• Testo ODG - ORDINE DEL GIORNO IN ASSEMBLEA

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Atto a cui si riferisce:
C.9/00282-A/015 premesso che: il provvedimento al nostro esame dal titolo: «Disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita», in realtà non contiene misure...



Atto Camera

Ordine del Giorno 9/00282-A/015presentato daMIGLIORE Gennarotesto diMartedì 24 settembre 2013, seduta n. 83

La Camera,
premesso che:
il provvedimento al nostro esame dal titolo: «Disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita», in realtà non contiene misure essenziali per introdurre elementi di maggiore equità nel nostro sistema fiscale, ed in particolare, non prevede nessuna misura per l'introduzione di un'imposta patrimoniale ordinaria, imposta presente negli altri paesi europei ed occidentali;
è vero che la diseguaglianza nella distribuzione dei redditi e delle ricchezze deriva in misura prevalente dal modo in cui il valore generato nei processi produttivi viene distribuito tra i diversi fattori (disomogenei non solo per tipologia, capitale e lavoro, ma anche per gradi di flessibilità e per allocazione geografica). La diseguaglianza nei redditi e nelle ricchezze al netto delle imposte è, quindi, solo secondaria, perché le possibilità di redistribuzione per via fiscale sono ridotte per ragioni sia tecniche sia politiche;
le proposte di tassazione patrimoniale che vengono portate avanti in modo più o meno sistematico (Amato, Capaldo, Veltroni) hanno un carattere straordinario in quanto legato a un'esigenza specifica, ovvero la riduzione dello stock di debito pubblico. Tralasciando la discussione sull'opportunità e sull'eventuale entità di questa finalizzazione, il problema sta proprio nella straordinarietà dell'imposta. Le imposte straordinarie sono sempre difficili da gestire, perché richiedono tempi brevi e basi imponibili poco mobili. Ne segue che un'imposta straordinaria potrebbe configurarsi solo sul patrimonio immobiliare e non su quello finanziario, che altrimenti potrebbe facilmente essere nascosto o allocato altrove per il breve periodo in cui si applica l'imposta. Il gettito ottenibile in questo modo difficilmente potrebbe essere sufficiente a raggiungere gli obiettivi di abbattimento del debito dichiarati. Da qui il passo ad un'imposta straordinaria sui «redditi alti» è breve, ed è nefasto, perché i redditi alti sono comunque redditi da lavoro, posto che il reddito da capitale è in buona parte fuori dall'Irpef. Si finirebbe probabilmente vicino ad una riedizione, magari con qualche accorgimento, della tassa sull'Europa del 1997;
ma ciò considerato, non dobbiamo perdere un'opportunità: secondo recenti stime del Fondo monetario internazionale, se l'ltalia introducesse un'imposta patrimoniale ordinaria in grado di produrre un gettito di livello medio rispetto a quello di imposte simili in Canada, Usa e Regno Unito, si potrebbe guadagnare un punto di Pil in termini di gettito. Il dato serve soprattutto ad illustrare il fatto che l'Italia ha livelli di imposizione patrimoniale bassi;
il secondo elemento da tenere presente in questo periodo post-crisi e di scarsa crescita (almeno per l'Italia), è che proprio la tassazione sugli immobili è considerata dall'Ocse come quella preferibile da adottare quando è necessario reperire risorse cercando di favorire nel contempo la crescita economica, dato che, oltretutto, il patrimonio, almeno in Italia, è più concentrato del reddito;
le imposte patrimoniali offrono diversi vantaggi teorici e pratici rispetto a quelle sul reddito, tra cui il fatto che consentono di stabilizzare il gettito, rendendolo meno variabile al variare del ciclo economico e riducendo quindi il rischio per le finanze pubbliche;
inoltre, la distribuzione del patrimonio è normalmente più sperequata rispetto a quella delle basi imponibili delle imposte personali, e quindi una ricomposizione del prelievo di questo tipo potrebbe aumentare la progressività complessiva del sistema. Non ci si deve nascondere, tuttavia, che anche per le imposte patrimoniali c’è il problema dell'accertamento della base imponibile, che è più semplice, rispetto all'accertamento del reddito, solo per i beni immobili, mentre è particolarmente complessa per i patrimoni finanziari. È qui che dovrebbe intervenire un sistema europeo integrato di anagrafe dei flussi patrimoniali, ed è qui che il problema della tassazione si lega a quello, più generale e complesso, della regolamentazione dei flussi di capitale, all'interno e all'esterno dell'Europa;
il passaggio dal reddito al patrimonio (ovvero ad una tassazione del reddito presunto sulla base della consistenza patrimoniale) potrebbe essere adottato per i gruppi di impresa e per le imprese singole dotate di una minima consistenza patrimoniale, cercando di evitare i fenomeni di «imprese in perdita ripetuta» noti da anni ed oggetto di diversi infruttuosi tentativi di revisione;
è sbagliato ritenere che il patrimonio delle società sia già conteggiato nel patrimonio delle famiglie che ne sono proprietarie, perché non c’è una necessaria corrispondenza tra valore delle quote proprietarie e stato patrimoniale della società. Né bisogna pensare che assoggettare a patrimoniale le società implichi tassare gli «strumenti della produzione». Si consideri che il 40 per cento della ricchezza immobiliare complessiva della nazione è posseduta da società. È ovvio che questi immobili non sono tutti destinati alla attività produttiva delle società che li possiedono (per questi naturalmente si potrebbero individuare forme di esenzione). Ad esempio, il 10 per cento del totale degli immobili residenziali in Italia sono posseduti da società, e certo non vi sarebbe motivo di esentarli; né vi sarebbe motivo di esentare gli immobili non residenziali posseduti da «imprese» che esistono solo per gestire questo patrimonio immobiliare. Per questo andrebbero proposte anche norme più efficaci di quelle attualmente in vigore contro le cosiddette «società di comodo»,

impegna il Governo:

a prendere le opportune iniziative anche legislative, ferme restando le prerogative del Parlamento al fine di:
a) introdurre un'imposta patrimoniale ordinaria sulle grandi ricchezze, prevedendo come base imponibile dell'imposta la ricchezza netta delle famiglie superiore a 800 mila euro, e cioè, la somma delle attività reali (immobili, aziende e oggetti di valore), delle attività finanziarie (depositi, titoli di Stato, azioni, ecc..) al netto delle passività finanziarie (mutui e altri debiti), ricomprendendo nell'imponibile il patrimonio non strumentale delle società;
b) proporre, nell'ambito degli organismi europei, la messa in opera di un sistema europeo integrato di anagrafe dei flussi patrimoniali;
c) destinare il gettito dell'imposta patrimoniale ordinaria sulle grandi ricchezze alla riduzione dell'Irpef per i redditi medio-bassi.
9/282-A/15. Migliore, Di Salvo, Marcon, Boccadutri, Paglia.