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Atto a cui si riferisce:
C.1104 Disposizioni per la protezione e l'assistenza dei neonati abbandonati


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 1104


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
PAGANO, DORINA BIANCHI, FUCCI, GIAMMANCO, MARTI, ROCCELLA
Disposizioni per la protezione e l'assistenza dei neonati abbandonati
Presentata il 30 maggio 2013


      

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Onorevoli Colleghi! La presente proposta di legge dispone misure finalizzate alla prevenzione di un fenomeno particolarmente triste quale quello dell'abbandono dei bimbi alla nascita.
      L'Italia è un Paese ricco, con un elevato livello culturale e sociale e con un sempre minore tasso di natalità. I nostri, pochi, bambini sono spesso anche troppo protetti e nutriti (i piccoli obesi sono circa il 10 per cento della popolazione infantile); ma nonostante tutto esistono ancora casi di abbandono dei neonati e infanticidi.
      I dati più recenti indicano che nel nostro Paese, ogni anno, sono quattrocento i neonati che nascono e non vengono riconosciuti dai genitori.
      Cattiveria o crudeltà? Nessuna delle due, nella maggior parte dei casi. Ci si meraviglia sempre davanti alla incapacità di affrontare la responsabilità di un figlio e davanti ai gesti estremi di chi decide di sopprimere o abbandonare il proprio bambino ad una sorte incerta; ma dietro simili drammi ci sono sempre molte ragioni, come la paura, l'ignoranza, l'emarginazione e l'indigenza, e a volte tutte queste messe insieme.
      Il nostro Paese può vantare una legislazione in materia di tutela della maternità molto estesa, in quanto sono diversi gli aspetti normati; essa, infatti, si rivolge sia alle donne che hanno preso la decisione di affrontare l'impegno derivante dalla nascita di un bambino, sia a coloro che, vivendo in situazioni di difficoltà e di disagio, pensano di abbandonare il loro piccolo una volta partorito.
      Appartengono al primo gruppo le disposizioni vigenti in materia di tutela della maternità e della paternità nell'ambito del rapporto di lavoro. In primo luogo la legge n. 1204 del 1972, sulla tutela delle lavoratrici madri, che ha rappresentato per molti anni il principale strumento di tutela della maternità; importante è stato anche il decreto legislativo n. 645 del 1996 che, recependo nel nostro ordinamento la direttiva 92/1985/CE, ha garantito una maggiore tutela della salute e sicurezza sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento e, infine, la più recente legge n. 53 del 2000, recante disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città, alla quale si deve l'introduzione in Italia della disciplina dei congedi parentali.
      Questa ultima legge ha inciso in modo significativo anche sulla disciplina posta a tutela delle persone portatrici di handicap, modificando in particolare l'articolo 33 della legge n. 104 del 1992, la legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate, che già prevedeva una serie di agevolazioni per il familiare/genitore lavoratore che doveva assistere ed accudire figli e/o familiari disabili.
      La materia complessiva è stata poi riunita e sistematizzata nell'ambito del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo n. 151 del 2001.
      Le norme indicate hanno, dapprima, avuto come unico soggetto destinatario la madre lavoratrice, in quanto tese a tutelare aspetti afferenti alla protezione della maternità sotto il profilo strettamente biologico della salute della donna, per poi estendersi anche al padre lavoratore, in una nuova ottica di protezione che si sposta dalla madre al bambino e che richiede di affrontare e disciplinare aspetti nuovi riguardanti in generale le problematiche della conciliazione tra vita familiare e lavorativa.
      Ricordiamo, altresì, la particolare attenzione posta dal legislatore negli ultimi anni al tema della regolamentazione dei «tempi delle città», con ciò intendendo non solo gli orari degli uffici pubblici e degli esercizi commerciali, ma anche dei trasporti, posto in stretta correlazione con le esigenze di conciliazione delle diverse esigenze delle donne che lavorano, per le quali il problema della «doppia presenza» sul lavoro e in famiglia è ulteriormente aggravato da condizioni di contesto poco family friendly.
      Per quanto riguarda le donne in difficoltà che pensano di rinunciare al bambino, la normativa vigente nel nostro Paese è fra le più avanzate nel mondo, ma – purtroppo – poco conosciuta, soprattutto fra le fasce a rischio della popolazione (indigenti, immigrate, vittime di abusi, minorenni) che rifiutano qualsiasi contatto con le istituzioni.
      La legge italiana protegge i minori e le madri e consente che qualsiasi donna che si reca in una struttura pubblica in prossimità del parto sia seguita e curata senza alcun obbligo di fornire le proprie generalità o altre informazioni sulla propria identità; si può partorire in tutti gli ospedali senza lasciare il proprio nome, anche se si è immigrate clandestine, anche se si è sposate. Alla fine della degenza la madre può lasciare in ospedale il bambino, che sarà temporaneamente affidato ad un istituto.
      La donna che ha partorito, protetta dall'anonimato, avrà poi dieci giorni di tempo per riconoscere il neonato. Se ciò non accade, il bambino sarà dichiarato adottabile e potrà essere allevato da una coppia italiana. Per quel che riguarda le immigrate clandestine, queste non possono essere espulse in stato di gravidanza né entro i sei mesi successivi alla nascita del figlio e possono chiedere un permesso di soggiorno per motivi di salute per il periodo della gravidanza e fino a sei mesi dopo il parto, nonché l'iscrizione al Servizio sanitario nazionale.
      Per evitare che gli abbandoni avvengano a causa di un'indigenza economica, inoltre, lo Stato mette in campo una serie di aiuti concreti in denaro, erogati anche dagli enti locali, per supportare le madri in difficoltà nei primi mesi di vita del figlio.
      La legge, tuttavia, da sola non basta e dimostrazione ne è che il fenomeno dell'abbandono dei bambini alla nascita registra un trend costante senza significative diminuzioni.
      Anzi, il timore è che il fenomeno sia ancora più esteso delle stime fatte e che i corpicini finiti nelle discariche senza che nessuno se ne sia accorto siano molti di più di quelli scoperti.
      Non si può puntare tutto sulla legge relativa al non riconoscimento. Ci sono molte donne, infatti, che non possono o non vogliono andare in ospedale e affrontano in completa solitudine la gravidanza prima e il dramma del parto e dell'abbandono o della soppressione del loro bambino appena partorito poi.
      La presente proposta di legge predispone interventi anche in favore di queste donne e dei loro compagni, perché con tranquillità e in coscienza possano decidere di dare un futuro al piccolo che nascerà.
      L'articolo 1 della presente proposta di legge prevede, dunque, in capo allo Stato l'obbligo – in ossequio al dettato costituzionale che riconosce il ruolo preminente della Repubblica nella protezione della maternità, dell'infanzia e della gioventù – di predisporre e sviluppare politiche e servizi a sostegno della genitorialità, dirette in particolare ad una più completa informazione delle donne in difficoltà su tutte le opzioni disponibili in favore della maternità e alla prevenzione del fenomeno dell'abbandono dei neonati. Questi due obiettivi sono sottolineati, con particolare forza, anche nella risoluzione 1624(2008) approvata dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa il 27 giugno 2008. L'Assemblea parlamentare, che insieme al Comitato dei ministri è uno dei due organi statutari principali del Consiglio d'Europa, è particolarmente attiva nell'ambito della protezione dei diritti umani. I testi approvati dall'Assemblea orientano le scelte politiche del Comitato dei ministri, dei Governi, dei Parlamenti, dei partiti politici nazionali e di tutti coloro che, direttamente o indirettamente, esercitano un'influenza determinante sulla vita dei cittadini. La risoluzione 1624(2008) si rivolge ai ventisette Stati membri dell'Unione e affronta (per la prima volta a livello europeo) il tema della prevenzione dell'abbandono dei minori. Gli Stati vengono invitati ad incentrare le loro politiche familiari sul principio cardine del rispetto dei diritti dei bambini, in particolare quelli di vivere con le loro famiglie, di conoscere le loro origini e di avere l'opportunità di sviluppare il loro pieno potenziale.
      L'articolo 1 in commento richiama, altresì, l'importanza del principio di sussidiarietà (fulcro delle politiche sociali nelle democrazie moderne) nella predisposizione degli interventi previsti, considerando sia la sussidiarietà di tipo verticale, ovvero quella in cui i bisogni dei cittadini sono soddisfatti dall'azione degli enti amministrativi pubblici, sia quella di tipo orizzontale, in cui tali bisogni sono soddisfatti dai cittadini stessi, magari in forma associata e/o volontaristica.
      L'articolo 2 istituisce, ai fini esplicitati dall'articolo 1, i punti di accoglienza del neonato, destinati ad accogliere i bimbi abbandonati alla nascita da mamme che non possono o non vogliono partorire negli ospedali. Tali strutture, denominate «culle per la vita», si prenderanno tempestivamente cura del piccolo; esse sono realizzate dai comuni, in collaborazione con l'azienda sanitaria locale competente per territorio e con le associazioni aventi finalità di solidarietà sociale, presso le quali (insieme ad ospedali e strutture sanitarie private accreditate) possono essere collocate le relative strutture di accoglienza.
      L'articolo 3 detta i requisiti organizzativi e funzionali delle culle per la vita, con particolare attenzione per la privacy di chi accompagna il neonato presso il punto di accoglienza.
      L'articolo 4 prevede che, così come già avviene per la madre, il padre del bambino possa manifestare la volontà di non essere nominato nella dichiarazione di nascita. La normativa vigente, infatti, consente alla mamma di partorire in anonimato e quindi di non essere incriminata per abbandono di minore. Il problema è che non sempre la mamma è in condizioni – soprattutto dopo un parto difficile, avvenuto al di fuori del presidio ospedaliero – di poter portare il neonato presso le strutture di accoglienza; ecco allora che è necessario incentivare il ricorso alle culle per la vita attraverso la tutela di chi, padre del bambino, materialmente consegni il neonato presso le culle per la vita, facendo in modo che non incorra nelle sanzioni penali previste.
      L'articolo 5 prevede l'istituzione presso il Dipartimento per la pari opportunità di un numero verde nazionale, attivo nell'arco di tutte le ventiquattro ore, destinato a fornire informazioni sulla localizzazione ed il funzionamento dei punti di accoglienza del neonato e a ricevere eventuali segnalazioni anonime relative a neonati abbandonati.
      L'articolo 6, infine, reca la quantificazione degli oneri ed individua la necessaria copertura finanziaria.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Princìpi generali).

      1. La Repubblica, in ossequio all'articolo 31, secondo comma, della Costituzione, protegge, con i mezzi opportuni, la maternità, l'infanzia e la gioventù.
      2. La Repubblica predispone e sviluppa, nel rispetto del principio di sussidiarietà, politiche e servizi a sostegno della genitorialità dirette in particolare a una più completa informazione delle donne in difficoltà in ordine a tutte le opzioni disponibili in favore della maternità e alla prevenzione del fenomeno dell'abbandono dei neonati, in coerenza con la risoluzione 1624(2008) adottata dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa del 27 giugno 2008.

Art. 2.
(Istituzione di strutture di accoglienza del neonato).

      1. Ai fini dell'articolo 1, sono istituite strutture di accoglienza per i neonati figli di donne che non possono o non vogliono partorire in ospedale né vogliono riconoscere il proprio bambino, denominate «culle per la vita», dove il neonato possa ricevere cure tempestive e adeguate, anche in relazione alle sue condizioni di salute, al fine di garantire la sua sopravvivenza.
      2. Le strutture di cui al comma 1 sono realizzate dai comuni, in collaborazione con le aziende sanitarie territorialmente competenti e con associazioni aventi finalità di solidarietà sociale, e sono collocate presso i presìdi ospedalieri, presso le strutture sanitarie private accreditate ovvero presso le predette associazioni.

Art. 3.
(Caratteristiche e requisiti organizzativi e funzionali delle strutture di accoglienza del neonato).

      1. Le strutture di accoglienza del neonato sono collocate in una zona accessibile e conosciuta ma che permetta l'assoluta tutela della riservatezza e sono attive nell'arco dell'intera giornata.
      2. Il locale che ospita la struttura di accoglienza del neonato è adibito esclusivamente a questo scopo e deve avere caratteristiche adeguate dal punto di vista climatico e igienico.
      3. Le strutture di accoglienza del neonato devono essere dotate di un impianto di video-sorveglianza che riprenda solo il cuscinetto dove viene depositato il bambino nonché di sensori che segnalino tempestivamente al personale addetto la presenza del neonato abbandonato. L'impianto di video-sorveglianza è collegato con la sala operativa del 118 o con la più vicina guardia medica.
      4. Le strutture di accoglienza del neonato sono dotate, all'esterno degli edifici che le ospitano, di idonei contrassegni al fine di renderle riconoscibili all'utenza.
      5. Il rinvenimento del neonato abbandonato deve essere comunicato al più vicino presidio ospedaliero o alla più vicina struttura privata accreditata ovvero alla guardia medica, che provvedono tempestivamente al suo ricovero nelle proprie strutture, informandone entro dodici ore le competenti autorità giudiziarie.

Art. 4.
(Diritto all'anonimato del padre nella dichiarazione di nascita).

      1. Nella dichiarazione di nascita resa ai sensi dell'articolo 30, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, deve essere rispettata l'eventuale volontà del padre di non essere nominato.

Art. 5.
(Numero verde nazionale).

      1. Presso il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri è istituito, entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, un servizio telefonico gratuito nazionale, attivo nell'arco dell'intera giornata, destinato a fornire informazioni sulla localizzazione e il funzionamento delle strutture di accoglienza del neonato e a ricevere eventuali segnalazioni anonime relative a neonati abbandonati.

Art. 6.
(Disposizioni finanziarie).

      1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, pari a 30 milioni di euro a decorrere dall'anno 2013, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2013-2015, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2013, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
      2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.