• Testo RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA

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Atto a cui si riferisce:
C.6/00168 sentite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in merito alla riunione del Consiglio europeo del 15 e 16 ottobre 2015; premesso che: il Consiglio europeo si...



Atto Camera

Risoluzione in Assemblea 6-00168presentato daSCOTTO Arturotesto diMercoledì 14 ottobre 2015, seduta n. 502

La Camera,
sentite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in merito alla riunione del Consiglio europeo del 15 e 16 ottobre 2015;
premesso che:
il Consiglio europeo si concentrerà sulle questioni migratorie, in tutti i suoi aspetti e farà il punto delle discussioni in merito alla relazione sull'Unione economica e monetaria, nonché sullo stato della situazione relativa al referendum sulla permanenza o l'uscita del Regno Unito dall'Unione europea;
dall'inizio del 2015 è aumentato in modo consistente il numero dei migranti che arrivano in quei Paesi che, per la loro posizione geografica, rappresentano le principali porte di ingresso nell'Unione europea;
secondo i recenti dati dell'UNHCR sono più di 530 mila i rifugiati e i migranti che hanno attraversato il Mediterraneo nel 2015. La Grecia è il paese di arrivo che ha accolto il numero maggiore di arrivi con quasi 400 mila persone, seguita dall'Italia con 131 mila arrivi nel 2015;
nonostante i forti venti autunnali, nel solo mese di settembre, 168.000 persone hanno intrapreso questa traversata, il dato mensile più alto di quest'anno, cinque volte superiore al totale registrato a settembre del 2014, mentre nella sola Grecia sono state più di 153.000 le persone arrivate nel mese di settembre;
provengono tutte dai primi 10 Paesi al mondo per numero di rifugiati, principalmente della Siria (70 per cento), dall'Afghanistan (18 per cento) e dall'Iraq (4 per cento);
alla luce di questa situazione e dei relativi numeri, le proposte dell'Unione europea e la relativa gestione sulla cosiddetta «crisi dei migranti» appaiono fortemente sbagliate e potenzialmente rischiano di mettere a serio repentaglio le fondamenta democratiche dell'Europa stessa;
è da quando è stata fondata l'Unione europea che si parla di flussi migratori in Europa e lo si è fatto applicando esclusivamente leggi restrittive che hanno alimentato la «clandestinità» delle persone;
il fenomeno delle migrazioni non può essere fermato. Non serve rinforzare le frontiere, aumentare i controlli, installare telecamere, erigere muri o attivare qualsiasi altro dispositivo di chiusura: l'unica soluzione da intraprendere adesso sarebbe quella di istituire dei corridoi umanitari per agevolare l'arrivo in sicurezza di chi decide di scappare dalla sua terra e di stabilire la possibilità di ottenere il diritto di asilo in luoghi attrezzati, vicini alle zone di fuga;
se può essere visto come un cambio di rotta l'annuncio sui reinsediamenti e i primi ricollocamenti all'interno dell'Unione europea, destano particolare preoccupazione il progetto europeo per un piano di rimpatri di persone che non riuscirebbero ad ottenere lo status di rifugiato, ossia i cosiddetti «rifugiati economici» e la proposta collaterale di istituire una lista vincolante di «paesi terzi sicuri», cioè sicuri in origine e transito, in cui dunque i richiedenti asilo possono essere rinviati, ignorando i gravi ostacoli all'accesso alla procedura d'asilo che troveranno in quel paese;
non è possibile accettare distinzioni tra migranti economici e rifugiati. Ogni migrante andrebbe valutato per la sua storia, come prevede la Convenzione di Ginevra e la nostra Costituzione;
preoccupano, a questo riguardo, anche le affermazioni del Ministro degli interni Alfano a margine della riunione dei Ministri degli interni in Lussemburgo dell'8 ottobre 2015: «bisogna essere molto chiari su un punto con i Paesi africani: se non ci aiutate non vi diamo i soldi della cooperazione internazionale». Di quali Paesi stiamo parlando ? Forse dell'Eritrea, del Sudan, della Somalia, del Niger? Gli stessi saranno considerati Paesi «sicuri» ? Sembrerebbe di si e sarebbe l'epilogo del «Processo di Khartoum»;
oltre agli accordi commerciali o di cooperazione con Paesi terzi dal Nord Africa ai confini con l'Asia, l'Europa dovrebbe stipulare accordi umanitari per la creazione di percorsi garantiti verso il continente stesso, e non di barattare risorse economiche comunitarie in cambio di un servizio poliziesco di controllo delle frontiere;
oltre al dialogo con alcune delle «peggiori dittature» del mondo come Sudan ed Eritrea, preoccupa il dialogo con Paesi come l'Egitto e soprattutto la Turchia, anche alla luce dei fatti tragici avvenuti ad Ankara il 10 ottobre 2015. È forte la preoccupazione che un accordo tra l'Unione europea e la Turchia, che preveda l'inserimento di quest'ultima nella lista dei «paesi sicuri» per dare una frenata al flusso dei rifugiati, faccia chiudere un occhio sul rispetto dei diritti umani, sulla repressione delle libertà fondamentali, nonché sulla forte repressione anti-curda che il Governo Turco sta mettendo in piedi negli ultimi mesi, addirittura dimenticando le gravi responsabilità di quest'ultimo nel supporto al Daesh;
in occasione del medesimo vertice il documento di Amnesty international ha reso noto che il Governo dell'Ungheria ha speso oltre 100 milioni di euro (il triplo di quanto destinato annualmente all'accoglienza dei richiedenti asilo) per costruire la barriera di filo spinato e applicare altre misure di controllo al!a frontiera con Croazia e Serbia, al fine di impedire a migranti e rifugiati di entrare nel Paese, in aperta violazione del diritto internazionale;
contemporaneamente il Parlamento ungherese ha, con legge, inserito la Serbia nella lista dei «paesi sicuri» di origine e transito, in cui dunque i richiedenti asilo possono essere rinviati, ignorando i gravi ostacoli all'accesso alla procedura d'asilo che troveranno in quel Paese. Contemporaneamente, un ulteriore provvedimento ha istituito il reato penale di ingresso irregolare di rifugiati e richiedenti asilo, in violazione del diritto internazionale;
le istituzioni dell'Unione europea, al fine di prevenire ulteriori violazioni dei diritti umani in Ungheria, dovrebbero attivare il meccanismo preventivo previsto dall'articolo 7.1 del Trattato dell'Unione europea, che consente al Consiglio europeo di ammonire uno Stato membro quando vi sia «un evidente rischio di gravi violazioni» dello stato di diritto e dei diritti umani;
nei giorni scorsi è partita la seconda fase della Missione EUNAVFOR MED, l'operazione militare che ha l'obiettivo di identificare, acquisire e rendere inoperative le imbarcazioni usate dai trafficanti di esseri umani;
la missione europea entra infatti in una fase operativa, dopo quella di studio del fenomeno. Ora si potranno mettere in atto delle vere azioni di deterrenza. Potranno essere fermate le barche usate dai trafficanti, potranno essere scortati i barconi carichi di migranti e, allo stesso tempo, potranno essere assicurati i trafficanti alla giustizia italiana. Potranno essere sequestrate le imbarcazioni utilizzate dai trafficanti così come il materiale tecnologico;
l'esperienza ci ha purtroppo insegnato che quando vengono messe in atto azioni di deterrenza, ma non si creano al contempo delle alternative possibili, i viaggi dei rifugiati diventano ancora più disperati. L'Unione europea sta mettendo in atto un programma di forte contrasto ai trafficanti, ma non sta agendo con altrettanta forza per aprire canali sicuri e legali per consentire alle persone che hanno bisogno di protezione di raggiungere l'Europa;
basterebbe fare un esempio: cosa successe nel 2009, quando l'Italia mise in atto la politica dei respingimenti nei confronti delle imbarcazioni partite dalla Libia? Si aprì una nuova via di fuga attraverso il Sinai e lì centinaia di persone furono rapite e torturate atrocemente. Non si fermò il flusso di rifugiati fuggiti, ma solo la loro possibilità di chiedere protezione;
la politica dei respingimenti ha già amplianiente dimostrato la sua inefficacia e mostrato i suoi nefandi aspetti sulla pelle di chi fugge da guerre, carestie, persecuzioni e dittature e rischia di far deflagrare, con effetti ancor più devastanti anche nel nostro Paese, le politiche ad esso correlate: la creazione degli hotspot e di conseguenza la riapertura su larga scala dei centri di detenzione amministrativa per l'identificazione e l'espulsione;
il tentativo, già fallito in partenza, di identificare attraverso le impronte digitali in tutti i migranti dopo l'ingresso in Italia e in Grecia, senza però garantire al contempo un tempestivo trasferimento legale verso i Paesi del Nordeuropa non è adeguato; gli hotspot proposti come centri che dovrebbero migliorare la condizione dei richiedenti asilo, stanno già diventando, di fatto, luoghi di riproduzione della clandestinità;
l'unica soluzione, al momento non applicabile anche per via delle scarsità di risorse anche umane, sarebbe quella del prelievo forzato delle impronte digitali, a meno di non estendere il trattenimento amministrativo a tempo indeterminato nei confronti di migliaia di persone appena sbarcate, cosa molto probabile al momento, anche a fronte del divieto di respingimenti o espulsioni collettive, sancito dall'articolo 4 del Quarto Protocollo allegato alla CEDU, oltre che dall'articolo 19 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea;
nell'impossibilità di procedere ai rimpatri si avranno per cui decine di migliaia di persone internate a tempo indeterminato;
in definitiva gli interessi politici degli Stati stanno affossando di fatto il «diritto di asilo europeo» che non è mai esistito e si allontana sempre più, così come sembra allontanarsi l'idea di una Europa solidale. Non c’è altra soluzione: o si prende atto del fatto che il futuro di chi scappa da guerre e miseria è tutt'uno col futuro dell'Europa, oppure anche l'Unione europea si trasformerà in una terra di guerre e conflitti crudeli come accade alle nostre porte. Il destino dei migranti è in definitiva il nostro destino;
la Capital Markets Union o CMU, presentata nei giorni scorsi dalla Commissione europea prevede un insieme di iniziative mirate alla creazione di nuovi canali di finanziamento per le piccole e medie imprese, le infrastrutture e particolari settori economici. Alla base vi è l'idea che, se le banche non prestano abbastanza e gli investimenti pubblici non si possono fare, la soluzione passa da un'ulteriore espansione della sfera finanziaria;
si vorrebbero favorire canali alternativi a quello bancario, quali il sistema bancario ombra, o shadow banking system, che non deve sottostare alle regole che riguardano le banche e, questo, lo stesso sistema finito sotto accusa come uno dei principali responsabili della crisi del 2007-2008. Si tratta delle cartolarizzazioni che permettono alle banche di rivendere sui mercati i crediti erogati, moltiplicandoli all'infinito ed eludendo le normative prudenziali; esattamente le operazioni che, solo pochi anni fa, hanno consentito di erogare i mutui subprime:
inoltre, nella CMU si propone l'abbattimento degli ultimi controlli sui movimenti di capitale. Capitali sempre più fuori controllo in un'Unione europea dove leggi e fisco si fermano alle frontiere nazionali. Con la CMU si esaspera lo stesso principio che ha portato le banche tedesche e francesi a inondare di soldi la Grecia per anni, salvo lasciarla poi sull'orlo del baratro con lo scoppio della crisi. Si delega così alla finanza privata l'intero progetto di integrazione europea;
non è casuale che dirigenti di banche quali Goldman Sachs, JP Morgan, Citi, BBVA, Credit Suisse, BNP Paribas, HSBC e diverse altre, abbiano diffuso, nei giorni scorsi, un comunicato per segnalare che la Capital Markets Union è «un'iniziativa faro dell'Unione Europea» e che ne sono «pieni sostenitori». Mentre la regolamentazione della finanza non fa passi in avanti, le lobbies rialzano la testa;
rimangono in piedi le questioni, già affrontate nei precedenti dibattiti in questa Aula, in ultimo nella «sessione europea» dello scorso settembre: della revisione in profondità delle politiche economiche cosiddette «dell'austerità», portate avanti dagli organismi dirigenti dell'eurozona e da molti Governi dei Paesi che ne fanno parte, nonché della revisione in senso democratico del funzionamento degli organismi stessi della governance europea;
è necessario, oggi più che mai, riformare profondamente politiche, strumenti giuridici e procedimento legislativo, dando un chiaro bilanciamento tra i poteri e togliendo potere al sistema intergovernativo;
occorre con urgenza definire un piano europeo per l'occupazione per i giovani, i disoccupati e gli inoccupati, che definisca una politica industriale a livello europeo, dando priorità a interventi che rispettano il diritto ad un ambiente sano e integro, al contrario di quanto fanno molte grandi opere che devastano il territorio e che creano poca occupazione, agevolando la transizione verso consumi drasticamente ridotti di combustibili fossili, la creazione di un'agricoltura biologica e multifunzionale, il riassetto idrogeologico dei territori, la valorizzazione non speculativa del patrimonio artistico, il potenziamento dell'istruzione e della ricerca, la messa in sicurezza degli edifici scolastici, la riqualificazione delle città, l'efficienza energetica degli immobili, l'innovazione tecnologica, la riforma e il rinnovamento della PA e del welfare, l'innovazione e la sostenibilità delle reti (trasporti, energia, digitalizzazione del Paese, e altro),

impegna il Governo

in riferimento alle politiche delle migrazioni:
a promuovere l'apertura immediata di corridoi umanitari di accesso in Europa per garantire «canali di accesso protetto», attraverso i Paesi di transito ai rifugiati che scappano da persecuzioni, guerra e conflitti, per mettere fine alle stragi in mare e in terra quindi debellare il traffico di esseri umani e le prevedibili e evitabili tragedie in mare;
a proporre un reale «diritto di asilo europeo», capace di superare il regolamento Dublino che obbliga i migranti a richiedere asilo nel primo Paese comunitario che incontrano nel loro cammino. Un migrante dovrebbe avere il diritto di avere riconosciuto l'asilo in qualsiasi Paese, per poi essere libero di circolare all'interno dell'Europa;
a vigilare sul rispetto del divieto di espulsioni collettive previsto dai protocolli addizionali alla CEDU, attraverso l'adozione di opportuni atti regolamentari e l'introduzione di procedure di monitoraggio indipendenti;
a concedere, con effetto immediato, permessi di soggiorno per motivi umanitari che consentano la libera circolazione negli Stati dell'Unione europea e quindi avviare l'iter per la predisposizione di una normativa dell'Unione con la quale disciplinare il riconoscimento reciproco delle decisioni di riconoscimento della protezione internazionale tra gli Stati membri; a chiedere, in sede di Consiglio europeo, la regolarizzazione di tutti i migranti anche senza documenti presenti in Europa;
a promuovere il principio di un'accoglienza dignitosa, dunque la chiusura di tutti i centri di detenzione per migranti sparsi in Europa;
a superare, per quanto concerne l'Italia, definitivamente il sistema dei CIE, CARA e CDA e adottare il sistema SPRAR come modello unico di accoglienza per i richiedenti asilo;
a implementare rapidamente il programma di ricollocamento, affiancandolo alla creazione di adeguate strutture per l'accoglienza, l'assistenza, la registrazione e lo screening delle persone in arrivo via mare e ad affrontare, con gli altri partner europei, in ragione del massiccio afflusso di rifugiati in Grecia, il problema delle carenze nella capacità di accoglienza in Grecia che possono seriamente mettere a rischio il programma di ricollocamento concordato dal Consiglio europeo, dal momento che i rifugiati idonei non hanno un luogo dove andare in attesa del trasferimento;
a chiedere l'attivazione del meccanismo preventivo, previsto dall'articolo 7.1 del Trattato dell'Unione europea, nei confronti dell'Ungheria, che consente al Consiglio europeo di ammonire uno Stato membro quando vi sia «un evidente rischio di gravi violazioni» dello stato di diritto e dei diritti umani;
a proporre la revisione della missione EUNAVFOR MED che rischia danni maggiori, come esposto in premessa: l'unico modo per contrastare il traffico di esseri umani e allo stesso tempo permettere ai rifugiati di essere protetti sia quello di intervenire offrendo soluzioni possibili, attraverso programmi di reinsediamento, l'attivazione di procedure di ingresso protetto, visti e canali umanitari;
in riferimento all'Unione economica e monetaria:
ad opporsi all'approvazione delle misure contenute nel documento della Commissione europea denominato Capital Markets Union;
a sostenere, nelle sedi comunitarie, l'applicazione di una tassa europea sulle transazioni finanziarie, la separazione tra le banche commerciali e di investimento e un reale programma di investimenti europei che preveda anche l'emissione di eurobond;
ad adoperarsi per l'adozione di misure concrete per ampliare il processo decisionale europeo in senso democratico, attraverso un ruolo più incisivo del Parlamento europeo ed un migliore e più attivo coinvolgimento dei Parlamenti nazionali:
a) il PE deve avere poteri legislativi diretti e di indirizzo della politica economica;
b) la Commissione deve diventare un Governo eletto con politica fiscale, economica e sociale proprie;
c) della BCE devono essere rivisti in profondità lo statuto e le finalità, anche al fine di includere la disoccupazione come obiettivo da perseguire (come nello statuto della Federal Reserve);
a sostenere come priorità del sistema di governance economica europea, il raggiungimento reale degli obiettivi posti dalla strategia Europa 2020;
a promuovere il potenziamento della strumentazione e della dotazione finanziaria dell'Unione europea, finalizzato al sostegno dell'economia, attraverso l'adozione di misure e la sperimentazione di strumenti che svolgano una funzione anticiclica;
a farsi promotore di una Conferenza europea sul debito sovrano, prevedendo, tra le strade possibili, il coinvolgimento della Bce per la riduzione del costo del debito che eccede il 60 per cento del PIL;
a creare un fronte comune con i Governi disponibili, per porre con forza, negli organismi della governance europea, il tema della revisione dei trattati europei a partire dal fiscal compact, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, del tutto arbitrari ed assurdi, ottenendo la convocazione di una Conferenza europea per definire le necessarie modifiche;
a promuovere una discussione in sede europea per ridurre la soglia di saldo commerciale eccessivo e per introdurre penalizzazioni analoghe a quelle previste per lo sforamento dei saldi obiettivo di finanza pubblica;
ad adoperarsi negli organismi europei per sterilizzare le spese connesse all'accoglienza dei migranti e dei rifugiati dal calcolo dei saldi di finanza pubblica rilevanti ai fini delle regole europee, per consentire, per un triennio, spese per investimenti produttivi e co-finanziamento dei fondi strutturali anche oltre la soglia del 3 per cento nel rapporto deficit Pil e per ottenere una moratoria, per almeno un triennio, sull'applicazione delle misure obbligatorie di abbassamento del debito prevista dal fiscal compact, nonché la modifica delle modalità di calcolo dei saldi corretti per il ciclo, che penalizzano soprattutto Paesi come il nostro, che si trova in una situazione di prolungata recessione;
a promuovere iniziative volte a contrastare l'evasione e l'elusione fiscale a livello europeo, e ad ottenere un maggior coordinamento dei sistemi fiscali nell'Unione europea, al fine di ridurne la dannosa concorrenza fiscale;
a sostenere l'utilizzo di eurobond per far ripartire gli investimenti pubblici europei in infrastrutture e della green economy, nonché a sostenere la domanda aggregata in modo da rilanciare uno sviluppo sostenibile e l'occupazione;
a proporre un Green New Deal continentale (un Piano europeo per l'Occupazione), il quale stanzi almeno 1.000 miliardi di euro con risorse pubbliche nuove ed aggiuntive rispetto a quelle già stanziate (diversamente da quanto previsto dal cosiddetto «Piano Juncker»), per dare occupazione a 5-6 milioni di disoccupati o inoccupati (di cui un milione in Italia): tanti quanti sono quelli che hanno perso il lavoro dall'inizio della crisi; e definire una politica industriale a livello europeo e dare priorità a interventi che rispettino il diritto ad un ambiente sano e integro, al contrario di quanto fanno molte grandi opere che devastano il territorio e che creano poca occupazione; agevolare la transizione verso consumi drasticamente ridotti di combustibili fossili; a creare un quadro normativo europeo armonico adatto a favorire: un'agricoltura biologica e multifunzionale, e l'investimento in risorse per il riassetto idrogeologico dei territori, la valorizzazione non speculativa del patrimonio artistico, il potenziamento dell'istruzione e della ricerca, la messa in sicurezza degli edifici scolastici, la riqualificazione delle città, l'efficienza energetica degli immobili, l'innovazione tecnologica, la riforma e il rinnovamento della Pubblica amministrazione e del welfare, l'innovazione e la sostenibilità delle reti (trasporti, energia, digitalizzazione del Paese, e altro);
a sostenere, inoltre:
a) l'attuazione di una dimensione sociale dell'Unione europea, che includa anche un meccanismo di reddito minimo garantito e un regime di indennità minima di disoccupazione per l'area dell'euro;
b) l'inclusione del meccanismo europeo di stabilità (MES) nel diritto dell'Unione e un nuovo approccio nei confronti degli eurobond;
c) una capacità di bilancio dell'area dell'euro, in particolare per finanziare azioni anticicliche, riforme strutturali o parte della riduzione del debito sovrano.
(6-00168) «Scotto, Palazzotto, Kronbichler, Fratoianni, Marcon, Melilla, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, Duranti, Daniele Farina, Ferrara, Giancarlo Giordano, Paglia, Piras, Placido, Pellegrino, Zaratti, Pannarale, Nicchi, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Zaccagnini».