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Atto a cui si riferisce:
S.2/00324 BONFRISCO, SANGALLI - Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro dell'economia e delle finanze - Premesso che: negli ultimi anni i debiti commerciali delle pubblica...



Atto Senato

Interpellanza 2-00324 presentata da ANNA BONFRISCO
venerdì 20 novembre 2015, seduta n.540

BONFRISCO, SANGALLI - Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro dell'economia e delle finanze - Premesso che:

negli ultimi anni i debiti commerciali delle pubblica amministrazione, notevolmente superiori a quelli che si registrano negli altri Paesi europei, sono divenuti insostenibili, in un contesto in cui, già altri fattori rendevano e rendono particolarmente difficili le condizioni di liquidità delle imprese fornitrici, poiché alla congiuntura molto sfavorevole, che ha indotto un allungamento dei tempi di pagamento e una contrazione del fatturato (l'incidenza media del credito sul fatturato è del 40 per cento per industria e servizi e del 30 per cento per le costruzioni), si sono aggiunte le maggiori difficoltà di accesso al credito, dovute alle politiche più restrittive delle banche, nonostante il quantitative easing;

il ritardo del Governo nel pagamento dei debiti della pubblica amministrazione è costato, nel 2014, alle imprese italiane la cifra di 6,4 miliardi di euro, sotto forma di interessi applicati al capitale prestato;

un recente documento della Banca d'Italia mostra che, nonostante il quadro normativo sia stato ampliato, attraverso numerosi interventi contenuti nel decreto-legge n. 35 del 2013, convertito, con modificazioni, della legge n. 64 del 2013, il quale ha messo a disposizione circa 33 miliardi di euro per gli anni 2013 e 2014, nel decreto-legge n. 102 del 2013. convertito, con modificazioni, dalla legge n. 124 del 2013, con il quale il Governo ha stanziato ulteriori 7,2 miliardi di euro per il 2013, dalla legge di stabilità per il 2014, che ha stanziato 0,5 miliardi e nel decreto-legge n. 66 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 89 del 2014, che ha messo a disposizione una quota aggiuntiva di 9,3 miliardi, il fenomeno dei debiti commerciali non è stato ancora ricondotto entro limiti fisiologici;

sebbene il decreto legislativo n. 192 del 2012, con cui è stata recepita la direttiva 2011/7/UE, applicabile alle transazioni commerciali concluse a decorrere dal 1° gennaio 2013, imponga alla pubblica amministrazione di evadere i pagamenti ai propri fornitori entro 30 o 60 giorni (per gli enti pubblici che forniscono assistenza sanitaria), una parte rilevante dei principali Comuni, capoluogo di provincia, delle Regioni, dei Ministeri, delle grandi Asl e di alcuni enti pubblici continua a non rispettare tale scadenza;

la situazione attuale è quella di un debito della pubblica amministrazione pari a 61 miliardi di euro e tempi non linea con le norme UE, anche perché alcuni enti hanno usato le risorse fornite dal Ministero dell'economia e delle finanze, negli ultimi 2 anni, per nuove spese anziché ridurre i debiti pregressi, come sembra indicare la sentenza n. 181 del 2015 della Corte costituzionale, la quale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della legge di assestamento del bilancio di previsione 2013 della Regione Piemonte e della legge regionale n. 19 del 2013, limitatamente alle parti che disciplinano il trattamento contabile delle anticipazioni di liquidità del Ministero dell'economia;

conseguentemente, il livello raggiunto dai debiti commerciali nel 2014 è molto lontano da quello che si sarebbe determinato col rispetto dei tempi contrattuali. La riduzione dei debiti commerciali realizzata nell'ultimo biennio, circa 22 miliardi, essendo in buona parte determinata dal calo dei tempi definiti contrattualmente, si è tradotta solo parzialmente in una flessione del divario rispetto al livello fisiologico. Il pieno adeguamento alla normativa sui tempi di pagamento richiederebbe una riduzione dei debiti commerciali di circa 50 miliardi ed un sistema diverso di fornire i finanziamenti a quegli enti non in linea, per inerzia o altre motivazioni;

la legge di stabilità per il 2015 aveva prorogato l'opzione, che sarebbe dovuta scadere il 31 dicembre 2014, che permetteva di compensare i crediti, comprese le cartelle esattoriali, con i crediti certificati vantati nei confronti della pubblica amministrazione; la delega fiscale, in realtà, prevedeva che tali meccanismi di compensazione, anche dei crediti delle imprese nei confronti della pubblica amministrazione, diventassero strutturali. Tuttavia, il Governo ritenne più opportuna la proroga per un solo anno, reputando che la soluzione ottimale fosse quella di superare il problema del ritardo dei pagamenti della pubblica amministrazione per altre vie, cosa che, alla luce dei dati comunicati, dalla Banca d'Italia non sembra essere stata attualmente perseguita;

considerato che, a parere degli interpellanti:

gli elevati ritardi di pagamento delle pubbliche amministrazioni rappresentano una disfunzione grave, su cui sarebbe stato opportuno intervenire ben prima della crisi globale;

il rinvio dei pagamenti è spesso associato a pratiche gestionali inefficienti o non coerenti con i vincoli di bilancio, deresponsabilizza gli amministratori pubblici, che devono gestire situazioni create dai loro predecessori, appesantisce i bilanci degli enti con gli interessi di mora e le spese delle procedure giudiziali attivate dai creditori;

l'incertezza sui tempi di pagamento rende problematici i rapporti commerciali, rischiando di allontanare le imprese migliori e di favorire comportamenti non corretti e per di più pesa sui costi dei servizi per le amministrazioni, in quanto le aziende incorporano nei prezzi l'onere atteso dei ritardi;

considerato, inoltre, che:

come ricordato, gli stanziamenti ad hoc del biennio 2013-2014 sono ammontanti a circa 50 miliardi di euro, destinati, per la maggior parte, al pagamento dei debiti commerciali degli enti decentrati, che risultavano scaduti alla fine del 2012, dei quali circa 31 miliardi sono stati effettivamente destinati al pagamento delle fatture emesse dai creditori, mentre una parte consistente (circa 19 miliardi) delle risorse stanziate non è stata utilizzata dagli enti nel corso del biennio 2013-2014 e, per questo motivo, lo stock del debito avrebbe dovuto registrare un calo molto più consistente;

nonostante le ripetute promesse, il Governo non ha ridotto l'ingente stock di debiti della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese fornitrici, che resta, secondo la Banca d'Italia, pari a 61,6 miliardi di euro;

secondo le stime della CGIA di Mestre, la pubblica amministrazione italiana risulta la peggiore pagatrice d'Europa, saldando, mediamente, i propri fornitori dopo 144 giorni, contro i 38 giorni della media UE, nonostante i tempi di pagamento nell'ultimo anno siano scesi di 21 giorni, l'amministrazione dello Stato italiano resta la più ritardataria, ben 106 giorni in più della media europea. La Francia, ad esempio, salda le proprie fatture dopo 62 giorni, l'Olanda in 32 giorni, la Gran Bretagna in 24 giorni e la Germania dopo soli 19 giorni,

si chiede di sapere:

quali misure il Governo intenda adottare, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di evitare che, a fronte dei pagamenti effettuati con risorse fornite dal Ministero dell'economia, gli enti seguitino nel ridurre il flusso regolare di pagamenti, come avvenuto negli anni precedenti;

se abbia intenzione di introdurre un principio generale come quello della "addizionalità", simile a quello presente nell'ordinamento comunitario, richiedendo alle pubbliche amministrazioni una riduzione dello stock di debiti commerciali, almeno pari alle risorse messe a loro disposizione;

se abbia previsto di rendere strutturale il meccanismo di compensazione, introdotto dall'art. 12, comma 7-bis, del decreto-legge n. 145 del 2013 e prorogato dall'art. 1, comma 19, della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità per il 2015).

(2-00324)