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Atto a cui si riferisce:
S.1/00128 considerato che: negli ultimi tempi in più luoghi della penisola si sono registrati significativi fenomeni alluvionali, che, oltre a causare numerosi decessi, hanno procurato notevoli...



Atto Senato

Mozione 1-00128 presentata da GIUSEPPE COMPAGNONE
giovedì 8 agosto 2013, seduta n.093

COMPAGNONE, FERRARA Mario, BARANI, BIANCONI, BILARDI, COMPAGNA, MAURO Giovanni, NACCARATO, SCAVONE - Il Senato,

considerato che:

negli ultimi tempi in più luoghi della penisola si sono registrati significativi fenomeni alluvionali, che, oltre a causare numerosi decessi, hanno procurato notevoli danni economici al territorio colpito;

il nostro Paese è caratterizzato da ricchezza di corsi d'acqua per la presenza massiccia di montagne ove il dissesto idrogeologico è un fenomeno ricorrente, fortemente legato alla giovane età geologica del territorio. Fenomeni naturali quali i processi erosivi delle coste, le esondazioni, le frane e le alluvioni, insieme ai terremoti e agli incendi, concorrono a determinare ingenti danni umani, materiali e ambientali;

l'intervento antropico sul territorio ha, in diversi casi, aumentato notevolmente l'impatto di tali eventi, accelerando fenomeni distruttivi e rendendo il territorio ancor più vulnerabile. La corsa alla cementificazione, il "consumo" non regolato del territorio, i disboscamenti, l'abusivismo edilizio, la dissipazione dissennata delle risorse, associati ai tagli dei fondi destinati alla sicurezza ambientale, sono tutti fattori che accrescono strutturalmente la gravità della situazione;

alcuni torrenti, ruscelli e corsi d'acqua vengono inopinatamente intubati, imbrigliati, lasciati invadere da detriti di ogni genere, talvolta usati come discariche, deviandone e distorcendone il flusso naturale;

dal 1960 al 2012 si sono verificati sul territorio nazionale 1.453 eventi tra frane ed inondazioni, con 2.836 feriti e 4.132 morti;

negli ultimi 25 anni i fenomeni naturali che hanno generato morti sono stati 237, 130 frane e 107 alluvioni, con complessivi 1.199 morti per una media di 47 all'anno; nel più breve intervallo tra il 1985 e il 2001 la media è stata più alta, pari a 60 morti all'anno a causa di tragedie come il Vajont nel 1985 (268 morti), la Valtellina nel 1987 (49 morti), il Piemonte nel 1994 (78 morti), Sarno nel 1998 (157 morti);

dal 2000 al mese di ottobre 2011 si sono avute in Italia le seguenti tragedie in ordine cronologico: anno 2000: Soverato (12 morti), Nord-Ovest (34 morti e 40.000 sfollati); anno 2003: Carrara (2 morti); anno 2006: Vibo Valentia (4 morti); anno 2008: Villar Pellice (4 morti); anno 2009: Valboite (3 morti), Messina (34 morti); anno 2010: Atrani (un morto), Genova (un morto), Vicenza e Nord-Est (3 morti, 500.000 persone interessate, un miliardo di euro di danni); anno 2011: Marche (5 morti), Val di Vara, Cinque Terre e Lunigiana (12 morti), Genova e provincia (6 morti), Barcellona Pozzo di Gotto (3 morti); anno 2012: Massa e Carrara (1 morto), Maremma grossetana (6 morti);

il dissesto idrogeologico è costato alle casse dello Stato una somma stimabile in circa 53 miliardi di euro dal dopoguerra ad oggi; l'89 per cento dei comuni italiani (abitati da circa 5,8 milioni di cittadini) è a rischio idrogeologico; le aree ad alta criticità idrogeologica interessano una superficie di 29.517 chilometri quadrati, pari al 9,8 per cento della superficie dell'intero territorio nazionale, della quale il 6,8 per cento coinvolge direttamente luoghi con beni esposti (centri urbani, aree produttive, infrastrutture) in un numero complessivo di 6.633 comuni, ovvero l'81,9 per cento dei comuni italiani;

il 18,6 per cento dei comuni si trova su zone ad alta criticità alluvionale, il 24,9 per cento ad alta criticità per frane, il 38,4 su zone alluvionabili e franabili insieme; gli edifici a rischio di crollo in Italia per il dissesto dei suoli sono circa 1,3 milioni; il 19 per cento delle scuole e degli ospedali italiani si trova su terreni ubicati in zone pericolose;

a seguito dell'evento di Sarno che, nel maggio 1998, causò la morte di 160 persone, il Paese si è dotato di un sistema di allerta per il rischio idrogeologico, la cui gestione è ora assicurata dal Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri e dalle Regioni, mediante la rete dei Centri funzionali di cui alla direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 febbraio 2004. Tale modello procede dall'emissione quotidiana di bollettini, di avvisi meteorologici e di criticità ad opera del Centro funzionale regionale interessato, in cui sono rappresentate le valutazioni della probabilità di scenari d'evento predefiniti per il rischio frane ed alluvioni, in ambiti territoriali omogenei. Tali previsioni consentono agli enti locali, depositari della conoscenza del proprio territorio, di poter attivare in tempo utile le azioni di prevenzione del rischio e di gestione dell'emergenza, necessariamente previste nella pianificazione comunale e provinciale di emergenza e comprendono inoltre l'informazione alla popolazione affidata alla responsabilità del Sindaco ai sensi della legge n. 265 del 1999;

i piani di protezione civile comunali sono dunque strumento di raccordo tra gli studi di conoscenza del territorio e le procedure di mitigazione del rischio residuo con il sistema di allertamento nazionale e devono essere resi congruenti con gli altri strumenti di unificazione territoriale, tra cui quelli urbanistici;

il sistema di allertamento italiano, statale e regionale, costituisce dunque una risorsa fondamentale nella mitigazione, con azioni non strutturali del rischio residuo da adottare là dove non è stato possibile annullare, con necessari interventi strutturali, le condizioni di rischio idrogeologico ed idraulico sul territorio;

le rilevanti ripercussioni economiche, turistiche, agricole ed industriali delle alluvioni sui territori colpiti evidenziano l'impatto, la durata e la complessità delle attività di ripristino. La quasi cancellazione materiale di paradisi ambientali non risparmia zone che rientrano nel meraviglioso novero dei paesaggi italiani riconosciuti patrimonio dell'umanità dall'Unesco;

la spesa annua, calcolata in oltre 300 milioni di euro, per attuare strategie di intervento straordinario volte a ripristinare lo status quo ante dei luoghi e delle cose pesa in maniera insostenibile sui bilanci pubblici e consente di ripianare, però, solo circa un terzo dei danni registrati;

nel 2009 il CIPE ha assegnato un miliardo di euro delle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate, che avrebbe dovuto innestarsi su di un piano straordinario di 2,5 miliardi di euro per gli interventi più urgenti, per piccole e medie opere, diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico, messo a punto dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dal Dipartimento della protezione civile, dopo anni di incertezze, lentezze, inerzie finanziarie, ma tale finanziamento è stato tagliato dalla legge di stabilità per il 2011 e quindi non è utilizzabile;

il comma 240 dell'art. 2 della legge n. 191 del 2009 (legge finanziaria per il 2010) - lo stesso che ha disposto l'assegnazione dal CIPE di 900 milioni di euro per interventi di risanamento ambientale a valere sulle disponibilità del Fondo infrastrutture e di 100 milioni di euro a carico del Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale - prevede che per l'individuazione delle situazioni a più alto rischio idrogeologico sia competente il Ministero dell'ambiente, sentite le Autorità di bacino, sia quelle "nuove" ovvero le distrettuali ex art. 63 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sia quelle "vecchie" prorogate dall'art. 1 del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208, e il Dipartimento della protezione civile;

l'art. 67 del decreto legislativo del 3 aprile 2006, n. 152, prevede i piani stralcio di distretto per l'assetto idrogeologico (PAI) per la tutela del rischio, i quali contengono l'individuazione e la perimetrazione delle aree a rischio molto elevato per l'incolumità delle persone e per la sicurezza delle infrastrutture e del patrimonio ambientale e culturale, con priorità per le aree a rischio idrogeologico per le quali è stato dichiarato lo stato di emergenza, ai sensi dell'art. 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225,

impegna il Governo:

1) a dare esecuzione immediata al piano straordinario per la difesa del suolo che aveva messo in campo sino a 2,5 miliardi di euro fra fondi statali e cofinanziamenti regionali e a studiare ipotesi di unione a queste risorse, dei Fondi europei;

2) ad assumere iniziative di competenza affinché sia previsto, nel bilancio dello Stato, uno stanziamento annuale aggiuntivo destinato alla manutenzione ordinaria del territorio e da destinare sulla base delle decisioni della Conferenza Stato-Regioni-autonomie locali;

3) a prevedere specifiche norme per l'applicazione, laddove possibile, dei criteri di ingegneria naturalistica agli interventi di prevenzione del dissesto idrogeologico;

4) ad attuare decise politiche di riassesto dei suoli, nel rispetto dei limiti delle competenze ex art. 117 della Costituzione in materia di tutela ambientale e dell'ecosistema, attraverso iniziative e provvedimenti indirizzati alla promozione di strategie per la messa in sicurezza dei territori;

5) a predisporre piani programmatici al fine di prevenire, fronteggiare e mitigare le conseguenze determinate da eventi atmosferici, alluvionali, marittimi, supportando i sindaci in una capillare e semplificata campagna di informazione ai cittadini relativamente ai comportamenti di auto protezione, nonché in termini di conoscenza dell'esposizione al rischio delle infrastrutture pubbliche e private, secondo quanto previsto dai piani comunali di protezione civile;

6) ad evitare la sovrapposizione di competenze tra i soggetti coinvolti negli interventi, sostenendo l'identificazione nel Dipartimento della protezione civile dell'organismo di coordinamento che svolge imprescindibili funzioni di raccordo tra i vari soggetti interessati ai diversi livelli di competenza nell'ambito delle attività di previsione, prevenzione e gestione dell'emergenza, nel rispetto di quanto disposto dalla normativa vigente in materia di protezione civile e dalle direttive del Presidente del Consiglio dei ministri;

7) a valorizzare le competenze dei Consorzi di bonifica, per le competenze acquisite negli anni, attribuendo loro nuove funzioni in materia di prevenzione del rischio di dissesto idrogeologico;

8) a contrastare iniziative legislative volte ad introdurre forme di condono edilizio, ovvero la proroga di termini per condoni già concessi negli anni passati, ove possano aumentare il rischio idrogeologico;

9) a definire parametri coerenti per consentire alle imprese alluvionate di accedere ad una disciplina fiscale di favore o a forme di finanziamenti agevolati, con l'esenzione dal pagamento di quote capitali e interessi e/o attraverso iniziative di rinuncia alla riscossione dei tributi locali o della sospensione, a livello nazionale, del pagamento dell'Irpef.

(1-00128)