• Relazione 1556-A

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Atto a cui si riferisce:
S.1556 Modifica all'articolo 4 della legge 2 luglio 2004, n. 165, recante disposizioni volte a garantire la parità della rappresentanza di genere nei consigli regionali
approvato con il nuovo titolo
"Modifica all'articolo 4 della legge 2 luglio 2004, n. 165, recante disposizioni volte a garantire l'equilibrio nella rappresentanza tra donne e uomini nei consigli regionali"


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Senato della RepubblicaXVII LEGISLATURA
N. 1556-A

RELAZIONE DELLA 1a COMMISSIONE PERMANENTE
(AFFARI COSTITUZIONALI, AFFARI DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E DELL'INTERNO, ORDINAMENTO GENERALE DELLO STATO E DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE)

(Relatrice BERNINI)

Comunicata alla Presidenza il 16 luglio 2015

SUL
DISEGNO DI LEGGE

Modifica all'articolo 4 della legge 2 luglio 2004, n. 165, recante disposizioni volte a garantire la parità della rappresentanza di genere
nei consigli regionali

d’iniziativa dei senatori MATURANI, VERDUCCI, DI GIORGI, FEDELI, BIANCONI, BONFRISCO, BISINELLA, MERLONI, AMATI, CANTINI, CARDINALI, CIRINNÀ, DALLA ZUANNA, FASIOLO, FAVERO, Elena FERRARA, LAI, LO GIUDICE, MARGIOTTA, MATTESINI, ORRÙ, PAGLIARI, PARENTE, PEZZOPANE, PIGNEDOLI, RICCHIUTI, VACCARI, ANGIONI e SPILABOTTE

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 3 LUGLIO 2014

Onorevoli Senatori. -- Il testo all'esame dell'Assemblea propone di modificare le disposizioni di principio relative al sistema di elezione del presidente della Giunta regionale e dei consiglieri regionali, contenute nell'articolo 4 della legge 2 luglio 2004, n. 165, recante «Disposizioni di attuazione dell'articolo 122, primo comma, della Costituzione».

Il disegno di legge mira ad attuare il principio costituzionale sancito all'articolo 51 della Costituzione, in base al quale la Repubblica promuove con apposite norme le pari opportunità nell'accesso alle cariche elettive. A tal fine, il testo – nella sua formulazione originaria – prevedeva l'introduzione della garanzia della parità tra donne e uomini nella rappresentanza politica a livello regionale, in coerenza con quanto già previsto in analoghe disposizioni di legge, recentemente approvate, riguardanti l'elezione dei rappresentanti italiani presso il Parlamento europeo e degli organi rappresentativi degli enti locali. Durante l'esame in sede referente presso la Commissione affari costituzionali, è maturato un orientamento condiviso, volto a modificare l'iniziale previsione. E' stato quindi approvato un emendamento con il quale, in luogo della garanzia della parità di accesso, si dispone che i candidati di uno stesso sesso non eccedano la quota del 60 per cento, peraltro in analogia con quanto prevede la legge 6 maggio 2015, n. 52, relativa all'elezione dei membri della Camera dei deputati. In particolare, il testo definito in Commissione prevede tre ipotesi, in riferimento ad altrettanti modelli di legge elettorale regionale: il primo caso è quello di leggi elettorali che ammettono l'espressione di preferenze; il secondo è quello di legge elettorali che prevedono liste senza espressione di preferenze; il terzo concerne le leggi elettorali basate su collegi uninominali. In tutte queste fattispecie, viene espressamente affermato un obbligo di rappresentanza equilibrata tra i due sessi nella misura appunto del 60 per cento.

Tenuto conto, quindi, della pluralità dei sistemi elettorali regionali, i più stringenti princìpi fondamentali dettati dal testo proposto ai fini della disciplina della materia da parte delle regioni servono a garantire l'effettività di una competizione equilibrata tra donne e uomini, ritenuto principio meritevole di tutela. La presenza femminile nelle istituzioni, infatti, è espressione di una democrazia pienamente compiuta e può rispondere alla crisi di rappresentanza che la classe politica vive ormai da diversi anni.

Una democrazia fondata su una rappresentanza equilibrata dei sessi costituisce l'esito più fecondo di un lungo percorso di progressiva valorizzazione del ruolo delle donne nella vita sociale e politica, fino ad alcuni anni fa esclusivo monopolio degli uomini, salvo eccezioni.

Il disegno di legge definito in Commissione costituisce dunque un ulteriore importante passaggio. D'altra parte, l'articolo 117, settimo comma, della Costituzione, come modificato in seguito alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, stabilisce che le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive. Occorre, inoltre, richiamare le più recenti pronunce della Corte costituzionale – e, tra queste, le sentenze n. 49 del 2003 e n. 4 del 2010 – che hanno chiarito che le norme rivolte alle regioni devono stabilire come doverosa l'azione promozionale per la parità di accesso alle consultazioni. Finora, il principio delle pari opportunità tra uomo e donna nelle competizioni elettorali è stato considerato in numerosi Statuti regionali: Lazio (legge regionale n. 2 del 2005), Puglia (legge regionale n. 2 del 2005), Toscana (legge regionale n. 25 del 2004), Marche (legge regionale n. 27 del 2004), Campania (legge regionale n. 4 del 2009) e Umbria (legge regionale n. 2 del 2010) hanno scelto di porre il limite di due terzi alla presenza di candidati di ciascun sesso in ogni lista provinciale. Per la regione Abruzzo (legge regionale n. 9 del 2013), invece, il limite è del 60 per cento. Meno cogente è, invece, la prescrizione della regione Calabria (legge regionale n. 1 del 2005), per la quale nelle liste elettorali (provinciali e regionali) devono essere presenti candidati di entrambi i sessi. Ebbene, nonostante le disposizioni citate, ad oggi la percentuale di presenza femminile nei consigli regionali registra percentuali assai sconfortanti. Infatti, con la sola eccezione della Campania dove si registra una presenza percentuale di donne elette pari al 26,3 per cento, in nessun’altra regione si supera la soglia del 20 per cento. Inoltre, in alcune regioni si registrano dati addirittura inferiori. Si pensi alla Basilicata, dove nessuna donna siede all'interno del consiglio regionale o alla Calabria, al Veneto, alla Puglia o all’Abruzzo, dove si registrano presenze rispettivamente pari al 4 per cento, 5 per cento, 5,8 per cento e 7 per cento, ben al di sotto addirittura del 10 per cento. Sono percentuali poco consone ad un Paese che aspira legittimamente ad un ruolo guida all'interno dell'Unione europea e che si collocano in assoluta controtendenza rispetto agli altri ordinamenti europei. L'intervento normativo appare pertanto quanto mai necessario, ancor più alla luce del processo di revisione costituzionale in atto. Infatti, il nuovo Senato sarà composto, per la maggior parte, da consiglieri regionali. Si fa quindi stringente l'esigenza di assicurare una pari rappresentanza tra uomini e donne, affinché la composizione della seconda camera rifletta un equilibrio nella rappresentanza dei due sessi.

Durante l'esame in sede referente, la Commissione ha anche deciso di sostituire nel testo la parola: «genere» con la parola: «sesso». Pur nella consapevolezza che il termine: «genere» sia coerente con la legislazione internazionale, la scelta compiuta muove da un'esigenza di coerenza con il dato costituzionale, in quanto l'articolo 3 utilizza il termine: «sesso». In secondo luogo, appare non corretta l'utilizzazione dei due termini come sinonimi. Il legislatore non dovrebbe farvi ricorso in modo indifferenziato, in quanto essi divergono profondamente nel loro significato. Il termine: «sesso» può essere considerato, quanto meno ai fini della presente legge, più corretto, perché fa esclusivo riferimento al dato biologico, che distingue l'uomo dalla donna. L'uso del termine: «genere», invece, può in questo caso essere fonte di equivoci e di incertezze interpretative, in quanto, come è noto, esso evoca significati ulteriori, rimandando ad una nozione molto più complessa, tanto che è riconosciuta l'esistenza di diversi generi, certamente in numero superiore a due.

Bernini, relatrice

PARERE DELLA COMMISSIONE PARLAMENTARE PER LE QUESTIONI REGIONALI

(Estensore: senatrice Pezzopane)

sul disegno di legge

5 maggio 2015

La Commissione,

esaminato il testo del disegno di legge;

ricordato che l’articolo 122 della Costituzione stabilisce, al primo comma, che: «Il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale nonché dei consiglieri regionali sono disciplinati con legge della regione nei limiti dei princìpi stabiliti con legge della Repubblica, che stabilisce anche la durata degli organi elettivi»;

rammentato altresì che l’articolo 117, settimo comma, della Costituzione, prevede che le leggi regionali promuovano, tra l’altro, la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive;

esprime

PARERE FAVOREVOLE

DISEGNO DI LEGGE

DISEGNO DI LEGGE

D’iniziativa dei senatori Maturani ed altri

Testo proposto dalla Commissione

Modifica all'articolo 4 della legge 2 luglio 2004, n. 165, recante disposizioni volte a garantire la parità della rappresentanza di genere nei consigli regionali

Modifica all'articolo 4 della legge 2 luglio 2004, n. 165, recante disposizioni volte a garantire l’equilibrio nella rappresentanza tra donne e uomini nei consigli regionali

Art. 1.Art. 1.
(Modifica all’articolo 4 della legge 2 luglio 2004, n. 165, in materia di accesso alle candidature per le elezioni dei consigli regionali)(Modifica all’articolo 4 della legge 2 luglio 2004, n. 165, in materia di accesso alle candidature per le elezioni dei consigli regionali)

1. Al comma 1 dell’articolo 4 della legge 2 luglio 2004, n. 165, la lettera c-bis) è sostituita dalla seguente:

1. Identico:

«c-bis) garanzia della parità tra uomini e donne nell’accesso alle cariche elettive disponendo che: qualora la legge elettorale preveda l’espressione di preferenze, ne consenta almeno due con una riservata a un candidato di genere diverso, pena l’annullamento delle preferenze successive alla prima; qualora preveda liste senza espressione di preferenze disponga l’alternanza tra candidati di genere diverso; qualora si prevedano collegi uninominali disponga la parità tra candidature presentate col medesimo simbolo o, in caso di numero dispari di collegi, uno scarto massimo di uno tra candidati dell’uno e dell’altro genere».

«c-bis) promozione delle pari opportunità tra donne e uomini nell'accesso alle cariche elettive, disponendo che:

1) qualora la legge elettorale preveda l'espressione di preferenze, in ciascuna lista i candidati siano presenti in modo tale che quelli dello stesso sesso non eccedano il 60 per cento del totale e sia consentita l'espressione di almeno due preferenze, con una riservata a un candidato di sesso diverso, pena l'annullamento delle preferenze successive alla prima;

2) qualora siano previste liste senza espressione di preferenze, la legge elettorale disponga l'alternanza tra candidati di sesso diverso, in modo tale che i candidati di un sesso non eccedano il 60 per cento del totale;

3) qualora siano previsti collegi uninominali, la legge elettorale disponga l'equilibrio tra candidature presentate col medesimo simbolo in modo tale che i candidati di un sesso non eccedano il 60 per cento del totale».

Art. 2.Art. 2.
(Entrata in vigore)(Entrata in vigore)

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

Identico