• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA ORALE

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Atto a cui si riferisce:
C.3/01699 il decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, ha introdotto nel nostro Paese la disciplina degli studi di settore quale strumento...



Atto Camera

Interrogazione a risposta immediata in Assemblea 3-01699presentato daGUIDESI Guidotesto diMartedì 15 settembre 2015, seduta n. 482

GUIDESI, BUSIN, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, CAPARINI, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, INVERNIZZI, MOLTENI, GIANLUCA PINI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze . — Per sapere – premesso che:
il decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, ha introdotto nel nostro Paese la disciplina degli studi di settore quale strumento di lotta all'evasione fiscale: il precedente sistema tributario prevedeva, infatti, che il reddito d'impresa e di lavoro autonomo fosse determinato attraverso le scritture contabili. Gli accertamenti induttivi potevano essere esperiti soltanto in via del tutto eccezionale e in presenza di gravi irregolarità contabili commesse dai contribuenti; questo aveva creato la paradossale situazione di veder privilegiato il contribuente-evasore che riusciva a tenere in ordine le scritture contabili, a discapito del contribuente in regola, che, pur assolvendo tutte le obbligazioni tributarie, poteva incorrere in sanzioni molto onerose, per il solo fatto di aver commesso degli errori formali nella tenuta delle scritture;
gli studi di settore consistono in un metodo finalizzato a misurare e a valutare la capacità di guadagno dei singoli settori economici, avvalendosi di una raccolta di dati afferenti al settore economico che si prende in esame. Lo studio stima, in via preventiva, le possibilità dei ricavi e compensi del contribuente al fine di poter avviare o meno la relativa procedura di accertamento da parte dell'amministrazione fiscale;
le macroaree prese in considerazione dagli studi di settore sono quattro: servizi, commercio, manifatture e professionisti, applicandosi quindi alle partite iva indipendentemente dalla forma giuridica scelta o dal profilo fiscale;
per verificare se i risultati della dichiarazione dei redditi sono allineati con i ricavi o i compensi previsti dalla metodologia degli studi di settore, i contribuenti sono tenuti a dichiarare i dati contabili e i dati extracontabili al fine di riscontrarne la congruità, ossia il confronto tra i ricavi o compensi dichiarati e quelli risultati dallo studio, e la coerenza dei principali indicatori economici che caratterizzano l'attività del contribuente;
lo scopo dell'introduzione degli studi di settore era facilitare il fisco nella procedura di accertamento di casi di evasione, fornire uno strumento all'imprenditore e al professionista al fine di valutare la propria efficienza economica, disporre di uno strumento per monitorare le attività presenti sul territorio da utilizzare nelle scelte di programmazione economica ed evitare le situazioni di concorrenza sleale tra imprenditori onesti e coloro invece che potevano praticare prezzi più bassi grazie all'evasione;
in realtà, questo meccanismo, collegando i redditi dei contribuenti a standard di riferimento, ha prodotto fin da subito effetti esattamente contrari a quelli previsti, sottoponendo il contribuente, in caso di dichiarazione di valori minori a quelli prefissati, a lunghe ed estenuanti indagini fiscali;
lo studio di settore inverte l'onere della prova a danno del contribuente e ha, quindi, spinto una buona parte dei professionisti e degli imprenditori ad adeguarsi agli standard previsionali dell'amministrazione fiscale, con la grave conseguenza di dover assolvere ad obbligazioni tributarie maggiori;
a ciò si aggiunge il fatto, duramente contestato dai contribuenti, che, nonostante si prendano in considerazione le variabili esterne, spesso queste, soprattutto quelle riferite alle particolarità territoriali, non risultano essere efficacemente aderenti alla realtà, facendo sorgere un enorme contenzioso tributario;
negli ultimi anni, inoltre, i pesanti effetti della crisi economica su decine di migliaia di attività hanno aumentato lo scollamento tra gli standard previsti dall'amministrazione finanziaria e gli effettivi ricavi e compensi dei contribuenti. Per ovviare a ciò sono stati predisposti diversi adeguamenti verso il basso, a partire dal 2011 fino all'ultimo del 2015, ma gli interventi – arrivati in ogni modo tardivamente, poiché l'anno della prima revisione coincideva con il quarto anno consecutivo di crisi – non hanno prodotto i risultati sperati, posto che gli aggiustamenti non sono stati comunque coerenti con gli effetti reali che la crisi ha prodotto sul volume di affari di imprenditori e professionisti interessati dagli studi –:
se, al fine di permettere all'economia del Paese di beneficiare dei primi, debolissimi segnali di fine della crisi economica internazionale, il Governo intenda assumere iniziative per prevedere l'immediata sospensione dell'applicazione degli studi di settore per i periodi di imposta 2015 e 2016, fino ad una completa revisione del sistema delle verifiche fiscali a fini anti-evasivi, in modo da evitare che i contribuenti siano costretti a dichiarazioni più alte degli effettivi incassi e a sottoporsi ad una maggiore imposizione per evitare quelle che appaiono agli interroganti vere e proprie vessazioni da parte dell'amministrazione finanziaria. (3-01699)