• Testo RISOLUZIONE IN COMMISSIONE

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Atto a cui si riferisce:
C.7/00769 premesso che: nel corso di quella che è stata indicata come l'estate più calda degli ultimi decenni, si sono registrati almeno 4 decessi, nella sola regione Puglia, tra i braccianti...



Atto Camera

Risoluzione in commissione 7-00769presentato daCAPOZZOLO Sabrinatesto diVenerdì 11 settembre 2015, seduta n. 480

Le Commissioni XIII e XI,
premesso che:
nel corso di quella che è stata indicata come l'estate più calda degli ultimi decenni, si sono registrati almeno 4 decessi, nella sola regione Puglia, tra i braccianti impiegati nella raccolta del pomodoro;
certamente, nonostante l'eccezionalità climatica, la principale causa di tali decessi non può essere ascritta alle temperature bensì alle gravissime e inaccettabili condizioni di lavoro e di sfruttamento cui sono costretti migliaia di lavoratori – prevalentemente stranieri ed extracomunitari, ma con percentuali sempre crescenti di manodopera nazionale – da un sistema criminale che opera con spietata determinazione, principalmente attraverso l'operato del caporalato e l'utilizzazione di lavoro irregolare;
una piaga antica che, nonostante gli interventi normativi degli ultimi anni, sembra lontano dall'essere debellata, nel nostro Paese. Un fenomeno che presenta caratteristiche più strutturali nel Mezzogiorno, mentre appare più legato a forme di evasione ed elusione fiscale nel Nord d'Italia, e che vede coinvolti principalmente i lavoratori immigrati che, per oggettivi motivi di necessità, riconducibili anche al fatto che il lavoro costituisce un requisito indispensabile ai fini di un loro regolare soggiorno nel Paese, risultano maggiormente disposti ad accettare lavori irregolari e sottopagati, con turni massacranti e in condizioni di pericolo per la salute. Tuttavia, negli ultimi tempi, risultano coinvolti anche altri soggetti deboli della società, come i giovani e le donne lavoratrici, cittadini italiani spesso vittime di una crisi economica e di un mercato del lavoro che spesso non è stato grado di favorire i necessari raccordi con il mondo della scuola e che non hanno potuto beneficiare di efficaci attività di formazione e di adeguate politiche di conciliazione;
da quanto riportato dall'ultimo rapporto «Agromafie e caporalato» della Flai-Cgil si apprende che: «Secondo la nostre stime sono circa 400.000 i lavoratori che potenzialmente trovano un impiego tramite i caporali, di cui circa 100.000 presentano forme di grave assoggettamento a condizioni abitative e ambientali considerate paraschiavistiche, anche se negli ultimi anni le denunce sono sensibilmente cresciute. Dall'introduzione nel codice penale del reato di caporalato (articolo 603-bis del codice penale) sono circa 355 i caporali arrestati o denunciati, di cui 281 solo nel 2013. Secondo le nostre mappe sono circa 80 gli epicentri dello sfruttamento dei caporali, in 55 di questi epicentri abbiamo riscontrato condizioni di lavoro indecente o gravemente sfruttato. Più del 60 per cento dei lavoratori e delle lavoratrici costrette a lavorare sotto caporale – la maggior parte stranieri comunitari e non ha accesso ai servizi igienici e all'acqua corrente. Più del 70 per cento presenta malattie non riscontrate prima dell'inserimento nel ciclo del lavoro agricolo stagionale. Poi ci sono le intollerabili tasse dei caporali che sono pagate dai lavoratori e dalle lavoratrici e da tutti noi in termini di mancato gettito per la fiscalità generale. Solo in termini di mancato gettito contributivo il caporalato ci costa più di 600 milioni di euro l'anno. I lavoratori impiegati dai caporali percepiscono un salario giornaliero inferiore di circa il 50 per cento di quello previsto dai contratti nazionali e provinciali di lavoro, cioè circa 25/30 euro per una giornata di lavoro che dura fino a 12 ore continuative. A questo bisogna aggiungere le «tasse» da corrispondere ai caporali dovute al trasporto (circa 5 euro), all'acquisto di acqua (1,5 euro a bottiglia) di cibo (3,5 euro per un panino) e commissioni varie dovute all'impossibilità di accedere a beni di prima necessità come il cibo e i medicinali. In molti casi, soprattutto al sud, i lavoratori sono costretti anche a pagare l'affitto degli alloggi fatiscenti nei tantissimi ghetti lontani dai centri urbani e da occhi indiscreti. I lavoratori non scelgono di vivere in questi contesti fatiscenti, ma sono costretti a farlo, visto che solo in quei luoghi troveranno un caporale che gli offrirà una giornata lavorativa;
anche sul versante dei controlli, si è evidenziata la necessità di mettere a regime il sistema delle banche dati esistenti (del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, o di centri per l'impiego, Inps, Inail, Guardia di finanza e Agenzia delle entrate), nonché di promuovere un'attività ispettiva gestita in modo univoco a livello nazionale, garantendo un efficace coordinamento dei servizi ispettivi, in vista di un'attività di prevenzione più efficace, quale strumento essenziale per assicurare un efficace controllo dello Stato su tutto il territorio nazionale;
da questo punto di vista riveste una significativa importanza l'istituzione, dal 1o settembre 2015, ai sensi dell'articolo 6, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, della Rete del lavoro agricolo di qualità, cui potranno aderire le imprese interessate, quale organismo autonomo finalizzato a rafforzare le iniziative di contrasto dei fenomeni di irregolarità e delle criticità che caratterizzano le condizioni di lavoro nel settore agricolo. Per la prima volta in Italia si istituisce un sistema pubblico di certificazione etica del lavoro e si prevede inoltre l'introduzione di un sistema premiante per le imprese che aderiranno alla Rete ed entreranno nel circuito. Della cabina di regia, presieduta dall'Inps, fanno parte le organizzazioni sindacali, le organizzazioni professionali agricole, insieme ai rappresentanti dei Ministeri delle politiche agricole, del lavoro e dell'economia della Conferenza delle regioni, con il compito di definire un piano organico complessivo per il contrasto stabile al lavoro nero e al caporalato, attraverso il pieno coinvolgimento e la collaborazione dei sindacati e delle organizzazioni agricole, dell'industria, della grande distribuzione e di tutte le istituzioni;
i requisiti previsti per richiedere l'iscrizione alla Rete sono: a) non avere riportato condanne penali e non avere procedimenti penali in corso per violazioni della normativa in materia di lavoro e legislazione sociale e in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto; b) non essere stati destinatari, negli ultimi tre anni, di sanzioni amministrative definitive per le violazioni di cui alla lettera a); c) essere in regola con il versamento dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi;
del pari, pienamente condivisibile appare la volontà espressa congiuntamente dai Ministri delle politiche agricole, alimentari e forestali e della giustizia di varare uno specifico atto legislativo finalizzato alla confisca dei beni per le imprese che si macchiano del reato di caporalato, a garantire forme di assistenza legale per i braccianti che denunciano lo sfruttamento, oltreché alla possibilità di introdurre la responsabilità in solido per chi sfrutta il lavoro nero, nonché a misure volte a introdurre l'obbligo di comunicazione preventiva degli operai agricoli a tempo determinato ad assicurare inoltre forme per evitare un uso distorto dei voucher e a realizzare infine un'ipotesi di organizzazione del trasporto pubblico dei braccianti, con il coinvolgimento delle regioni;
tali specifiche misure appaiono oltremodo opportune e coerenti con la complessiva strategia riformatrice sin qui seguita per la realizzazione di un moderno mercato del lavoro, ed in particolare, con la prossima istituzione dell'Ispettorato nazionale del lavoro, in attuazione della legge delega 10 dicembre 2014, n. 183;
parallelamente all'aggiornamento del quadro normativo di contrasto del caporalato e dell'utilizzo del lavoro irregolare in agricoltura, appare indispensabile una riflessione sul tema dei prezzi, dei costi di produzione e di quanto deve essere riconosciuto ai produttori, con il coinvolgimento e la responsabilizzazione di tutta la filiera, dal campo alla tavola, per garantire che dietro tutti gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali, non si nasconda la piaga del lavoro nero e del caporalato,

impegna il Governo:

a proseguire con speditezza e con tempi certi, in un rapporto collaborativo con le parallele proposte di iniziativa parlamentare, nella definizione di un nuovo quadro normativo finalizzato al contrasto del lavoro irregolare in agricoltura e del caporalato;
ad implementare le iniziative elaborate dalla cabina di regia, prevista in attuazione dell'articolo 6, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, prevedendo altresì un ruolo attivo e collaborativo dei comuni con le altre istituzioni preposte all'azione di prevenzione e contrasto del lavoro irregolare e del caporalato, nonché l'attivazione della collaborazione delle associazioni del volontariato sociale e delle associazioni di rappresentanza dei consumatori per definizione e realizzazione di apposite campagne di informazione e sensibilizzazione della cittadinanza sull'importanza di una produzione agricola di qualità e rispettosa dei diritti dei lavoratori;
a relazionare periodicamente alle Camere sui risultati conseguiti a seguito dell'adozione delle nuove misure di carattere normativo, nonché dei contenuti del piano organico complessivo per il contrasto stabile al lavoro nero e al caporalato, elaborato dalla cabina di regia preposta alla realizzazione della Rete del lavoro agricolo di qualità.
(7-00769) «Capozzolo, Paris, Oliverio, Luciano Agostini, Antezza, Carra, Cenni, Cova, Dal Moro, Romanini, Venittelli».