• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE

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Atto a cui si riferisce:
C.5/01060 l'organizzazione palestinese per i diritti umani Al Haq ha pubblicato un parere legale sul coinvolgimento di un'impresa italiana, la «Pizzarotti & C. S.p.A.» di Parma, nelle attività di...



Atto Camera

Interrogazione a risposta in commissione 5-01060presentato daSCOTTO Arturotesto diMartedì 24 settembre 2013, seduta n. 83

SCOTTO e FAVA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
l'organizzazione palestinese per i diritti umani Al Haq ha pubblicato un parere legale sul coinvolgimento di un'impresa italiana, la «Pizzarotti & C. S.p.A.» di Parma, nelle attività di traforo per la costruzione della linea ferroviaria ad alta velocità A1 che dovrà congiungere Tel Aviv a Gerusalemme;
secondo l'opinione legale dell'organizzazione palestinese, ci sono fondati motivi per determinare che la «Pizzarotti & C. S.p.A.» possa essere ritenuta responsabile «di atti che potrebbero procurare gravi violazioni del diritto internazionale, come i crimini di guerra di saccheggio e di distruzione e appropriazione di beni», sia ai sensi della Quarta Convenzione di Ginevra che dello Statuto della Corte Penale Internazionale (CPI), come riporta l'articolo pubblicato dall'edizione online de La Repubblica del 9 luglio 2013 intitolato «Israele, gli espropri per la ferrovia sui territori palestinesi occupati»;
l'impresa italiana ha stipulato un contratto con le Ferrovie israeliane per l'escavazione di due tunnel destinati al passaggio della nuova linea ferroviaria ad alta velocità che collegherà Tel Aviv e Gerusalemme, attraversando per ben 6,5 chilometri i territori palestinesi occupati;
la realizzazione di questi tunnel, uno dei quali sarà il più lungo mai scavato in Israele, ha già determinato la illegittima confisca di terre palestinesi a Beit Iksa, Beit Surik e Yalu, villaggi della Cisgiordania occupata;
nel testo del parere legale approntato da Al Haq si legge che «i beni sono stati espropriati al fine di fornire un efficace sistema di trasporto ai cittadini israeliani e per favorire gli interessi economici degli appaltatori coinvolti nelle attività minerarie»;
le attività compiute e configurabili quali crimini di guerra riguardano sia l'espropriazione delle terre confiscate che la sottrazione, «a vantaggio esclusivo della Potenza occupante e delle imprese che per questa operano sul territorio» del materiale estratto dagli scavi, contrariamente a quanto previsto dalle norme del diritto internazionale;
la nuova infrastruttura danneggerà gli interessi della popolazione locale palestinese, la quale perderà una parte considerevole della propria terra;
gli abitanti dei villaggi di Beit Iksa e Beit Surik, cui Israele ha già confiscato gran parte delle terre, sono perlopiù rifugiati del 1948 per la costruzione degli Insediamenti e del Muro;
l'azienda, per questo motivo, è oggetto di una campagna di pressione portata avanti dalla coalizione italiana «Stop That Train», affinché «cessi di operare in violazione del diritto internazionale»;
la «Deutsche Bahn», compagnia ferroviaria di stato della Germania, si è ritirata dal progetto proprio a causa del suo carattere problematico dal punto di vista del diritto internazionale;
nel maggio del 2013 un gruppo di Ricerca di Who Profits ha visitato i cantieri della linea ferroviaria A1, descrivendo l'avanzamento dei lavori;
un'indagine di «Electronic Intifada», riportata dal sito di informazione «BDS Italia» nell'articolo «Lavoratori palestinesi sulla ferrovia illegale israeliana derubati della metà dei loro stipendi» del 25 luglio 2013, ha rivelato che i circa 200 palestinesi che lavorano sulla linea ferroviaria ad alta velocità tra Gerusalemme e Tel Aviv sono sottoposti ad un forte sfruttamento;
dalle testimonianze raccolte, risulta che la maggior parte dei lavoratori palestinesi siano stati reclutati da israeliani ingaggiati per fornire lavoratori al cantiere, che prendono la metà (talvolta anche di più) dei guadagni dei lavoratori da loro reclutati;
ai lavoratori non verrebbe dato alcun permesso di lavoro per Israele, né garantita alcuna assicurazione;
i lavoratori non sono registrati, ed in caso d'infortunio non avrebbero alcuna prova documentale per dimostrare che lavorano lì;
secondo un progetto di ricerca della Coalizione delle Donne per la Pace, riporta sempre lo stesso articolo, il tracciato della linea ferroviaria solleverebbe almeno tre questioni legali: la costruzione di una struttura permanente nei territori occupati non accessibile alle persone del posto, l'appropriazione ingiusta delle terre palestinesi per il cantiere e la vendita del materiale estratto dalla scavo dei tunnel in terra palestinese, tutte azioni in evidente contrasto con le norme del diritto internazionale;
i lavoratori che hanno parlato con «Electronic Intifada» a Beit Iksa hanno affermato che tutti i macchinari utilizzati per scavare i tunnel sono manovrati esclusivamente da russi e da italiani;
Beit Surik e Beit Iksa sono i villaggi più colpiti dal percorso del treno, ed hanno già perso grandi estensioni di terra: Beit Surik ha perso più del 30 per cento della propria terra a causa del muro israeliano in Cisgiordania, mentre Beit Iksa ha perso circa il 60 per cento del suo territorio per i vicini insediamenti israeliani e per il muro;
solo circa 600 dunum di terre del villaggio sono stati approvati per lo sviluppo (un dunum è di 1.000 metri quadrati), mentre circa 5.000 dunum ora rimangono bloccati in una «terra di nessuno» tra il paese e un insediamento israeliano nelle vicinanze;
nel giugno 2010, l'ingresso principale di Bei Iksa è stato chiuso, ed attualmente il villaggio è accessibile solo attraverso un posto di blocco militare israeliano;
Mohammad Gaith, membro del consiglio del villaggio di Beit Iksa, ha dichiarato di essere stato informato del progetto A1 appena un mese prima che la costruzione iniziasse, e di aver recentemente scoperto che altri 800 dunum, in gran parte terre agricole, verranno confiscati a Beit Iksa dalle autorità israeliane;
la notizia della nuova confisca, in cui si indicava che gli interessati avrebbero avuto 60 giorni a partire dalla data di notifica della confisca per presentare ricorso, sarebbe stata scoperta per caso, riporta l'articolo di «BDS Italia», da un abitante del villaggio su Internet, ma nel frattempo il periodo previsto per il ricorso era già terminato;
secondo Gaith, nessuna comunicazione ufficiale è stata data per questa confisca;
in questo drammatico contesto, secondo il parere legale pubblicato da Al Haq e ripreso dal citato articolo de La Repubblica, Pizzarotti, pur avendo dimostrato di essere pienamente consapevole della problematicità del progetto, non avrebbe mostrato esplicitamente alcuna intenzione di fare un passo indietro;
Al Haq afferma che l'Italia, quale Stato facente parte della Corte penale internazionale, «ha il dovere di esercitare la giurisdizione penale per quanto riguarda azioni compiute dai suoi cittadini (in questo caso i membri del consiglio di amministrazione e i dirigenti di alto livello della Pizzarotti) che possano ammontare a crimini di competenza della Corte», e sottolinea che «tutti gli Stati sottostanno all'obbligo, derivante dal diritto internazionale consuetudinario, di indagare e perseguire i responsabili delle infrazioni gravi delle Convenzioni di Ginevra»;
«Libera il tuo Comune dalla Pizzarotti», lanciata dalla Coalizione Italiana Stop That Train, i consigli comunali di Napoli, Rho, Sasso Marconi, Corchiano ed il consiglio della municipalità 5 di Napoli Arenella-Vomero hanno approvato ordini del giorno e delibere e risoluzioni di condanna morale e politica sul tema, impegnandoci in alcuni casi (Napoli, ad esempio) a rivedere il regolamento del comune per escludere dalle gare comunali le ditte che violano il diritto internazionale –:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti, quali misure siano state prese in merito e quali azioni intenda intraprendere a riguardo;
se la «Pizzarotti & C. S.p.A.» di Parma, attraverso il suo coinvolgimento nel progetto per la linea ferroviaria A1 e il suo rifiuto di ritirarsi dal progetto, che rappresenta una palese violazione del diritto internazionale, non abbia commesso l’«errore grave» nell'esercizio della propria attività professionale di cui all'articolo 38, comma 1, lettera f), del codice dei contratti pubblici (decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163), che, recependo una direttiva europea riguardante le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, prevede per simili casi l'esclusione da tali gare d'appalto. (5-01060)