• Testo ODG - ORDINE DEL GIORNO IN ASSEMBLEA

link alla fonte scarica il documento in PDF

Atto a cui si riferisce:
C.9/01248-AR/1 ... premesso che: la cultura costituisce, prima di tutto, un diritto fondamentale dei cittadini e da questo principio discende la responsabilità pubblica di sostenerne lo sviluppo e la...



Atto Camera

Ordine del Giorno 9/01248-AR/110presentato daORFINI Matteotesto diMercoledì 24 luglio 2013, seduta n. 59

La Camera,
premesso che:
la cultura costituisce, prima di tutto, un diritto fondamentale dei cittadini e da questo principio discende la responsabilità pubblica di sostenerne lo sviluppo e la diffusione e di porre le politiche culturali al centro di un'idea di crescita sociale, civile ed economica del Paese;
nonostante le difficoltà create dalla grave crisi economica, bisogna avvicinare progressivamente la spesa pubblica a livelli europei, partendo dal presupposto che quello in cultura è un investimento, e al tempo stesso individuare strumenti di programmazione che aiutino a spendere meglio e a evitare la dispersione di risorse;
occorre fare di più per attrarre nuove risorse private nel settore della cultura perché, come dimostrato dall'esperimento degli incentivi fiscali per il cinema, se ben congegnate, queste politiche aiutano lo sviluppo del settore e portano allo Stato risorse maggiori di quelle a cui rinuncia;
per promuovere mecenatismo e sponsorizzazioni è necessario ripensare e armonizzare l'intero settore le defiscalizzazioni, che consideriamo il principale strumento per attrarre investimenti, pur riconoscendone alcuni limiti, semplificare le procedure amministrative e di sburocratizzare le piccole liberalità individuali;
l'Italia ha bisogno di vere e proprie politiche industriali dedicate al comparto creativo e culturale, come precondizione per uscire dalla crisi: l'impegno economico profuso in questi settori in occidente e tra i paesi in via di sviluppo dimostra che la competitività e il benessere collettivo aumentano solo di pari passo alla diffusione della cultura e agli investimenti nell'innovazione;
secondo il rapporto Symbola Unioncamere 2012, le imprese registrate nel settore produttivo culturale nel 2011 (escluse le cosiddette industrie correlate) erano 443.653, il 7,3 per cento delle imprese italiane registrate; esse hanno prodotto in termini di valore aggiunto 75,806 miliardi di euro che corrispondono a circa il 5,4 per cento dell'economia nazionale, in termini di occupazione, il settore sviluppa 1.390.000 addetti pari al 5,6 per cento del totale degli occupati;
fino al 2005, l'Italia era seconda solo alla Cina in questo particolare settore dell'export ed era il primo tra i paesi cosiddetti «sviluppati»; il nostro Paese, secondo i dati UNCTAD 2008, esportava in tutto il mondo circa 28 miliardi di dollari di prodotti culturali e creativi, possedeva una quota del mercato mondiale pari all'8,3 per cento e poteva vantare un tasso di crescita nel periodo 2000-2005 del 5,9 per cento. Ma solo pochi anni dopo, l'Italia, nella Top 20 dei paesi esportatori di beni creativi, è scivolata al quinto posto dietro Cina, USA, Germania e Hong Kong, ed è scesa dal primo al terzo posto tra i paesi sviluppati (Rapporto 2010 UNCTAD sull'Economia Creativa);
le industrie culturali e creative rappresentano uno dei settori trainanti in Europa: esse producono il doppio dei ricavi dell'industria automobilistica, crescono ad una velocità molto superiore rispetto alle altre industrie, producono occupazione anche nei periodi di crisi, impegnano lavoratori altamente qualificati ed è solo attuando le necessarie politiche di sostegno e sviluppo del settore che possiamo scongiurare il rischio che l'Italia perda lo straordinario vantaggio competitivo che la sua storia le ha regalato;
il programma Europa Creativa dell'Unione Europea, che stabilisce misure e stanziamenti per cultura, media e audiovisivo per il settennio 2014-2020, costituisce una opportunità strategica per gli operatori del settore culturale e creativo italiani, ma è necessario che il nostro sistema si dia strumenti adeguati e maggiore capacità di programmazione;
riconoscendo la qualifica di micro, piccola e media impresa ai sensi della disciplina comunitaria vigente in materia ai soggetti produttori di attività, beni e servizi culturali, così come definiti ai commi 4 e 5 dell'articolo 4 della Convenzione UNESCO sulla protezione e la promozione delle diversità delle espressioni culturali, conclusasi a Parigi il 20 ottobre 2005 e ratificata dall'Italia il 19 febbraio 2007 con Legge n. 19, e agli organismi dello spettacolo, nelle diverse articolazioni di genere e di settori di attività cinematografiche, teatrali, musicali, di danza, di circhi e di spettacoli viaggianti, costituiti in forma di impresa, si potrà applicare anche alle imprese del settore culturale e creativo la normativa e gli incentivi in vigore per le micro, piccole e medie imprese, come i finanziamenti per lo sviluppo delle PMI, il sostegno alle imprese – in particolare nella fase di start up – per portarle a camminare sulle proprie gambe, ma anche nei processi di internazionalizzazione, nelle attività di formazione e aggiornamento professionale delle maestranze, accesso al credito, norme anti trust;
la governance pubblica per il cinema e l'audiovisivo deve essere orientata ad obiettivi culturali e di interesse collettivo: la formazione e la qualificazione professionale; il sostegno e la promozione della sperimentazione, dell'innovazione dei linguaggi, delle opere prime e seconde e delle opere difficili; la promozione estera; la diffusione del cinema e dell'audiovisivo presso il pubblico; il sostegno alla fruizione e all'ampliamento della domanda; la salvaguardia e la valorizzazione delle sale di prossimità e dei circuiti di qualità;
è indispensabile dare al settore cinematografico, e in generale al settore audiovisivo nel suo complesso, la cui attività è fortemente connotata dalla necessità di programmazione a lunga scadenza, utili e significative certezze, nel presente difficile frangente economico, sul mantenimento di uno strumento di sostegno come il tax credit che ha dato, in questi primi tre anni di attuazione, ottimi risultati, tanto da essere considerato ormai imprescindibile per il cinema italiano;
le politiche di sviluppo devono accompagnare le imprese indipendenti sul mercato e farle diventare competitive e autonome; e con esse sostenere le produzioni meno commerciali. Aprire un mercato particolarmente oppresso dalle concentrazioni come quello cineaudiovisivo è una condizione indispensabile per garantirne il pluralismo;
la disciplina di sostegno pubblico per il cinema (decreto legislativo n. 28/2004 – «Legge Urbani») stabilisce che l'accesso ai contributi statali per la produzione dei film sia vincolato, tra l'altro, ad un sistema di reference a punteggio che coinvolge la parte artistica e creativa dell'opera proposta al finanziamento, favorendo i film ai quali partecipano sceneggiatori, registi, attori già noti e accreditati presso il pubblico e, dunque, sul mercato. Abolire il reference artistico, previsto per l'accesso ai contributi statali per la produzione dalle norme per il sostegno pubblico, modificando le norme della Legge Urbani (decreto legislativo n. 28 del 2004), favorirebbe invece la possibilità di accesso ai contributi dello Stato a quei progetti realizzati con il lavoro dei più giovani e degli emergenti;
i così detti «premi sugli incassi» stabiliti dall'articolo 10 del decreto legislativo n. 28 del 2004 sono individuati dalla disposizione di legge come «incentivi per la produzione», ma il meccanismo in base al quale vengono erogati li trasforma, di fatto, in aiuti automatici di Stato per le imprese di produzione, che premiano quasi unicamente il main stream e alimentano le posizioni dominanti, sia sotto il profilo imprenditoriale, che sotto il profilo dei generi (circostanza questa che, tra l'altro, mette in mora l'Italia rispetto al Trattato europeo sulla libera concorrenza). Destinare, a saldi invariati, le risorse assegnate ai così detti «premi sugli incassi» a produzioni a basso costo, opere sperimentali, opere prime e seconde, darebbe forza a nuove iniziative, nuovi linguaggi e nuove forme imprenditoriali grazie ad una redistribuzione dei fondi pubblici;
l'audiovisivo, a differenza di quanto accade in Europa, è trattato nella legislazione italiana separatamente dal cinema e trova una sua collocazione solo nel Testo Unico per i Servizi Media Audiovisivi e Radiofonici (decreto legislativo n. 177 del 2005, che ha raccolto nell'articolo 44 le norme ex legge n. 122 del 1998 – cosiddetto Legge Veltroni) nella parte riguardante gli obblighi di investimento e di programmazione di opere europee da parte delle televisioni. L'esclusione dell'audiovisivo da una legislazione di sostegno organica e che ne riconosca l'interesse culturale, impedisce all'Italia di far valere per questo comparto il principio dell'eccezione culturale e tale carenza normativa è stata ed è tutt'ora anche la causa del fenomeno della delocalizzazione estera delle produzioni di ambientazione italiana;
le modifiche apportate al T.U. dei Media Audiovisivi e Radiofonici nel 2010 con il cosiddetto decreto Romani hanno, tra l'altro, prodotto la cancellazione del regolamento AgCom che recava una disciplina sui diritti di utilizzazione economica delle opere audiovisive tra i diversi soggetti (produttori ed emittenti televisive) determinando l'assenza di norme di salvaguardia per i produttori indipendenti nella negoziazione dei diritti di sfruttamento commerciale delle opere con i broadcaster, il che produce l'impossibilità per le imprese di produzione di formare un proprio patrimonio impedendo così alle stesse, tra l'altro, di accedere ai finanziamenti del programma europeo MEDIA;
il Fondo Unico dello Spettacolo che la legge 12 novembre 2011 n.133 aveva stabilizzato in 411 milioni di euro per il triennio 2012/2014, è stato ridotto dalla Legge di Stabilità 2013 di 21 milioni di euro per il corrente esercizio;
per le Fondazioni lirico sinfoniche, i Teatri stabili, e altre importanti istituzioni culturali italiane, come i circuiti teatrali regionali, l'inserimento nell'elenco ISTAT (articolo 1, comma 144 della legge 24 dicembre 2012, n. 228) impatta negativamente sui bilanci, in una misura che varia dal 15 all'80 per cento, per le spese su «consumi intermedi» che costituiscono elementi primari dell'attività svolta in riconoscimento di un pubblico interesse;

impegna il Governo:

a mettere in atto tutte le azioni e gli interventi normativi e finanziari e le opportune correzioni delle norme vigenti al fine di favorire lo sviluppo delle industrie culturali e creative come elemento strategico per la ripresa della crescita del Paese, sostenendole nelle fasi di start up e nei processi di consolidamento ed internazionalizzazione;
a perseguire l'obiettivo di portare progressivamente la spesa pubblica per la cultura ai livelli europei, considerando la cultura un investimento fondamentale per la crescita e lo sviluppo, ad operare le compensazioni normative volte a fornire ai comparti della cultura e della creatività gli strumenti indispensabili per il loro funzionamento e sviluppo, ad armonizzare gli interventi fiscali a partire dal ripristino del contributo destinato al rifinanziamento del tax credit per il cinema integrando i fondi mancanti ed estendendo il tax credit al comparto dell'audiovisivo e alle altre forme di spettacolo dal vivo, a ripensare e armonizzare l'intero settore le defiscalizzazioni, semplificare le procedure amministrative e sburocratizzare le piccole liberalità individuali per promuovere mecenatismo e sponsorizzazioni.
9/1248-A-R/110. Orfini, Coccia, Coscia, D'Ottavio, Malpezzi, Carocci, Manzi, Rampi, Pes, Raciti, Ghizzoni, Blazina, Rocchi, Bonafè, Piccoli Nardelli, Antezza, Basso.