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Atto a cui si riferisce:
S.4/04151 DEL BARBA - Al Ministro dell'economia e delle finanze - (4-04151) (Già 3-01959)



Atto Senato

Risposta scritta pubblicata nel fascicolo n. 089
all'Interrogazione 4-04151

Risposta. - L'Agenzia delle dogane riferisce quanto segue.

Il Comune di Livigno, pur appartenendo al territorio politico italiano, è, dal punto di vista doganale, esterno all'Unione europea, essendo parificato in tutto e per tutto ad un Paese terzo come previsto dall'art. 3 del regolamento (CEE) n. 2913/1992 (codice doganale comunitario). Pertanto, le merci spedite da detto territorio soggiacciono alla regolamentazione doganale dell'Unione europea.

L'articolo 107, paragrafo 2, lettera e), del regolamento (CEE) n. 1186/2009 del 16 novembre 2009, "relativo alla fissazione del regime comunitario delle franchigie doganali", prevede la franchigia dai dazi doganali e, quindi, l'esenzione per il carburante contenuto all'interno dei serbatoi dei mezzi di trasporto merci, a condizione che detti contenitori siano "normali". Sulla nozione di "normalità" del serbatoio, dal punto di vista normativo, è intervenuta, nel tempo, una prima indicazione dalla Corte di giustizia dell'Unione europea, la quale, con sentenza C-247/97 del 3 dicembre 1998, ha affermato che i serbatoi (maggiorati) installati da un concessionario del costruttore o da un carrozziere (e non dal costruttore) non possono intendersi come "normali" e non danno, quindi, diritto all'esenzione daziaria.

Successivamente, un'altra sentenza della Corte di giustizia UE (causa C-152/2013, sentenza del 10 settembre 2014), pur risolvendo un problema di interpretazione delle disposizioni comunitarie in materia di tassazione di prodotti energetici (art. 24 della direttiva 2003/96/CEE), ha affermato che nella nozione di "serbatoio normale" debbano essere ricompresi tutti i serbatoi installati permanentemente dal costruttore o da terzi su veicoli commerciali, purché consentano a tali veicoli l'utilizzazione diretta del carburante. La Corte, tuttavia, in quest'ultima sentenza, ha comunque fatto salvi gli effetti della precedente C-247/97.

Posto che il più recente orientamento della Corte di giustizia ha fornito un'interpretazione estensiva della nozione di "serbatoio normale", l'Agenzia delle dogane e dei monopoli, come anche evidenziato nell'interrogazione, ha ritenuto opportuno rivolgere una formale richiesta di chiarimento alla Commissione europea per avere certezza sul fatto che tale nozione si potesse applicare o meno anche nel settore delle franchigie doganali.

La Commissione europea, con lettera del 21 novembre 2014, in risposta al quesito formulato dall'Agenzia ha affermato che la sentenza della Corte del 2014, sebbene sembri aver adottato una nozione diversa e più ampia della nozione di "serbatoio normale", ha limitato, tuttavia, tale interpretazione alla circolazione di carburanti all'interno del mercato unico e non invece all'importazione da un Paese terzo verso detto mercato.

Posta, quindi, la necessità di corrispondere i tributi non assolti per la parte di carburante importato oltre i limiti della franchigia previsti dalla normativa doganale, l'Agenzia delle dogane e dei monopoli ha rivolto uno specifico quesito all'Avvocatura generale dello Stato in merito alla possibilità di non applicare, nei casi in questione, le sanzioni amministrative, tenuto conto che l'articolo 10, comma 3, della legge n. 212 del 2000 prevede che non siano irrogate sanzioni, né richiesti interessi moratori, quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sull'ambito di applicazione della norma tributaria, rinvenibili, nel caso di specie, in relazione alla genericità della nozione di "serbatoio normale". In proposito, l'Avvocatura generale dello Stato ha ritenuto non configurabile l'ipotizzata incertezza normativa oggettiva, con conseguente applicabilità delle sanzioni amministrative.

A seguito di ulteriori approfondimenti, è stata quindi prospettata all'organo legale l'eventuale applicazione dell'art. 10, comma 2, dello statuto del contribuente, che tutela il legittimo affidamento del contribuente in buona fede. Al riguardo, l'Avvocatura ha ritenuto applicabile la norma che tutela il legittimo affidamento laddove ricorrano, in punto di fatto e con valutazione da effettuare caso per caso, una serie di circostanze consistenti nell'apparente legittimità e coerenza dell'attività dell'amministrazione finanziaria e nella buona fede del contribuente.

L'Agenzia ha, quindi, impartito istruzioni ai propri uffici nel senso indicato dall'Avvocatura generale, per cui in presenza di un nesso diretto ed immediato tra il comportamento dell'amministrazione e quello dell'operatore in buona fede non si sarebbe dovuto procedere all'applicazione delle sanzioni.

Nel frattempo, tuttavia, sono intervenute diverse pronunce giurisdizionali della commissione tributaria provinciale di Sondrio che, nel rigettare i ricorsi di parte avverso la richiesta di pagamento del tributo e degli interessi, hanno esplicitamente escluso che nelle vicende in questione fosse utilmente invocabile l'art. 10, comma 2, della legge n. 212 del 2000. Nelle sentenze, infatti, i giudici tributari hanno escluso che gli autotrasportatori si fossero conformati ad indicazioni contenute in atti dell'amministrazione, ovvero che il comportamento o la condotta tenuta fossero stati posti in essere a seguito di fatti direttamente conseguenti a ritardi, omissioni od errori dell'amministrazione stessa. La netta e decisa esclusione, da parte dei giudici tributari, dell'elemento della buona fede in relazione al comportamento degli operatori che hanno importato carburante oltre i limiti previsti dalla franchigia doganale, ha comportato la conseguente esclusione della possibilità di non irrogare, da parte dell'Agenzia, anche le sanzioni amministrative.

Alcune sfavorevoli pronunce della commissione tributaria provinciale di Sondrio sono state impugnate dai soggetti interessati e, al momento, sono intervenute 10 sentenze della commissione tributaria regionale di Milano. I giudici tributari di secondo grado in 4 sentenze hanno confermato integralmente le pronunce dei giudici di primo grado, sulla base delle medesime motivazioni, mentre, in altre 6 sentenze, in un caso hanno annullato interamente la pretesa tributaria e, nei restanti 5, pur confermando la debenza del tributo, hanno parzialmente accolto l'appello dei ricorrenti annullando la sola quota relativa agli interessi.

In particolare, in tali ultime pronunce, la commissione tributaria regionale di Milano, in presenza dei medesimi fatti e delle medesime circostanze sulle quali si erano fondate le numerose sentenze sfavorevoli della commissione di Sondrio, ha effettuato una diversa valutazione dei fatti ritenendo applicabile l'esimente di cui all'articolo 10 della legge n. 212 del 2000, con riguardo agli interessi.

Per quanto concerne, invece, il contenzioso radicato dagli autotrasportatori avverso gli atti di irrogazione delle sanzioni amministrative, allo stato è intervenuta una sola pronuncia della commissione tributaria provinciale di Sondrio (sentenza n. 64/2/15, depositata l'8 giugno 2015). Nella sentenza, favorevole all'amministrazione, i giudici tributari hanno escluso la configurabilità di un legittimo affidamento in capo al contribuente in quanto lo stesso non aveva mai dichiarato durante i transiti in dogana la dotazione di un serbatoio supplementare o maggiorato, né i militari in servizio al valico avrebbero potuto supporre una tale circostanza. Oltre a ciò è stata ravvisata la sussistenza della colpa del contribuente sotto il profilo della negligenza derivante da un'insufficiente attenzione circa l'attività esercitata, ovvero di inadeguata organizzazione. Infine, la commissione di Sondrio ha escluso anche l'invocabilità, nella particolare vicenda, dell'esimente dell'incertezza oggettiva della norma di cui all'articolo 10, comma 3, della legge n. 212 del 2000, richiamando, in materia, i principi affermati dalla costante giurisprudenza della Corte di cassazione.

Tenuto conto del progressivo formarsi di un quadro giurisprudenziale non univoco, l'Agenzia delle dogane e dei monopoli ha rivolto un'ulteriore richiesta di parere all'Avvocatura generale dello Stato al fine di conoscere se le sentenze favorevoli agli operatori, sotto il profilo dell'applicabilità dell'esimente di cui al citato art. 10, comma 2, possano essere poste a base per un'eventuale rivalutazione da parte dell'amministrazione della pretesa sanzionatoria nei riguardi di tutti gli autotrasportatori, tenuto conto del carattere di unitarietà che connota le violazioni riscontrate a carico degli stessi ed al fine di evitare che il contrasto tra i dispositivi delle menzionate sentenze provochi disparità di trattamento in situazioni uniformi.

In proposito, l'organo legale, nel rilevare in premessa la sostanziale equivalenza numerica, allo stato, delle pronunce di grado favorevoli e di quelle sfavorevoli all'amministrazione, permanendo il quadro di preponderante posizione a favore dell'Agenzia nel primo grado di giudizio, ha osservato che "l'oscillante giurisprudenza del giudice d'appello milanese, in assenza di sentenze della Corte di cassazione in materia, dunque, non consente d'affermare che si sia consolidato un orientamento avverso, tale da giustificare l'emanazione generalizzata di atti di autotutela".

Nel richiamare, quindi, i precedenti pareri espressi sulla questione e ribadendo che la parità di trattamento dei contribuenti è assicurata dalla valutazione caso per caso effettuata inizialmente dall'amministrazione e successivamente dal giudice, l'Avvocatura ha confermato la possibilità di non applicare le sanzioni, in virtù del comma 2 dell'art. 10 della legge n. 212 del 2000, "qualora il comportamento del contribuente risulti posto in essere a seguito di fatti direttamente conseguenti a omissioni dell'Agenzia, nei limiti però, in cui: 1) appaia legittima e coerente l'attività che l'Amministrazione finanziaria ha compiuto in senso favorevole al contribuente; 2) vi sia la buona fede del contribuente, rilevabile dalla sua condotta, in quanto connotata dall'assenza di qualsiasi violazione del dovere di correttezza gravante sul medesimo. Le menzionate condizioni a cui è subordinata la possibilità, anche in via giudiziale, di sancire che le sanzioni non sono dovute, dev'essere riscontrata mediante l'accertamento dell'eventuale esistenza di circostanze specifiche e rilevanti, idonee a indicare la sussistenza dei presupposti predetti".

Evidenziando nuovamente che "la parità di trattamento è assicurata proprio dalla scrupolosa e motivata valutazione che anche il giudice di merito è tenuto a compiere sulla singola fattispecie", l'Avvocatura ha invitato l'Agenzia a voler "attentamente appurare se gli esiti differenti dei giudizi d'appello siano stati determinati da diversità nelle singole fattispecie che li giustifichino (deduzione di fatti diversi ad opera delle parti, mezzi di prova acquisiti differenti)", considerando "come fattore giustificatore della differenza degli esiti giudiziali anche il ragionevole e motivato esercizio di quel margine di discrezionalità che, nella valutazione degli elementi di fatto, è lasciato nel sistema giudiziario alla competenza insindacabile del giudice dei gradi di merito". Ciò anche al fine della valutazione dell'eventuale prosecuzione in sede di legittimità dei giudizi che vedono l'Agenzia soccombente in secondo grado.

Alla luce dei criteri interpretativi e procedurali indicati dall'Avvocatura generale dello Stato, l'Agenzia delle dogane e dei monopoli proseguirà, pertanto, a valutare l'esito dei giudizi di merito che via via saranno emanati.

In merito, poi, alle diverse iniziative auspicate dall'interrogante, in pendenza della definizione dei giudizi innanzi alle commissioni tributarie, si precisa che con note prot. n. 27917/R.U. del 5 marzo 2015 e prot. n. 44609/R.U. del 23 aprile 2015, sono state impartite istruzioni agli uffici affinché: a) qualora, nell'ambito dei giudizi instaurati o che si andranno ad instaurare sulle sanzioni, emergano ulteriori elementi o nuove valutazioni degli organi giudicanti che comprovino la sussistenza dei presupposti applicativi dell'art. 10, comma 2, della legge n. 212 del 2000, gli uffici stessi ne tengano conto per una coerente rivalutazione anche in via di autotutela. Tale posizione, espressa antecedentemente al formarsi della menzionata giurisprudenza, va ovviamente attuata alla luce dei criteri ermeneutici e procedurali indicati nelle diverse richiamate note dell'Avvocatura generale dello Stato; b) valutino la possibilità di concedere, a fronte di motivata richiesta da parte degli operatori ed in presenza di idonea garanzia, la sospensione amministrativa della riscossione degli importi contenuti negli atti sanzionatori fino all'esito del giudizio di primo grado.

DE MICHELI PAOLA Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze

23/06/2015