• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA ORALE

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Atto a cui si riferisce:
S.3/00427 SIMEONI, TAVERNA, ROMANI Maurizio, BENCINI, BULGARELLI, CIOFFI, MORRA, MUSSINI, PETROCELLI, SCIBONA, SERRA, BERTOROTTA, PUGLIA, BLUNDO, FATTORI, CAPPELLETTI, COTTI, BATTISTA, FUCKSIA,...



Atto Senato

Interrogazione a risposta orale 3-00427 presentata da IVANA SIMEONI
giovedì 10 ottobre 2013, seduta n.123

SIMEONI, TAVERNA, ROMANI Maurizio, BENCINI, BULGARELLI, CIOFFI, MORRA, MUSSINI, PETROCELLI, SCIBONA, SERRA, BERTOROTTA, PUGLIA, BLUNDO, FATTORI, CAPPELLETTI, COTTI, BATTISTA, FUCKSIA, MASTRANGELI, LUCIDI, LEZZI, AIROLA, CRIMI, MANGILI, MARTELLI - Al Ministro della salute - Premesso che:

il legislatore ha introdotto la disciplina dei piani di rientro al fine di verificare la qualità delle prestazioni e raggiungere il riequilibrio dei conti dei servizi sanitari regionali;

da tale procedura sono interessate al momento 10 regioni, ovvero il Piemonte, il Lazio, la Campania, l'Abruzzo, il Molise, la Puglia, la Calabria, la Sicilia, la Liguria e la Sardegna;

la maggior parte delle procedure è iniziata nel biennio 2007-2009 e proseguita con il programma operativo 2010 ed il programma operativo 2011-2012; ad alcune Regioni è stato imposto un Commissario ad acta nominato dal Governo in ossequio al principio costituzionale contenuto nell'art. 120 che prevede la sostituzione del potere regionale con quello governativo in tutti i casi in cui sia messa a repentaglio la tutela dei livelli assistenziali essenziali;

il fine ultimo dell'azione di Governo è di salvaguardare la qualità delle prestazioni attraverso il recupero di stabilità economica dei singoli servizi sanitari regionali. A distanza di 6 anni a parere degli interroganti non è stato raggiunto l'effetto previsto;

lo stato in cui versano attualmente le strutture sanitarie delle Regioni interessate dal piano di rientro, a parere degli interroganti, sembrerebbe sconfessare completamente il principio che vedrebbe nel riequilibrio dei conti una pari qualità delle prestazioni;

tra le Regioni italiane con forte debito nelle Aziende sanitarie locali, vi è il Lazio; per questa Regione, come per le altre in analoga situazione, è stato siglato il 28 febbraio 2007 il piano di rientro dal disavanzo 2007-2009, proseguito con il programma operativo 2010 e il programma operativo 2011-2012;

attualmente i piani di rientro non hanno ottenuto l'effetto desiderato dal legislatore in molte Regioni italiane, Lazio comprese;

il "Quotidiano Sanità" del 2 settembre 2013 riporta estratti delle sintesi dei verbali di verifica trimestrali: " Non è stato possibile effettuare una valutazione del consuntivo 2012 in quanto i dati trasmessi risultano carenti dell'istruttoria preliminare da parte della Regione e della struttura commissariale nella sua interezza e presentano iscrizioni passibili di modifiche e necessitano di approfondimento in merito a possibili errori di contabilizzazione. Si registra il ritardo con cui è stato trasmesso lo stato patrimoniale consuntivo 2012 che sarà quindi esaminato nella prossima riunione di verifica. Si registra una inversione di tendenza con riferimento alla stima del risultato d'esercizio 2013 che appare peggiore del preconsuntivo 2012";

considerato che, a parere degli interroganti:

le misure imposte dal piano di rientro, in linea con i tagli intervenuti con la spending review, hanno previsto tagli ai servizi diminuendo costantemente il livello delle prestazioni sanitarie, portandole molto al di sotto dei limiti previsti dai LEA e quindi con grave lesione del dettato costituzionale; le misure attuate sono state sempre le stesse: taglio drastico del personale, taglio drastico delle strutture e dei posti letto, taglio drastico della spesa farmaceutica;

non è stata prevista alcuna applicazione delle politiche di riordino delle cure primarie e della spesa ospedaliera (così come risulta agli interroganti abbia sottolineato lo stesso presidente dell'Agenas - Agenzia nazionale per i servizi sanitari, Giovanni Bissoni), alcun taglio agli sprechi, o alcuna modifica del meccanismo vizioso delle nomine politiche dei direttori sanitari, principale imputato dei casi di corruzione e malasanità;

gli effetti di questa politica di tagli lineari colpiscono solo la parte considerata sana della sanità pubblica e sono considerati disastrosi anche da molte associazioni operanti nel settore, dal personale della stessa sanità e dagli organi di informazione che, come ad esempio ha riportato l'agenzia Adnkronos Salute in data 2 ottobre 2013, rilevano che nei pronto soccorso di Roma il tempo medio di attesa è di 6 ore, mentre nei casi più eclatanti si arriva fino a 30 ore di attesa per un "codice rosso";

risulta che gli accessi al pronto soccorso con il codice massimo d'urgenza sono in continuo aumento: si è passati a 20.204 del 2007 a 34.448 del 2011 (con un aumento pari all'1,7 per cento) sino ai 37.734 nel 2012 (pari a 1,92 per cento) con punte pari al 5 per cento presso l'Umberto I, 4,1 per cento presso il San Filippo Neri, 3,9 per cento presso il San Camillo-Forlanini, 3,7 al Grassi di Ostia (dati forniti da un'indagine di Uil/Fpl pubblicata nell'ottobre 2013). Anche nella province la situazione è gravissima ed a seguito dei ricorrenti tagli il numero dei mezzi a disposizione del 118 è in continuo calo mentre le attrezzature danneggiate non vengono sostituite;

spesso il personale specializzato è utilizzato per coprire turni rimasti scoperti a causa del blocco del turnover, arrivando ad effettuare turni di 12-18 ore;

a quanto sopra non seguono vere politiche volte al risparmio soprattutto se si considera che lo stipendio ed i benefit dei dirigenti sanitari rimangono intatti mentre i giovani infermieri difficilmente vengono occupati. Basti pensare che nell'ultimo concorso per "operatori professionali sanitari - infermieri" indetto recentemente a Perugia per un totale di 103 posti si sono presentati in 16.000 aspiranti;

l'unico risultato tangibile ottenuto dall'applicazione del piano di rientro è stato quello del taglio lineare ed irrazionale, in nome della logica "aziendalistica" incentrata sulla riduzione dei costi e non sul miglioramento dell'efficienza, ed i tagli che hanno colpito soprattutto l'erogazione dei LEA (livelli essenziali di assistenza) e la qualità dei servizi;

considerato inoltre che:

la città di Latina e la sua provincia, a notizia degli interroganti, sono state scenario di una deospedalizzazione selvaggia non accompagnata dalla creazione di strutture territoriali atte ad integrarsi con la realtà ospedaliera. È emblematico, per questo aspetto, lo stato in cui versa l'ospedale Santa Maria Goretti di Latina, struttura al centro di scandalosi fatti di cronaca quale quello riportato dal settimanale "Latina Oggi" di domenica 11 agosto 2013: "Quando succede che la pasta finisce, i pazienti devono accontentarsi della minestrina. E spesso la carne è poca, gli hamburger contati e gli infermieri costretti a dividerli a metà per fare in modo che possano essere sufficienti per il pasto di tutti i ricoverati. Cibo col contagocce al Goretti (...). Sta di fatto che negli ultimi anni la quantità di cibo che viene preparata dalla ditta incaricata dalla Asl e che si occupa del servizio di refezione sta destinando sempre meno vivande. Almeno a detta dei pazienti ricoverati presso la struttura del Goretti. Una situazione che si verifica un po' in tutti i reparti. Insomma alle zanzare e al caldo si aggiunge anche la fame. Tre fattori che rendono la degenza ancora meno sopportabile";

la situazione era stata ampiamente prevista già nel 2011 in un articolo, in merito alla gara regionale per il servizio ristorativo nelle ASL laziali indetta dal governatore Renata Polverini, pubblicato sul mensile "Paesesera" "la Voce di Roma" in data 17 giugno 2011, a firma Ambra Muré, in cui si afferma: "Troppo bassa la base d'asta prevista dalla Giunta Polverini per l'appalto sul servizio di ristorazione in 15 Asl della Regione. A rischio migliaia di posti di lavoro e la qualità dei menu serviti a pazienti e dipendenti (...). Complessivamente, per l'acquisto, la preparazione e il trasporto degli alimenti resteranno poco più di 50 milioni. Pochi, troppo pochi per garantire ai malati un pasto decente";

a giudizio degli interroganti è innegabile che sia stato sacrificato un livello essenziale di assistenza, quale quello costituito da una giusta e dignitosa alimentazione del paziente, per la sola osservanza di un principio di risparmio economico che viene applicato nella stessa misura a tutte le voci di spesa senza tener conto dell'essenzialità di alcune di queste e senza considerare che la Direzione generale per l'igiene e la sicurezza degli alimenti e della nutrizione del Ministero, ha elaborato le Linee di indirizzo nazionale per la ristorazione ospedaliera e assistenziale approvate in Conferenza Stato-Regioni in data 16 dicembre 2010 (Gazzetta Ufficiale n. 37, 15 febbraio 2011);

è noto agli interroganti che a Latina analoga sorte riguarderebbe la struttura sanitaria regionale che si occupa dell'emergenza, ossia l'ARES 118, servizio che rientra nei LEA ed attualmente sarebbe a rischio a causa di tagli ed appalti. Come denunciato nell'articolo di "Latina Oggi" di lunedì 9 settembre 2013, a seguito di uno scandalo derivante dalla gara di appalto a concorrente unico che si sarebbe aggiudicato il servizio esternalizzato, ma con postazioni, autovetture, medicinali, ed altro materiale necessario fornito da ARES e per un importo superiore a quello dell'anno precedente anche se a fronte di una diminuzione dei mezzi forniti e dell'eliminazione del medico a bordo dell'ambulanza, sarebbero emersi ulteriori episodi quali quello dei pochi mezzi forniti ad ARES come veicoli a noleggio con conducente (NCC) e la soppressione di alcune postazioni territoriali. In particolare la fornitura di alcuni veicoli all'ARES dalla ditta vincitrice dell'appalto, registrati come noleggiati con conducente, creerebbe numerosi problemi a medici ed infermieri che così non potrebbero più guidare le autovetture in quanto carenti di patente classificata CAP K-B;

quest'ultimo "pasticcio amministrativo-gestionale", come viene definito da Assotutela, in una nota del 18 settembre 2013, è a giudizio degli interroganti una delle conseguenze dell'esternalizzazione dei servizi e della scarsa attenzione che vi è nel giudicare la qualità del servizio che viene appaltato rispetto al risparmio sul prezzo d'asta. In questo caso l'esteriorizzazione sembrerebbe essere giustificata soprattutto dal blocco del turnover del personale, imposto in base alla legge n. 191 del 2009, mentre il patto per la salute 2010-2012 (Gazzetta Ufficiale n. 3, 5 gennaio 2010) recita "La funzione delle cure primarie deve essere riconosciuta nelle strategie aziendali mediante la definizione, nei momenti istituzionali e nei documenti di pianificazione e di strategia aziendale, del ruolo e degli obiettivi assegnati ad esse e al distretto. A quest'ultimo è, inoltre, affidata la governance del sistema per l'erogazione di livelli appropriati" Ciò obbliga a sopperire alla carenza di organico con servizio aggiuntivo reso in regime di prestazione "straordinaria" o attraverso il ricorso all'appalto dello stesso ai privati; soprattutto quest'ultima opzione secondo gli interroganti non rappresenta un risparmio, anzi in alcuni casi il costo dell'esternalizzazione supera di gran lunga il costo del mantenimento del personale sanitario alle pubbliche dipendenze;

quanto sopra, secondo gli interroganti, dovrebbe fugare ogni dubbio sul fatto che la disciplina del piano di rientro, ove applicata, non sta facendo altro che soffocare il sistema sanitario distruggendo servizi e prestazioni con grave violazione del principio costituzionale del diritto alla salute, anche in considerazione che i vari commissari ed esperti economisti hanno interpretato la normativa tenendo conto esclusivamente di fattori economici colpendo la fascia più debole ed indifesa del sistema sanitario, ma lasciando intatti sprechi e privilegi;

a parere degli interroganti la disciplina che regolamenta l'applicazione dei piani di rientro regionali può essere modificata anche introducendo una nuova disciplina nel patto della salute con criteri precisi che pongano un limite all'azione dei Commissari e dei dirigenti sanitari;

considerando infine che l'articolo 32 della Costituzione recita: "La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana",

si chiede sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti;

quali iniziative intenda avviare, nell'ambito delle proprie competenze, nei confronti delle Regioni soggette ai piani di rientro affinché i criteri valutativi sull'osservanza di questi ultimi non siano più meramente economici ma garantiscano il massimo riguardo nei confronti dell'erogazione dei LEA;

se intenda promuovere, quale iniziativa correttiva e migliorativa, la modifica dei criteri valutativi sull'osservanza dei piani di rientro nel prossimo patto della salute che sarà a breve stipulato con le Regioni.

(3-00427)