• C. 3385 EPUB Proposta di legge presentata il 28 ottobre 2015

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Atto a cui si riferisce:
C.3385 Disposizioni in materia di elezione della Camera dei deputati
approvato con il nuovo titolo
"Modifiche al sistema di elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Delega al Governo per la determinazione dei collegi elettorali uninominali e plurinominali"


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
Testo senza riferimenti normativi
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 3385


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa del deputato LAURICELLA
Disposizioni in materia di elezione della Camera dei deputati
Presentata il 28 ottobre 2015


      

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Onorevoli Colleghi! La legge 6 maggio 2015, n. 52, di modifica del sistema di elezione della Camera dei deputati ha introdotto una serie di norme che tendono, da una parte, a garantire la governabilità e, dall'altra, la rappresentanza di partiti o gruppi anche minori.
      A tale scopo, sono state introdotte sia una soglia minima per l'assegnazione del premio di maggioranza del 55 per cento dei seggi, sia una soglia di sbarramento al 3 per cento, inferiore rispetto alla precedente.
      La presente proposta di legge prevede l'eliminazione del secondo turno di ballottaggio che trova riscontro soltanto nel nostro sistema ma a livello locale. A tale proposito non valgono i richiami al sistema francese, atteso che in quel contesto il secondo turno è di collegio e non nazionale come previsto dalla normativa che si intende modificare.
      Non convince, altresì, la proposta di assegnare il premio di maggioranza alla coalizione atteso che, in tal modo, si costruirebbe un sistema esposto alle dinamiche «ricattatorie» dei piccoli partiti, che diverrebbero essenziali per il raggiungimento della «soglia-premio», con la negazione del principio della governabilità, ridando, così, adito alla formazione di piccole liste che rientrerebbero in gioco, pur nella consapevolezza di non raggiungere la soglia di sbarramento (nella speranza di ottenere una promessa di spazio di Governo o di sottogoverno), ma utili, in assoluto, al raggiungimento del «premio». Dunque, mentre con il premio alla coalizione l'accordo tra le liste avverrebbe fin dalla presentazione delle stesse, imponendo un Governo di coalizione sia raggiungendo la soglia del 40 per cento al primo turno, sia all'esito dell'eventuale ballottaggio al secondo turno, con il sistema del premio alla lista, eliminando il secondo turno di ballottaggio, il Governo di coalizione diverrebbe soltanto un'ipotesi residuale, nel caso in cui nessuna lista riuscisse a raggiungere la soglia del 40 per cento, come avviene in tutti i sistemi qualora dalle elezioni non sia scaturita una maggioranza parlamentare in favore di una lista o di un partito.
      In Germania la cancelliera Merkel, non avendo il suo partito raggiunto la maggioranza assoluta (50 per cento) dei seggi nel Bundestag, ha dovuto costruire, dopo qualche mese dalle elezioni, una maggioranza alleandosi con altre forze politiche. Il primo ministro Cameron, in Inghilterra, soltanto alle ultime elezioni ha potuto formare un Governo con la sola forza del suo partito, avendo ottenuto oltre il 50 per cento dei seggi alla Camera dei comuni. Nella passata legislatura, invece, aveva dovuto allearsi con altre forze, non avendo ottenuto la maggioranza assoluta.
      Il nuovo sistema elettorale, che avrà, comunque, effetti a decorrere dal 1 luglio 2016 – in attesa dell'approvazione della riforma costituzionale che dovrà prevedere un bicameralismo differenziato e che, dunque, darà anche il senso al sistema elettorale concepito per una sola Camera – prevede l'attribuzione di un premio di maggioranza alla lista che avrà ottenuto almeno il 40 per cento dei voti validi. Qualora nessuna lista dovesse raggiungere tale soglia, è previsto un secondo turno di ballottaggio tra le due liste che abbiano ottenuto il maggior numero di voti.
      In sostanza, si tratta di un sistema che mira a dare una maggioranza assoluta a una lista anche se non abbia raggiunto il 40 per cento dei voti, introducendo, di fatto, una forzatura sul piano della rappresentanza effettiva e del rapporto tra maggioranza e minoranza.
      A parte tante altre questioni, qui se ne pongono due che si ritengono sufficientemente centrali, attraverso due ipotesi probabilmente estreme ma significative:

          1) poniamo che la lista più votata non raggiunga il 40 per cento ma il 39,9 per cento dei voti e la seconda lista più votata il 25 per cento. Queste due liste, secondo il criterio scelto, andrebbero al secondo turno di ballottaggio. Siamo certi che al ballottaggio – pur in presenza di un forte divario percentuale – non si ribalti l'ordine e che la seconda lista prevalga? Non siamo – e, probabilmente, non saremo mai – nelle condizioni di prevedere se e come voterebbero gli astenuti e coloro che hanno votato altre liste al primo turno. Quindi, il rischio di assegnare il 55 per cento dei seggi a una lista che, effettivamente, abbia ottenuto una percentuale di voti bassa rispetto al numero di seggi, in seguito assegnati, non deve essere sottovalutato;

          2) sempre rimanendo nel terreno delle ipotesi e guardando a un sistema non dalla prospettiva dei sondaggi odierni ma ragionando in astratto, poniamo il caso che nessuna lista superi il 30 per cento dei voti e che vadano al ballottaggio le due liste che abbiano ottenuto più voti: vincerà una delle due, ottenendo, comunque, il 55 per cento dei seggi.

      Si tratterebbe comunque di una forzatura non giustificata con l'argomento che, al ballottaggio, una lista otterrebbe – giocoforza – più del 50 per cento dei seggi, attesa peraltro la mancanza di una soglia minima.
      Dunque, nella prima come nella seconda ipotesi, si verificherebbe esattamente ciò che la Corte costituzionale ha indicato come effetto illegittimo in quanto sproporzionato.
      Pertanto, non sarebbe meglio (o più sicuro) che il premio di maggioranza fosse attribuito solo nel caso in cui una lista raggiungesse il 40 per cento dei voti senza ballottaggio?
      Probabilmente sarebbe più logico, più equilibrato ma anche democraticamente più sicuro.
      Il sistema che prevede il premio di maggioranza alla lista che ottiene il 40 per cento dei voti al primo turno e, in mancanza, il ballottaggio tra le due liste che hanno ottenuto più voti al primo turno può essere un problema.
      Tenuto conto degli astenuti che potrebbero – anche in parte – decidere di votare al secondo turno e considerato che l'elettore, al ballottaggio, segue tutt'altra logica, sganciata dalle indicazioni di partito che sollecita dinamiche del tutto diverse dal primo turno, la soluzione del ballottaggio

dovrebbe essere ripensata. Mantenendo il secondo turno di ballottaggio il rischio sarebbe – in caso di alchimie politiche imprevedibili al secondo turno – un «effetto Parma» (per non citare gli altri casi più recenti) di dimensioni nazionali.
      D'altra parte, fatta eccezione per la Grecia, dove il premio viene assegnato, senza soglie minime, alla lista che ottiene più voti secondo il criterio da noi ritenuto illegittimo costituzionalmente, in nessuna democrazia matura esiste nemmeno il premio di maggioranza. Basta guardare a due esempi di rilievo, come la Germania e l'Inghilterra, prima menzionati.
      Dunque, non è un principio imprescindibile che una lista abbia, a tutti i costi e comunque, la maggioranza assoluta dei seggi alla Camera dei deputati se il consenso non è effettivamente significativo, ovvero almeno del 40 per cento come previsto nella legge elettorale vigente.
      Pertanto, volendo assumere come adeguata la soglia del 40 per cento per l'attribuzione del premio di maggioranza, la si preveda pure, ma senza ricorrere al turno di ballottaggio, attribuendo il premio solo se si raggiunge (o si supera) la soglia del 40 per cento, altrimenti si delineerebbe una forzatura del sistema e nel sistema.
      Il tema suggerisce di pensare alle riforme (elettorali e costituzionali) come se si dovesse perdere e non pensando di vincere, perché nessuno è in grado di sapere se e fino a quando si vincerà. In tal modo si è certi di consegnare un sistema di garanzia ed equilibrato per tutti e in ogni caso.
      D'altra parte, il sistema elettorale di cui si propone la modifica si rivela debole anche in ordine alla partecipazione al voto. La tornata elettorale delle elezioni regionali del 2015 ci offre una lettura sufficientemente chiara del dato e degli effetti, atteso che, generalmente, il candidato alla presidenza della regione vince con un livello di astensione tra il 50 e il 60 per cento, che si traduce in un consenso effettivo, in assoluto, che non supera mai il 26 per cento, con punte del 18 per cento. Un sintomo che deve far riflettere.
      Quindi, vince chi – in assoluto – raccoglie una minoranza di consenso, che il sistema legittima quale maggioranza. Siamo, certamente, di fronte a un'anomalia.
      Riportiamo questi dati sul piano nazionale e in relazione al modello elettorale di cui stiamo proponendo la modifica: tralasciando altri aspetti critici, la legge elettorale per l'elezione della Camera dei deputati prevede una clausola di sbarramento al 3 per cento e una soglia del 40 per cento utile ad ottenere il premio di maggioranza.
      Qualora la partecipazione al voto fosse pari al (usiamo la media tra 50 e 60) 55 per cento, anche chi dovesse raggiungere il 40 per cento rappresenterebbe il 22 per cento in assoluto, ma avrebbe il «premio» del 55 per cento dei seggi alla Camera dei deputati. Ove il divario tra percentuale, di fatto, raggiunta e seggi ottenuti fosse di tali proporzioni, si rischierebbe di ricadere nell'effetto sproporzionato, rilevato quale illegittimo dalla Corte costituzionale.
      Il problema potrebbe essere un altro, ovvero costruire un sistema al netto degli astenuti.
      Ciò significa che non considerare gli astenuti quale corpo potenzialmente determinante rischia di indurci in errori di valutazione: infatti, non sappiamo come voterebbero gli astenuti in caso di ballottaggio nazionale tra le due liste più votate.
      Dunque, ammesso il premio di maggioranza se si raggiunge la soglia, evitiamo il ballottaggio.
      Dopo tutto, il mancato raggiungimento del 40 per cento al primo turno potrebbe significare che l'Italia che vota non vuole un unico partito al Governo e, dunque, non lo si può imporre comunque.
      Peraltro, si rivela rischioso concepire un sistema elettorale nazionale alla stregua del sistema previsto per il livello locale proprio per le diverse natura e importanza delle scelte che i due livelli sono chiamati ad assumere.
      La politica, i partiti, grandi o piccoli che siano, devono garantire la democrazia e, per essa, il rispetto della rappresentanza che si può realizzare se si raggiunge una soglia minima di consensi o, in mancanza, con un Governo che rappresenti un'effettiva maggioranza parlamentare.
      È compito soprattutto dei grandi partiti aspirare a garantire e mantenere forti e salde le fondamenta della democrazia, creando quelle condizioni e quelle garanzie che devono valere quando a governare siano essi stessi e quando, un giorno, non dovessero essere essi stessi a governare.
      Un sistema si costruisce per assicurare il suo equilibrio, che si realizza se si garantisce il principio democratico: la maggioranza (effettiva) governa e, nel contempo, si tutela il diritto delle minoranze. Ma se – per eccesso di valutazione – si finisce con l'agevolare il Governo della minoranza (effettiva), il principio democratico rischia di essere negato.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.

      1. All'articolo 1, comma 1, lettera f), della legge 6 maggio 2015, n. 52, le parole: «o, in mancanza, a quella che prevale in un turno di ballottaggio tra le due con il maggior numero di voti, esclusa ogni forma di collegamento tra liste o di apparentamento tra i due turni di votazione» sono soppresse.

Art. 2.

      1. Al testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, come da ultimo modificato dalla legge 6 maggio 2015, n. 15, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 2 dell'articolo 1, le parole: «, a seguito del primo turno di votazione» e le parole: «, ovvero a seguito di un turno di ballottaggio ai sensi dell'articolo 83» sono soppresse;

          b) all'articolo 11, il quinto comma è abrogato;

          c) all'articolo 31, il comma 2-bis è abrogato;

          d) all'articolo 83:

              1) il comma 5 è sostituito dal seguente:
      «5. Qualora la verifica di cui al comma 1, numero 5), abbia dato esito negativo, resta ferma l'attribuzione dei seggi ai sensi del comma 1, numero 4). L'Ufficio procede quindi all'assegnazione dei seggi ai sensi del comma 1, numero 8)»;

              2) al comma 6, le parole: «ovvero delle liste ammesse all'eventuale ballottaggio» sono soppresse;

          e) all'articolo 93, secondo comma, lettera c), le parole: «La scheda per il

ballottaggio è la medesima con la quale la votazione si svolge sull'intero territorio nazionale» sono soppresse;

          f) all'articolo 93-ter, il comma 3 è abrogato;

          g) all'articolo 93-quater:

              1) al comma 4, le parole: «, o ancora a seguito dello svolgimento del ballottaggio» sono soppresse;

              2) al comma 7, le parole: «ovvero a seguito dell'esito del ballottaggio,» e le parole: «, ovvero ha ottenuto il maggior numero di voti nel turno di ballottaggio,» sono soppresse.