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Atto a cui si riferisce:
C.1/00891 premesso che: a partire dal 2008, il legislatore è intervenuto numerose volte per disciplinare l'uso del contante attraverso la fissazione di tetti massimi sempre più bassi e...



Atto Camera

Mozione 1-00891presentato daBUSIN Filippotesto diMercoledì 10 giugno 2015, seduta n. 439

La Camera,
premesso che:
a partire dal 2008, il legislatore è intervenuto numerose volte per disciplinare l'uso del contante attraverso la fissazione di tetti massimi sempre più bassi e l'introduzione di regole sempre più stringenti sulla tracciabilità dei pagamenti, con il fine di contrastare non soltanto il riciclaggio dei capitali di provenienza illecita, ma anche i fenomeni di elusione e di evasione fiscale;
il primo intervento in questa materia risale all'inizio degli anni ’90, con il decreto-legge n. 143 del 1991, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 197 del 1991, che ha introdotto un limite, relativo all'uso del contante, degli assegni liberi e dei libretti al portatore, pari a 12.500 euro. Nell'aprile 2008, però, con l'entrata in vigore del decreto legislativo «antiriciclaggio» 21 novembre 2007, n. 231 (emanato in attuazione della direttiva 2005/60/CE e della direttiva 2006/70/ CE), si è cercato di abbassare suddetto limite a euro 5.000. La nuova soglia è, però, rimasta in vigore per pochissimo tempo fino a quando, con il decreto-legge n. 112 del 2008, si è provveduto a ripristinarla al valore precedente di 12.500 euro. Successivamente, questa è stata nuovamente abbassata a euro 5.000, con l'entrata in vigore del decreto-legge n. 78 del 2010, per poi dimezzarsi a euro 2.500 ad opera decreto-legge n. 138 del 2011;
gli ultimi interventi legislativi più importanti sono stati introdotti con il decreto-legge «salva Italia» (decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214), il decreto-legge «semplificazioni» (decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35);
l'articolo 12 del decreto-legge n. 201 del 2011 ha, infatti, modificato l'articolo 49, comma 1, del decreto legislativo n. 231 del 2007, riducendo la soglia dei pagamenti da euro 2.500 a 1.000 per i pagamenti in contanti e l'utilizzo di assegni bancari/postali trasferibili, dei vaglia bancari o postali al portatore, nonché dei libretti di deposito bancari o postali al portatore;
con il decreto-legge «semplificazioni» si è, invece, introdotta una deroga alle norme sulla limitazione del contante in caso di acquisto di beni e servizi da parte dei cittadini extra-Unione europea presso i commercianti al minuto e le agenzie di viaggio e turismo e si sono introdotte, al contempo, nuove sanzioni per i trasferimenti transfrontalieri di denaro contante;
per effetto dell'articolo 12 del decreto-legge «salva Italia», che ha a sua volta modificato il decreto legislativo «antiriciclaggio», è quindi vietato il trasferimento di denaro contante e di libretti di deposito bancari o postali al portatore o di titoli al portatore in euro o in valuta estera, effettuato a qualsiasi titolo tra soggetti diversi, anche privati, quando il valore oggetto di trasferimento è complessivamente pari o superiore a euro 1.000. Ugualmente si è vietato il trasferimento con più pagamenti inferiori alla soglia che appaiono artificiosamente frazionati, ossia riferiti ad «un'operazione unitaria sotto il profilo economico di valore pari o superiore ai limiti stabiliti (...), posta in essere attraverso più operazioni, singolarmente inferiori ai predetti limiti, effettuate in momenti diversi ed in un circoscritto periodo di tempo fissato in sette giorni, ferma restando la sussistenza dell'operazione frazionata quando ricorrano elementi per ritenerla tale». Il frazionamento è, quindi, ammesso soltanto quando questo sia connaturato all'operazione commerciale (come per i contratti periodici) o conseguenza di un preventivo accordo tra le parti (pagamento rateale) e operazioni di prelievo e/o versamento di denaro contante richieste da un cliente ad una banca;
tale norma trova applicazione anche per il money transfer, ossia nel caso di trasferimento fondi all'estero, per i quali soltanto sotto la soglia dei 1.000 euro è possibile il trasferimento di fondi senza obblighi di documentazione;
unica deroga a questo regime è prevista dal successivo decreto-legge «semplificazioni» che ha previsto, per gli operatori del settore del commercio al minuto e le agenzie di viaggio e turismo la possibilità di vendere beni e servizi a cittadini stranieri non residenti in Italia, entro il limite di 15.000 euro, ma gli adempimenti a carico del cedente del bene o del prestatore del servizio restano comunque onerosi ed è possibile usufruire di tale deroga soltanto quando l'acquirente sia una persona fisica, che non abbia cittadinanza italiana né quella di uno dei Paesi dell'Unione europea e dello spazio economico europeo (Liechtenstein, Islanda e Norvegia) e risieda al di fuori del territorio dello Stato. Le obbligazioni da rispettate consistono, infatti: nell'acquisizione dal cliente della fotocopia del passaporto e dell'apposita autocertificazione ex decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestante la residenza (non italiana); nel versare il denaro incassato sul proprio conto corrente entro il primo giorno feriale successivo all'operazione; nel consegnare alla banca o alla posta copia della ricevuta della comunicazione all'Agenzia delle entrate, da effettuare esclusivamente in via telematica;
tali misure, oltre ad aver generato un aumento degli oneri finanziari e delle commissioni sulle singole transazioni a carico dei cittadini e a favore del sistema bancario, sta determinando da tempo gravi ripercussioni su più settori, come il turismo e il commercio, laddove sono sempre di più i turisti italiani che preferiscono trascorrere i viaggi o i periodi di vacanza in altri Paesi dove possono pagare comodamente con denaro contante, piuttosto che restare in Italia e pagare con carta di credito o assegno bancario, ma, soprattutto, ne stanno risentendo i flussi turistici provenienti dall'estero, in particolare da quelle aree o quei Paesi per cui non è possibile avere la deroga (Unione europea e spazio economico europeo), che, come denunciano gli operatori del settore, hanno subito un gravoso calo dovuto alle nuove imposizioni sulla normativa in materia di tracciabilità. Ugualmente, per i turisti provenienti da Paesi che rientrano nel regime derogatorio, gli eccessivi adempimenti a carico degli operatori, ricadenti inequivocabilmente anche sui cittadini extra Unione europea, frenano l'acquisto di beni e servizi nel nostro Paese da parte di questi turisti, dirottandoli verso mete estere. Questo accade specialmente nelle aree transfrontaliere, dove, per alloggiare e fare acquisti, i turisti esteri possono facilmente e velocemente raggiungersi località in cui non sono vigenti oneri né soglie, o in ogni caso, la circolazione di cartamoneta liquida non è soggetta ad un limite così basso;
inoltre, nelle zone transfrontaliere gli operatori economici di ogni settore risultano oltremodo svantaggiati: il loro volume degli affari diminuisce anche a causa degli stessi cittadini italiani che, abitando nelle zone di confine, possono facilmente recarsi nel territorio dei Paesi confinanti non soltanto per acquistare beni o servizi, ma anche per svolgere qualsiasi tipo di attività economica, compresa l'apertura di esercizi commerciali o attività d'impresa;
l'Italia, infatti, insieme al solo Portogallo, è il Paese europeo con il limite più basso: la Francia e il Belgio hanno stabilito a 3.000 euro il valore massimo di uso di contante, 2.500 euro la Spagna, 1.500 euro la Grecia, mentre ben 11 Paesi non prevedono alcun limite, tra cui l'Austria e la Slovenia. Questi ultimi due, in particolare, sono proprio i due Paesi confinanti con l'Italia che hanno maggiormente giovato dell'introduzione del limite all'uso della cartamoneta in Italia, vedendo riversarsi nei loro confini non soltanto i turisti che, senza una tale normativa, avrebbero scelto il nostro Paese, ma anche le stesse attività economiche e commerciali italiane di qualsiasi natura e comparto, con conseguente sottrazione di prodotto interno lordo italiano;
da tempo gli operatori economici richiedono che sia rivista tale soglia. La giustificazione addotta all'introduzione di una simile normativa, ossia la lotta all'evasione e all'elusione fiscale sembra da tempo essersi rivelata infondata. Da ultimo, anche un recente studio della Cgia di Mestre ha confermato come, nonostante l'introduzione di tali misure, l'evasione fiscale non abbia registrato alcun trend in diminuzione;
innanzitutto è necessario mettere in evidenza come, in Italia, la percentuale di unbanked, ossia persone che non hanno un conto corrente postale o bancario, raggiunga il 29 per cento della popolazione, pari a circa 15 milioni, rispetto alle percentuali molto più basse in Francia e Regno Unito (3 per cento) e Germania (2 per cento);
le cause di questo fenomeno sono da ricercare in ragioni culturali e sociali di una parte del nostro Paese in cui molti cittadini, di età avanzata e con un basso livello di istruzione, preferiscono tenere il denaro liquido piuttosto che depositarlo in una banca o alla posta, anche in ragione degli elevati costi richiesti per l'apertura e la tenuta di un conto corrente;
quindi, nonostante l'Italia abbia il limite più basso d'Europa, questo non sembra aver apportato effetti benefici alla lotta contro il fenomeno dell'evasione e dell'elusione fiscale, poiché non sembra esserci alcuna correlazione tra il limite all'uso di denaro contante e il rapporto tra la base imponibile iva non dichiarata e il prodotto interno lordo. Le ricerche della Cgia hanno, infatti, dimostrato come: «Tra il 2000 e il 2012 (ultimo anno in cui i dati sono disponibili), a fronte di una soglia limite all'uso del denaro che è rimasta pressoché stabile fino al giugno 2008, l'evasione ha registrato un andamento altalenante fino al 2006 per poi scivolare progressivamente fino al 2010. Se tra il 2010 e l'anno successivo l’“asticella” del limite al contante si è ulteriormente abbassata (passando da 5.000 a 1.000 euro), l'evasione, invece, è salita fino a sfiorare il 16 per cento del prodotto interno lordo, per poi ridiscendere nel 2012 sotto quota 14 per cento»;
dunque, l'unico effetto positivo della limitazione dell'uso del contante è ascrivibile alla lotta al riciclaggio di denaro proveniente da attività illecite, il cui volume non è però rilevato nelle statistiche ufficiali;
di converso, gli effetti depressivi sul prodotto interno lordo sono certi anche se difficilmente quantificabili;
a ciò si aggiunge un'ulteriore difficoltà degli operatori economici, di non minore importanza: con l'articolo 15, commi 4 e 5, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, recante «Misure urgenti per la crescita del Paese» (convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221), si è infatti introdotto l'obbligo del pagamento elettronico per le prestazioni professionali;
la disciplina prevede che «a decorrere dal 30 giugno 2014, i soggetti che effettuano l'attività di vendita di prodotti e di prestazione di servizi, anche professionali, sono tenuti ad accettare anche pagamenti effettuati attraverso carte di debito». Il decreto ministeriale, così come stabilito del decreto-legge, ha successivamente stabilito a 30 euro l'importo minimo oltre il quale si rende obbligatorio per gli esercenti accettare il pagamento elettronico da parte del cliente;
una simile previsione è andata soltanto ad aggravare ulteriormente gli esercenti, senza alcun particolare vantaggio per i consumatori, la maggior parte dei quali, secondo ripetute stime, non sente la necessità di dover cambiare le proprie abitudini di pagamento;
mentre, per i consumatori, normalmente, non sono previste commissioni, non è così per gli esercenti che sono costretti a versare alle banche delle esose commissioni, quasi fosse un'imposta aggiuntiva gravante su questa parte di contribuenti. La percentuale di commissioni da versare agli istituti di credito, calcolata sugli importi incassati mediante carta di credito o di debito, è pari a: in caso di bancomat, dallo 0,5 allo 0,7 per cento e, in caso di carte di credito o prepagate, dall'1 fino al 4 per cento. A questi costi si devono poi sommare la spesa per l'affitto del pos per un costo totale che raggiunge il 2-3 per cento del fatturato;
per i consumatori esiste, altresì, il rischio che le società di emissione e di gestione delle carte di credito, o talvolta anche le società che governano i circuiti di pagamento, possano strumentalmente utilizzare i dati sugli acquisti effettuati dai clienti per fornire, ad uso commerciale, informazioni a terzi circa le preferenze di questi ultimi;
nonostante le proteste degli esercenti e delle loro rappresentanze (Confesercenti ha subito stimato una spesa aggiuntiva per le piccole e medie imprese pari a 5 miliardi di euro ogni anno), i Governi che sia sono succeduti dal 2012 ad oggi sono sempre rimasti impassibili di fronte alle difficoltà che questi hanno sollevato nei confronti dei maggiori oneri a cui sono stati sottoposti, continuando a ritenere tali misure strumenti adeguati per la lotta all'evasione, mentre invece, come nel caso del limite all'uso del contante, questa sembra essere una normativa vantaggiosa esclusivamente per il settore bancario che in questo modo aumenta in modo certo i propri profitti;
sembra doveroso ed opportuno, dopo aver assistito a quella che ai firmatari del presente atto di indirizzo appare una perseverante opera di sostegno dei poteri economici forti del Paese, occuparsi ora in maniera concreta e tangibile delle problematiche ricadenti sulle piccole e medie imprese, sui commercianti e sui professionisti in generale, soprattutto per le gravi difficoltà economiche che questi sono ancora costretti a dover fronteggiare, perché la strada per uscire dalla crisi è ancora molto lunga e tortuosa,

impegna il Governo:

ad assumere le opportune iniziative normative e, in particolare, regolamentari al fine di:
a) anteporre necessariamente all'introduzione di soglie massime all'uso del contante, quale efficace misura di contrasto all'evasione fiscale, il preliminare accordo con gli altri Paesi dell'Unione europea e, in particolare, con quelli confinanti con l'Italia per la definizione di soglie uguali per tutti, al fine di evitare effetti distorsivi della concorrenza;
b) in mancanza del suddetto accordo, eliminare qualsiasi limite all'uso e alla circolazione di denaro contante in Italia, valutate l'inefficacia di un simile strumento nella lotta all'evasione fiscale e la perdita di prodotto interno lordo conseguente ai danni che tale normativa sta arrecando a tutti i settori economici del Paese, soprattutto nelle zone transfrontaliere e, tra queste, in particolar modo in quelle confinanti con Austria e Slovenia, come specificato in premessa;
c) a fare in modo che il sistema bancario adotti percentuali maggiormente favorevoli sulle commissioni dovute per il pagamento elettronico imposto ai soggetti dell'articolo 15, commi 4 e 5, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, assicurando, altresì, una maggior tutela della tracciabilità dei dati sugli acquisti effettuati affinché le società interessate al sistema di pagamento telematico non utilizzino in maniera impropria le propensioni all'acquisto e le preferenze commerciali dei clienti.
(1-00891) «Busin, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Rondini, Saltamartini, Simonetti».