• Testo RISOLUZIONE IN COMMISSIONE

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Atto a cui si riferisce:
C.7/00735 premesso che: è di alcune settimane fa la notizia che l'Unione europea ha deciso di autorizzare l'uso del latte in polvere per la produzione casearia; la decisione dell'Unione...



Atto Camera

Risoluzione in commissione 7-00735presentato daCATANOSO Basiliotesto diMercoledì 15 luglio 2015, seduta n. 462

La XIII Commissione,
premesso che:
è di alcune settimane fa la notizia che l'Unione europea ha deciso di autorizzare l'uso del latte in polvere per la produzione casearia;
la decisione dell'Unione europea ha sollevato un coro pressoché unanime di critiche. Produttori, consumatori, uomini di cultura ed esperti di alimentazione hanno concordato sul fatto che l'unico beneficio dall'uso di latte in polvere nell'industria casearia è, appunto, quello di avere minori costi di trasporto e di conservazione a tutto discapito della qualità del prodotto finale;
la rivista specializzata «L'Informatore Agrario» ha pubblicato nel numero 26/2015 un interessante articolo del professor Geremia Gios sul tema dell'utilizzo di latte in polvere nell'industria casearia e sulle possibili difese da parte della nostra produzione casearia di qualità;
va da sé che non sono sicuramente gli agricoltori italiani, come quelli di ogni altro Paese comunitario, ad avvantaggiarsi di questa malintesa interpretazione della libera concorrenza. Come non se ne avvantaggeranno le piccole industrie di trasformazione o la filiera del latte italiana;
la normativa nazionale e comunitaria difetta, innanzitutto, nel fatto che non si obbliga ad apporre in etichetta l'origine della materia prima latte;
a giudizio del professor Gios e dell'interrogante, si ha l'impressione che un passo alla volta si creino condizioni per cui diventa sempre più difficile salvaguardare le produzioni di qualità italiane. Quelle produzioni in cui contano anche l'origine del prodotto agricolo e le modalità con cui esso è stato ottenuto e non solo la «ricetta» con cui si arriva al prodotto agroalimentare finale;
probabilmente, il tempo di difendere i segni distintivi della produzione agroalimentare italiana in modo diverso, con un'altra strategia, è giunto;
non ci si dovrebbe più limitare a difendere i marchi, i simboli, le produzioni italiane dalla contraffazione sic et simpliciter, ma si dovrebbe impostare una politica della ricerca scientifica che dimostri che i prodotti ottenuti in un certo modo sono, alla lunga, meno salubri di altri. In tal modo si potrà chiedere alle istituzioni europee che i costi per differenziare sul mercato i prodotti siano a carico di chi produce alimenti di qualità inferiore;
solo se dimostra che c’è un interesse collettivo a non avere esternalità negative al momento della produzione, o della trasformazione, o del consumo si potrà contrastare l'accettazione acritica di regole basate sui teorici modelli della concorrenza perfetta,

impegna il Governo:

a promuovere uno sforzo congiunto di produttori, mondo della ricerca e parte pubblica per produrre un'adeguata documentazione scientifica quale base necessaria per una rivisitazione del quadro complessivo entro cui si colloca la politica agricola comunitaria;
a coinvolgere in questa attività gli enti di ricerca scientifica agroalimentare e ad assumere iniziative per stanziare fondi straordinari per avviare un serio programma di ricerca nel senso inteso in premessa;
ad adottare i provvedimenti e le iniziative necessarie a difendere la produzione agroalimentare di qualità e con essa l'agricoltura italiana.
(7-00735) «Catanoso».