• Testo RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA

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Atto a cui si riferisce:
S.6/00115 esaminata la relazione del Governo sugli effetti finanziari derivanti dalla sentenza della Corte costituzionale n. 70 del 2015 in materia di indicizzazione delle pensioni; premesso...



Atto Senato

Risoluzione in Assemblea 6-00115 presentata da ANNA BONFRISCO
mercoledì 17 giugno 2015, seduta n.467

Il Senato della Repubblica,
esaminata la relazione del Governo sugli effetti finanziari derivanti dalla sentenza della Corte costituzionale n. 70 del 2015 in materia di indicizzazione delle pensioni;
premesso che:
l'articolo 24, comma 25, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214 prevede per gli anni 2012 e 2013 il blocco della rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici, secondo il meccanismo stabilito dall'articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, superiori a tre volte il trattamento minimo INPS, fissato con il decreto-legge n. 201 del 2011;
sulla disposizione del citato articolo 24 è intervenuta la dichiarazione di illegittimità costituzionale, sancita dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 70 del 2015;
al fine di dare attuazione alla richiamata sentenza, il Governo ha approvato il decreto-legge 21 maggio 2015, n. 65, il cui articolo 1 prevede una misura della rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici di importo pari o inferiore a sei volte il trattamento minimo INPS, relativamente agli anni 2012 e 2013 e con effetti anche sugli anni successivi, insieme ad altre misure;
considerato che:
le disposizioni contenute nel richiamato articolo 1 del decreto-legge n. 65 del 2015 modificando retroattivamente le regole concernenti la rivalutazione pensionistiche definiscono, nei fatti, una restituzione parziale delle somme complessivamente rivalutabili in assenza del citato articolo 24, comma 25: poco più di 2 miliardi, per circa 4 milioni di pensionati aventi diritto, contro i circa 18 miliardi che sarebbero stati necessari per evitare la censura della Suprema Corte per violazione degli articoli 36 e 38 della Costituzione;
la scelta del Governo, certamente dettata dalla contingente situazione finanziaria - come evidenziato nel citato articolo 1 del decreto-legge n. 65 del 2015 - tuttavia risulta contraria ai principi di proporzionalità, adeguatezza e ragionevolezza imposti dalla Costituzione in materia di diritto alla pensione che invece, secondo la richiamata sentenza, sono stati violati dal citato decreto-legge n. 201 del 2011;
la scelta del Governo appare sostanzialmente in contrasto con il principio dell'equilibrio di bilancio, considerato che la restituzione in questione configura un'operazione in decifit, dovuta all'utilizzo di risorse derivanti da ipotetiche risorse, il cosiddetto "tesoretto" che l'Esecutivo avrebbe individuato nel recente Documento di economia e finanza per il 2015;
la restituzione integrale degli arretrati a tutti gli aventi diritto costituisce per l'intera platea una possibilità non solo teorica, ma anche effettiva, stante alcune pronunce della magistratura su ricorsi presentati contro la mancata indicizzazione delle pensioni stabilita dal "Salva Italia" del 2011, che hanno imposto all'INPS la restituzione integrale degli arretrati;
tale eventualità, sebbene rappresenti il modo più diretto per garantire il rispetto del principio di uguaglianza di trattamento da parte di chi ha pagato i contributi e chi deve ricevere una somma equivalente in termini reali e non solo monetari, costituirebbe nel breve periodo un vulnus alla disciplina di bilancio, incidendo negativamente sui parametri macroeconomi e aprendo la strada ad un inopportuno quanto insostenibile intervento della clausole di salvaguardia e ad una procedura per decifit eccessivi che, come evidenziato nella relazione del Governo, costituirebbe un ostacolo insormontabile alla possibilità di usufruire della cosiddetta clausola delle riforme;
l'imprescindibile garanzia di trattamenti pensionistici e salariali adeguati anche nel tempo non può essere disgiunta dall'altrettanto necessario rispetto dell'articolo 81 della Costituzione,
impegna il Governo ad adottare, entro il 31 dicembre 2015, adeguate misure sia di carattere temporaneo, come ad esempio un contributo di solidarietà sulle cosiddette baby pensioni a valere sulla quota eccedente il trattamento minimo, sia di carattere strutturale, come interventi di riequilibrio fiscale diretti mediante l'IRPEF o indiretti mediante un diverso mix fiscale, che integrino le iniziative contenute nel citato decreto-legge n. 65 del 2015, tali da risolvere, anche mediante compensazione, la questione della mancata indicizzazione stabilita dall'articolo 24, comma 25, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214, superando l'approccio "una tantum" utilizzato dal Governo con il citato decreto-legge n. 65 del 2015 e tutelando le pensioni rispetto all'erosione nel tempo del loro potere d'acquisto, così da garantire l'effettivo rispetto dei principi costituzionali di proporzionalità, adeguatezza, solidarietà ed eguaglianza nonché, anche con opportuni interventi sul lato della spesa, dell'equilibrio del bilancio pubblico, nella logica di pervenire ad una più equa ripartizione dei sacrifici tra le generazioni nel sistema previdenziale, ricostruendo così il patto intergenerazionale infranto per annose questioni economiche, occupazionali e demografiche.
(6-00115)
BONFRISCO, BRUNI, D'AMBROSIO LETTIERI, DI MAGGIO, FALANGA, LIUZZI, Eva LONGO, MILO, PAGNONCELLI, PERRONE, TARQUINIO, ZIZZA.