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Atto a cui si riferisce:
C.3354 Introduzione del capo II-bis della legge 2 luglio 2004, n. 165, recante disposizioni temporanee per garantire l'equilibrio nella rappresentanza tra donne e uomini nei consigli regionali


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
Testo senza riferimenti normativi
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 3354


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa della deputata CENTEMERO
Introduzione del capo II-bis della legge 2 luglio 2004, n. 165, recante disposizioni temporanee per garantire l'equilibrio nella rappresentanza tra donne e uomini nei consigli regionali
Presentata l'8 ottobre 2015


      

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Onorevoli Colleghi! La presente proposta di legge si prefigge l'obiettivo di dare concreta attuazione al principio sancito dall'articolo 51 della Costituzione in materia di promozione di pari opportunità tra donne e uomini all'accesso alle cariche elettive e di superare il deficit democratico che ancora oggi contraddistingue il nostro Paese.
      La necessità che si realizzi un'effettiva partecipazione di tutti i cittadini all'organizzazione politica, oltre che economica e sociale, del Paese (articolo 3 della Costituzione) passa inevitabilmente per la possibilità offerta a tutti i cittadini, uomini e donne, di poter partecipare ugualmente all'attività politica del Paese.
      Occorre, quindi, colmare il divario che attualmente esiste nella rappresentanza tra la società civile e la realtà politica, considerato che, rispetto alla media dei Paesi del Consiglio d'Europa, a tutt'oggi le donne non sono adeguatamente rappresentate nelle assemblee elettive regionali e nazionali.
      Alla luce di ciò, la necessità di sostenere e promuovere l'equilibrio di genere nelle istituzioni attraverso misure positive ha lo scopo di conseguire obiettivi di uguaglianza e di democrazia e costituisce una condizione atta a garantire uno sviluppo capace di includere tutte le risorse e le competenze presenti nel nostro Paese.
      Uno dei dibattiti più accesi all'interno dello spazio pubblico italiano ha riguardato e riguarda la necessità di un'equa rappresentanza di genere all'interno delle assemblee elettive. Molti sono stati le proposte e gli esperimenti che, in ambito elettorale, hanno riguardato il potenziamento della rappresentanza femminile nella sfera politica. La Campania ha previsto a livello regionale, già dal 2010, un sistema elettorale fondato sulla doppia preferenza (purché le preferenze espresse siano attribuite a candidati di diverso genere) del tutto simile a quello adottato nelle ultime elezioni comunali a partire dall'approvazione della legge 23 novembre 2012, n. 215, che rappresenta una svolta fondamentale nel complesso mondo delle pari opportunità in politica.
      La legge n. 215 del 2012 è stata approvata durante la XVI legislatura ed è volta a promuovere il riequilibrio delle rappresentanze di genere nei consigli e nelle giunte degli enti locali e nei consigli regionali. Tra le novità più significative vi è la modifica della legge per l'elezione dei consigli comunali con l'introduzione di misure volte a rafforzare la presenza delle donne, che riprendono il modello già sperimentato dalla legge elettorale regionale della Campania. Per assicurare il riequilibrio di genere sono previste: la cosiddetta quota di lista e l'introduzione della cosiddetta doppia preferenza di genere, che consente all'elettore di esprimere due preferenze (anziché una, come previsto dalla normativa previgente) purché riguardanti candidati di sesso diverso, pena l'annullamento della seconda preferenza. In caso di violazione delle disposizioni sulla quota di lista è peraltro previsto un meccanismo sanzionatorio.
      Per una valutazione circa l'efficacia delle nuove misure ai fini dell'aumento della rappresentanza femminile, qualche elemento può trarsi sia dalla situazione dei consigli regionali, in quanto diverse leggi elettorali regionali già prevedono quote di lista analoghe a quelle della nuova legge, sia dai risultati delle elezioni comunali dopo l'introduzione della doppia preferenza di genere nelle elezioni amministrative.
      Secondo il Centro italiano studi elettorali della LUISS naturalmente la novità dello strumento e la conseguente assenza di una serie storica impediscono valutazioni di carattere generale, ma i risultati ottenuti in termini di rappresentanza femminile nelle ultime elezioni comunali offrono fondati spunti di riflessione.

Tabella 1 – Rappresentanza femminile nei consigli comunali dei 16 capoluoghi al voto nel 2013: confronto con le elezioni precedenti e disaggregazione territoriale

Elezioni comunali precedenti Elezioni comunali 2013
 
M
F
totale
%f
M
F
totale
%f
Totale
556
70
626
11,2
375
145
520
27,9
Nord
207
33
240
13,8
127
55
182
30,2
Zona rossa
132
20
152
13,2
94
34
128
26,6
Sud
217
17
34
7,3
144
56
200
28,0

      Nella tabella I osserviamo il rendimento dello strumento «doppia preferenza» comparando i risultati con la tornata amministrativa precedente svolta senza nessun meccanismo di compensazione in termini di rappresentanza di genere. I casi analizzati riguardano i 16 comuni capoluogo protagonisti dell'ultima tornata elettorale, disaggregati fra nord, zona rossa e sud.
      Le percentuali in termini di donne elette, rapportate al totale, non lasciano dubbi in merito al successo dello strumento. Registriamo, infatti, una crescita notevole e diffusa delle donne elette nei consigli comunali delle città interessate. In termini assoluti esse raddoppiano. In termini percentuali la presenza femminile è due volte e mezzo quella della precedente tornata nel complesso e nel caso dei capoluoghi meridionali è addirittura quadrupla rispetto al recente passato. La frattura territoriale rileva quindi una sostanziale omogeneità dello strumento in termini di efficacia; efficacia che riscontriamo anche rispetto ai risultati di lista.

Tabella. 2 – Rappresentanza femminile nei consigli comunali dei 16 capoluoghi al voto nel 2013: confronto con le elezioni precedenti e disaggregazione per coalizioni

Elezioni comunali precedenti Elezioni comunali 2013
  M E totale %f M E totale %f
Totale 556 70 626 11,2 375 145 520 27,9
csx 249 38 287 13,2 224 98 322 30,4
cdx 248 24 272 8,8 93 27 120 22,5
m5s 2 0 2 0 16 10 26 38,5
tp 22 1 23 4,3 14 4 18 22,2
sx 24 4 28 14,3 7 2 9 22,2
dx 3 0 3 0 4 0 4 0,0
civica 8 3 11 27,3 17 4 21 19,0

      Osservando la tabella 2 registriamo una situazione di partenza caratterizzata da una maggiore presenza femminile nelle liste del centro-sinistra e della sinistra rispetto al centro-destra. L'introduzione della doppia preferenza determina un corposo aumento di donne elette, in particolare nell'area del centro-sinistra per quanto riguarda i valori assoluti, ma in termini percentuali anche nel centro-destra (dove le consigliere restano all'incirca lo stesso numero, ma in un contesto in cui il numero complessivo di rappresentanti è dimezzato). Più in generale appare evidente che, anche in termini di «aree politiche», la doppia preferenza aiuta un maggiore equilibrio nella rappresentanza di genere a prescindere dagli schieramenti.
      Le due tabelle non offrono certezze in senso assoluto, poiché gli elementi che compongono la legislazione elettorale hanno bisogno di tempo per dispiegare i propri effetti. Tuttavia, nonostante la necessaria prudenza è chiaro, in termini di obiettivi, che la doppia preferenza determina una straordinaria crescita del numero di donne elette nei consigli. Inoltre, sempre alla luce dei dati, è fuori di dubbio che il sistema a doppia preferenza vada oltre la frattura territoriale e partitica, producendo effetti su tutto il territorio e in ogni partito (ovviamente con intensità diverse in base al contesto). In conclusione, nonostante l'assenza di una serie storica e nonostante la valenza locale del voto, il meccanismo delle doppie preferenze si candida a essere un ottimo strumento nel riequilibrio di genere, all'interno delle istituzioni rappresentative.
      A livello regionale, la Campania non a caso risulta la regione con la maggiore percentuale di donne elette (23 per cento). Per le elezioni regionali, le quote di lista contribuiscono notevolmente all'aumento del numero di donne candidate, ma hanno un impatto molto minore sul numero di donne elette. La doppia preferenza di genere risulta pertanto uno strumento rilevante per l'obiettivo che ci si prefigge, ossia incrementare la democrazia paritaria.
      Di notevole rilievo sono stati anche gli interventi volti a consolidare la parità di genere nelle giunte e, più in generale, in tutti gli organi collegiali non elettivi di comuni e di province.
      Per quanto riguarda i Paesi membri del Consiglio d'Europa, in Francia il Conseil Constitutionnel ha riconosciuto nel 1999 la legittimità delle disposizioni legislative a tutela della presenza nelle liste di candidature femminili. Alla luce, poi, delle esperienze nei Paesi scandinavi è importante rilevare il fatto che già dagli anni settanta, prima dell'introduzione per legge delle quote, la rivoluzione rosa era

partita dagli statuti dei partiti e dalla loro ferma volontà di applicare le misure di incentivazione.
      In questo scenario internazionale, la presenza di disuguaglianze nella nostra società e nella nostra cultura ha da sempre rappresentato un freno alla piena partecipazione delle donne al funzionamento delle istituzioni pubbliche. Infatti, dal punto di vista concreto, pur moltiplicandosi le iniziative di partecipazione delle donne nella vita politica del nostro Paese, i risultati non sono ancora soddisfacenti. Basti pensare che dal 1946 nessuna donna ha mai ricoperto la carica di Capo dello Stato, né quella di Presidente del Consiglio dei ministri e che la prima donna Ministro fu Tina Anselmi nel 1972.
      L'Italia è ancora il fanalino di coda nel confronto tra i Parlamenti nazionali dei Paesi membri dell'Unione europea per la presenza delle donne nelle Assemblee legislative e nella compagine governativa. Infatti, nella classifica stilata dall'Unione interparlamentare internazionale, nell'ambito del progetto Women in national Parliament, l'Italia risulta ancora al trentaquattresimo posto della classica, mentre Bolivia, Senegal, Ecuador, Namibia e Nicaragua sono tra i primi dodici posti della classifica.
      Come se non bastasse, l'Indice europeo dell'uguaglianza di genere mostra che nel 2014 l'Italia si è classificata fra i Paesi dell'Unione europea con la minore uguaglianza di genere. Secondo in dati riportati dal Parlamento europeo, le politiche per affrontare lo squilibrio di genere sono state caute e i progressi in ambito giuridico sono stati promossi principalmente da direttive dell'Unione europea o da pressioni esercitate dalla società civile. All'Italia manca, dunque, un'adeguata infrastruttura di genere a livello centrale per promuovere, coordinare e monitorare le iniziative a favore dell'uguaglianza di genere soprattutto all'interno delle assemblee legislative.
      Gli ostacoli relativi all'accesso alle donne nei vertici della società affondano le loro radici nella cultura stessa del nostro Paese e proprio per questo motivo è necessario procedere attraverso un intervento legislativo che possa introdurre un cambiamento a partire dalla rappresentanza locale, in modo che vi sia un processo di crescita e di progressivo rafforzamento di una nuova classe politica e si possa raggiungere, nel lungo periodo, un necessario equilibrio di genere.
      D'altronde, anche il legislatore regionale, a seguito della modifica degli articoli 122 e 123 della Costituzione, che ha dato avvio al processo di elaborazione di nuovi statuti regionali e di leggi per l'elezione dei consigli nelle regioni a statuto ordinario, ha fatto registrare una crescente attenzione alla partecipazione delle donne nelle istituzioni politiche. Infatti, le regioni che hanno adottato nuove norme in materia elettorale hanno introdotto disposizioni specifiche per favorire la parità di accesso alle candidature anche in considerazione del fatto che la nuova formulazione dell'articolo 117 della Costituzione prevede una competenza in capo alla legge regionale di promuovere «la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive».
      A porre attenzione al tema è stata anche la Corte costituzionale che, dopo un iniziale atteggiamento di chiusura poiché aveva considerato l'introduzione di quote rosa costituzionalmente illegittima (sentenza n. 422 del 1995), a seguito delle successive modifiche agli articoli 51 e 117, secondo comma, della Costituzione, ha rivisto la sua posizione iniziale, conferendo dunque un ampio margine di manovra ai legislatori statali e regionali per interventi non solo nella composizione delle liste (sentenza n. 49 del 2003), ma anche per quanto riguarda l'espressione delle preferenze da parte degli elettori (sentenza n. 4 del 2010).
      Coerentemente con la sentenza n. 4 del 2010, la presente proposta di legge si pone come norma antidiscriminatoria considerato che non prevede alcun trattamento diversificato per i candidati di genere diverso, non introduce differenti requisiti di eleggibilità o di candidabilità e non incide sul carattere unitario della rappresentanza elettiva escludendo quindi qualsiasi garanzia di risultato.
      Con la presente proposta di legge è dunque prevista l'introduzione di disposizioni transitorie, valide per la prima e per la seconda elezione dei consigli regionali successive alla data di entrata in vigore della disposizione, volte a garantire l'equilibrio della rappresentanza tra le donne e gli uomini negli stessi consigli.
      Nello specifico, la lettera a) del comma 1 del nuovo articolo 5-bis della legge 2 luglio 2004, n. 165, prevede che qualora la legge elettorale stabilisca l'espressione di preferenze, ciascuna lista debba essere formata in modo che i candidati dello stesso non eccedano il 50 per cento, a pena di inammissibilità della stessa, e sia data la facoltà all'elettore di esprimere due preferenze, purché in favore di candidati di sesso diverso, a pena di annullamento della seconda preferenza. Alla lettera b) è stabilito che qualora la legge elettorale preveda la votazione di liste senza espressione di preferenze, ciascuna lista debba essere formata mediante alternanza tra candidati di sesso diverso. Infine, alla lettera c) è previsto che qualora la legge elettorale preveda collegi uninominali vi debba essere un equilibrio tra le candidature presentate con il medesimo simbolo in modo che nel numero complessivo dei candidati nei collegi uninominali i candidati di ciascun sesso non eccedano il 50 per cento del totale, con arrotondamento all'unità superiore.
      Al comma 2 dell'articolo 5-bis viene precisato che le regioni adottano le disposizioni legislative necessarie per l'attuazione dei princìpi fondamentali previsti dal comma 1 entro il sesto mese antecedente lo svolgimento della prima elezione dei rispettivi consigli regionali. Inoltre, qualora non provvedano entro tale termine, si applicano direttamente le disposizioni previste dal comma 1, rimanendo sospesa l'applicazione delle misure eventualmente adottate per i medesimi fini ai sensi dell'articolo 4, comma 1, lettera c-bis), della stessa legge n. 165 del 2004.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.

      1. Dopo il capo II della legge 2 luglio 2004, n. 165, è aggiunto il seguente:

«Capo II-bis.
Art. 5-bis.
(Disposizioni transitorie per garantire l'equilibrio della rappresentanza tra le donne e gli uomini nei consigli regionali).

      1. Al fine di promuovere la parità tra le donne e gli uomini nell'accesso alle cariche elettive regionali, per la prima e la seconda elezione dei consigli regionali successive alla data di entrata in vigore della presente disposizione si applicano i seguenti princìpi fondamentali:

          a) qualora la legge elettorale preveda l'espressione di preferenze:

              1) formazione di ciascuna lista in modo che i candidati dello stesso sesso non eccedano il 50 per cento del totale, a pena di inammissibilità della lista;

              2) facoltà di espressione di due preferenze da parte dell'elettore, purché in favore di candidati di sesso diverso, a pena di annullamento della seconda preferenza;

          b) qualora la legge elettorale preveda la votazione di liste senza espressione di preferenze: formazione di ciascuna lista mediante alternanza tra candidati di sesso diverso;

          c) qualora la legge elettorale preveda collegi uninominali: equilibrio tra le candidature presentate con il medesimo simbolo in modo che nel numero complessivo dei candidati nei collegi uninominali i candidati di ciascun sesso non eccedano il 50 per cento del totale, con arrotondamento all'unità superiore.

      2. Le regioni adottano le disposizioni legislative necessarie per l'attuazione dei princìpi fondamentali di cui al comma 1 entro il sesto mese antecedente lo svolgimento della prima elezione dei rispettivi consigli regionali successiva alla data di entrata in vigore della presente disposizione. Qualora non provvedano entro tale termine, si applicano direttamente, per i fini di cui al citato comma 1, alinea, le disposizioni del medesimo comma 1, rimanendo sospesa l'applicazione delle misure eventualmente adottate per gli stessi fini ai sensi dell'articolo 4, comma 1, lettera c-bis)».