• Testo RISOLUZIONE IN COMMISSIONE

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Atto a cui si riferisce:
S.7/00176 esaminato l'affare assegnato n. 557 concernente la "Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2013, Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia...



Atto Senato

Risoluzione in Commissione 7-00176 presentata da DANIELA DONNO
mercoledì 10 giugno 2015, seduta n.126

La 14ª Commissione permanente,
esaminato l'affare assegnato n. 557 concernente la "Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2013, Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2014 e Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2015"
rilevato che le due relazioni consuntive relative agli anni 2013 e 2014 arrivano all'esame del Senato con netto ritardo, quando ormai anche le politiche europee subiscono veloci mutamenti per far fronte agli eventi sociali, economi e politici globali e che la Relazione programmatica 2015 arriva a seguito del Semestre di Presidenza italiana del Consiglio e dopo il rinnovo delle Istituzioni europee assumendo la caratteristica di essere un bilancio dell'azione del Governo Italiano alla guida del Consiglio dell'Unione Europea;
nell'esame della Relazione programmatica si osserva che per quanto concerne il settore dell'industria non si possono non citare due importanti provvedimenti all'esame delle istituzioni europee che si collegano strettamente con la tutela del consumatore e della produzione italiana: la proposta di regolamento cosiddetto "MADE IN" che prevede l'introduzione dell'obbligo per i fabbricanti e gli importatori di apporre l'indicazione di origine sui prodotti. Il Governo continuerà ad appoggiare la proposta e a favorire il superamento dello stallo negoziale, in quanto questo regolamento europeo migliorerebbe la tracciabilità dei prodotti e il contrasto alle false indicazioni di origine. Altrettanto impegno viene sottolineato per quanto riguarda la dubbia applicazione del Regolamento UE 1169/2011 relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, con un inasprimento delle sanzioni per il mancato rispetto delle indicazioni sulle etichette. Riteniamo che sia la trasparenza la leva su cui devono puntare le aziende e le istituzioni, perché chi arriverà a condividere questa visione del commercio e del rapporto con i consumatori sarà anche chi genererà profitti e rilancerà l'economia;
uno degli obiettivi del semestre di Presidenza italiano del Consiglio dell'Unione europea era l'approvazione della proposta di regolamento sull'etichetta di origine dei prodotti europei che è rimasto impantanato dal veto incrociato degli Stati dell'Europa settentrionale e di quelli mediterranei. L'Europa non dispone, a differenza di altri grandi esportatori come la Cina o gli USA, di un regolamento che obblighi a indicare l'origine dei prodotti. La proposta di regolamento europeo risale a ben 9 anni fa e, pur essendo stata approvata dal Parlamento europeo, in Consiglio viene bloccata. L'informazione obbligatoria testuale, e non solo numerica come su carni e latticini, che identifica lo stabilimento di produzione è fondamentale per tutelare il Made in Italy che troppo spesso è vittima di truffe internazionali. Basti pensare che il danno arrecato a tutti noi e all'economia italiana dai falsi prodotti italiani nel mondo ammonta a 60 miliardi di euro l'anno. Una cifra enorme che potrebbe essere recuperata se vi fosse l'obbligo di scrivere sull'etichetta l'indirizzo della fabbrica che produce. Il semestre di presidenza in cui il Governo avrebbe potuto, in via teorica, trovare un accordo e accelerare sulla mediazione per arrivare all'approvazione del regolamento si è risolto con un nulla di fatto, si è rimandato, rinviando il tutto all'anno in corso dopo i risultati di un nuovo studio, l'ennesimo, sui presunti costi che l'obbligo di indicazione d'origine potrebbe comportare per le imprese;
sugli appalti pubblici è in corso in questi giorni l'esame del disegno di legge delega per il recepimento delle direttiva sugli appalti e concessioni su cui si ritiene opportuno promuovere a livello europeo una nuova normativa che limiti da un lato l'utilizzo dell'avvalimento negli appalti pubblici e da un lato preveda un forte coinvolgimento delle comunità territoriali nel caso della realizzazione di grandi opere;
strettamente legato al settore dell'industria è anche il rilancio dell'occupazione, sebbene le politiche europee in questo ambito sono di mero coordinamento e molto è lasciato agli Stati membri è opportuno incentivare le politiche di tutela del lavoro, anche contrastando il fenomeno della delocalizzazione delle industrie e aziende che colpisce spesso le aree critiche dell'Unione Europea tra cui l'Italia Meridionale;
per il settore dell'energia, si fa ampio riferimento all'Atto COM (2015) 80 recante Comunicazione su "Una strategia quadro per un'Unione dell'energia resiliente, corredata da una politica lungimirante in materia di cambiamenti climatici" meglio nota come Energy Union. Il testo della Comunicazione presenta le iniziative che la Commissione europea intende adottare nel biennio 2015-2017 per sviluppare una comune politica energetica europea, la cosiddetta Energy Union, al fine di far fronte alle sfide dei cambiamenti climatici raggiungendo gli obiettivi di sicurezza, stabilità ed equità energetica; sono quindici le iniziative che la Commissione intende intraprendere ricomprendendo tutto il ciclo energetico, dall'approvvigionamento delle fonti primarie, alla produzione e distribuzione dell'elettricità, revisionando sia la normativa vigente che proponendo nuovi testi normativi; il Governo, inoltre, si impegna, a seguito dell'adozione da parte del Consiglio europeo del 23 e 24 ottobre 2014 del quadro di riferimento al 2030 per il clima e l'energia, a sostenere il sistema di scambio delle quote di emissione CO2;
nonostante i buoni propositi, la politica energetica prospettata dalla Commissione europea è ancora basata sulle fonti di energia fossili e sulle rendite di posizione ad esse legate, col rischio di generare ulteriori gravi instabilità degli equilibri geopolitici ai confini dell'Unione europea, senza fornire il necessario slancio allo sviluppo di reti intelligenti, al risparmio energetico e alle fonti di energia rinnovabili che dovrebbero assumere la preminenza nella strategia europea sull'energia e la lotta al cambiamento climatico. La Commissione europea si propone di cancellare ogni sussidio pubblico alle energie rinnovabili, ma non chiarisce quale trattamento verrà riservato alle fonti fossili, che ad oggi godono di incentivi molto significativi;
per quanto concerne il meccanismo delle quote di emissione, questo meccanismo ha da un lato comportato una diminuzione della CO2 prodotta all'interno dei confini europei, dall'altro, ha favorito la delocalizzazione delle stesse in Paesi dove non vi sono particolari limiti di emissione senza, di fatto, contribuire al raggiungimento dell'obiettivo di riduzione dall'aria di CO2. Si ritiene, pertanto, che ricorrere al sistema per lo scambio di quote di emissione di CO2, così come previsto dall'applicazione del protocollo di Kyoto, non risolve il problema della riduzione dell'emissione di gas serra in quanto, l'accantonamento temporaneo delle quote - messe successivamente all'asta e acquistate da industrie che inquinano di più per aumentare legalmente la loro quota di emissione - è un modo per alimentare un profitto che non genera risultati. Al contrario, sarebbe più opportuno investire e indirizzare quei profitti esclusivamente verso investimenti ambientali obbligando le imprese a investire per arrivare alle emissioni zero;
una politica energetica basata ancora sui combustibili fossili spinge gli Stati membri a una continua ricerca di nuove fonti di approvvigionamento e ne è sintomatico il vertiginoso incremento della ricerca di idrocarburi nel Mar Mediterraneo. Sono molteplici le ripercussioni che questo tipo di operazioni hanno sulla fauna acquatica ed in particolare sui mammiferi marini. Diventa, dunque, di fondamentale importanza utilizzare tecniche metodiche meno invasive a tutela dell'ambiente, specificamente volte a minimizzarne l'impatto acustico, soprattutto in un mare come il Mediterraneo, noto per la tipica biodiversità, ma anche per l'estrema vulnerabilità all'inquinamento, incluso quello acustico. E' necessario promuovere un intervento europeo al fine di prevenire ed eventualmente risolvere disastri ambientali, in quanto al momento non è disponibile un quadro di garanzie e di controlli indipendenti, adeguati ad evitare che le operazioni di prospezione e ricerca degli idrocarburi mettano a rischio l'ecosistema marino e le fasce costiere;
in riferimento agli aspetti legati al commercio, partendo dal dato di fatto che gli Stati Uniti sono il maggiore partner strategico dell'Unione europea, il Governo si propone di sostenere l'ampliamento e l'ulteriore rafforzamento delle relazioni UE-USA, mantenendo un costante raccordo sulle principali questioni dell'agenda internazionale e promuovendo il rilancio del negoziato TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership). L'Italia, secondo gli intenti del Governo, sosterrà una rapida conclusione dei negoziati per il TTIP attraverso un'intesa bilanciata ed onnicomprensiva, coerente con il mandato negoziale, che sia suscettibile di produrre ricadute positive sulle due sponde dell'Atlantico in termini di crescita economica, occupazione e mobilità. Il negoziato prevede che, a trattato ratificato, si crei un organismo tecnico congiunto USA - UE di cooperazione sulle regolamentazioni, che armonizzerebbe le normative e gli standard in autonomia e senza alcun controllo degli organismi democraticamente eletti. Non c'è bisogno di aree grigie di decisione tra interessi economici, ma di un ampliamento sostanziale della partecipazione democratica nella ricerca di soluzioni condivise;
pur considerando positiva la declassificazione del mandato di negoziato ora pubblico, rimangono sul futuro accordo numerose insidie. Tra gli elementi di criticità sicuramente la clausola cosiddetta ISDS "Investor to state dispute settlement" che se nasce con l'intenzione di difendere gli investitori nei casi di discriminazione o esproprio, è stata oggetto di un uso distorto da parte di alcune multinazionali con ricadute nelle politiche pubbliche. L'arbitrato ISDS permetterebbe alle imprese di denunciare i Governi in caso di leggi e normative che impattino sui loro profitti. Tale clausola andrebbe eliminata, perché potrebbe limitare la sovranità degli Stati Membri dell'UE. Lo stallo del Parlamento Europeo sul dibattito sul TTIP e il rinvio delle votazioni sono sintomo delle criticità dell'accordo e delle divisioni delle forze politiche europee su un argomento così cruciale che influenzerà le relazioni economiche e commerciali future;
sulle politiche in materia di uso efficiente delle risorse, rifiuti aria e protezione del suolo pur proseguendo l'interesse del Governo sul "pacchetto rifiuti", che comprende la revisione di sei direttive concernenti la gestione dei rifiuti, delle discariche e di alcune tipologie specifiche di rifiuti quali gli imballaggi, i veicoli a fine vita, le pile ed i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche. A tal fine si ritiene utile fissare dei meccanismi volti, in coerenza con quanto indicato dall'Unione Europea, alla realizzazione di una filiera seria e alternativa agli impianti locali di gestione dei rifiuti, accompagnate da scelte lungimiranti improntate al riutilizzo nonché al riciclaggio e alla riduzione al minimo dei materiali di scarto, realizzando, così, la tanto voluta "economia circolare";
il rilancio del settore agricolo e agroalimentare occupa una parte ridotta della Relazione programmatica in esame. Il mercato agroalimentare è uno dei pilastri dell'economia, nonché della tradizione, italiana ed è necessario mettere in campo ogni azione pur di preservarne il valore; tale settore è uno dei pochi ad aver registrato in questi anni, nonostante la crisi economica, risultati positivi ed aver contribuito, come anche recentemente certificato dall'Istat, a riportare in crescita il numero degli occupati, offrendo maggiori opportunità lavorative anche alla componente femminile (in Italia il settore agricolo dà lavoro a 1,3 milioni di donne, secondo l'Eurostat);
si ritiene necessario che siano poste in essere misure concrete al fine di:
a) in merito alla difesa fitosanitaria, disciplinare con strumenti normativi specifici di immediata attuazione, il contrasto alla estinzione od erosione delle risorse vegetali od animali conseguenti a fenomeni di contagio epidemico o fitosanitario da specie di particolare virulenza e provenienti da paesi extracomunitari ovvero da modificazione genetica di specie già in essere, come, da ultimo, il caso della diffusione della Xylella fastidiosa, o della Aethinia tumida;
b) con riferimento al settore dei mezzi di produzione, operare specifici interventi, anche attraverso incentivi di tipo economico, in favore delle tecniche agronomiche conservative e di basso o nessun impatto ambientale come la permacultura;
c) in merito al settore della pesca, ad operare nelle opportune sedi comunitarie al fine di: stabilire i periodi di fermo pesca obbligatori sulla base di rigorose valutazioni scientifiche al fine di privilegiare i tempi richiesti dal ciclo biologico delle specie ittiche e di consentire quindi la riproduzione e il ripopolamento degli stock ittici; ridiscutere la normativa in materia di pesca delle vongole e relative sanzioni a tutt'oggi fortemente penalizzanti per il mercato interno; assicurare che il Paesi del vicinato, che condividono bacini marini con Paesi membri, e soprattutto i Paesi di più recente adesione quali la Croazia, rispettino senza deroghe, ancorché transitorie, la normativa in materia di Politica Comune della Pesca ed in particolare quelle relative alla sospensione delle attività di pesca ai fini del ripopolamento degli stock ittici;
d) al fine di tutelare i prodotti di produzione italiana e contrastare le frodi alimentari, porre in essere: una incisiva azione politica, a livello comunitario, al fine di conservare l'obbligatorietà dell'informazione testuale, e non solo numerica identificativa, dello stabilimento di produzione; porre in essere, al livello nazionale, specifiche normative di applicazione delle norme comunitarie relative all'adeguamento circa l'eventuale presenza di allergeni ed alle sanzioni da applicare agli operatori che non ottemperano agli obblighi previsti dal Regolamento (UE) 1169/2011 in materia di fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, al fine di dotare le Autorità preposte ai controlli degli strumenti necessari a garantire la corretta applicazione delle disposizioni in esso contenute.
e) perseguire una politica di netto contrasto alla immissione in ambiente di organismi geneticamente modificati per l'agricoltura.
(7-00176)
DONNO,FATTORI