• C. 3259 EPUB Proposta di legge presentata il 28 luglio 2015

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Atto a cui si riferisce:
C.3259 Modifica dell'articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33, in materia di corresponsione delle indennità di malattia e di maternità ai lavoratori dipendenti


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
Testo senza riferimenti normativi
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 3259


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
SGAMBATO, BOSSA, CAPOZZOLO, CARLONI, FAMIGLIETTI, MALPEZZI, MANFREDI, MANZI, MARCHI, MURER, PARIS, ROTTA, GIOVANNA SANNA, SBROLLINI, TARTAGLIONE, VALERIA VALENTE, VALIANTE
Modifica dell'articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33, in materia di corresponsione delle indennità di malattia e di maternità ai lavoratori dipendenti
Presentata il 28 luglio 2015


      

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Onorevoli Colleghi! Nel corso degli anni il lavoro femminile ha assunto rilevanza sempre maggiore, sia per la domanda di indipendenza e autonomia da parte delle giovani generazioni di donne, sia per il sistema economico nel suo complesso.
      I singoli Stati membri dell'Unione europea hanno riconosciuto che l'aumento dell'occupazione femminile è indispensabile per favorire la sostenibilità del modello sociale, per potenziare il tasso di crescita del sistema economico e sicuramente per ridurre il rischio di povertà delle famiglie in generale.
      Purtroppo, però, di contro, si assiste alla fuoriuscita delle lavoratrici-madri dal mercato del lavoro innanzitutto a causa delle condizioni precarie della loro occupazione e poi, causa ancora più importante, per una disciplina a tutela della maternità tuttora non soddisfacente.
      In particolare, per le lavoratrici dipendenti del settore privato sembra ormai che il diritto dell'indennità di maternità si sia trasformato in un atto di favore del datore di lavoro; un fenomeno che è andato accentuandosi in questi anni di crisi economica, soprattutto nel Mezzogiorno.
      Molti sono i casi in cui sono stati segnalati ritardi nei pagamenti per esigenze del datore di lavoro e altri casi nei quali la lavoratrice, nel rivendicare le somme spettanti per legge, non è riuscita a evitare situazioni di conflitto con l'impresa e ha dovuto dare le dimissioni o addirittura subire il licenziamento.
      Le norme sui permessi e sui congedi di maternità e di paternità sono contenute nel testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151.
      Il provvedimento riconosce alla mamma lavoratrice nel periodo di astensione obbligatoria dal lavoro (cinque mesi: due prima del parto e tre dopo il parto, salvo che si voglia ricorrere al congedo flessibile) il diritto a percepire un'indennità economica pari all'80 per cento della retribuzione giornaliera calcolata sulla base della paga dell'ultimo mese di lavoro precedente il mese di inizio del congedo.
      In realtà già l'articolo 1, primo comma, del decreto-legge n. 663 del 1979, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 33 del 1980, ha stabilito che le indennità di malattia e di maternità devono essere corrisposte agli aventi diritto a cura dei datori di lavoro, fatta eccezione per i casi in cui il pagamento è erogato direttamente dall'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) alla beneficiaria (lavoratrici stagionali, lavoratrici dello spettacolo con occupazione saltuaria, del settore agricolo, collaboratrici domestiche e badanti).
      Il fatto che per il nostro ordinamento le somme dell'indennità debbano essere anticipate dal datore di lavoro per conto dell'INPS, salvo il successivo conguaglio con le somme dovute all'Istituto a titolo di contributi, non favorisce, tra l'altro, la lotta alla discriminazione di genere sul posto di lavoro.
      Alcuni dati dell'Istituto nazionale di statistica (Rapporto annuale 2014) riportano che nella fascia di età tra 15 e 49 anni il tasso di occupazione cala per tutte le donne, non solo per le giovani che ancora vivono all'interno della famiglia e che sono state maggiormente colpite dalla crisi, ma anche per le madri sole, quelle in coppia con o senza figli e le single. Il tasso di occupazione delle madri è pari al 54,3 per cento, mentre sale al 68,8 per cento per le donne in coppia senza figli.
      I divari territoriali sono particolarmente accentuati: nel Mezzogiorno le madri occupate sono il 35,3 per cento contro il 66,4 per cento del nord e il 61,5 del centro. Nel complesso sono quasi un milione e mezzo le madri di questa fascia di età che vorrebbero avere un lavoro, considerando sia le disoccupate sia le forze di lavoro potenziali.
      Inoltre cresce la quota di donne occupate in gravidanza che non lavora più a due anni di distanza dal parto (22,3 per cento nel 2012 dal 18,4 nel 2005), soprattutto nel Mezzogiorno dove arriva al 29,8 per cento. Aumenta anche la quota di donne con figli piccoli che lamentano le difficoltà di conciliazione tra chi il lavoro lo mantiene (dal 38,6 per cento al 42,7 per cento).
      Ciò suggerisce che le problematiche legate all'occupazione femminile in Italia sono ancora tutte aperte, così come lo è il fenomeno in continua crescita dall'inizio della crisi economica che vede molte neo mamme in serie difficoltà nel recuperare le somme a titolo di indennità sostitutiva della retribuzione che sono pagate alle lavoratrici assenti dal servizio per gravidanza e puerperio.
      È chiaro anche che, se il datore di lavoro in un periodo di crisi economica è costretto a fronteggiare ogni giorno difficoltà finanziarie, non riuscirà a garantire l'anticipazione delle varie indennità, compresa quella di maternità.
      I mancati pagamenti inevitabilmente generano situazioni di conflitto tra l'imprenditore e la neo madre, la quale si trova a dover difendere il proprio posto di lavoro e contemporaneamente a rivendicare il suo diritto economico a percepire l'indennità di maternità anche se è da rilevare che le norme prevedono sanzioni civili e penali nel caso in cui il datore di lavoro venga meno ai suoi obblighi.
      La presente proposta di legge si pone l'obiettivo di prevedere che, fermi restando gli obblighi di contribuzione gravanti sul datore di lavoro in base alla normativa vigente e ai contratti collettivi, per i lavoratori dipendenti pubblici e privati le indennità di malattia e di maternità (di cui all'articolo 74, primo comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833) sono corrisposte agli aventi diritto a cura dell'INPS.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.

      1. All'articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) il primo comma è sostituito dal seguente:
      «Fermi restando gli obblighi di contribuzione gravanti sul datore di lavoro in base alla normativa vigente e ai contratti collettivi, per i lavoratori dipendenti pubblici e privati le indennità di malattia e di maternità di cui all'articolo 74, primo comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833, sono corrisposte agli aventi diritto a cura dell'Istituto nazionale della previdenza sociale»;

          b) il sesto comma è abrogato.

Art. 2.

      1. Agli oneri derivanti dall'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 1, valutati in 4,5 milioni di euro per l'anno 2016 e in 2,6 milioni di euro a decorrere dall'anno 2017, si provvede mediante corrispondente riduzione delle previsioni per i medesimi anni dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2015-2017, nell'ambito del fondo speciale di parte corrente dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2015, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
      2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.