• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA ORALE

link alla fonte scarica il documento in PDF

Atto a cui si riferisce:
S.3/02315 BAROZZINO, DE PETRIS, PETRAGLIA, MUSSINI, SIMEONI, D'ADDA, GUERRA, GAMBARO, CERVELLINI, VACCIANO, DE CRISTOFARO, MANASSERO, CASALETTO, BENCINI, BIGNAMI, TAVERNA, PAGLINI, FATTORI, SERRA,...



Atto Senato

Interrogazione a risposta orale 3-02315 presentata da GIOVANNI BAROZZINO
giovedì 22 ottobre 2015, seduta n.530

BAROZZINO, DE PETRIS, PETRAGLIA, MUSSINI, SIMEONI, D'ADDA, GUERRA, GAMBARO, CERVELLINI, VACCIANO, DE CRISTOFARO, MANASSERO, CASALETTO, BENCINI, BIGNAMI, TAVERNA, PAGLINI, FATTORI, SERRA, BLUNDO, GATTI, SILVESTRO, BERTOROTTA, CIRINNA', ALBANO, DE PIN, RICCHIUTI, FASIOLO, MUNERATO, AIROLA, MANGILI, BELLOT, GINETTI, BOCCHINO, CATALFO, Maurizio ROMANI, CAMPANELLA, ORELLANA - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali - Premesso che:

da circa 2 anni, a seguito dell'introduzione della nuova metrica di lavoro nelle aziende FCA, sono state avviate, per i lavoratori e le lavoratrici delle catene di montaggio, le pause collettive di 10 minuti; questo significa che, su un turno di 7 ore e mezzo, sono previste 3 pause di 10 minuti (mentre prima le pause erano 2, a scorrimento, di 20 minuti); ogni reparto (officina) della fabbrica occupa da circa 300 a oltre 2.000 lavoratori e lavoratrici;

l'incremento della velocità delle linee ha frazionato maggiormente i tempi e aumentato la ripetitività delle mansioni con il rischio di sviluppare malattie quali epicondilite, tunnel carpale, cuffia rotatoria;

la modifica del regime di turnazione produce effetti evidentemente non pianificati, e segnatamente in relazione ai servizi igienici del reparto, che sono mediamente collocati ad una ragguardevole distanza da tante postazioni di lavoro e sono in genere del tutto insufficienti: spesso si formano lunghe file per accedervi e capita che non tutti riescano agevolmente ad utilizzarli, perché non c'è materialmente il tempo necessario;

tale situazione penalizza in genere più le operaie che gli operai: le ragioni sono note, non solo la fisicità ma alcune differenze biologiche, richiedono più tempo di quello programmato dall'azienda, il risultato è che molte operaie si lamentano perché non riescono a soddisfare le esigenze primarie minime;

le tute bianche in dotazione ai lavoratori e alle lavoratrici FCA sono un problema per le operaie, in particolare quando la diversità biologica si manifesta: il lavoro sempre in piedi alla catena di montaggio combinato con la situazione descritta dei servizi igienici, determina una condizione alquanto frustrante e mortificante;

le operaie della fabbrica di Melfi, come forma di tutela della propria dignità, hanno chiesto all'azienda di indossare pantaloni scuri: alla risposta negativa dell'azienda, numerose operaie hanno replicato con una petizione scritta. La controreplica: FCA fornisce alle operaie delle culotte, a totale carico dell'azienda;

considerato che:

le operaie ritengono la proposta dell'azienda irricevibile;

la tuta da lavoro che indossano queste lavoratrici non rientra tra i DPI (dispositivi di protezione individuale), quindi il colore è una variabile indipendente;

l'organizzazione del lavoro di un'impresa non può prescindere dal riconoscimento delle differenze di genere, come prevede la legislazione in materia;

il trattamento pregiudizievole dell'azienda potrebbe configurarsi come "discriminazione indiretta", ai sensi del decreto legislativo n. 198 del 2006;

gli atti discriminatori possono ingenerare vere e proprie patologie da ricollegare al lavoro: è ormai acquisito che il genere è una variabile determinante per la salute, anche sul lavoro;

nonostante quanto realizzato dall'azienda, sono necessari maggiori investimenti sull'ergonomia, sulla salubrità dell'ambiente di lavoro e sulla sicurezza, perché gli investimenti si sono concentrati principalmente su impianti e macchinari e meno sulle condizioni di lavoro,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo non ritenga di dover avviare un'indagine ministeriale, per verificare se le condizioni di lavoro descritte rientrino negli standard qualitativi della normativa in materia di salute e sicurezza;

se non ritenga che l'organizzazione del lavoro nell'impresa debba riconoscere le differenze e le specificità proprie delle donne e degli uomini, a tutela dei diritti e come contributo di civiltà.

(3-02315)