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Atto a cui si riferisce:
C.3212 Modifiche alla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna)


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
Testo senza riferimenti normativi
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 3212


PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE
d'iniziativa dei deputati
FRANCESCO SANNA, MARCO MELONI, CANI, MARROCU, MURA, PES, GIOVANNA SANNA, SCANU
Modifiche alla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna)
Presentata il 7 luglio 2015


      

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Onorevoli Colleghi! La presente proposta di legge costituzionale ha ad oggetto diverse modifiche dello Statuto speciale per la Sardegna, di cui alla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3.
      La prima innovazione consiste nel trasferimento dell'esercizio del potere regolamentare dal consiglio regionale alla giunta, attraverso una modifica sostanziale all'articolo 27 dello Statuto.
      La legge costituzionale n. 2 del 2001 ha profondamente modificato la forma di governo regionale prevedendo l'elezione diretta del presidente della regione, determinando così un evidente rafforzamento, rispetto al passato, dell'esecutivo regionale. La stessa legge costituzionale non ha invece introdotto alcuna modifica allo Statuto nella parte in cui esso stabilisce la competenza all'esercizio del potere regolamentare.
      Rimane pertanto invariata ed in vigore l'originaria formulazione dell'articolo 27 dello Statuto, ove si prevede che «Il Consiglio regionale esercita le funzioni legislative e regolamentari attribuite alla Regione».
      La Sardegna rimane così, insieme alla Valle d'Aosta, l'unica regione in cui in capo al consiglio sono accentrate sia la funzione legislativa sia quella regolamentare e nel cui ordinamento la giunta risulta sprovvista della titolarità di qualsiasi potere normativo secondario. Gli statuti delle altre regioni speciali, infatti, prevedono l'attribuzione all'esecutivo regionale di un potere regolamentare a seguito della riforma dell'articolo 121 della Costituzione (operata con la legge costituzionale n. 1 del 1999). Per le regioni ordinarie è stabilito nella Costituzione che i consigli esercitino la sola funzione legislativa: dall'articolo 121 della Costituzione sono, infatti, state soppresse le parole «e regolamentari» e nel quarto comma è previsto che «Il Presidente della Giunta (...) promulga le leggi ed emana i regolamenti regionali» mentre in precedenza questi erano promulgati al pari delle leggi.
      La titolarità del potere regolamentare in capo all'organo consiliare rappresenta un'evidente anomalia poiché contrasta con le recenti linee evolutive del regionalismo italiano. Il passaggio da una forma di governo assembleare, ove il consiglio eleggeva al suo interno il presidente della giunta e gli stessi assessori, a una forma di governo con forti connotazioni presidenziali, ove il corpo elettorale elegge direttamente il presidente della regione il quale ha il potere di nominare e di revocare gli assessori, rende necessario il trasferimento dell'esercizio del potere regolamentare in capo alla giunta regionale.
      Lasciare l'organo esecutivo privo di qualsiasi potere regolamentare rispetto al rafforzato ruolo assegnatogli dalle riforme costituzionali (e ormai alla terza legislatura regionale dopo il mutamento della forma di governo) non appare solo irragionevole e contraddittorio, ma reca anche gravi inconvenienti pratici. Difatti, da una parte il consiglio regionale ha utilizzato rarissimamente il potere regolamentare, verificandosi un uso ipertrofico dello strumento legislativo, caratterizzato dall'emanazione di leggi regionali dai contenuti assai dettagliati e, da un altro lato, si è assistito all'utilizzazione da parte della giunta regionale di atti dai vari nomina juris, caratterizzati dall'adozione collegiale e dai contenuti tipici del provvedimento attuativo regolamentare. L'attività amministrativa fondata su tali atti è sempre esposta a incertezza circa il rispetto del principio di legalità (spesso non esplicitando la legge regionale i criteri di un'anomala «delega amministrativa») e circa la concorrenza della fonte regolamentare, prevista dallo Statuto in capo a un altro organo.
      L'attribuzione della potestà regolamentare alla giunta regionale consente, invece, di dotare l'ordinamento regionale di strumenti normativi agili e adeguati che consentano di dare pronta attuazione alla legislazione regionale e quest'ultima ne trarrebbe grande vantaggio potendosi esplicare mediante disposizioni più snelle.
      La presente proposta di legge costituzionale interviene poi sull'articolo 28 dello Statuto, attribuendo anche al consiglio delle autonomie locali il potere di iniziativa legislativa.
      Di tale consesso si precisano le funzioni generali con il secondo comma del novellato articolo 44 dello Statuto, che recita: «Il Consiglio delle autonomie locali è l'organo di rappresentanza istituzionale dei comuni con funzioni consultive e di proposta».
      L'articolo 5 della proposta di legge costituzionale, sostituendo l'articolo 45 dello Statuto, ridefinisce il modo di intervento della legge regionale nella fusione dei comuni e nella creazione di nuovi, e istituzionalizza il parere del Consiglio delle autonomie locali, facendone uno degli elementi del procedimento legislativo rinforzato.
      L'articolo 3 della proposta di legge costituzionale sostituisce la rubrica del titolo V dello Statuto, rinominandola «Rapporti tra la Regione e le autonomie locali» e l'articolo 4 elimina dall'articolo 43 dello Statuto l'esplicito riferimento alle tre province storiche della Sardegna (Cagliari, Nuoro e Sassari), sopprimendo così il vincolo che secondo alcuni interpreti renderebbe necessaria in quanto costituzionalizzata la presenza delle province nell'ordinamento degli enti locali dell'Isola.
      La vicenda delle province sarde, come è noto, rispetto al quadro della tripartizione provinciale che caratterizzava il tempo in cui fu scritto lo Statuto ha subìto fondamentalmente tre fasi evolutive.
      La prima fu l'istituzione, con la legge 16 luglio 1974, n. 306, della provincia di Oristano.
      La seconda fu l'istituzione e la determinazione dei confini con diversa legge e differenti provvedimenti regionali, delle province di Olbia-Tempio, Ogliastra, Medio Campidano e Carbonia-Iglesias, i cui organi politici furono eletti per la prima volta nel 2005.
      La terza, il 6 maggio 2012, fu la celebrazione di un referendum abrogativo delle nuove province regionali, con esito positivo, e di un referendum consultivo circa l'opportunità di abolire anche le province storiche, anche esso conclusosi con la vittoria dei «sì» al quesito dei proponenti.
      La legislazione regionale successiva ai referendum è stata nel segno dell'intervento minimo, consistente nel commissariamento degli organi democraticamente eletti sia nelle nuove province regionali, sia nelle quattro province storiche e di istituzione nazionale.
      L'occasione di un riordino complessivo dell'ordinamento degli enti locali della Sardegna, verificandosi in parallelo la revisione del titolo V della parte seconda della Costituzione, che elimina le province dall'elenco degli enti che compongono la Repubblica, è dunque paradossalmente bloccato o fortemente limitato – dalla presenza della disposizione contenuta nell'articolo 43 dello Statuto, che pare «cristallizzare» forme di organizzazione degli enti locali sardi superate dall'evoluzione del sistema delle autonomie, e dal risultato del referendum popolare del 2012. La scelta è – sul punto – quella di ampliare la potestà legislativa della regione, chiarendo che esercitandola in materia di ordinamento degli enti locali essa può prescindere dall'organizzazione e dai confini della provincia.
      Traduzione di tali princìpi è la revisione dell'articolo 44 dello Statuto, recata dall'articolo 5 della proposta di legge costituzionale. In esso si ritrovano:

          a) la chiara indicazione che l'ordinamento delle autonomie locali nella regione Sardegna è basato sui comuni, enti necessari, politicamente e statutariamente autonomi e dotati di poteri e funzioni stabiliti dalla Costituzione, dallo Statuto e dalla legge statale e regionale;

          b) l'assunto per il quale nell'ordinamento delle autonomie locali si inserisce la città metropolitana, quale forma tipica di aggregazione di comuni;

          c) il riconoscimento statutario del consiglio delle autonomie locali, quale organo di rappresentanza istituzionale dei comuni sardi con funzioni consultive e di proposta. Riservando alla legge regionale la disciplina dei poteri e della composizione del consiglio delle autonomie locali, la disposizione introduce nello Statuto la facoltà, per quest'organo, di proporre alla giunta di promuovere giudizio dinanzi alla Corte costituzionale su atti dello Stato ritenuti lesivi dell'autonomia dei comuni della Sardegna.

      Rispetto all'essenziale previsione statutaria dell'articolo 45 («La Regione, sentite le popolazioni interessate, può con legge istituire nel proprio territorio nuovi comuni e modificare le loro circoscrizioni e denominazioni.») si interviene valorizzando l'iniziativa degli organi politici comunali, il ruolo del referendum popolare e fissando dei limiti al potere di nuova istituzione.
      L'articolo 6 della proposta di legge costituzionale prevede che sia la fusione di comuni, sia la creazione di un nuovo comune avvenga per legge regionale rinforzata, richiedendo per la sua approvazione la maggioranza assoluta dei componenti il consiglio regionale. Esso prescrive, inoltre, che l'istituzione di un nuovo comune avvenga solo in caso di popolazione almeno pari a 10.000 abitanti. La scissione di un'entità comunale non potrà dunque avvenire se il risultato di essa dia origine anche a una sola comunità di consistenza demografica inferiore a 10.000 abitanti.
      Rispetto al dettato vigente, il legislatore regionale ha l'obbligo, nell’iter della fusione o della creazione dei comuni, di sentire non solo i consigli comunali, ma anche il Consiglio delle autonomie locali.
      L'aspetto più innovativo riguarda però due elementi della disciplina. Anzitutto, il potere di iniziativa, prima in capo solo al

consiglio regionale, è esercitabile sia da tanti consigli comunali che rappresentino almeno un terzo delle popolazioni interessate, sia da cittadini elettori in numero almeno pari ad un decimo di quelli globalmente residenti nei comuni coinvolti.
      In secondo luogo, il principio per il quale occorre «sentire le popolazioni interessate» qui è declinato – oltre nel già esaminato nuovo potere d'iniziativa – nell'esplicita previsione di un referendum consultivo sulla proposta di fusione o nuova istituzione. Il referendum deve tenersi prima del voto definitivo del consiglio regionale, ed è valido se vi prende parte, nell'ambito delle popolazioni interessate, la maggioranza (la metà più uno) dei votanti alle ultime elezioni regionali.
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PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE
Art. 1.
(Esercizio del potere regolamentare).

      1. All'articolo 27 dello Statuto speciale per la Sardegna, di cui alla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, di seguito denominato «Statuto», sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) le parole: «e regolamentari» sono soppresse;

          b) è aggiunto, in fine, il seguente comma:
      «Il potere regolamentare è esercitato dalla Giunta regionale».

Art. 2.
(Attribuzione dell'iniziativa delle leggi al consiglio delle autonomie locali).

      1. All'articolo 28 dello Statuto, dopo le parole: «del Consiglio» sono inserite le seguenti «, al Consiglio delle autonomie locali, nei limiti stabiliti dall'articolo 44,».

Art. 3.
(Modifica della rubrica del titolo V dello Statuto).

      1. La rubrica del titolo V dello Statuto è sostituita dalla seguente: «Rapporti tra la Regione e le autonomie locali».

Art. 4.
(Modifica dell'articolo 43 dello Statuto).

      1. L'articolo 43 dello Statuto è sostituito dal seguente:
      «Art. 43. – In conformità all'articolo 118 della Costituzione, i compiti e le

funzioni amministrative sono attribuiti ai comuni. Essi sono altresì attribuiti alla regione ove lo richiedano esigenze di programmazione, coordinamento e disciplina unitaria nel territorio regionale o la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione. I comuni sono inoltre titolari di compiti e di funzioni amministrativi conferiti con legge statale o regionale. La Regione esercita normalmente le sue funzioni amministrative delegandole agli enti locali o valendosi dei loro uffici.
      In attuazione dei princìpi di adeguatezza, sussidiarietà e differenziazione, la legge regionale può prevedere modalità, anche obbligatorie e nella forma di città metropolitana, di esercizio associato delle funzioni comunali. Esse possono assumere anche la forma di enti locali di area vasta sovracomunale, con organi non eletti direttamente dai cittadini.
      Lo Stato e la Regione assicurano adeguati finanziamenti per l'esercizio delle funzioni conferite».
Art. 5.
(Modifica dell'articolo 44 dello Statuto speciale).

      1. L'articolo 44 dello Statuto è sostituito dal seguente:
      «Art. 44. – L'ordinamento delle autonomie locali della Regione si basa sui comuni, anche aggregati nella forma di città metropolitana, quali enti autonomi obbligatori con propri statuti, poteri e funzioni, secondo i princìpi fissati dalla Costituzione e dal presente Statuto nonché la disciplina disposta dalla legge regionale.
      Il Consiglio delle autonomie locali è l'organo di rappresentanza istituzionale dei comuni con funzioni consultive e di proposta.
      Ha diritto di iniziativa legislativa per le leggi che determinano l'ordinamento e le funzioni delle autonomie locali, gli organi di governo, la legislazione elettorale e le

disposizioni di principio sulle loro forme associative.
      Può proporre alla Giunta regionale di promuovere giudizio dinanzi alla Corte costituzionale su atti dello Stato ritenuti lesivi dell'autonomia dei comuni. La legge ne disciplina poteri e composizione».
Art. 6.
(Modifica dell'articolo 45 dello Statuto).

      1. L'articolo 45 dello Statuto è sostituito dal seguente:
      «Art. 45. – La Regione, con legge approvata a maggioranza assoluta, sentiti i Consigli comunali interessati e il Consiglio delle autonomie locali, può disporre la fusione di comuni esistenti o la creazione di nuovi comuni con un minimo di 10.000 abitanti.
      L'iniziativa legislativa può essere esercitata anche da tanti Consigli comunali che rappresentino almeno un terzo delle popolazioni interessate, o da un numero di elettori pari almeno a un decimo delle popolazioni interessate in ogni comune.
      La proposta è sottoposta a referendum consultivo delle popolazioni interessate, da tenere prima del voto definitivo del Consiglio regionale, il quale è valido se vi partecipa la maggioranza dei votanti alle ultime elezioni regionali».