• Testo RISOLUZIONE IN COMMISSIONE

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Atto a cui si riferisce:
S.7/00173 premesso che: lo scorso 25 febbraio la Commissione europea ha presentato il Pacchetto Unione dell'energia, composto da una serie di proposte volte ad integrare la politica energetica e...



Atto Senato

Risoluzione in Commissione 7-00173 presentata da CARLO MARTELLI
giovedì 4 giugno 2015, seduta n.050

Le Commissioni 10ª e 13ª riunite, esaminati, ai sensi dell'articolo 144 del Regolamento, gli atti comunitari in titolo,
premesso che:
lo scorso 25 febbraio la Commissione europea ha presentato il Pacchetto Unione dell'energia, composto da una serie di proposte volte ad integrare la politica energetica e ambientale dell' Unione per il raggiungimento degli obiettivi successivi al 2020;
la cornice entro cui si inseriscono tutte le iniziative del pacchetto è costituita dalla comunicazione che delinea una "Strategia quadro per un'Unione dell'energia resiliente, corredata da una politica in materia di cambiamenti climatici" (COM(2015)80). Il pacchetto si compone, inoltre, di una comunicazione riguardante il raggiungimento dell'obiettivo del 10 per cento di interconnessione elettrica entro il 2020 (COM(2015)82) e di un'ulteriore comunicazione "Il Protocollo di Parigi" (COM(2015)81) preparatoria della Conferenza di Parigi del dicembre 2015, in materia di lotta ai cambiamenti climatici;
il Pacchetto "Unione dell'Energia" è stato esaminato dal Consiglio europeo tenutosi il 19 e 20 marzo scorsi. Nelle Conclusioni, i Capi di Stato e di Governo hanno affermato l'impegno a costruire un'Unione dell'energia con politiche lungimiranti in materia di clima sulla base della Strategia quadro presentata dalla Commissione. Inoltre, hanno ribadito il proprio sostegno a favore di un'azione coordinata in vista della COP21, in linea con l'obiettivo fissato nell'ottobre 2014;
la Strategia sulla sicurezza energetica (COM (2014)330), presentata il 28 maggio 2014 dalla Commissione, aveva messo in luce la vulnerabilità dell'Unione europea alle crisi esterne di approvvigionamento energetico e ha posto l'esigenza di scelte per ridurre la dipendenza europea da determinati combustibili, fornitori e rotte di approvvigionamento. Basandosi su tale documento, la Comunicazione sull'Unione dell'Energia identifica i punti deboli del sistema energetico europeo nella la coesistenza di 28 distinti quadri nazionali, nel cattivo funzionamento del mercato al dettaglio, nell'invecchiamento delle infrastrutture e nell'esistenza di isole energetiche;
considerato che:
la strategia dell'Unione dell'energia (COM(2015)80) si articola in cinque "dimensioni" che, a giudizio della Commissione, sono intese a migliorare la sicurezza, la sostenibilità e la competitività dell'approvvigionamento energetico: sicurezza energetica, solidarietà e fiducia; piena integrazione del mercato europeo dell'energia; efficienza energetica per contenere la domanda; decarbonizzazione dell'economia; ricerca, innovazione e competitività;
i fattori chiave della sicurezza energetica sono, ad avviso della Commissione, il completamento del mercato interno dell'energia e un consumo energetico più efficiente. Il primo passo per il raggiungimento dell'obiettivo di mettere in sicurezza il sistema energetico europeo è la diversificazione dell'approvvigionamento, con riferimento alle fonti di energia, ai fornitori e alle rotte per il trasporto dei combustibili. Le priorità identificate dalla Commissione per la diversificazione delle forniture di gas sono rappresentate dal corridoio meridionale di trasporto del gas; la creazione nel Nord Europa di hub di gas liquefatto con più fornitori. La Commissione auspica che il modello sia replicato anche in Europa centrale e orientale, nonché nell'area mediterranea, dove è in procinto la costruzione di un hub gasiero mediterraneo, per la cui collocazione si sono candidate l'Italia e la Spagna (ma anche la Bulgaria);
la realizzazione del Mediterranean Gas Hub si inserisce in un sistema di distribuzione di gas importato attraverso il cosiddetto "Southern Gas Corridor", ossia un insieme di condotte che dovrebbero veicolare il gas di provenienza dall'Asia Centrale, dal Medio Oriente e dal Mediterraneo Orientale. I Paesi potenzialmente esportatori saranno quindi Azerbaijan, Turkmenistan, Iraq, Israele, Iran. In ogni caso, le quantità sarebbero meno del 10 per cento di quanto oggi importiamo dalla Russia, tenuto conto che l'Iraq e Siria sono in guerra, e che l'Iran è ancora sotto sanzioni. La strategia della Commissione appare quindi totalmente estranea al contesto geopolitico globale;
il tema della sicurezza dell'approvvigionamento e dei costi delle tecnologie è senza dubbio importante, ma le strategie da perseguire dovrebbero essere:
1) contrastare l'utilizzo di fonti di energia fossile, sia per generazione elettrica che per usi termici. Tale contrasto richiederebbe di fissare un obiettivo a dieci anni per l'uscita dalle fonti fossili cui accostare la revoca immediata di qualunque sussidio diretto ed indiretto al loro utilizzo, accoppiato ad una tassazione ambientale da applicarsi all'energia importata, in ragione della sua componente fossile;
2) vietare l'utilizzo delle risorse autoctone di gas e olio da scisti bituminosi;
3) predisporre un'opportuna tassazione disincentivante per le importazioni di gas ed olio di scisto;
4) dirottare tutte le risorse ora destinate a sussidi diretti ed indiretti per le fonti fossili verso le fonti interne di rinnovabili con lo scopo di arrivare entro il 2030 ad una generazione elettrica interamente coperta da fonti rinnovabili ed entro il 2040 al solo utilizzo di fonti rinnovabili e, come regola generale, senza consumo di suolo;
5) uniformare le procedure burocratiche per l'ottenimento delle autorizzazioni necessarie a mettere in produzione gli impianti ad energia rinnovabile, in particolare razionalizzando le procedure per lo sfruttamento dell'energia idroelettrica;
6) riclassificare la "rinnovabilità" di una fonte energetica in base ad un computo globale delle emissioni di gas serra connesse sia con la costruzione del corrispondente impianto di sfruttamento che con il suo esercizio;
7) non classificare come rinnovabili gli impianti di generazione elettrica a biogas da digestione anaerobica se non finalizzati alla produzione per solo autoconsumo e non classificare come carburanti rinnovabili tutte le materie combustibili derivate da oli, grassi o alcooli di origine vegetale;
8) perseguire un obiettivo consistente di riduzione del consumo energetico mediante disincentivi tariffari;
9) perseguire un consistente obiettivo di efficienza energetica;
con l'obiettivo di diversificare gli approvvigionamenti energetici dell'Unione, la Commissione auspica anche un aumento dell'energia prodotta all'interno dell'Unione, con riferimento, in primo luogo, alle fonti rinnovabili ma non escludendo, allo stesso tempo, il ricorso ad ulteriori fonti anche non convenzionali, quali ad esempio, il gas di scisto. Il problema dell'approvvigionamento di energia elettrica desta particolari preoccupazioni in quanto si agisce in ambiti di riferimento inadeguati e con approcci obsoleti e incoerenti;
per fronteggiare le crisi che comportano la riduzione del flusso di gas in arrivo in Europa attraverso i gasdotti esistenti, la Commissione sta valutando l'elaborazione di un'ampia strategia per il GNL (gas naturale liquefatto), in cui sarà valutato il potenziale di stoccaggio di gas in Europa, nonché il quadro normativo necessario per garantire una quantità sufficiente di gas stoccato per l'inverno. Il maggiore ricorso al GNL potrebbe contribuire, ad avviso della Commissione, a uniformare maggiormente i prezzi del gas naturale a livello globale;
a riguardo, occorre tenere presente che, nel 2013, le importazioni di GNL in Europa sono diminuite del 29,1 per cento rispetto al 2012, essenzialmente per il fortissimo sviluppo dei mercati asiatici. Il GNL rappresenta oggi il 14 per cento delle importazioni di gas. L'Algeria, paese che secondo la Commissione sarebbe "strategico" per diversificare le fonti di approvvigionamento europee, nello stesso periodo ha diminuito del 6 per cento le esportazioni di GNL, confermando la costante riduzione della produzione di idrocarburi, dovuta a fattori economici e politici che la Commissione sembra ignorare. Identiche affermazioni sono ripetibili per la Nigeria (- 5 per cento). Oggi in Europa esistono 19 terminali di GNL, utilizzati al 25 per cento delle loro capacità, soprattutto grazie alle importazioni dal Qatar. La Commissione parla di ipotetiche importazioni da Canada e USA, ma ai costi e ai prezzi di mercato attuali, tali ipotesi appaiono del tutto irrealistiche. Appare quindi del tutto irragionevole ed antieconomico procedere ulteriormente a perseguire lo sviluppo del gas e del GNL, tenuto conto che diversi progetti sono già stati finanziati o sono in fase di realizzazione;
con riguardo alla piena integrazione del mercato europeo dell'energia, la Commissione basa le sue proposte sulla presa d'atto della eccessiva frammentazione del mercato energetico europeo, caratterizzato da insufficienza degli investimenti, eccessiva concentrazione e debolezza della concorrenza. Ad avviso della Commissione è necessario accelerare nella realizzazione delle interconnessioni, per raggiungere l'obiettivo specifico di interconnessione minima per l'energia elettrica, da raggiungere entro il 2020, fissato al 10 per cento della capacità di produzione elettrica installata degli Stati membri;
ai fini della piena integrazione del mercato europeo dell'energia, inoltre, la Commissione ritiene funzionale il graduale superamento delle tariffe regolamentate che, limitando lo sviluppo di una concorrenza effettiva e scoraggiando gli investimenti e l'emergere di operatori di mercato nuovi, a giudizio della Commissione, finiscono per nuocere alle classi più deboli di consumatori per i quali erano state introdotte. Al posto dei prezzi regolamentati, gli Stati membri dovrebbero introdurre un meccanismo di tutela dei consumatori vulnerabili per mantenere bassi i costi complessivi e limitare le distorsioni derivanti dai prezzi regolamentati;
con riferimento alla Comunicazione "Raggiungere l'obiettivo del 10% di interconnessione elettrica - Una rete elettrica europea pronta per il 2020" (COM(2015)82), il presupposto della Commissione è che una rete energetica europea interconnessa è indispensabile per garantire la sicurezza energetica dell'Europa, rafforzare la concorrenza sul mercato interno, rendendo i prezzi più competitivi, e favorire il conseguimento degli obiettivi che l'Unione europea si è impegnata a raggiungere in materia di decarbonizzazione e politica climatica. Appare pertanto necessario, secondo la Commissione provvedere alla costruzione delle interconnessioni mancanti;
il piano di interconnessione dovrebbe, però, essere strettamente collegato ad una trasformazione della rete elettrica europea che integri l'energia rinnovabile e assicuri l'offerta di elettricità 24 ore al giorno. A riguardo, occorre segnalare che secondo quanto emerso nel corso delle audizioni sugli atti comunitari in titolo, i piani di espansione della rete elettrica europea presentati della Rete europea degli operatori del sistema di trasmissione per l'elettricità (ENTSO-E) non sono ottimizzati per le energie rinnovabili e, al contrario, molte nuove linee sono costruite per trasportare maggiori quantità di energia ottenuta da carbone e nucleare, il che comporta maggiori costi di investimento;
la Strategia enfatizza il ruolo dell'efficienza energetica (a cominciare dal potenziale del settore edilizio), equiparandola ad una vera e propria fonte di energia, pari al valore dell'energia risparmiata, ma poi molto poco viene proposto sull'efficienza energetica, ad eccezione degli ennesimi incoraggiamenti ai governi nazionali e l'impegno a rivedere l'attuale legislazione, senza alcuna indicazione di quali strumenti dovrebbero essere usati per raggiungere l'obiettivo, non vincolante, dell'aumento del 27 per cento a livello UE, da raggiungere entro il 2030, tenuto anche conto dell'importanza del risparmio energetico ai fini della necessità per l'Unione europea di raggiungere un maggior grado di indipendenza energetica, vista la relativa scarsità di risorse energetiche proprie;
la Commissione accentua il ruolo che possono avere le iniziative già in atto delle "Città e comunità intelligenti" e del Patto dei sindaci, ma non fornisce indicazioni volte a rivedere gli strumenti di finanziamento messi in campo sinora, estremamente sbilanciati a favore delle grandi città e poco adatti ai piccoli e medi comuni, numerosi sul territorio europeo;
con riferimento alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio "Il protocollo di Parigi - Piano per la lotta ai cambiamenti climatici mondiali dopo il 2020", occorre segnalare che i cambiamenti climatici rappresentano la sfida più importante, non solo dal punto di vista ambientale, del nuovo secolo. L'Europa si presenta con la decisione di tagliare le emissioni di gas serra, rispetto al 1990, del 40 per cento entro il 2030.
L'obiettivo è del tutto insufficiente. L'entità della riduzione è scarsa, parziale e formulata in modo ambiguo. È scarsa perché la riduzione del 40 per cento viene auspicata a livello globale come l'unica che plausibilmente dovrebbe limitare il riscaldamento globale a +2°C, soglia che viene ritenuta di sicurezza ma che, ricerche alla mano, comporterebbe un aumento del livello marino di SEI metri (dovuto sia allo scioglimento parziale della calotta glaciale groenlandese o della piattaforma antartica occidentale, che alla dilatazione termica dell'acqua oceanica), innalzamento che sommergerebbe decine di città costiere nella sola penisola italiana (Ravenna, Venezia, Brindisi...), nonché ad un aumento del vapore acqueo atmosferico, che è da solo responsabile del 90 per cento dell'effetto serra planetario.
È parziale perché non considera minimamente l'accumulo pregresso dimenticando il fatto non trascurabile che deve essere ripristinata (anche con l'aiuto della naturale fissazione del carbonio) la concentrazione storica di CO2 atmosferica, unica forma di garanzia per garantire l'assenza di forzanti antropiche sul clima terrestre.
È ambigua perché la stessa direttiva da recepire salta con tranquillità dalla locuzione "gas serra" a "CO2" concetti che non possono e non devono essere confusi.
La proposta della Commissione per il protocollo di Parigi prevede che, per aderire al medesimo protocollo, ogni Paese dovrebbe assumere un impegno di riduzione delle proprie emissioni. Il punto debole della proposta è, evidentemente, quella che affida ad ogni singolo Paese di definire l'impegno di riduzione senza meccanismi di regolazione degli impegni nazionali, lasciando decisamente incerta, se non irraggiungibile, la possibilità di conseguire il taglio al 2050 del 60 per cento rispetto al 2010, tenuto conto, inoltre, che la somma degli impegni volontari dichiarati, sinora, dai principali Paesi non garantisce di contenere la variazione di temperatura entro i 2°C. Ferme restando le precedenti considerazioni, uno dei perni della politica climatica europea è l'adeguato funzionamento del sistema di scambio di quote di emissione dell'UE (ETS), ma per orientare le politiche europee e nazionali verso la decarbonizzazione è fondamentale intervenire anche attraverso una riforma della fiscalità in chiave ecologica, modificando l'attuale sistema dell'ETS, che ha lasciato scoperti settori chiave come i trasporti e i consumi domestici, e introducendo standard di performance energetica o di efficienza per le imprese, eliminando progressivamente sussidi dannosi per l'ambiente e prevedendo l'introduzione di una carbon tax sui carburanti per autotrazione;
considerato, infine, che:
le strategie e gli obiettivi delineati nel Pacchetto e le azioni ed iniziative proposte mostrano chiaramente che siamo di fronte ad un pacchetto complessivamente privo di ambizioni e che, se attuato nella attuale veste, non farà altro che perpetuare l'esistente, continuando a sottovalutare come efficienza energetica e prioritario sviluppo delle fonti rinnovabili siano l'unica opzione per raggiungere i declamati obiettivi di sicurezza, indipendenza, sostenibilità ed economicità energetica che i cittadini europei stessi auspicano;
la Commissione Europea si propone di cancellare ogni sussidio pubblico alle energie rinnovabili ma non chiarisce quale trattamento verrà riservato alle fonti fossili, che ad oggi godono di incentivi molto significativi;
del tutto irragionevole, se si intende realmente difendere il clima, appare la promozione della ricerca di nuovi giacimenti di idrocarburi e di combustibili fossili pericolosi come il carbone. La politica energetica prospettata dalla Commissione Europea è, dunque, ancora basata sulle fonti di energia fossili e sulle rendite di posizione ad essa legate, col rischio di generare ulteriori gravi instabilità degli equilibri geopolitici ai confini dell'Unione Europea, senza fornire il necessario slancio allo sviluppo di reti intelligenti, al risparmio energetico e alle fonti di energia rinnovabili che dovrebbero essere predominanti nella strategia sull'energia e alla lotta al cambiamento climatico;
desta forte preoccupazione, inoltre, l'approccio al tema dei combustibili non convenzionali e del nucleare. Lo sfruttamento di combustibili non convenzionali, come shale gas e shale oil, deve essere attentamente valutata sotto il profilo ambientale, dell'accettabilità sociale e della fattibilità tecnico-economica. Recenti studi mostrano come, specie in una fase di contrazione dei prezzi dei combustibili fossili tradizionali, non risulta strategicamente conveniente optare per i combustibili non convenzionali. Con riferimento al nucleare, la proposta della Commissione resta estremamente ambigua, in quanto non escludendo chiaramente l'utilizzo di tecnologie di produzione di energia elettrica da fonte nucleare attualmente disponibili, non attribuisce peso ai rischi e ai rilevanti problemi di gestione delle scorie, nonché ai costi estremamente elevati e non sostenibili;
la volontà della Commissione di volersi emancipare dalle importazioni di gas e petrolio russi senza indicarne tempistiche e costi, sposta solo l'attenzione su altri quadranti geopolitici estremamente volatili, senza determinare né una svolta decisiva verso l'indipendenza e la sostenibilità energetica, né una riduzione intelligente ed efficiente delle importazioni;
occorre senza indugi promuovere azioni volte al perseguimento di una maggiore coerenza nelle politiche comunitarie al fine di convergere decisamente in tutti i settori, compresi quelli delle reti e delle infrastrutture, sulle priorità delle fonti rinnovabili e dell'efficienza energetica, nonché la definizione di una governance dell'UE che permetta di raggiungere e superare gli obiettivi clima al 2030,
formulano, per quanto di competenza, parere contrario.
(7-00173)
MARTELLI