• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA ORALE

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Atto a cui si riferisce:
S.3/01925 CARDIELLO - Al Ministro dell'economia e delle finanze - Premesso che a quanto risulta all'interrogante: dal 2008 al 2014 oltre 82.000 imprese italiane sono fallite. Di queste, 15.000...



Atto Senato

Interrogazione a risposta orale 3-01925 presentata da FRANCO CARDIELLO
mercoledì 13 maggio 2015, seduta n.449

CARDIELLO - Al Ministro dell'economia e delle finanze - Premesso che a quanto risulta all'interrogante:

dal 2008 al 2014 oltre 82.000 imprese italiane sono fallite. Di queste, 15.000 solo nel 2014. Dal punto di vista settoriale, le aziende più colpite sono state quelle del terziario (servizi non finanziari e distribuzione). Si rammenta che in Italia un'impresa su tre ha peggiorato la propria situazione, a causa del mancato pagamento da parte delle pubbliche amministrazioni;

nel mercato interno la maggior parte dei beni e dei servizi è fornita da operatori economici ad altri operatori economici e ad amministrazioni pubbliche secondo un sistema di pagamenti differiti, in cui il fornitore lascia al cliente un periodo di tempo per pagare la fattura, secondo quanto concordato tra le parti, precisato sulla fattura del fornitore o stabilito dalla legge. Le ragioni sono complesse, ma sono riconducibili principalmente alla carenza di liquidità ed alla difficoltà di gestione dei processi di appalto;

il mancato pagamento da parte delle pubbliche amministrazioni continua a minare la sopravvivenza stessa delle imprese, soprattutto quelle piccole e medie, già provate dalla stagnazione e recessione economica interna, che con estrema difficoltà riescono ad ottenere sostegno dal sistema creditizio, malgrado le esortazioni e le azioni della Banca centrale europea a sostegno del credito per le piccole e medie imprese;

a febbraio 2014 il Commissario europeo per l'industria e l'imprenditoria e vice-presidente della Commissione europea pro tempore, Antonio Tajani, aveva dichiarato, sulla base dei report ricevuti dagli advisor (Ance, Confartigianato e Assobiomedica), che l'Italia risultava essere il "peggior pagatore" nell'Unione europea, con la conferma dell'avvio di una nuova procedura d'infrazione per il mancato rispetto della Direttiva 2011/7/UE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, qualora i chiarimenti forniti dall'Italia nell'ambito del caso 'EU Pilot' (EU Pilot 5216/13/ENTR) avviato dalla Commissione europea si fossero dimostrati non soddisfacenti. Peraltro, l'esito finale di una procedura d'infrazione, secondo l'allora vice-presidente della Commissione europea "potrebbe costare all'Italia quanto un anno di IMU sulla prima casa, circa 3-4 miliardi di euro"). Si ricorda che l'obbiettivo ultimo della direttiva è di immettere liquidità nel mercato per aumentare i consumi ed evitare la stagnazione dell'economia ed anche di far sì che il 20 per cento del prodotto interno lordo europeo derivi dal settore manifatturiero;

il sistema 'EU Pilot', come è noto, consiste in una richiesta di informazioni circa la corretta applicazione di una direttiva, facilitando la comunicazione diretta tra Unione europea e Stati membri, ed è preliminare all'avvio formale della procedura di infrazione. Il Governo italiano ha avuto a disposizione 5 settimane per dimostrare che non vi fossero i presupposti per la messa in mora. I punti chiave da chiarire erano principalmente 2, tra loro strettamente connessi: tempi di pagamento superiori ai limiti (che fissa in 30 giorni il termine per il pagamento delle pubbliche amministrazioni alle imprese, salvo diverso accordo che può prevedere al massimo 60 giorni (i termini raddoppiano in caso di enti pubblici che forniscono assistenza sanitaria). Mediamente, invece, un'impresa che fornisce merci o servizi alla pubblica amministrazione arriva ad attendere quasi 6 mesi (170 giorni) prima di ricevere il dovuto pagamento. Non è possibile parlare di passi avanti, se si considera che dall'entrata in vigore, il 30 novembre 2012 del decreto legislativo n. 192 del 2012, che ha recepito la direttiva citata, i tempi si sono ridotti solo di 10 giorni. In aggiunta, la normativa prevede il pagamento degli interessi di mora e il risarcimento delle spese di recupero;

pratiche "illegali" da parte della pubblica amministrazione con cui, ad esempio, si chiede l'emissione di fatture con date successive o si richiede alle imprese di rinunciare agli interessi di mora. Queste prassi, oltre ad essere illegali, rendono certamente meno attendibili i dati disponibili sul fenomeno dei ritardi;

successivamente, nel giugno 2014, la Commissione europea ha inviato al Governo Italiano una lettera di messa in mora con cui ha formalmente avviato la procedura di infrazione n. 2014/2143, ai sensi dell'art. 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, per violazione della direttiva 2011/7/UE. La decisione è stata ritenuta dal Governo "incomprensibile" e "irresponsabile", sebbene permanessero, allora, i 6 mesi di attesa media di un impresa per essere pagata dalla pubblica amministrazione;

il Ministero dell'economia e delle finanze ha provato ad accelerare il processo dei pagamenti anche sul versante della fatturazione elettronica, tramite il Mercato elettronico della pubblica amministrazione (MEPA). L'utilizzo del MEPA, obbligatorio da giugno 2014 nei confronti dei Ministeri, avrebbe dovuto garantire trasparenza sull'evoluzione del debito della pubblica amministrazione e dei tempi di pagamento, eliminando la possibilità di fatture falsate e facilitando l'attuazione delle norme previste dalla direttiva 2011/07/UE;

a novembre 2014, in occasione della conclusione della campagna di sensibilizzazione sui pagamenti pendenti verso le imprese (Late payment information campaign), il vice-presidente del Parlamento europeo (Antonio Tajani) e il vice-direttore generale della Direzione generale imprese e industria della Commissione, Antti Peltomaki, hanno ricordato che "il 96 per cento dei fallimenti delle aziende sono dovuti a ritardi di pagamento, un problema non solo per le piccole e medie imprese, ma un ostacolo anche per la libera circolazione, con un impatto su concorrenza e stabilità del mercato";

nello stesso mese l'Associazione nazionale costruttori edili (Ance) dichiarava che il settore delle costruzioni, con il 72 per cento d'imprese in sofferenza, risultava essere il più colpito dai ritardi dei pagamenti della pubblica amministrazione. Sul ritardo di pagamento hanno inciso, secondo l'Associazione, per circa l'82 per cento i vincoli derivanti dal Patto di stabilità interno per Regioni ed enti locali;

il decreto-legge 24 aprile 2014 n. 66, recante "Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale" (convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89) non è stato in grado di risolvere il problema del ritardo dei pagamenti alle imprese, malgrado abbia introdotto disposizioni in materia di monitoraggio dei debiti delle pubbliche amministrazioni e dei relativi tempi di pagamenti finalizzati all'estinzione dei debiti delle stesse;

l'articolo 24, della legge 30 ottobre 2014, n. 161, recante "Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2013-bis" e volto a risolvere le contestazioni sollevate dalla Commissione europea, nell'ambito del caso EU Pilot 5216/13/ENTR, riguardo a 3 aspetti del decreto legislativo n. 192 del 2012, di recepimento della direttiva 2011/7/CE. Il primo aspetto riguarda la fissazione a 30 giorni del termine per il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione; il secondo riguarda la mancata previsione di norme dirette a contrastare anche le "prassi" gravemente inique; il terzo aspetto riguarda il coordinamento della normativa sul ritardo nei pagamenti con la normativa sui contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture. Tuttavia esso non pare aver risolto definitivamente il processo posto in essere con EU Pilot 5216/13/ENTR, in quanto la successiva procedura di infrazione n. 2014/2143 risulta essere ancora aperta;

la sentenza n. 37301 del 9 settembre 2014, della III sezione penale della Corte di cassazione stabilisce che non sussiste il reato tributario se il mancato pagamento del debito erariale dipende da cause indipendenti dalla volontà e quindi non imputabili all'imputato. In altri termini, per l'insussistenza del reato non deve essere stato possibile per il contribuente reperire le risorse necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, dirette a consentirgli di recuperare le somme necessarie ad assolvere il debito;

considerato che:

sono numerosi gli imprenditori in Italia che hanno chiesto ad Equitalia una rateizzazione della cartella esattoriale per debiti tributari dagli stessi, derivanti dai mancati introiti dovuti all'enorme ritardo sui pagamenti da parte della pubblica amministrazione. Alla richiesta di rateizzazione ha fatto però generalmente seguito un atto di diniego, con conseguente pignoramento dei beni, anche in forza del potere esercitato dai Comuni ai sensi dell'art. 48-bis (disposizioni sui pagamenti delle pubbliche amministrazioni) del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, recante "Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito";

l'incapacità da parte di un'impresa di far fronte al pagamento delle imposte di un debito erariale, causata da ritardi nei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni, non può ricadere sull'impresa stessa. Non è accettabile che l'imprenditore penalizzato per il ritardato pagamento da parte di terzi, soprattutto se il soggetto inadempiente è un'amministrazione pubblica, sia costretto a reperire le risorse necessarie al pagamento delle imposte dovute recando nocumento a se stesso, sino al punto di dover chiudere o cedere la propria attività imprenditoriale per pagare l'erario,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo non intenda definire con l'Agenzia delle entrate modalità di dilazione nel pagamento delle cartelle esattoriali, qualora la persona o l'impresa dimostri di aver subito ritardi di pagamento da parte della pubblica amministrazione, tali da giustificare il mancato pagamento di quanto dovuto all'erario, ai sensi della citata sentenza della Corte di cassazione.

(3-01925)