14 giugno 2008, Giuseppe Uva e Alberto Biggiogero venivano condotti nella caserma dei carabinieri di Varese, senza alcuna formale attività di polizia e nessun verbale d'arresto, da un'autovettura dei carabinieri sopraggiunta in seguito alla chiamata da parte di alcuni cittadini in merito al disturbo che Uva e Biggiogero stavano arrecando loro per lo spostamento di alcune transenne a seguito dei festeggiamenti per la vittoria dell'Italia;
in data 14 giugno 2008, successivamente all'intervento dei carabinieri e al ricovero in regime di trattamento sanitario obbligatorio, decedeva a soli 43 anni presso il reparto di psichiatria dell'ospedale di circolo di Varese Giuseppe Uva;
la procura della Repubblica di Varese iscriveva nel registro delle notizie di reato i medici che avevano preso in cura Giuseppe Uva prima del decesso, dottor Fraticelli e dottor Catenazzi, e ne chiedeva successivamente il rinvio a giudizio per il reato di cui all'articolo 589 del codice penale, omicidio colposo, per errata somministrazione di psicofarmaci;
a seguito della celebrazione dell'udienza preliminare di cui al suddetto procedimento, su indicazione del giudice, la procura della Repubblica di Varese iscriveva pure, per il medesimo reato, altro medico che era intervenuto nella cura di Giuseppe Uva, dottoressa Finazzi;
circa il primo procedimento menzionato, il giudice per l'udienza preliminare pronunciava sentenza ex articolo 425 del codice di procedura penale, poi annullata dalla Corte di cassazione, nei confronti del dottor Catenazzi e rinviava a giudizio il dottor Fraticelli;
il dottor Fraticelli veniva processato dal tribunale di Varese, che, in data 23 aprile 2012, nella persona del giudice, dottor Orazio Muscato, pronunciava la sentenza n. 498 del 2012, con la quale assolveva il dottor Fraticelli con la formula «perché il fatto non sussiste» e ordinava «la trasmissione degli atti al pubblico ministero in sede con riferimento agli accadimenti occorsi tra l'intervento dei carabinieri e l'ingresso di Giuseppe Uva al pronto soccorso dell'ospedale di Varese», con ciò escludendo che la causa della morte di Giuseppe Uva potesse ravvisarsi nelle condotte dei medici che lo avevano preso in cura dopo il suo ingresso in ospedale e ritenendo che si dovessero, invece, vagliare le condotte di tutti i soggetti che erano intervenuti dopo il suo arresto e fino al suo ingresso in ospedale;
già dal settembre 2009, la procura della Repubblica di Varese aveva aperto un ulteriore fascicolo rubricato al n. 5509/2009, che dovrebbe avere ad oggetto le circostanze che hanno condotto alla morte di Giuseppe Uva, con particolare riferimento a quanto occorso prima del suo ingresso in ospedale;
secondo il tribunale di Varese: «Va rimarcato con chiarezza come costituisca un legittimo diritto dei congiunti di Uva Giuseppe – innanzitutto sul piano dei più elementari sentimenti propri della specie umana – conoscere, dopo quasi quattro anni, se negli accadimenti intervenuti antecedentemente all'ingresso del loro congiunto in ospedale siano ravvisabili profili di reato; e ciò tenuto conto che permangono ad oggi ignote le ragioni per le quali Uva Giuseppe – nei cui confronti non risulta essere stato redatto un verbale di arresto o di fermo, mentre sarebbe stata operata una semplice denuncia per la contravvenzione di cui all'articolo 659 del codice penale – è stato prelevato e portato in caserma, così come tuttora sconosciuti rimangono gli accadimenti intervenuti all'interno della stazione dei carabinieri di Varese (certamente concitati, se è vero che sul posto confluirono anche alcune volanti della polizia) ed al cui esito Uva – che mai in precedenza aveva manifestato problemi di natura psichiatrica – verrà ritenuto necessitare di un intervento particolarmente invasivo quale il trattamento sanitario obbligatorio»;
nel suddetto procedimento non è stato mai ascoltato dal pubblico ministero titolare dell'indagine, dottor Agostino Abate, Alberto Biggiogero, condotto in caserma insieme a Giuseppe Uva, il quale ha, fin dal giorno successivo alla morte di Giuseppe, formalmente denunciato di aver sentito le sue grida atroci provenire dalla stanza dove era stato rinchiuso, tanto da chiamare dalla stessa caserma il 118 per chiedere un intervento, successivamente negato, per ordine proveniente dalla stessa caserma dei carabinieri;
senz'altro, a tutt'oggi, i congiunti di Giuseppe Uva non hanno ricevuto alcun avviso di richiesta di archiviazione del pubblico ministero dottor Abate che consenta di sottoporre ad un giudice per le indagini preliminari, come da disposizioni di codice, la fondatezza di una sua richiesta di archiviazione per le notizie di reato in ordine al trattenimento in caserma;
per converso, nell'ambito del fascicolo 5509/09, a fine marzo 2013, il dottor Abate ha comunicato la conclusione delle sue indagini per reati di diffamazione a carico di Lucia Uva, nonché di responsabili della trasmissione televisiva «Le Iene»;
la nipote di Giuseppe Uva, Angela De Milato, ha successivamente sporto una denuncia innanzi alla procura di Brescia nei confronti del dottor Abate per le condotte tenute in relazione al fascicolo 5509/09, denunciando un'illecita «cestinazione» delle notizie di reato inerenti quanto occorso in caserma, senza la dovuta sottoposizione al giudice per le indagini preliminari degli esiti delle indagini compiute sul punto dalla procura, così di fatto integrando condotte di abuso d'ufficio e favoreggiamento nei confronti dei soggetti che potenzialmente potrebbero essere sottoposti ad indagini;
in data 16 giugno 2014, interverrà la prescrizione dei reati, inerenti la fase di trattenimento di Giuseppe Uva prima dell'ingresso in pronto soccorso, ipotizzati nella denuncia delle sorelle di Giuseppe Uva: arresto illegale ex articolo 606 del codice penale, omicidio colposo, lesioni personali aggravate dalla qualifica di pubblico ufficiale, violenza privata;
la procura generale della Repubblica presso la corte d'appello di Milano ha respinto l'istanza di avocazione presentata dall'avvocato Fabio Anselmo nell'interesse delle signore Angela De Milito, Lucia Uva, Carmela Uva e Maria Altomare Uva nell'ambito del procedimento penale n. 5509/2009, a fronte dell'iscrizione nel registro degli indagati della signora Lucia Uva e dei responsabili della trasmissione «Le Iene»;
la morte di Giuseppe Uva resta tuttora senza colpevoli, in quanto il giudice per l'udienza preliminare di Varese, Giuseppe Fazio, il 16 aprile 2013 ha prosciolto il dottor Matteo Catenazzi e assolto la dottoressa Enrica Finazzi dall'accusa di omicidio colposo;
il giudice per le indagini preliminari Giuseppe Battarino, in data 20 luglio 2013, non ha accolto la richiesta di archiviazione depositata dal pubblico ministero Abate in data 29 giugno 2013, rilevando altresì all'interno del decreto che:
a) la richiesta del pubblico ministero risulta ricca di rilievi pesantemente critici dell'operato del giudice nella sentenza 498 del 23 aprile 2012, ma non è assistita «dal supporto di indagini diverse e successive rispetto a quelle compiute nel procedimento che ha dato luogo all'assoluzione citata e alla trasmissione di notizia di reato alla procura della Repubblica di Varese»;
b) «l'iscrizione delle persone asseritamente presenti all'interno della caserma dei carabinieri, per le quali ora si chiede l'archiviazione, è avvenuta solo il 7 maggio 2013», ovvero dopo 5 anni dalla morte di Giuseppe Uva, e ricorda che «l'iscrizione degli indagati nel registro delle notizie di reato è dovere ineludibile e immediato imposto dall'articolo 335 del codice di procedura penale»;
c) «la stessa qualificazione giuridica dei fatti, risultante dall'iscrizionedelle persone asseritamente presenti all'interno della caserma dei carabinieri come indagati per mere lesioni personali semplici, contraddice gli esiti argomentativi della sentenza n. 498/2012» (dove si assolve il medico Fraticelli, sentenza confermata anche dalla sentenza della corte d'appello) e risulta, quindi, «apodittica, a fronte di un evento – la morte di Giuseppe Uva – da ritenersi allo stato privo di spiegazione giudizialmente accertata» –:
se non reputi necessario assumere iniziative ispettive presso la procura di Varese ai fini dell'esercizio di tutti i poteri di competenza, ivi compresa la promozione dell'azione disciplinare. (3-00228)