• C. 1180 EPUB Proposta di legge presentata il 10 giugno 2013

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Atto a cui si riferisce:
C.1180 Introduzione di un limite massimo dei trattamenti economici erogati dalle amministrazioni statali e divieto di cumulo tra pensioni e redditi di lavoro


Organo inesistente

XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 1180


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
RUOCCO, CANCELLERI, FICO, CHIMIENTI, VILLAROSA, BARBANTI
Introduzione di un limite massimo dei trattamenti economici erogati dalle amministrazioni statali e divieto di cumulo tra pensioni e redditi di lavoro
Presentata il 10 giugno 2013


      

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Onorevoli Colleghi! Com’è noto, nel corso della passata legislatura è stata particolarmente attuale la questione dell'introduzione di un limite agli emolumenti erogati dalle amministrazioni statali per rapporti di lavoro dipendente o autonomo, anche nell'ambito di società a partecipazione pubblica.
      In particolare, l'articolo 23-ter del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, ha prescritto l'emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per la definizione del trattamento economico di chiunque riceva emolumenti o retribuzioni nell'ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con amministrazioni statali, compreso il cosiddetto «personale non contrattualizzato». Tale norma è stata attuata con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 marzo 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 89 del 16 aprile 2012, che definisce, in relazione alle diverse funzioni svolte, il trattamento economico erogabile, utilizzando come parametro massimo di riferimento il trattamento economico del Primo presidente della Corte di cassazione, che si aggiunge all'ulteriore limite sulle somme che possono essere corrisposte ai dipendenti delle amministrazioni statali che siano chiamati a svolgere funzioni direttive dirigenziali o equiparate presso Ministeri o enti pubblici nazionali, comprese le autorità amministrative indipendenti: questi soggetti – se conservano il trattamento economico riconosciuto dall'amministrazione di appartenenza – non possono ricevere a titolo di retribuzione, indennità, o anche solo per il rimborso delle spese, più del 25 per cento dell'ammontare complessivo del trattamento economico già percepito (articolo 23-ter, comma 2).
      Successivamente, l'articolo 2, commi 20-quater e 20-quinquies, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, ha introdotto il limite agli stipendi dei manager pubblici, per il quale l'articolo 23-bis del decreto-legge n. 201 del 2011 rinviava all'attuazione da parte di fonte regolamentare, prevedendo che i compensi degli amministratori investiti di particolari cariche delle società non quotate, direttamente o indirettamente controllate dalle amministrazioni statali, nonché i trattamenti economici annui onnicomprensivi dei dipendenti di tali società non possano essere superiori al trattamento economico del Primo presidente della Corte di cassazione.
      Occorre evidenziare come tale limite sia al momento vicino a 300.000 euro lordi annui: si tratta di un importo ancora molto elevato che, in un momento di grave crisi economica e finanziaria come quello attuale, può essere ulteriormente ridefinito per liberare risorse da destinare alle fasce di popolazione più bisognose.
      La presente proposta di legge si propone quindi di ridurre tale limite di un terzo, portandolo a 200.000 euro. Viene inoltre specificato che nell'ambito di tale importo sono compresi tutti gli emolumenti corrisposti a qualsiasi titolo dalle amministrazioni statali, compresi eventuali trattamenti di quiescenza, indennità e voci accessorie nonché eventuali remunerazioni per incarichi ulteriori o consulenze conferiti da amministrazioni statali diverse da quella di appartenenza.
      Un secondo intervento, volto a calmierare la dinamica delle retribuzioni pubbliche, riguarda il cumulo tra pensione e redditi da lavoro autonomo o dipendente.
      In tale ambito, nel corso della legislatura appena conclusa, si è andati verso la totale abolizione – a opera dell'articolo 19 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008 – di tale divieto, in tal modo determinando nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica: nella relazione tecnica allegata al medesimo decreto-legge si stimava in circa 300 milioni di euro annui l'ammontare delle trattenute per divieto di cumulo.
      Con l'articolo 19 è stata infatti introdotta la totale cumulabilità dal 1o gennaio 2009 delle pensioni di anzianità (a carico di tutte le forme di assicurazione generale obbligatoria) con i redditi da lavoro autonomo o dipendente. In sostanza, tutte le pensioni di anzianità (o altrimenti definite, caratterizzate cioè dall'essere anticipate rispetto all'età prevista dalla legge per il conseguimento della pensione di vecchiaia), godono dello stesso regime di totale cumulabilità con i redditi da lavoro autonomo o dipendente, indipendentemente dal regime pensionistico (retributivo, contributivo o misto) al quale appartengano.
      Il divieto di cumulo resta fermo, tuttavia, nei confronti dei pubblici dipendenti, nel caso in cui siano riammessi in servizio presso le amministrazioni statali. L'articolo 19, comma 3, infatti, ha previsto che restano ferme le disposizioni dell'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 758 del 1965, il quale prevede che il cumulo di una pensione con un trattamento per un'attività resa presso le pubbliche amministrazioni non sia ammesso nei casi in cui il nuovo servizio prestato costituisca una derivazione, una continuazione o un rinnovo del rapporto precedente che ha dato luogo alla pensione.
      L'abolizione del divieto di cumulo con gli altri redditi non tocca i soggetti titolari di pensione ai superstiti (pensioni di reversibilità) e degli assegni di invalidità (divieti previsti dalla legge n. 335 del 1995 e rimasti in vigore oltre il 31 dicembre 2008). In questo caso, il soggetto interessato si troverà costretto a rinunciare a una parte della propria pensione o rendita in caso di reddito superiore a determinati livelli.
      I risparmi derivanti dall'attuazione della presente proposta di legge sono riassegnati a un fondo da destinare al finanziamento, anche mediante concessione di credito a condizioni agevolate, alle microimprese, secondo la definizione di cui alla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003, cioè le imprese che occupano meno di dieci addetti e che realizzano un fatturato annuo un totale di bilancio annuo non superiore a 2 milioni di euro.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Limite massimo retributivo).

      1. In considerazione del protrarsi della grave crisi economica e finanziaria, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge e fino al 31 dicembre 2015, il trattamento economico annuo onnicomprensivo di chiunque riceve a carico delle finanze pubbliche emolumenti o retribuzioni nell'ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con amministrazioni statali, compresi eventuali trattamenti di quiescenza, indennità e voci accessorie nonché eventuali remunerazioni per incarichi ulteriori o per consulenze conferiti da amministrazioni statali diverse da quella di appartenenza, non può superare l'importo di 200.000 euro.

Art. 2.
(Cumulo tra pensione e redditi da lavoro).

      1. La pensione di vecchiaia di cui all'articolo 24, commi 6, 7, 8 e 9, e la pensione anticipata di cui al medesimo articolo 24, commi 10 e 11, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, non sono cumulabili con redditi da lavoro dipendente o da lavoro autonomo.

Art. 3.
(Istituzione di un fondo per le microimprese).

      1. I risparmi derivanti dall'attuazione degli articoli 1 e 2 sono versati all'entrata del bilancio per essere riassegnati a un fondo da destinare al finanziamento, anche

mediante concessione di credito a condizioni agevolate, alle microimprese, secondo la definizione di cui alla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003.
      2. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico sono stabilite le modalità di funzionamento del fondo di cui al comma 1.