• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA ORALE

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Atto a cui si riferisce:
S.3/01981 CANTINI - Ai Ministri del lavoro e delle politiche sociali e della salute - Premesso che: l'art.47, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1970 n. 639, nel testo...



Atto Senato

Interrogazione a risposta orale 3-01981 presentata da LAURA CANTINI
martedì 16 giugno 2015, seduta n.465

CANTINI - Ai Ministri del lavoro e delle politiche sociali e della salute - Premesso che:

l'art.47, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1970 n. 639, nel testo originario stabiliva, che nelle controversie pensionistiche l'avente diritto era tenuto a proporre azione giudiziaria entro un termine di 10 anni dalla data di comunicazione della decisione del ricorso pronunziata dai competenti organi dell'istituto ovvero dalla data di scadenza del termine stabilito per la pronunzia della predetta decisione, pena la decadenza del diritto;

successivamente tale articolo è stato modificato dall'art.4 del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 novembre 1992, n. 438 in cui si stabilisce che: " Per le controversie in materia di trattamenti pensionistici l'azione giudiziaria può essere proposta, a pena di decadenza, entro il termine di tre anni dalla data di comunicazione della decisione del ricorso pronunziata dai competenti organi dell'Istituto o dalla data di scadenza del termine stabilito per la pronunzia della predetta decisione, ovvero dalla data di scadenza dei termini prescritti per l'esaurimento del procedimento amministrativo, computati a decorrere dalla data di presentazione della richiesta di prestazione. Per le controversie in materia di prestazioni della gestione di cui alla L. 9 marzo 1989, n. 88, art. 24 l'azione giudiziaria può essere proposta, a pena di decadenza, entro il termine di un anno dalle date di cui al precedente comma"; in sostanza la modifica riduce a 3 anni il termine entro cui l'avente diritto avrebbe potuto proporre l'azione giudiziaria;

l'art. 38 comma. 1, lettera d), del decreto-legge 6 luglio 2011 n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, ha aggiunto al citato art. 47 un ultimo comma, in cui si stabilisce che "Le decadenze previste dai commi che precedono si applicano anche alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l'adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito. In tal caso il termine di decadenza decorre dal riconoscimento parziale della prestazione ovvero dal pagamento della sorte", precisando, inoltre, al comma 4 che "le disposizioni di cui al comma 1, lett. c) e d) si applicano anche ai giudizi pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore del presente decreto";

la Corte di cassazione, sezioni unite, con la sentenza n. 6491 del 1996 aveva stabilito che l'art. 47 del decreto del Presidente della Repubblica n. 639 del 1970 si applica soltanto alla domanda giudiziale proposta a seguito di reiezione del ricorso amministrativo o, comunque, di esercizio del diritto alla prestazione previdenziale, non anche ai casi in cui il privato chieda un adeguamento della prestazione già riconosciuta dall'ente previdenziale;

tale pronuncia aveva provocato un contrasto all'interno della sezione lavoro della stessa corte suprema che, in alcuni casi, non si era adeguata al dictum delle sezioni unite;

sul punto le sezioni unite della suprema corte di cassazione sono quindi intervenute nuovamente con la sentenza n. 12720 del 2009 depositata il 29 maggio 2009 e prevedendo che: "la decadenza di cui all'art. 47 del d.p.r. n. 39 del 1970 - come interpretato dall'art. 6 del d.l. 29 marzo 1991 n. 103, convertito nella legge 1 giugno 1991 n. 166 - non può trovare applicazione in tutti quei casi in cui la domanda giudiziale sia rivolta ad ottenere non già il riconoscimento del diritto alla prestazione previdenziale in sé considerata, ma solo l'adeguamento di detta prestazione già riconosciuta in un importo inferiore a quello dovuto, come avviene nei casi in cui l'Istituto previdenziale sia incorso in errori di calcolo o in errate interpretazioni della normativa legale o ne abbia disconosciuto una componente, nei quali casi la pretesa non soggiace ad altro limite che non sia quello della ordinaria prescrizione decennale" si sono espresse nel senso dell'inapplicabilità della decadenza alle domande di adeguamento di prestazioni previdenziali già riconosciute e liquidate solo parzialmente dall'ente previdenziale; in tal modo venendo ribadito che i termini di decadenza previsti dall'art. 47 del decreto del Presidente della Repubblica n. 639 del 1970 non si applicano ai casi in cui la domanda giudiziale sia rivolta ad ottenere, non già il riconoscimento del diritto alla prestazione previdenziale in sé considerata, ma solamente l'adeguamento di tale prestazione già riconosciuta in un importo inferiore a quello dovuto;

secondo quanto risulta all'interrogante a tale pronuncia sono seguite solo sentenze nello stesso senso (Cassazione, sezione lavoro, n. 948 e n. 1580 del 2010);

a seguito del mutamento legislativo del 2011 delle sezioni unite, con un'ordinanza interlocutoria del 19 dicembre 2011, n. 27279, la Corte ha restituito gli atti alla sezione lavoro perché valutasse, alla luce dello ius superveniens rappresentato dall'art. 38, comma 1, lettera d) e 4 del decreto-legge n. 98 del 2011, la persistenza dell'opportunità di investire le sezioni unite della richiesta di nuova valutazione in ordine all'applicabilità dell'art. 47 del decreto del Presidente della Repubblica n. 639 e successive modificazioni, anche al caso di domanda di riliquidazione di una prestazione previdenziale nei termini rappresentati nell'ordinanza di rimessione;

tale mutamento legislativo ha provocato un mutamento giurisprudenziale fortemente sfavorevole per i lavoratori, anche per cause legate all'amianto; ciò ha fatto si che quei lavoratori a cui a seguito di ricorso era stata riconosciuta una maggiorazione contributiva o un aumento dell'anzianità per esposizione all'amianto, si sono trovati a dover restituire i trattamenti pensionistici ricevuti;

in particolare, oggi 80 ex lavoratori vetrai dell'empolese, venuti a contatto con l'amianto nel corso della loro vita lavorativa, si trovano a dover restituire somme anche ingenti per aver ottenuto a seguito di giudizio la citata maggiorazione pensionistica;

considerato che:

a tali lavoratori oggi viene negato un diritto riconosciuto in passato;

fino al 2005 le sentenze in merito sono state favorevoli ai lavoratori esposti all'amianto che avevano fatto richiesta della maggiorazione contributiva; solo nell'empolese si contano circa 400 ex lavoratori che hanno beneficiato della maggiorazione, creando, in tal modo una situazione di sostanziale disparità tra situazioni simili;

l'esposizione all'amianto è causa riconosciuta di gravi malattie,

si chiede di sapere:

se ai Ministri in indirizzo risulti quante siano le situazioni di decadenza dai benefici previdenziali per esposizione all'amianto che il cambiamento della normativa sulla decadenza previdenziale ha prodotto;

se non si ritenga di dover intervenire, entro i limiti di propria competenza, per tutelare le situazioni in cui siano coinvolti lavoratori comunque esposti all'amianto.

(3-01981)