• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA

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Atto a cui si riferisce:
S.4/00939 SERRA, MANCONI, CAPPELLETTI, DONNO, AIROLA, BATTISTA, MONTEVECCHI, BOCCHINO, MANGILI, GIROTTO, MORRA, MORONESE, TAVERNA, CASTALDI, BENCINI, BOTTICI, PALERMO, DE PIN, LO GIUDICE, BIGNAMI,...



Atto Senato

Interrogazione a risposta scritta 4-00939 presentata da MANUELA SERRA
mercoledì 2 ottobre 2013, seduta n.115

SERRA, MANCONI, CAPPELLETTI, DONNO, AIROLA, BATTISTA, MONTEVECCHI, BOCCHINO, MANGILI, GIROTTO, MORRA, MORONESE, TAVERNA, CASTALDI, BENCINI, BOTTICI, PALERMO, DE PIN, LO GIUDICE, BIGNAMI, MOLINARI, GAETTI, BERTOROTTA, CASALETTO, SANTANGELO, PUGLIA, CIAMPOLILLO, MUSSINI, SCIBONA, CATALFO, MARTELLI, BUCCARELLA, DE PIETRO, ROMANO, DE CRISTOFARO - Al Ministro dell'interno - Premesso che:

i Centri di identificazione ed espulsione (CIE), istituiti dalla legge 6 marzo 1998, n.40, e previsti dal testo unico sull'immigrazione (decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286), sono strutture di trattenimento degli stranieri in condizione di irregolarità, destinati all'espulsione;

l'articolo 14 del decreto legislativo, così come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n.189, cosiddetta legge "Bossi-Fini", prevede che "quando non è possibile eseguire con immediatezza l'espulsione mediante accompagnamento", "il questore dispone che lo straniero sia trattenuto per il tempo strettamente necessario presso il centro di identificazione e di espulsione", e che quindi tali strutture siano destinate al trattenimento, convalidato dal Giudice di Pace, dei cittadini stranieri extracomunitari irregolari e destinati all'espulsione;

a decorrere dall'8 agosto 2009, con l'entrata in vigore della legge 15 luglio 2009, n.94, il termine massimo di permanenza degli stranieri in tali centri è passato da 60 giorni a 180 giorni complessivi, rafforzando così la loro natura di luoghi di permanenza obbligatoria e, nei fatti, luoghi di detenzione amministrativa dei migranti;

il citato articolo 14 del decreto legislativo n. 286, al comma 2, dispone che in tali centri lo straniero è trattenuto "con modalità tali da assicurare la necessaria assistenza e il pieno rispetto della sua dignità";

l'articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n.394 specifica che le modalità del trattamento nei centri di identificazione e di espulsione "devono garantire, nel rispetto del regolare svolgimento della vita in comune, la libertà di colloquio all'interno del centro e con visitatori provenienti dall'esterno, in particolare con il difensore che assiste lo straniero, e con i ministri di culto, la libertà di corrispondenza, anche telefonica, ed i diritti fondamentali della persona" e che in tali centri devono essere presenti "i servizi sanitari essenziali, gli interventi di socializzazione e la libertà di culto" e i "servizi predisposti per le esigenze fondamentali di cura, assistenza, promozione umana e sociale";

l'articolo 13 della Costituzione recita che "la libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell'autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge"; a fronte del dettato costituzionale, tuttavia, nei centri di identificazione e di espulsione, a giudizio degli interroganti, viene messa in atto una vera e propria detenzione regolata da provvedimenti amministrativi, caratterizzata peraltro da pratiche disomogenee sul territorio e sostanziali disparità di condizioni di trattenimento, in violazione del principio di uguaglianza;

di fatto, le situazioni che nella normativa vigente legittimano il trattenimento dei richiedenti asilo nei CIE sono troppo ampie e ispirate ad una logica punitiva che opera come deterrente all'emersione di situazioni meritevoli di tutela e di riconoscimento degli stranieri giunti alla frontiera o irregolarmente presenti nel territorio italiano;

considerato che:

a seguito di una visita svolta degli interroganti nel settembre 2013 all'interno del CIE di Gradisca d'Isonzo (Gorizia), sono emersi aspetti di grave criticità in relazione alle condizioni di detenzione degli ospiti della struttura. In particolare, l'ispezione ha permesso di appurare che nella struttura del CIE sono presenti 43 persone di diversa etnia e provenienza e dei tre settori facenti parte del CIE, solo uno, ovvero la cosiddetta "zona rossa", sarebbe, di fatto, considerata agibile. Tutti gli stranieri presenti sono ospitati quindi nelle otto stanze della "zona rossa", ciascuna delle quali ha una recettività massima di otto persone. Non esiste la possibilità di fruire di aree comuni, addirittura venendo meno uno spazio per la mensa; le finestre nelle camerate sono apribili solo nella parte superiore, mentre sono sigillate e schermate in quella inferiore; i servizi igienici ed i bagni sono "ciechi" in quanto privi di finestre;

sono ormai costanti le rivolte da parte degli immigrati trattenuti per protestare contro le difficili condizioni e le gravi violazioni dei diritti umani fondamentali, come dimostrano da ultimo le rivolte al centro di identificazione e di espulsione di Gradisca d'Isonzo;

la peculiare natura dei CIE, che da un lato sono "centri di trattenimento" in cui sono ospitate persone sottoposte a limitazioni alla libertà personale, ma, dall'altro, e diversamente dagli istituti penitenziari, non hanno quelle caratteristiche sia tecniche che giuridiche stabilite dalla legge e che sono tali da scoraggiare eventuali tentativi di fuga, rende estremamente difficile la concreta ed efficace attuazione del trattenimento degli stranieri da parte delle forze di polizia;

considerato inoltre che:

altro dato preoccupante, a giudizio degli interroganti, è costituito dalla forte eterogeneità e promiscuità delle persone presenti all'interno dei centri di identificazione e di espulsione con un'altissima compressione dei diritti fondamentali. Questi centri sono luoghi dove convivono e s'intrecciano, negli stessi ambienti, in condizioni di detenzione, storie di fragilità estremamente eterogenee tra loro da un punto di vista sanitario, giuridico, sociale e umano, a cui corrispondono esigenze molto diversificate;

all'interno dei centri di identificazione e di espulsione si sono verificate gravi violazioni dei diritti umani, come denunciato sia da inchieste ed articoli di stampa, sia dalle associazioni di volontariato e dalle associazioni per la tutela dei diritti umani tra le quali anche Amnesty international e Medici senza frontiere nonché dal rapporto dell'indagine interministeriale depositato il 31 gennaio 2007 dall'ambasciatore De Mistura;

nel giugno 2012 il Ministro dell'interno ha istituito una commissione interna al Dicastero per l'analisi della situazione dei CIE italiani. I risultati riportati nel documento programmatico sono molto diversi rispetto a quelli oggetto del rapporto della precedente indagine svolta dalla commissione De Mistura. Quest'ultima infatti si espresse per il superamento attraverso lo svuotamento degli allora CPTA (Centri temporanei di permanenza e assistenza), mentre, come riportato dall'Associazione studi giuridici sull'immigrazione (ASGI), il documento programmatico è volto ad incrementare i centri di detenzione amministrativa in nome dell'efficienza e del risparmio di spesa, individuando le criticità nella sola (o prevalente) condotta delle persone trattenute;

la commissione De Mistura, composta sia da membri ministeriali sia da appartenenti all'associazionismo a differenza della commissione istituita nel 2012 che ha visto, quali componenti, esclusivamente funzionari del Ministero dell'interno, operò visitando tutti i centri, incontrando le prefetture, le questure, ascoltando le associazioni dei vari territori, gli enti locali e le persone trattenute;

le conclusioni della commissione De Mistura non hanno trovato alcuna attuazione, né sembrano essere state considerate nell'impostazione dell'indagine del 2012;

valutato altresì che:

sono numerosissimi gli atti di autolesionismo e tentativi di suicidio da parte di immigrati presenti nei centri che sono stati denunciati anche da autorevoli organizzazioni impegnate nel campo dei diritti;

in particolare, come risulta dall'indagine "Arcipelago CIE", realizzata tra febbraio 2012 e febbraio 2013 da Medici per i diritti umani (MEDU) e pubblicata a maggio 2013, la struttura dei centri di identificazione e di espulsione è simile a quella dei centri di internamento. "L'inattività forzosa per prolungati periodi di tempo, in spazi angusti ed inadeguati, insieme all'incertezza sulla durata e l'esito del trattenimento, rendono il disagio psichico dei migranti uno degli aspetti più preoccupanti e di più difficile gestione all'interno dei centri";

da un punto di vista prettamente sanitario, le indagini di MEDU evidenziano inoltre che "in generale all'interno dei centri di identificazione e di espulsione, non è previsto personale medico specialistico anche laddove sarebbe certamente necessario";

secondo quanto riportato nel rapporto "Costi disumani. Spesa pubblica per il contrasto all'immigrazione irregolare", redatto a cura dell'associazione Lunaria e, recentemente, presentato in sede di audizione dalla Commissione straordinaria per la promozione e la tutela dei diritti umani del Senato, dal 2005 al 2011 sono stati impegnati 143,8 milioni di euro in media all'anno per allestire, gestire, mantenere e ristrutturare il sistema dei centri (CDA- Centri di accoglienza, CPSA- Centri di primo soccorso ed accoglienza, CARA -Centri di accoglienza per i richiedenti asilo, CIE). "In particolare per i CIE i dati identificabili negli avvisi pubblici per l'affidamento della loro gestione in base al capitolato unico di appalto di gara del novembre 2008, portano a stimare i soli costi di funzionamento in almeno 25,1 milioni di euro l'anno, cui aggiungere i costi di manutenzione ordinaria e straordinaria (non quantificabili con solo riferimento ai CIE), i costi per la sorveglianza dei centri (non inferiori a 26,3 milioni l'anno), i costi di missione del personale di scorta che procede all'esecuzione dei rimpatri coatti (il cui costo medio annuale può essere stimato in 3,6 milioni di euro). I costi minimi sicuramente riconducibili al sistema di detenzione amministrativa nei CIE sono dunque pari ad almeno 55 milioni di euro l'anno",

si chiede di sapere:

quali urgenti misure il Ministro in indirizzo intenda adottare sotto il profilo del miglioramento della vivibilità e delle generali condizioni di permanenza dei migranti all'interno dei CIE, ed in particolare se non ritenga che, nella struttura di Gradisca d'Isonzo, ai fini predetti, una possibile parziale soluzione a breve termine potrebbe essere fornita dall'utilizzo da parte degli ospiti sia dei locali adibiti a mensa che dell'area sportiva (campo di calcetto);

quali iniziative si intenda comunque adottare al fine di consentire lo svolgimento, da parte degli ospiti del CIE di Gradisca d'Isonzo, di attività ludiche e ricreative, che allevierebbero le tensioni ed i conflitti tra gli ospiti della struttura, consentendo un più agevole trascorrere del tempo in attesa del rimpatrio, nonché un miglioramento generale delle condizioni di detenzione;

se non ritenga che i centri di identificazione debbano essere superati nel quadro di una riforma radicale delle politiche di contrasto dell'immigrazione clandestina evitando la loro riduzione alla semplice repressione "carceraria";

quali opportune iniziative intenda assumere al fine di rivedere l'intera disciplina dell'ingresso, del soggiorno e dell'allontanamento dei cittadini stranieri ed adottare politiche migratorie che possano garantire l'effettivo inserimento sociale degli immigrati.

(4-00939)