• C. 3445-3444-A-Allegato 2 EPUB Relazioni di minoranza delle Commissioni permanenti MELILLI Fabio, Relatore per la maggioranza - TANCREDI Paolo, Relatore per la maggioranza

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Atto a cui si riferisce:
C.3444 [Legge di Stabilità 2016] Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)


Frontespizio Indice Relazioni Commissioni
Testo senza riferimenti normativi
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 3445-A
   N. 3444-A


ALLEGATO 2
RELAZIONI DI MINORANZA DELLE COMMISSIONI PERMANENTI
DISEGNO DI LEGGE
N. 3445
APPROVATO DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 20 novembre 2015 (v. stampato Senato n. 2112)
presentato dal ministro dell'economia e delle finanze
(PADOAN)
Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2016 e bilancio pluriennale per il triennio 2016-2018 e relativa nota di variazioni (3445-bis)
Trasmesso dal Presidente del Senato della Repubblica il 21 novembre 2015
e
DISEGNO DI LEGGE
N. 3444
APPROVATO DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 20 novembre 2015 (v. stampato Senato n. 2111)
presentato dal ministro dell'economia e delle finanze
(PADOAN)
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)
Trasmesso dal Presidente del Senato della Repubblica il 21 novembre 2015
(Relatori per la maggioranza: TANCREDI e MELILLI)

NOTA: Relazioni di minoranza presentate nelle Commissioni permanenti sugli stati di previsione del disegno di legge di bilancio e sulle parti del disegno di legge di stabilità di rispettiva competenza.

 

ALLEGATO 2
RELAZIONI DI MINORANZA NELLE COMMISSIONI PERMANENTI     

 

RELAZIONI DI MINORANZA PRESENTATE NELLE COMMISSIONI PERMANENTI AI SENSI DELL'ARTICOLO 120, COMMA 3, DEL REGOLAMENTO, SUGLI STATI DI PREVISIONE DEL DISEGNO DI LEGGE DI BILANCIO E SULLE PARTI DEL DISEGNO DI LEGGE DI STABILITÀ DI RISPETTIVA COMPETENZA
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INDICE
III COMMISSIONE PERMANENTE Pag. 7
(Affari esteri e comunitari)
Tabella n. 6 (Affari esteri e comunitari e cooperazione internazionale) Pag. 9
IV COMMISSIONE PERMANENTE Pag. 13
(Difesa)
Tabella n. 11 (Difesa) Pag. 15
VII COMMISSIONE PERMANENTE Pag. 19
(Cultura, scienza e istruzione)
Tabella n. 2 (Economia e finanza, limitatamente alle parti di competenza) Pag. 21
Tabella n. 3 (Sviluppo economico, limitatamente alle parti di competenza) Pag. 21
Tabella n. 7 (Istruzione, università e ricerca) Pag. 21
Tabella n. 13 (Beni e attività culturali e turismo) Pag. 21
VIII COMMISSIONE PERMANENTE Pag. 25
(Ambiente, territorio e lavori pubblici)
Tabella n. 9 (Ambiente e tutela del territorio e del mare) Pag. 27
Tabella n. 9 (Ambiente e tutela del territorio e del mare) Pag. 33
IX COMMISSIONE PERMANENTE Pag. 37
(Trasporti, poste e telecomunicazioni)
Tabella n. 3 (Sviluppo economico, limitatamente alle parti di competenza) Pag. 39
Tabella n. 10 (Infrastrutture e trasporti, limitatamente alle parti di competenza) Pag. 39
X COMMISSIONE PERMANENTE Pag. 45
(Attività produttive, commercio e turismo)
Tabella n. 2 (Economia e finanze, limitatamente alle parti di competenza) Pag. 47
Tabella n. 3 (Sviluppo economico, limitatamente alle parti di competenza) Pag. 47
Tabella n. 7 (Istruzione, università e ricerca, limitatamente alle parti di competenza) Pag. 47
Tabella n. 13 (Beni e attività culturali, limitatamente alle parti di competenza) Pag. 47
XI COMMISSIONE PERMANENTE Pag. 51
(Lavoro pubblico e privato)
Tabella n. 4 (Lavoro e politiche sociali, limitatamente alle parti di competenza) Pag. 51

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III COMMISSIONE PERMANENTE
(Affari esteri e comunitari)
    
III COMMISSIONE PERMANENTE
(Affari esteri e comunitari)
RELAZIONE    DI    MINORANZA
sui
DISEGNI DI LEGGE
Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2016 e bilancio pluriennale per il triennio 2016-2018 (3445)
Stato di previsione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale per l'anno finanziario 2016 e per il triennio 2016-2018 (Tabella n. 6)
Nota di variazioni al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2016 e bilancio pluriennale per il triennio 2016-2018 (3445-bis)
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016) (3444)
dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle

    La III Commissione,

          esaminati, per le parti di competenza, i disegni di legge recanti disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2016 (AC 3444) e Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2016 e bilancio pluriennale per il triennio 2016-2018 (AC 3445);

          premesso che:

              il disegno di legge n. 3444 in esame contiene numerose disposizioni relative al Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale (Maeci) e che lo stesso si compone di un solo articolo e 556 commi;

              nel suo passaggio al Senato, è stato inopinatamente inserito nell'articolato del disegno di legge in esame una discutibile disposizione per l'attuazione di un Accordo internazionale, tra Italia e Santa Sede, in materia di radiodiffusione televisiva e sonora (commi 80 e 81) e per la costituzione di un Fondo per il riassetto dello Spettro Radio (comma 82);

tuttavia l'accordo citato non è stato presentato al Parlamento per l'autorizzazione alla ratifica laddove l'articolo 87, ottavo comma, della Costituzione, prevede che il Presidente della Repubblica ratifica i trattati internazionali previa, quando occorre, l'autorizzazione delle Camere; inoltre, l'articolo 80 della Costituzione prevede che le Camere autorizzano con legge la ratifica dei trattati internazionali che, fra l'altro, prevedono oneri alle finanze o importano variazioni del territorio;

              il comma 131, per il triennio 2016-2018, autorizza il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale a bandire annualmente il concorso di accesso alla carriera diplomatica. Come riportato nella relazione illustrativa che precede il provvedimento, si «mira a potenziare la rete diplomatica per far fronte ai sempre maggiori impegni internazionali, nonché per garantire la continuità della partecipazione italiana al Servizio Europeo per l'Azione Esterna». All'uopo gioverà ricordare che, dopo l'istituzione (nel 2010) del servizio citato, l'Italia, per tramite di uno degli annuali decreti-legge di rifinanziamento delle missioni internazionali, ha aggirato il cosiddetto blocco del turn-over, prevedendo l'assunzione di un contingente annuo non superiore a 35 segretari di legazione. Dalla relazione tecnica del provvedimento in titolo, invece, si apprende (dividendo la somma appostata relativa alla prima annualità completa, per il costo lordo annuo per singolo dipendente assunto) che si assumeranno 70 nuovi diplomatici nel triennio;

              il comma 207 prevede, ancora una volta, nuove disposizioni per il funzionamento del Consiglio generale degli italiani all'estero, dei Comites e dei Comitati dei loro presidenti; inoltre, sono di nuovo previste dotazioni finanziarie sia per i contributi diretti in favore della stampa italiana all'estero sia in favore delle agenzie specializzate per i servizi di stampa dedicati agli italiani residenti all'estero;

              il comma 255 dispone il finanziamento di un milione di euro per l'anno 2016 attraverso la creazione di un apposito, e istituendo, fondo per «fronteggiare le spese per la costituzione e il funzionamento dei collegi arbitrali internazionali». Tuttavia, va segnalata la circostanza relativa alla specifica spiegazione dell'impiego dei fondi, dovuto alla «risoluzione di controversie fra investitori e lo Stato italiano» e non tra altri Stati e lo Stato italiano, in applicazione dei trattati internazionali sottoscritti;

              i commi dal 262 al 278 dispongono la riduzione delle spese per acquisto di beni e servizi dei Ministeri, in ragione della loro capacità di spesa tramite gli acquisti centralizzati CONSIP (programma 2014). La tabella 3 indica un risparmio per il Maeci di 0,9 milioni di euro. Tale decurtazione, ad opinione dei proponenti deputati, è da intendersi quale taglio lineare alle dotazioni del dicastero, contrariamente a quanto ritiene il Ministro proponente che la valuta come un'azione di efficientamento della spesa; in tal caso, si paleserebbe tuttavia come uno spreco di risorse nell'acquisto di beni e servizi per l'anno 2015, ai sensi del citato programma CONSIP per il 2014, poiché il Ministero, al fine di giustificare un'azione di efficientamento della spesa, nel migliore dei casi, si troverebbe ad ammettere un uso inefficace per l'anno precedente, nonostante l'esistenza di un programma CONSIP già per l'anno 2014;

              il comma 353, dispone la rinegoziazione di accordi internazionali relativi alle contribuzione volontarie del nostro Paese in favore di organizzazioni internazionali con l'indicazione della riduzione delle contribuzioni in favore delle organizzazioni per un totale di 1 milione di euro per l'anno 2016 e 2,7 milioni per gli anni seguenti;

              con il comma 354, lettere a), b) e c), si dispone l'aumento delle tariffe dei diritti consolari, di cui all'articolo 64 del dlgs 71/2011, del venti e del quaranta per cento a seconda del servizio e si introduce un visto di studio del costo di 50 euro;

              il comma 356 dispone che una quota delle risorse derivanti dalle operazioni

di dismissione immobiliare realizzate nel triennio 2016-18 dal Maeci rimanga acquisita all'entrata e che non si applichino le disposizioni che prevedono la destinazione di una quota delle stesse alla ristrutturazione, al restauro e alla manutenzione straordinaria degli immobili ubicati all'estero;

              al comma 550, tabella A, si rinvengono accantonamenti di risorse «preordinate alla copertura finanziaria di tantissimi disegni di legge di ratifica». È infatti indicato un elenco lunghissimo di disegni di legge di cui le commissioni Affari Esteri di Camera e Senato si sono già occupate o si stanno occupando. Molti di questi trattati riguardano accordi per la cooperazione militare, siglati in numero assai significativo, e senza precedenti, dai governi della XVII legislatura, in particolare da quello in carica, al fine preordinato di fungere da procuratore commerciale dell'industria di armamento italiana;

              continuando, nella successiva tabella B del medesimo comma, si rinviene un altrettanto discutibile accantonamento, pari a 34 milioni circa, per il solo anno 2016, relativo alla «partecipazione dell'Italia alla spesa di ristrutturazione del Quartier generale Atlantico». Accantonamento che si aggiunge ai circa 45 milioni di euro già stanziati dall'Italia per gli anni 2014 e 2015. All'uopo giova rammentare che in riferimento alla citata realizzazione infrastrutturale, numerose son state le inchieste giornalistiche che hanno svelato i ritardi (la consegna era prevista inizialmente per il 2013) e i costi faraonici (circa 900 milioni di euro con spese non previste per circa 250 milioni). Sul punto in questione i deputati presentatori rilevano la necessità di conoscere da parte del dicastero se per la realizzazione del citato Quartier generale Atlantico sia stato previsto il riciclo di materiali e beni strumentali in dotazione del vecchio quartiere;

              nella Tabella D riferita al comma 553, è prevista una riduzione delle spese di analisi e documentazione in materia di politica internazionale (di circa 185 mila euro l'anno). Tale taglio incide direttamente sulle attività dell'Osservatorio di politica internazionale, frutto di un accordo tra il Ministero e i due rami del Parlamento e appare inopportuna sia per l'esiguità della riduzione sia per la positiva attività svolta dallo stesso; inoltre, si tende ancora una volta a tagliare servizi utili per l'attività parlamentare (e per quale importo poi!) invece di agire nei confronti delle ben note sacche di spreco ministeriale;

              in generale si segnala che il dicastero riporta una riduzione del finanziamento complessivo di 37 milioni di euro circa;

              nelle more dell'approvazione del disegno di legge concernente disposizioni per la partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali, seppur non ritrovando disposizioni afferenti alla materia delle missioni internazionali nell'articolato del testo in esame, il capitolo 3004 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, riporta un finanziamento complessivo di 937 milioni di euro, registrando una variazione in aumento, rispetto alla previsioni assestate 2015, di ben 473 milioni di euro;

              le disposizioni relative al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale sulle quali si basa la manovra finanziaria tendono a sminuire l'attività dello stesso, propendendo piuttosto verso un accentramento delle risorse su iniziative poco condivisibili, come ad esempio quelle relative alla cooperazione militare con paesi stranieri che, nello scenario internazionale, rappresentano collegamenti diretti con il fenomeno del terrorismo e della criminalità organizzata. O ancora, un accentramento delle risorse volto al mantenimento di benefici in favore di ambasciate o consolati, che invece meriterebbero riduzioni di spesa, in particolare con riferimento alle indennità e alle spese di missione, ritenendo sia opportuno valutare le ipotesi di riduzione anche di una sola unità dell'organico che opera presso ogni singolo consolato o ambasciata,

DELIBERA DI RIFERIRE IN SENSO CONTRARIO

 

IV COMMISSIONE PERMANENTE
(Difesa)

 

IV COMMISSIONE PERMANENTE
(Difesa)
RELAZIONE    DI    MINORANZA
sui
DISEGNI DI LEGGE
Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2016 e bilancio pluriennale per il triennio 2016-2018 (3445)
Stato di previsione del Ministero della difesa per l'anno finanziario 2016 e per il triennio 2016-2018 (Tabella n. 11)
Nota di variazioni al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2016 e bilancio pluriennale per il triennio 2016-2018 (3445-bis)
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016) (3444)
dei deputati Frusone, Basilio, Rizzo, Corda, Tofalo e Paolo Bernini

      La IV Commissione,

          esaminata la Tabella n. 11, recante lo stato di previsione del Ministero della difesa per l'anno finanziario 2015, il disegno di legge C. 3445, recante «Bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2016 e bilancio pluriennale per il triennio 2016-2018», e le connesse parti del disegno di legge C. 3444, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2016)»;

          considerato che:

              tutta la manovra contraddice gli intenti sui quali il Parlamento ha approvato la legge n. 244 del 2012 che, ponendosi l'obiettivo di riorganizzare il nostro sistema difensivo, ha stabilito come strategico

il conseguimento di un equilibrio tra le tre voci (esercizio, investimento e personale);

              la ripartizione percentuale tra i 3 capitoli di spesa del bilancio della difesa – deducibile esclusivamente dalla Nota aggiuntiva allo stato di previsione per la difesa per l'anno 2016 –, che scaturisce dalla manovra in oggetto aggrava questo disequilibrio, cosicché il Personale incide per il 75,25 per cento, l'Esercizio si alza di poco (9,62 per cento), mentre l'Investimento scende al 15,10 per cento. Infatti, il Personale raggiunge i 9.724,3 milioni di euro, con una crescita rispetto ai 9.663,7 milioni del 2015 ( 60,5 milioni), l'Esercizio è ancora al di sotto delle necessità raggiungendo 1.244,6 milioni ( 94,9 milioni) e, infine, l'Investimento scende a 1.952,2 milioni, in contrazione rispetto ai 2.372,7 previsionali del 2015 (-420,5 milioni);

              tutto questo senza tener conto dell'incongruità delle voci che afferiscono al bilancio della difesa essendo ancora incompleto visto che altre voci di spesa che dovrebbero essere ricondotte, seguendo le linee guida della NATO, al Ministero della difesa sono assegnate in realtà ai bilanci di altri Ministeri, riducendo di molto la percentuale destinata all'investimento;

          considerato inoltre che:

              il disegno di legge di stabilità per l'anno 2016 (C 3444) contiene talune, insufficienti, disposizioni relative al settore della difesa;

              il riconoscimento di crediti contributivi al personale statale, ed in particolare per il personale delle Forze armate e dei Corpi di polizia, di cui all'articolo 1, commi dal 246 al 249, è da ritenersi un mero atto dovuto nei confronti di una categoria che già dal lontano 2010, come riportato dalla relazione tecnica che accompagna il provvedimento, attende stanziamenti di siffatta natura per l'indennità di vacanza contrattuale;

              il finanziamento – di cui ai commi 251 e 252 del medesimo articolo 1, per 83 milioni di euro complessivi (dei quali solo 1,9 milioni in favore del Corpo della Polizia) per l'anno 2016, per la prosecuzione degli interventi per la straordinaria esigenza di prevenzione e contrasto alla criminalità ed al terrorismo, di cui all'articolo 24, commi 74 e 75 del decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78 – dell'operazione «Strade sicure», nonché delle azioni di vigilanza di cui all'articolo 3, comma 2, del decreto-legge 10 dicembre 2013, n. 136, nella cosiddetta «terra dei fuochi», rappresentano nel modo più esaustivo la scellerata condotta finanziaria del Governo italiano, che fa dell'emergenza una modalità consolidata della programmazione finanziaria, non preoccupandosi di risolvere, o programmare, degli interventi che risolvano le cause scatenanti la situazione emergenziale (all'uopo giova ricordare che l'operazione «strade sicure» risale all'agosto del 2008);

              le riduzioni di spese per acquisti di beni e servizi, di cui all'articolo 1, comma 262, tabella 3, indicano un risparmio per il Ministero della difesa di ben 13,9 milioni di euro. Tale decurtazione è da intendersi, ad opinione dei proponenti, quale taglio lineare alle dotazioni del dicastero. Nel caso in cui si tratti invece di un'azione di efficientamento della spesa, come ritenuto dal Ministro proponente, detta azione paleserebbe uno spreco di risorse – di cui il Ministro sarebbe politicamente e finanziariamente responsabile – nell'acquisto di beni e servizi per l'anno 2015, ai sensi del citato programma CONSIP per il 2014 (in altre parole il Ministero, al fine di giustificare un'azione di efficientamento della spesa, nel migliore dei casi, si trova ad ammettere un uso inefficace per l'anno precedente, nonostante l'esistenza di un programma CONSIP già per l'anno 2014);

              le dismissioni immobiliari di cui all'articolo 1, comma 367, sono illustrate in relazione come foriere di risparmi «per non meno di 300 milioni per l'anno 2016». Tuttavia la relazione tecnica, in riferimento al medesimo comma, riporta, un risparmio «non inferiore a 200 milioni per l'anno 2016». Nel complesso, come riportato nella tabella di riepilogo, per il Ministero

della difesa si registra una riduzione di 219 milioni;

              ai commi dal 551 al 555 fondi speciali e tabelle – tabella A si rinvengono accantonamenti di risorse «preordinate alla copertura finanziaria di tantissimi disegni di legge di ratifica». È infatti indicato un elenco lunghissimo di disegni di legge di cui le commissioni Affari esteri di Camera e Senato si sono già occupate o si stanno occupando. Molti di questi Trattati riguardano accordi per la cooperazione militare, siglati in numero assai significativo, e senza precedenti, dai Governi della XVII legislatura – ed in particolar modo del Governo Renzi – al fine preordinato di fungere da procuratore commerciale dell'industria di armamento italiana;

              continuando, nella successiva tabella B, si rinviene un altrettanto discutibile accantonamento, pari a 34 milioni circa, per il solo anno 2016, relativo alla «partecipazione dell'Italia alla spesa di ristrutturazione del Quartier generale Atlantico». Accantonamento che si aggiunge ai circa 45 milioni di euro già stanziati dall'Italia per gli anni 2014 e 2015. All'uopo giova rammentare che in riferimento alla citata realizzazione infrastrutturale, numerose sono state le inchieste giornalistiche che hanno svelato i ritardi (la consegna era prevista inizialmente per il 2013) ed i costi faraonici (circa 900 milioni di euro con spese non previste per circa 250 milioni);

              tali spese appaiono inoltre particolarmente ingiustificate se si compie una seria riflessione sull'utilità dell'appartenenza dell'Italia all'Organizzazione del Trattato dell'Atlantico del Nord che, nata come un'organizzazione difensiva è divenuta – con gli accordi di Washington (1999) e di Lisbona (2003) – di fatto, uno strumento di offesa e di attacco al servizio prevalente di una nazione: gli Stati Uniti;

              questo organismo, ai nostri giorni, rappresenta quindi il mantenimento dell'egemonia statunitense sulla politica estera italiana ed europea, generando squilibri internazionali che sono spesso potenziali cause di fenomeni di rilevante pericolosità sociale, come il terrorismo. Dunque, l'impegno di ulteriori risorse finanziarie, finalizzate alla realizzazione degli attuali obiettivi NATO, è da valutarsi inopportuno, anche in considerazione delle priorità di spesa che il nostro Paese è tenuto internamente ad affrontare;

              si segnala, altresì, il rifinanziamento per 1.640 milioni di euro nel periodo 2016-2021 di alcuni programmi aeronautici ad alto contenuto tecnologico connessi alle esigenze della difesa aerea, realizzati nel contesto dell'Unione europea. La tabella E dispone, infatti, un rifinanziamento di 280 milioni in ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018 e di 800 milioni per gli anni dal 2019 al 2021 dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 2, comma 180, della legge finanziaria per il 2008, che riguarda i progetti di cui all'articolo 4, comma 3, della legge n. 266 del 1997. Il citato articolo 4, comma 3, ha disposto un finanziamento per garantire un qualificato livello della presenza italiana nei programmi aeronautici ad alto contenuto tecnologico connessi alle esigenze della difesa aerea nazionale, realizzati nel contesto dell'Unione europea, nonché per il programma EFA (European Fighter Aircraft – Eurofighter), che è il più vasto programma industriale nel settore europeo della difesa ed è frutto di una cooperazione tra Italia, Germania, Regno Unito e Spagna avviata nel 1986. I quattro Paesi partecipanti hanno ad oggi ordinato un totale di 472 aerei. A questi si aggiungono in particolare 72 dall'Arabia Saudita e 12 dall'Oman. Il Kuwait ha recentemente annunciato l'acquisto di 28 velivoli. Tale programma è sostenuto con risorse a valere sugli stati di previsione della spesa del Ministero della difesa e del Ministero dello sviluppo economico. La vendita di questi velivoli a Paesi che a vario titolo hanno sostenuto Daesh (Isis) e che partecipano ogni giorno ai bombardamenti nello Yemen contro la popolazione civile rappresenta una violazione dello

spirito e della lettera delle legge n. 185 del 1990 e come tali sono inaccettabili;

          considerato, infine, che:

              la Tabella E del disegno di stabilità riporta, come di consueto, gli importi da iscrivere in bilancio in relazione alle autorizzazioni di spesa recate da leggi pluriennali;

              tra le citate autorizzazioni, si segnalano:

                  a) il rifinanziamento di 25 milioni di euro – per la sola annualità 2018 – della legge 24 dicembre 1985, n. 808 (Interventi per lo sviluppo e l'accrescimento di competitività delle industrie operanti nel settore aeronautico), con particolare riferimento a quanto disposto dall'articolo 3 (Finanziamenti e contributi per la partecipazione di imprese nazionali a programmi industriali aeronautici in collaborazione internazionale), comma 1, lettera a) relativo specificatamente ai «finanziamenti per l'elaborazione di programmi e l'esecuzione di studi, progettazioni, sviluppi, realizzazione di prototipi, prove, investimenti per industrializzazione ed avviamento alla produzione fino alla concorrenza dei relativi costi, inclusi i maggiori costi di produzione sostenuti in relazione all'apprendimento precedente al raggiungimento delle condizioni produttive di regime»;

                  b) la rimodulazione della spesa di 70 milioni di euro relativa al «finanziamento dello sviluppo tecnologico nel settore aeronautico», di cui all'articolo 5 del decreto-legge n. 321 del 1996. Più nel dettaglio è previsto una riduzione di 25 milioni per l'anno 2017, di 45 milioni nell'anno 2018 e la conseguente previsione di rifinanziamento, pari alla somma delle due riduzioni (70 milioni di euro), a partire dall'anno 2019;

                  c) il rifinanziamento – per 100, 120, 150 milioni di euro per il triennio, prevedendo ben mezzo miliardo di euro per l'anno 2019 – del programma di sviluppo per l'acquisizione delle unità navali FREMM;

                  d) il significativo rifinanziamento, come già accennato, pari a 280 milioni di euro per ciascun anno dal 2016 al 2018, di interventi nel settore aeronautico di cui all'articolo 4, comma 3, della legge 7 agosto 1997, n. 266 (Efa – European fighter aircraft);

              i rifinanziamenti sopra indicati, che trovano la loro formale giustificazione nello «sviluppo e nell'accrescimento di competitività delle industrie operanti nel settore aeronautico» ed aeronavale, sono in realtà l'espressione di una forte volontà politica di accrescimento della nostra industria bellica. Una realtà economica che, per essere alimentata, richiede una sempre maggiore partecipazione del nostro Paese a teatri di guerra, con missioni spesso impropriamente definite «di pace». Tale linea politica, è bene sottolinearlo, risulta in pieno contrasto con il nostro dettato costituzionale e con una visione europea orientata, almeno sulla carta, verso posizioni contrarie alla proliferazione delle armi. Dunque, si ritiene che le risorse finanziarie dedicate a questo scopo sarebbero meglio impiegate per uno sviluppo delle nostre industrie, in realtà produttive in campo civile od anche per aumentare i livelli di sicurezza pubblica nel nostro territorio che, come ci dimostra la cronaca, stanno raggiungendo punte di criticità preoccupanti;

              nelle more dell'approvazione del disegno di legge A.S. 1917 (Disposizioni concernenti la partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali, la cosiddetta «Legge Quadro»), seppur non ritrovando disposizioni afferenti alla materia delle missioni internazionali nell'articolato del testo in commento, il capitolo 3004 dello stato di previsione del Ministero dell'Economia e delle Finanze, riporta un finanziamento complessivo di 937 milioni di euro, registrando una variazione in aumento, rispetto alla previsioni assestate 2015, di ben 473 milioni di euro,

DELIBERA DI RIFERIRE IN SENSO CONTRARIO
VII COMMISSIONE PERMANENTE
(Cultura, scienza e istruzione)

 

VII COMMISSIONE PERMANENTE
(Cultura, scienza e istruzione)
RELAZIONE    DI    MINORANZA
sui
DISEGNI DI LEGGE
Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2016 e per il triennio 2016-2018 (3445)
Stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno finanziario 2016 e per il triennio 2016-2018
(Tabella n. 2, limitatamente alle parti di competenza)
Stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico per l'anno finanziario 2016 e per il triennio 2016-2018
(Tabella n. 3, limitatamente alle parti di competenza)
Stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per l'anno finanziario 2016 e per il triennio 2016-2018 (Tabella n. 7)
e
Stato di previsione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per l'anno finanziario 2016 e per il triennio 2016-2018 (Tabella n. 13)
Nota di variazioni al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2016 e bilancio pluriennale per il triennio 2016-2018 (3445-bis)
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016) (3444)
dei deputati Pannarale, Carlo Galli e Giancarlo Giordano

      La VII Commissione,

          esaminato, per le parti di propria competenza, il disegno di legge recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)»;

          premesso che:

              la legge di stabilità rappresenta un momento fondamentale del disegno di politica economica che ogni Governo deve realizzare;

              il deficit obiettivo per il 2016, al netto della clausola migranti, è inferiore dello 0,4 per cento del PIL rispetto a quello previsto nel 2015 (2,2 per cento rispetto al 2,6 per cento);

              per il quadriennio 2016-2019 l'avanzo primario parte dal 2 per cento per innalzarsi fino al 4,3 per cento nel 2019. Ciò equivale a non spendere una quantità rilevantissima di entrate (fino a 70 miliardi nel 2019), anche se destinate ad investimenti produttivi;

              gli alti avanzi primari previsti, in fase di bassa crescita, non sono compatibili con i livelli di sviluppo di cui il nostro paese ha bisogno;

              la manovra «vera» è di 10 miliardi;

              dei 26,5 miliardi più o meno «sicuri» della manovra ben 16,8 sono destinati semplicemente ad evitare le clausole di salvaguardia per il 2016;

              la stessa Confindustria con ottimismo parla di un incremento nel 2016 del PIL di uno scarso 0,3 per cento dovuto alla manovra, contestualmente l'industria appare in frenata (il dato peggiore dal settembre 2011) e calo dell'export ad agosto;

              le previsioni per il 2016 ( 1,6 per cento) sono troppo ottimistiche: il FMI – ad esempio – prevede 1,3 per cento;

              non ci sono risorse per gli investimenti pubblici. Si sostengono quelli privati se e quando ci saranno. Il provvedimento, infatti, prevede che circa la metà dei tagli di spesa di pertinenza dei ministeri sia quella in conto capitale, ovverosia quella per gli investimenti per investimenti pubblici, come peraltro confermato dalla Nota di aggiornamento al DEF 2015 dove si rileva una flessione delle spese in conto capitale per il 2016 pari al 2,6 per cento e per il 2017 addirittura al 7,3 per cento;

              non risultano peraltro presenti interventi significativi per rilanciare gli investimenti nel Mezzogiorno e la recente pubblicazione dell'imbarazzante Masterplan per il Sud conferma questo dato visto, che l'erogazione delle risorse ivi indicate sono quelle già previste a livello europeo e nazionale;

              appare del tutto evidente l'assenza di un piano strutturale per il rilancio dell'economia nel Mezzogiorno che non ha avuto alcun risvolto concreto, nonostante i numerosi annunci su misure speciali come il credito di imposta per aziende meridionali, la riduzione delle tasse per le imprese del sud e la decontribuzione per i nuovi assunti nelle regioni meridionali;

              a ciò si aggiunga che, come rilevato dalla Banca d'Italia in sede di audizione al Senato, il debito continua a rimanere troppo alto, mentre l'ISTAT misura una crescita 2016 troppo modesta rispetto alle attese, stigmatizzando una ripresa molto debole nel 2016 (0,1 per cento) e un po’ superiore nel 2017 (0,3 per cento);

              la manovra, in buona sostanza non persegue alcuna direzione espansiva, ma solo quella del galleggiamento economico ed elettorale (interventi sulla TASI e circolazione del contante, aiuti a pioggia alle imprese);

              la spesa pubblica viene depressa a favore del taglio delle tasse (di cui beneficiano di più i ricchi): è il vecchio sogno di Tremonti realizzato da Renzi;

              le riduzioni di imposte hanno un moltiplicatore molto minore di quello dei tagli di spese, come oramai riconosciuto anche dal FMI;

              non appare presente alcun «piano per il lavoro», ma solo ulteriore spinta alla precarizzazione del mercato del lavoro. Nonostante la propaganda del governo, i numeri parlano chiaro. Per sostenere

la flebile ripresa e il lavoro, sarebbero stati necessari investimenti aggiuntivi per almeno un punto di PIL all'anno, per tre anni, da affidare ai Comuni per le piccole opere. Invece, il Governo utilizza la clausola degli investimenti senza aumentarli e introduce misure elettorali e inique;

              è una legge iniqua perché dà tutto alle imprese (gli sgravi, il taglio dell'Ires e gli sconti fiscali sugli acquisti dei macchinari) e niente o quasi a lavoratori, pensionati e giovani;

              la manovra avrebbe dovuto prevedere, nell'ambito della politica industriale nazionale, modalità per un intervento pubblico al fine di salvaguardare gli asset strategici, stimolare le innovazioni e la ricerca, facilitare la riconversione ecologica dell'apparato produttivo, garantire i livelli occupazionali;

              viceversa, la manovra predisposta dal Governo riduce le imposte per le imprese senza avere alcuna garanzia che aumenteranno i loro investimenti, che non delocalizzeranno i loro siti produttivi o che non licenzieranno oppure che si produrranno reali incrementi occupazionali non sostitutivi;

              non si evidenziano interventi di rilievo sul fronte del rilancio dell'economia in termini di ricerca e sviluppo e cooperazione strategica tra imprese, università e centri di ricerca;

              si cerca dunque di competere sul profilo basso senza cercare di aumentare la produttività di tutti i fattori del nostro sistema produttivo, e ci si rassegna a diventare un Paese di serie B;

              persistono i tagli, per il 2016, a carico del fondo sanitario nazionale pari a 2,2 miliardi e si introducono misure «spot» per il contrasto alla povertà;

              si tratta, in buona sostanza, di una legge che riprende in larga misura le proposte della destra, hanno dichiarato Schifani e Alfano. «Mi ha copiato» ha rilanciato Berlusconi. Non a caso appaiono completamente cambiate anche le politiche per il contrasto all'evasione fiscale, mentre l'Agenzia delle entrate appare di tutto punto abbandonata a se stessa in un Paese con la più grande evasione fiscale d'Europa;

              una manovra che produrrà comunque effetti recessivi perché prosegue nella politica dei tagli alla spesa pubblica anche per coprire la diminuzione delle imposte, tagli che notoriamente hanno un moltiplicatore superiore in termini di crescita del PIL della riduzione delle tasse;

              i ceti popolari pagheranno questa politica in termini di riduzione dei servizi essenziali e di incrementi della tassazione locale, mortificando diritti basilari delle persone;

              considerato che, per quanto riguarda le parti di competenza della Commissione:

                  le disposizioni contenute nella Legge di Stabilità non rispondono in alcun modo alle criticità del sistema scolastico e universitario;

                  in particolar modo, si ricorda come il sistema universitario abbia perso, negli ultimi anni, un numero consistente di immatricolati, che per il 2014-2015 si attesta attorno ai 260 mila, circa la metà di coloro che risultano diplomati nello stesso anno scolastico;

                  anche per il 2015 sono stati confermati i dati che vedono l'Italia ultima nella percentuale dei laureati trentenni rispetto alla media dell'Unione Europea (37,9 per cento), con il 29,3 per cento dei laureati;

                  le criticità del sistema universitario sono dovute in gran parte ai continui tagli che, negli ultimi anni, hanno colpito il Fondo per il funzionamento ordinario delle università e, soprattutto le risorse per il diritto allo studio. Il primo, infatti, è passato dai circa 7 miliardi e mezzo del 2008 agli attuali 6 miliardi e 900 milioni, mentre il secondo è passato dai 246 milioni di euro del 2009-2010 agli attuali 162 milioni di euro;

                  l'incremento di 5 milioni di euro del Fondo integrativo per la concessione delle borse di studio iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, previsto dal comma 139 dell'articolo 1, costituisce una goccia nel mare, ed è totalmente insufficiente a risolvere le attuali criticità, notevolmente aumentate, si ricorda, a causa della riforma dell'ISEE approvata con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 3 dicembre 2013;

                  anche i nuovi finanziamenti per il Fondo per il funzionamento ordinario, consistenti in 38 milioni di euro per il 2016 e 75 a decorrere dal 2017, sono esigui e, soprattutto risultano legati alla quota premiale di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 180/2008, rischiando di aumentare il divario tra ateneo e ateneo nell'accesso alle risorse;

                  allo stesso modo, quanto previsto dal comma 110 circa il Fondo per le cattedre universitarie del merito, istituito col fine di reclutare professori universitari di prima e seconda fascia attraverso chiamate dirette, canali paralleli alle ordinarie procedure comparative, non costituisce certamente una soluzione al necessario rinnovo del contratto nazionale e al finanziamento per la contrattazione integrativa;

                  quanto previsto dal comma 133 circa il reclutamento dei ricercatori cosiddetti di tipologia b) e per l'eventuale consolidamento dei professori nel ruolo di seconda fascia (si stimano circa 1000 nuovi ricercatori assunti) è insufficiente a scongiurare le emergenze del nostro ordinamento in materia di ricerca: dovrebbe prevedersi, infatti, un piano pluriennale di assunzioni in grado di assicurare l'ingresso di almeno 5 mila ricercatori nei prossimi anni;

                  quanto previsto per la scuola, la grande assente della Legge di stabilità 2016, dopo l'approvazione della Legge 107/2015, cosiddetta Buona Scuola, non risponde alle richieste pervenute dai sindacati e dai lavoratori, che chiedono la partecipazione di quei docenti che, pur essendo abilitati, non hanno potuto partecipare al piano assunzionale da essa previsto;

                  la previsione, poi, dei 25 milioni di euro inserita al comma 140 a favore delle scuole paritarie appare un ulteriore schiaffo all'istruzione pubblica,

DELIBERA DI RIFERIRE IN SENSO CONTRARIO
VIII COMMISSIONE PERMANENTE
(Ambiente, territorio e lavori pubblici)

 

VIII COMMISSIONE PERMANENTE
(Ambiente, territorio e lavori pubblici)
RELAZIONE    DI    MINORANZA
sui
DISEGNI DI LEGGE
Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2016 e bilancio pluriennale per il triennio 2016-2018 (3445)
Stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per l'anno finanziario 2016 e per il triennio 2016-2018 (Tabella n. 9)
Nota di variazioni al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2016 e bilancio pluriennale per il triennio 2016-2018 (3445-bis)
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016) (3444)
dei deputati del gruppo SI-SEL

      L'VIII Commissione,

          esaminato il disegno di legge di stabilità 2016 (C 3444),

          premesso che:

              la legge di stabilità rappresenta un momento fondamentale del disegno di politica economica che ogni Governo deve realizzare;

              il deficit obiettivo per il 2016, al netto della clausola migranti, è inferiore dello 0,4 per cento del Pil rispetto a quello previsto nel 2015 (2,2 per cento rispetto al 2,6 per cento);

              per il quadriennio 2016-2019 l'avanzo primario parte dal 2 per cento per innalzarsi fino al 4,3 per cento nel 2019. Ciò equivale a non spendere una quantità rilevantissima di entrate (fino a 70 miliardi nel 2019), anche se destinate ad investimenti produttivi;

              gli alti avanzi primari previsti, in fase di bassa crescita, non sono compatibili

con i livelli di sviluppo di cui il nostro paese ha bisogno;

              la manovra «vera» è di 10 miliardi di euro;

              dei 26,5 miliardi più o meno «sicuri» della manovra ben 16,8 sono destinati semplicemente ad evitare le clausole di salvaguardia per il 2016;

              la stessa Confindustria con ottimismo parla di un incremento nel 2016 del PIL di uno scarso 0,3 per cento dovuto alla manovra, contestualmente l'industria appare in frenata (il dato peggiore dal settembre 2011) e calo dell'export ad agosto;

              le previsioni per il 2016 ( 1,6 per cento) sono troppo ottimistiche: il FMI – ad esempio – prevede 1,3 per cento;

              non ci sono risorse per gli investimenti pubblici. Si sostengono quelli privati se e quando ci saranno. Il provvedimento, infatti, prevede che circa la metà dei tagli di spesa di pertinenza dei ministeri sia quella in conto capitale, ovverosia quella per gli investimenti per investimenti pubblici, come peraltro confermato dalla Nota di aggiornamento al DEF 2015 dove si rileva una flessione delle spese in conto capitale per il 2016 pari al 2,6 per cento e per il 2017 addirittura al 7,3 per cento;

              non risultano peraltro presenti interventi significativi per rilanciare gli investimenti nel Mezzogiorno e la recente pubblicazione dell'imbarazzante Masterplan per il Sud conferma questo dato visto, che l'erogazione delle risorse ivi indicate sono quelle già previste a livello europeo e nazionale;

              appare del tutto evidente l'assenza di un piano strutturale per il rilancio dell'economia nel Mezzogiorno che non ha avuto alcun risvolto concreto, nonostante i numerosi annunci su misure speciali come il credito di imposta per aziende meridionali, la riduzione delle tasse per le imprese del sud e la decontribuzione per i nuovi assunti nelle regioni meridionali;

              a ciò si aggiunga che, come rilevato dalla Banca d'Italia in sede di audizione al Senato, il debito continua a rimanere troppo alto, mentre l'ISTAT misura una crescita 2016 troppo modesta rispetto alle attese, stigmatizzando una ripresa molto debole nel 2016 (0,1 per cento) e un po’ superiore nel 2017 (0,3 per cento);

              la manovra, in buona sostanza non persegue alcuna direzione espansiva, ma solo quella del galleggiamento economico ed elettorale (interventi sulla TASI e circolazione del contante, aiuti a pioggia alle imprese);

              la spesa pubblica viene depressa a favore del taglio delle tasse (di cui beneficiano di più i ricchi): è il vecchio sogno di Tremonti realizzato da Renzi;

              le riduzioni di imposte hanno un moltiplicatore molto minore di quello dei tagli di spese, come oramai riconosciuto anche dal FMI;

              non appare presente alcun «piano per il lavoro», ma solo ulteriore spinta alla precarizzazione del mercato del lavoro. Nonostante la propaganda del governo, i numeri parlano chiaro. Per sostenere la flebile ripresa e il lavoro, sarebbero stati necessari investimenti aggiuntivi per almeno un punto di Pil all'anno, per tre anni, da affidare ai Comuni per le piccole opere. Invece, il Governo utilizza la clausola degli investimenti senza aumentarli e introduce misure elettorali e inique;

          è una legge iniqua perché dà tutto alle imprese (gli sgravi, il taglio dell'Ires e gli sconti fiscali sugli acquisti dei macchinari) e niente o quasi a lavoratori, pensionati e giovani;

              la manovra avrebbe dovuto prevedere, nell'ambito della politica industriale nazionale, modalità per un intervento pubblico al fine di salvaguardare gli asset strategici, stimolare le innovazioni e la ricerca, facilitare la riconversione ecologica dell'apparato produttivo, garantire i livelli occupazionali;

              viceversa, la manovra predisposta dal Governo riduce le imposte per le imprese senza avere alcuna garanzia che aumenteranno i loro investimenti, che non delocalizzeranno i loro siti produttivi o che non licenzieranno oppure che si produrranno reali incrementi occupazionali non sostitutivi;

              non si evidenziano interventi di rilievo sul fronte del rilancio dell'economia in termini di ricerca e sviluppo e cooperazione strategica tra imprese, università e centri di ricerca;

              si cerca dunque di competere sul profilo basso senza cercare di aumentare la produttività di tutti i fattori del nostro sistema produttivo, e ci si rassegna a diventare un Paese di serie B;

              persistono i tagli, per il 2016, a carico del fondo sanitario nazionale pari a 2,2 miliardi e si introducono misure «spot» per il contrasto alla povertà;

              si tratta, in buona sostanza, di una legge che riprende in larga misura le proposte della destra, hanno dichiarato Schifani e Alfano. «Mi ha copiato» ha rilanciato Berlusconi. Non a caso appaiono completamente cambiate anche le politiche per il contrasto all'evasione fiscale, mentre l'Agenzia delle entrate appare di tutto punto abbandonata a se stessa in un Paese con la più grande evasione fiscale d'Europa;

              una manovra che produrrà comunque effetti recessivi perché prosegue nella politica dei tagli alla spesa pubblica anche per coprire la diminuzione delle imposte, tagli che notoriamente hanno un moltiplicatore superiore in termini di crescita del PIL della riduzione delle tasse;

              i ceti popolari pagheranno questa politica in termini di riduzione dei servizi essenziali e di incrementi della tassazione locale, mortificando diritti basilari delle persone;

              considerato che, per quanto riguarda le parti di competenza della Commissione;

          considerato inoltre, per quanto riguarda le parti di competenza della Commissione Ambiente, che:

              anche quest'anno, a fronte di ingentissime risorse previste per le grandi opere, per gli interventi di messa in sicurezza del nostro territorio si continuano a mettere in campo stanziamenti assolutamente inadeguati;

              mentre infatti per la sola TAV, si prevedono in Tabella E 120 milioni di euro nel 2016, 102 milioni di euro nel 2017, 293 milioni di euro nel 2017, 293 milioni di euro nel 2018 e oltre 1 un miliardo e mezzo nel 2019 e successivi, in Tabella E le risorse per gli interventi di messa in sicurezza del territorio dal dissesto idrogeologico, vedono un incremento rispetto alla legge di stabilità dello scorso anno, di soli 50 milioni di euro per il 2016, 50 per il 2017 e 150 per il 2018, per un totale di 250 milioni di euro in tre anni. È chiaro come, a fronte delle continue emergenze e dei proclami del Governo degli ultimi anni, una somma del genere sia totalmente irrisoria;

              ancora una volta si perde l'occasione, con questa legge di stabilità, di predisporre e avviare un finanziamento per un vero programma pluriennale di contrasto al dissesto idrogeologico del nostro Paese quale vera e prioritaria «grande opera» infrastrutturale in grado non solamente di mettere in sicurezza il nostro fragile territorio, ma di attivare migliaia di cantieri distribuiti sul territorio, con evidenti e importanti ricadute dal punto di vista anche economico e occupazionale;

              nessun rifinanziamento poi, per il programma bonifiche amianto, per cui restano solo le risorse già previste a legislazione vigente;

              viene previsto uno stanziamento di 150 milioni per ciascun anno del solo biennio 2016 e 2017 per la Terra dei fuochi. Un importo del tutto inadeguato rispetto alla grave emergenza ambientale di quei territori, oltre che a un evidente ridimensionamento dell'importo complessivo,

laddove il Presidente del Consiglio, alla vigilia della presentazione della legge di stabilità, aveva annunciato lo stanziamento di 450 milioni di euro;

              peraltro la formulazione della norma sulla Terra dei fuochi è fin troppo generica nei suoi riferimenti ad interventi di carattere economico, sociale e ambientale, e ai territori e alle amministrazioni a cui saranno destinati gli stanziamenti, nonché alla tipologia degli interventi finanziabili;

              il provvedimento in esame, interviene inoltre su un'altra grande emergenza ambientale del nostro paese: l'Ilva di Taranto, per la quale vengono previste alcune specifiche misure che consentono all'organo commissariale, di contrarre finanziamenti per un ammontare complessivo fino a 800 milioni di euro, assistiti dalla garanzia dello Stato;

              la gravissima emergenza ambientale e sanitaria dell'area e dello stabilimento dell'Ilva, impongono di rafforzare e rendere davvero efficace il presidio ambientale riguardo all'ILVA e alla città di Taranto. Per fare ciò è centrale e ineludibile il potenziamento della dotazione organica dell'ARPA, destinata in particolare ai controlli e alla prevenzione sulla città di Taranto e sul polo industriale. L'organico dell'Agenzia è da troppo tempo del tutto sottodimensionato;

              di questa esigenza primaria, ne è ben consapevole lo stesso Governo. Già in occasione dell'esame del decreto legge 1/2015 sull'Ilva, nel corso delle audizioni era stata evidenziata l'esigenza di un rafforzamento del personale dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale della regione Puglia, al fine di poter svolgere adeguatamente le indispensabili attività di controllo, vigilanza e monitoraggio ambientale e sanitario;

              il 23 febbraio 2015, durante l'esame del suddetto decreto legge n. 1/2015, il Viceministro Claudio De Vincenti, ben consapevole della problematica, aveva ribadito come riguardo all'organico dell'ARPA Puglia, il Governo fosse intenzionato a risolvere la problematica in un provvedimento diverso;

              nonostante quanto suesposto, e nonostante gli impegni del Governo, nel testo della legge di stabilità non c’è alcuna previsione di un rafforzamento della struttura tecnico-amministrativa dell'Arpa Puglia;

              le risorse assegnate al finanziamento dei parchi e delle aree protette, continuano a essere assolutamente inadeguate. Le risorse stanziate sono ormai così esigue da compromettere il minimo funzionamento degli enti parco;

              in Italia vi sono 24 parchi nazionali, che complessivamente coprono, tra terra e mare, oltre un milione e mezzo di ettari, pari al 5 per cento circa del territorio nazionale. Oltre a quelli nazionali, nel nostro Paese esistono 152 parchi regionali e centinaia di riserve naturali e aree protette statali, regionali e locali;

              la legge di stabilità di due anni fa stanziava per il 2014, 5,8 milioni di euro per gli Enti parco. La legge di stabilità 2015, ha ridotto lo stanziamento a meno di 4,3 milioni per il 2015. Il disegno di legge di stabilità al nostro esame a ulteriormente ridotto a 4,1 milioni le risorse per ciascuno degli anni 2016-2018;

              non è inoltre previsto alcun incremento delle risorse a favore dell'ISPRA, nonostante il suo ruolo decisivo e l'aumento dei decisivi compiti che gli vengono assegnati in numerosi ambiti, tra cui quelli di ricerca, controllo, monitoraggio in materia ambientale;

              la legge di stabilità in esame assegna all'Ispra 22,4 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2016-2018, ossia le stesse risorse dello scorso anno, ma inferiori alla legge di stabilità di due anni fa dove l'Ispra veniva finanziata con 25,5 milioni. In pratica, in due anni, si assiste ad una inaccettabile riduzione degli stanziamenti a favore dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale di oltre 3 milioni di euro;

              nessun incremento di risorse viene inoltre previsto per il funzionamento dell'Enea;

              l'emergenza abitativa è sostanzialmente gravemente ignorata dal testo al nostro esame;

              il Fondo per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione (istituito dalla legge 431/1998), cd. «Fondo affitti», era stato rifinanziato per 100 milioni solo fino al 2015. Dal 2016 quindi, non è previsto più alcuno stanziamento di risorse. Il Fondo viene azzerato;

              ricordiamo che detto Fondo per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione, è finalizzato alla concessione di contributi integrativi a favore dei conduttori appartenenti alle fasce di reddito più basse per il pagamento dei canoni di locazione;

              così come non vi sono ulteriori risorse finalizzate a implementare il Fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli;

              unico intervento normativo in materia, introdotto durante l'esame del provvedimento al Senato, riguarda misure per contrastare gli affitti in nero, e prevede che sia nulla ogni pattuizione volta a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato. Nei casi di nullità il conduttore può chiedere la restituzione delle somme corrisposte in misura superiore al canone risultante dal contratto scritto e registrato. L'inquilino dovrà comunque dimostrare di avere pagato oltre quanto pattuito;

              detta disposizione rischia con molta probabilità di non produrre effetti reali sul mercato degli affitti in nero, che vede 950 mila abitazioni sottratte al mercato legale. Non solo è una norma che non ha effetti retroattivi, ma soprattutto non affronta la questione dei contratti verbali, che sono il 90 per cento dei contratti illegali.

DELIBERA DI RIFERIRE IN SENSO CONTRARIO

 

VIII COMMISSIONE PERMANENTE
(Ambiente, territorio e lavori pubblici)
RELAZIONE    DI    MINORANZA
sui
DISEGNI DI LEGGE
Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2016 e bilancio pluriennale per il triennio 2016-2018 (3445)
Stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per l'anno finanziario 2016 e per il triennio 2016-2018 (Tabella n. 9)
Nota di variazioni al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2016 e bilancio pluriennale per il triennio 2016-2018 (3445-bis)
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016) (3444)
dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle

      L'VIII Commissione,

          premesso che:

              nonostante si registrino delle variazioni positive – tra cui circa 40 milioni di euro derivanti dagli interventi durante l'esame al Senato – le risorse finanziarie stanziate dallo Stato per la spesa primaria per la protezione dell'ambiente e l'uso e gestione delle risorse naturali, pari allo 0,5 della spesa primaria complessiva del bilancio dello Stato, appaiono ancora inadeguate, soprattutto se si tiene conto che le stesse subiscono una riduzione nel 2017 e 2018, attestandosi allo 0,4 per cento della spesa primaria complessiva;

              la conferma della politica di detassazione degli immobili, come annunciata dalla nota di aggiornamento al DEF, attraverso l'eliminazione dell'imposizione fiscale su prima casa e sui terreni agricoli e macchinari imbullonati; una scelta in parte comprensibile, ma che non sembra

risolvere l'esigenza di gettito per le amministrazioni locali, tra l'altro attraverso una disposizione che penalizza i ceti sociali più deboli; a questo va aggiunto che la lettera c) del comma 8 prevede un'incomprensibile agevolazione per i costruttori, esentati dal pagamento della TASI;

              la Commissione esamina il provvedimento nello stesso giorno in cui l'aula ha affrontato un nuovo dibattito in vista della XXI Conferenza della Parti (COP 21) della Convenzione quadro della Nazioni Unite sui cambiamenti climatici prevista dal 30 novembre all'11 dicembre a Parigi, e va sottolineato che l'unico finanziamento previsto a questo titolo per il 2016 nel disegno di legge sulla Legge di Stabilità ammonta a 16,350 milioni di euro (circa lo 0,05 per cento dell'ammontare complessivo della Manovra, 31,6 mld) finalizzato a regolamentazione del settore elettrico, nucleare, energie rinnovabili ed efficienza energetica; su questo punto il Governo deve passare dalle molte, forse troppe, parole, a cominciare dal cosiddetto «Green Act» del gennaio 2015, a misure più concrete e pragmatiche riguardanti, tra l'altro: l'efficienza energetica, le fonti rinnovabili, l'adattamento ai cambiamenti climatici, la fiscalità, i trasporti, le filiere produttive, la ricerca e l'innovazione;

              appare indubbiamente apprezzabile la conferma anche per il 2016 delle detrazioni fiscali del 65 per cento per le spese sostenute per interventi di recupero del patrimonio edilizio e di efficienza energetica degli edifici, ma su questo il M5S da tempo afferma la necessità di una loro conferma strutturale, anche per dare maggiori certezze ad un settore – quello edilizio – che deve spostare il proprio ambito di intervento dalla realizzazione di nuovi immobili, spesso di bassa qualità, consumando ancora suolo fertile alla riqualificazione e valorizzazione del patrimonio edilizio esistente;

              il rifinanziamento dei parchi nazionali – attraverso l'introduzione del comma 129, durante l'esame al Senato – è sicuramente un segnale positivo dopo anni di progressivo indebolimento del sistema di tutela delle aree protette e sarebbero necessarie ulteriori azioni in questa direzione, a cominciare dall'istituzione di nuovi parchi nazionali;

              preoccupa l'inserimento del comma 193 (che, tra l'altro, è la riproposizione di una norma contenuta all'articolo 57 del collegato ambientale), che modifica l'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 357/1997, di recepimento della Direttiva Comunitaria «Habitat», introducendo una delega delle competenze regionali riguardanti l'applicazione della Valutazione di Incidenza ai Comuni sopra i 20mila abitanti su alcuni interventi di carattere edilizio anche con incremento di volumetrie o delle superfici coperte che rischia di portare all'apertura di una Procedura d'infrazione comunitaria (su cui è già in corso la procedura EU – Pilot 6730/14/ENVI); il M5S proporrà un emendamento per la sua soppressione;

              con il comma 253, viene istituito un fondo finalizzato agli interventi di carattere economico, sociale e ambientale nella zona della terra dei fuochi, con una dotazione di 150 milioni di euro per gli anni 2016 e 2017; l'individuazione di nuove risorse è indubbiamente un primo passo, ma sicuramente non basta; è necessario, inoltre, predisporre misure volte ad arginare fattivamente il fenomeno degli sversamenti di rifiuti tossici nelle zone agricole e ad alta intensità abitativa, attraverso la fornitura di mezzi economici e risorse umane necessarie al controllo del territorio, destinando maggiori risorse ai corpi di polizia ambientale specializzati e già operanti nella zona; è altresì necessario ulteriore supporto agli investimenti degli enti tecnici di controllo, al fine di favorire i controlli incrociati tra enti differenti (quali ad esempio Camere di commercio, Agenzie delle entrate, Agenzie delle dogane, Asl) per una più veloce emersione degli illeciti e per un monitoraggio costante dell'intero territorio della Regione Campania attraverso una capillare rete di sistemi di video-sorveglianza;

              sarebbe opportuno stanziare inoltre adeguati fondi per immediati interventi di bonifica dei terreni contaminati attraverso l'esclusione delle somme impiegate dal patto di stabilità interno e procedere al completamento dell'analisi e mappatura di tutti i terreni, anche di natura non agricola, al fine di identificare situazioni di inquinamento dei suoli e delle falde in tutto il territorio interessato e dei terreni non idonei alla produzione di alimenti;

              si giudica del tutto inadeguato rispetto all'impegno economico assunto, l'intervento di proroga delle operazioni «strade sicure» che hanno visto forze militari impegnate in attività di controllo in materia di rifiuti, attività che riescono a produrre risultati efficaci solo se svolte da personale specializzato e qualificato nell'ambito di operazioni d'indagine di ampio respiro in grado di identificare gli effettivi responsabili delle gestioni illecite dei rifiuti collegate alle attività «in nero» che sfuggono ai controlli sulla corretta gestione dei rifiuti da loro prodotti. Occorre indirizzare gli investimenti dello Stato per permettere maggiori controlli alle forze di polizia specializzate ed agli enti tecnici agevolando il coordinamento delle indagini e il rafforzamento delle unità di personale e dei mezzi necessari a svolgere i controlli di cui sono carenti i reparti specializzati;

              la genericità della destinazione delle somme di 150 milioni per ciascun anno 2016-2017 per attività di carattere economico sociale ed ambientale in terra dei fuochi non offre alcuna garanzia che i capitali siano investiti in politiche volte a realizzare soluzioni strutturali alle problematiche ancora esistenti;

              positivi i commi 371 e 372 sulle ciclovie turistiche, che si spera possano essere il segnale dell'avvio di una politica di valorizzazione ed incentivazione di una forma di turismo sostenibile e di straordinaria potenzialità in un paese come l'Italia;

              il comma 489 reca, come recitava la rubrica dell'articolo 42 del testo depositato in Senato, «Disposizioni per gli investimenti ambientali e le amministrazioni straordinarie» e prevede, al fine di garantire l'applicazione delle prescrizioni AIA, la possibilità per l'organo commissariale di ILVA S.p.a. di contrarre finanziamenti per un ammontare di 800 milioni di euro assistiti dalla garanzia dello stato. Essi, costituiscono un'anticipazione finanziaria delle somme raccolte dall'emissione di obbligazioni. Al fine di garantire i predetti finanziamenti, è necessario incrementare il fondo istituito presso il ministero dello Sviluppo economico finalizzato ad integrare le risorse iscritte sul bilancio statale destinate alle garanzie rilasciate dallo Stato (articolo 3 comma 1-ter del decreto-legge n. 1 del 2015) di 400 milioni di euro; in pratica, nonostante i numerosi decreti-legge Salva Ilva, il Governo si impegna ancora una volta a garantire, per la realizzazione delle prescrizioni AIA, i debiti contratti da ILVA S.p.a, al fine di consentire la prosecuzione di quell'attività di impresa che ha determinato danni ambientali e sanitari incalcolabili. Tali prescrizioni avrebbero già dovuto essere attuate a tutela della salute pubblica e dei lavoratori, nonché a fronte delle possibili conseguenze economiche derivanti dalla procedura di infrazione Europea in corso. Al fine di garantire una maggiore trasparenza sull'impiego di denaro pubblico, sarebbe stato opportuno verificare se le risorse già stanziate siano state effettivamente destinate al risanamento e alla bonifica ambientale;

              per quanto riguarda le grandi opere infrastrutturali è apprezzabile la prima inversione di tendenza rispetto alla destinazione delle risorse che finalmente vedono una quota significativa dell'ammontare complessivo della manovra destinato agli interventi sulla rete ferroviaria e stradale esistente, anche se rimane rilevante la quota di risorse assegnate alla costruzione di nuove grandi opere, che non sono giustificate dal punto di vista economico-finanziario, sociale e ambientale;

              le cosiddette infrastrutture strategiche, individuate nel Primo Programma derivante dalla legge Obiettivo pesano ancora in maniera rilevante sul complesso della Manovra 2016 con una quota dell'8,9 per cento (2,844 miliardi sui 31,6 miliardi complessivi della Legge di Stabilità presentata al Senato) che viene in assoluta prevalenza assegnata per la realizzazione di infrastrutture di trasporti a lunga distanza, quali autostrade e linee ad AV; secondo l'ultimo rapporto sull'attuazione della legge Obiettivo rispetto al costo complessivo del Programma delle infrastrutture strategiche di 375,3 miliardi di euro, il 48 per cento dell'investimento programmato attiene ad opere stradali (178,5 Mld euro), mentre solo il 39 per cento attiene ad opere ferroviarie (146 Mld euro, il 70 per cento dei quali destinato a linee ad AV). Tra le opere più contestate, sotto le lente della Corte dei Conti e dell'Autorità anticorruzione, che si continuano a finanziare anche nel 2016 il MoSE (che da solo assorbe il 16 per cento dei 2,844 Mld previsti per le grandi opere) e la Pedemontana veneta;

          è evidente, anche alla luce delle notevoli criticità – anche sotto il profilo penale – derivanti dal «sistema» delle grandi opere, come evidenziato dall'inchiesta che ha coinvolto Ercole Incalza e l'ex ministro Lupi, l'esigenza di cambiare completamente il quadro, come suggerito dal Presidente dell'ANAC e dallo stesso ministro Del Rio, che ha proposto – attraverso un intervento alla legge delega sugli appalti – il «superamento della legge obiettivo»;

              le risorse dedicate alla difesa del suolo, come ogni anno, sono ancora insufficienti, nonostante l'incremento di circa 250 milioni per il triennio registrato in tabella E;

              la spesa per la difesa del mare e del suolo, la tutela della biodiversità, delle aree protette e delle specie a rischio, i controlli e le bonifiche ambientali si attestano a una quota inqualificabile dello 1,2 per cento, nonostante i due milioni aggiuntivi destinati ai parchi nazionali, grazie ad un emendamento approvato al Senato;

DELIBERA DI RIFERIRE IN SENSO CONTRARIO
IX COMMISSIONE PERMANENTE
(Trasporti, poste e telecomunicazioni)

 

IX COMMISSIONE PERMANENTE
(Trasporti, poste e telecomunicazioni)
RELAZIONE    DI    MINORANZA
sui
DISEGNI DI LEGGE
Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2016 e bilancio pluriennale per il triennio 2016-2018 (3445)
Stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico per l'anno finanziario 2016 e per il triennio 2016-2018
(Tabella n. 3, limitatamente alle parti di competenza)
e
Stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per l'anno finanziario 2016 e per il triennio 2016-2018
(Tabella n. 10, limitatamente alle parti di competenza)
Nota di variazioni al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2016 e bilancio pluriennale per il triennio 2016-2018 (3445-bis)
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016) (3444)
dei deputati del gruppo SI-SEL

      La IX Commissione,

          esaminato, per le parti di propria competenza, il disegno di legge recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)»;

          premesso che:

              la legge di stabilità rappresenta un momento fondamentale del disegno di politica economica che ogni Governo deve realizzare;

              il deficit obiettivo per il 2016, al netto della clausola migranti, è inferiore dello 0,4 per cento del Pil rispetto a quello previsto nel 2015 (2,2 per cento rispetto al 2,6 per cento);

              per il quadriennio 2016-2019 l'avanzo primario parte dal 2 per cento per innalzarsi fino al 4,3 per cento nel

2019. Ciò equivale a non spendere una quantità rilevantissima di entrate (fino a 70 miliardi nel 2019), anche se destinate ad investimenti produttivi;

              gli alti avanzi primari previsti, in fase di bassa crescita, non sono compatibili con i livelli di sviluppo di cui il nostro paese ha bisogno;

              la manovra «vera» è di 10 miliardi;

              dei 26,5 miliardi più o meno «sicuri» della manovra ben 16,8 sono destinati semplicemente ad evitare le clausole di salvaguardia per il 2016;

              la stessa Confindustria con ottimismo parla di un incremento nel 2016 del PIL di uno scarso 0,3 per cento dovuto alla manovra, contestualmente l'industria appare in frenata (il dato peggiore dal settembre 2011) e calo dell'export ad agosto;

              le previsioni per il 2016 ( 1,6 per cento) sono troppo ottimistiche: il FMI – ad esempio – prevede 1,3 per cento;

              non ci sono risorse per gli investimenti pubblici. Si sostengono quelli privati se e quando ci saranno. Il provvedimento, infatti, prevede che circa la metà dei tagli di spesa di pertinenza dei ministeri sia quella in conto capitale, ovverosia quella per gli investimenti per investimenti pubblici, come peraltro confermato dalla Nota di aggiornamento al DEF 2015 dove si rileva una flessione delle spese in conto capitale per il 2016 pari al 2,6 per cento e per il 2017 addirittura al 7,3 per cento;

              non risultano peraltro presenti interventi significativi per rilanciare gli investimenti nel Mezzogiorno e la recente pubblicazione dell'imbarazzante Masterplan per il Sud conferma questo dato visto, che l'erogazione delle risorse ivi indicate sono quelle già previste a livello europeo e nazionale;

              appare del tutto evidente l'assenza di un piano strutturale per il rilancio dell'economia nel Mezzogiorno che non ha avuto alcun risvolto concreto, nonostante i numerosi annunci su misure speciali come il credito di imposta per aziende meridionali, la riduzione delle tasse per le imprese del sud e la decontribuzione per i nuovi assunti nelle regioni meridionali;

              a ciò si aggiunga che, come rilevato dalla Banca d'Italia in sede di audizione al Senato, il debito continua a rimanere troppo alto, mentre l'ISTAT misura una crescita 2016 troppo modesta rispetto alle attese, stigmatizzando una ripresa molto debole nel 2016 (0,1 per cento) e un po’ superiore nel 2017 (0,3 per cento);

              la manovra, in buona sostanza non persegue alcuna direzione espansiva, ma solo quella del galleggiamento economico ed elettorale (interventi sulla TASI e circolazione del contante, aiuti a pioggia alle imprese);

              la spesa pubblica viene depressa a favore del taglio delle tasse (di cui beneficiano di più i ricchi): è il vecchio sogno di Tremonti realizzato da Renzi;

              le riduzioni di imposte hanno un moltiplicatore molto minore di quello dei tagli di spese, come oramai riconosciuto anche dal FMI;

              non appare presente alcun «piano per il lavoro», ma solo ulteriore spinta alla precarizzazione del mercato del lavoro. Nonostante la propaganda del governo, i numeri parlano chiaro. Per sostenere la flebile ripresa e il lavoro, sarebbero stati necessari investimenti aggiuntivi per almeno un punto di Pil all'anno, per tre anni, da affidare ai Comuni per le piccole opere. Invece, il Governo utilizza la clausola degli investimenti senza aumentarli e introduce misure elettorali e inique;

              è una legge iniqua perché dà tutto alle imprese (gli sgravi, il taglio dell'Ires e gli sconti fiscali sugli acquisti dei macchinari) e niente o quasi a lavoratori, pensionati e giovani;

              la manovra avrebbe dovuto prevedere, nell'ambito della politica industriale nazionale, modalità per un intervento pubblico al fine di salvaguardare gli asset strategici, stimolare le innovazioni e la

ricerca, facilitare la riconversione ecologica dell'apparato produttivo, garantire i livelli occupazionali;

              viceversa, la manovra predisposta dal Governo riduce le imposte per le imprese senza avere alcuna garanzia che aumenteranno i loro investimenti, che non delocalizzeranno i loro siti produttivi o che non licenzieranno oppure che si produrranno reali incrementi occupazionali non sostitutivi;

              non si evidenziano interventi di rilievo sul fronte del rilancio dell'economia in termini di ricerca e sviluppo e cooperazione strategica tra imprese, università e centri di ricerca;

              si cerca dunque di competere sul profilo basso senza cercare di aumentare la produttività di tutti i fattori del nostro sistema produttivo, e ci si rassegna a diventare un Paese di serie B;

              persistono i tagli, per il 2016, a carico del fondo sanitario nazionale pari a 2,2 miliardi e si introducono misure «spot» per il contrasto alla povertà;

              si tratta, in buona sostanza, di una legge che riprende in larga misura le proposte della destra, hanno dichiarato Schifani e Alfano. «Mi ha copiato» ha rilanciato Berlusconi. Non a caso appaiono completamente cambiate anche le politiche per il contrasto all'evasione fiscale, mentre l'Agenzia delle entrate appare di tutto punto abbandonata a se stessa in un Paese con la più grande evasione fiscale d'Europa;

              una manovra che produrrà comunque effetti recessivi perché prosegue nella politica dei tagli alla spesa pubblica anche per coprire la diminuzione delle imposte, tagli che notoriamente hanno un moltiplicatore superiore in termini di crescita del PIL della riduzione delle tasse;

              i ceti popolari pagheranno questa politica in termini di riduzione dei servizi essenziali e di incrementi della tassazione locale, mortificando diritti basilari delle persone;

              considerato che, per quanto riguarda le parti di competenza della IX Commissione;

              il disegno di legge di stabilità 2016, sotto il profilo degli interventi nel settore delle politiche per i trasporti e le comunicazioni presenta evidenti carenze e criticità;

              oltre a risultare praticamente assenti gli investimenti pubblici in particolare nel Mezzogiorno, come già evidenziato in premessa, si rileva una grave mancanza di interventi sul fronte degli investimenti in ricerca e sviluppo nel campo della mobilità sostenibile. Poco e niente è previsto, se non un misero intervento sulle ciclovie, per la progettazione di nuovi sistemi di mobilità ecologici e sostenibili, anche attraverso la definizione di processi che possano ottimizzare la logistica dell'ultimo miglio e le attività di trasporto proprie delle compagnie private in aree urbane, tenendo in considerazione il traffico generato la congestione, l'inquinamento e il dispendio energetico;

              nessuna misura di rilevo viene prevista per accelerare l'attuazione dell'Agenda digitale e il Piano nazionale per la banda ultralarga volte ad accelerare la realizzazione della rete a banda larga e ultra-larga;

              il disegno di legge di stabilità 2016, inoltre, prevede l'inserimento del canone RAI nella bolletta dell'energia elettrica, senza considerare che il canone televisivo o canone Rai nasce come imposta posta sulla detenzione di apparecchi atti o adattabili alla ricezione di radioaudizioni televisive nel territorio italiano. La fonte giuridica, al netto delle modifiche intervenute al Senato, è e rimane comunque il regio decreto legge 21 febbraio 1938, n. 246 relativo alla Disciplina degli abbonamenti alle radioaudizioni (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 78 del 5 aprile 1938). Al riguardo il disegno di legge di stabilità prevede che il pagamento del canone Rai in bolletta debba avvenire in dieci rate mensili nei mesi da gennaio a ottobre. Le rate del canone Rai si intendono scadute il primo giorno di ciascuno

dei mesi da gennaio ad ottobre. Le somme riscosse sono riversate direttamente all'erario dalle società elettriche entro il giorno 20 del mese successivo a quello di incasso e, comunque, l'intero canone deve essere riscosso e riversato entro il 20 dicembre di ogni anno. Sono esclusi, in ogni caso, obblighi di anticipazione da parte delle imprese elettriche. L'importo delle rate deve essere oggetto di distinta indicazione nel contesto della fattura emessa dall'impresa elettrica e non è imponibile ai fini fiscali. Per via dei tempi tecnici di adeguamento dei sistemi di fatturazione per il 2016 il primo versamento delle rate scadute avviene in modo cumulativo a partire dal primo luglio 2016. Le rate scadute all'atto dell'entrata in vigore della legge di stabilità 2016 sono cumulativamente addebitate nella prima fattura successiva al 1 luglio. Le rate sono addebitate sulle fatture emesse dall'impresa elettrica aventi scadenza del pagamento immediatamente successiva alla scadenza delle rate. Le rate, ai fini dell'inserimento in fattura, si intendono scadute il primo giorno i ciascuno dei mesi da gennaio a ottobre. In buona sostanza, viene introdotto il principio della parzializzazione del canone Rai in bolletta. Un principio – anche solo sotto il profilo applicativo – di non facile esecuzione da parte dell'impresa elettrica che emette la fattura, non potendosi assimilare il pagamento del canone Rai all'oggetto di un contratto di somministrazione o fornitura di energia elettrica. Si pone, inoltre a questo punto, il quesito su dove andranno a finire i maggiori introiti derivanti dall'applicazione di questa norma. La disposizione non lo esplicita chiaramente. Gli eventuali maggiori introiti conseguiti attraverso il nuovo sistema di pagamento del canone potrebbero essere destinati direttamente alla Rai per garantire un servizio pubblico radiotelevisivo di qualità, tutelare professionalità di eccellenza e difendere e valorizzare la crescita culturale e sociale del Paese. In ogni caso, imporre tale canone nella bolletta appare un artefizio di dubbia legittimità visto e considerato che il corrispettivo di un contratto di somministrazione, quale la fornitura di energia elettrica, viene legato ad una imposta che nulla ha a che fare con tale corrispettivo. La determinazione del canone RAI dovrebbe essere, invece, definita dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di stabilità, secondo il criterio della progressività nell'imposizione fiscale generale, per cui la misura del canone di abbonamento dovrebbe essere stabilita nella dichiarazione dei redditi;

              non si prevede un adeguato finanziamento ed efficientamento del trasporto pubblico locale. Il Fondo Nazionale Trasporti istituito con la legge di stabilità per il 2013, come anche recentemente denunciato dalla Conferenza delle Regioni, non garantisce il pieno ristoro delle risorse del settore rispetto ai tagli operati negli ultimi anni ed è insufficiente a far fronte, non solo agli oneri derivanti dai contratti di servizio in essere, ma soprattutto al rinnovo del materiale rotabile, alla manutenzione straordinaria delle infrastrutture, all'innovazione tecnologica e al rinnovo dei contratti. Per garantire un ristoro completo rispetto alle decurtazioni precedenti, la dotazione del fondo dovrebbe essere elevata da 4.929 milioni di euro a 6.330 milioni di euro. Il disegno di legge di stabilità 2016, inoltre, prevede l'istituzione di un nuovo Fondo per l'acquisto di autobus, le cui risorse sono «centralizzate» dallo Stato e confluiscono al «Fondo finalizzato all'acquisto diretto, ovvero per il tramite di società specializzate, degli automezzi adibiti al trasporto pubblico locale e regionale». In questi giorni chiudendo il Decreto di Riparto per il quinquennio 2015-2019, questa norma modifica in modo sostanziale le modalità di utilizzo del Fondo e rende praticamente inutile quanto previsto, in termini di regole ed efficientamento dal decreto di riparto. Inoltre, mette a repentaglio la programmazione effettuata e le gare già in corso;

              a quanto precede fanno da contraltare gli importanti finanziamenti per le grandi opere previsti del disegno di legge di stabilità come ad esempio quelli per il

TAV e il MOSE. Si prevedono, infatti, per il TAV in Tabella E 120 milioni di euro nel 2016, 102 milioni di euro nel 2017, 293 milioni di euro nel 2017, 293 milioni di euro nel 2018 e oltre 1 un miliardo e mezzo nel 2019 e successivi. Per il Mose 350 milioni di euro nel 2016, 17 milioni di euro nel 2017, 17 milioni di euro nel 2018, 12 milioni nel 2019 e successivi;

              finanziamenti non chiari riguardano pure le autostrade e le ferrovie e, potenzialmente, anche il Ponte sullo Stretto di Messina. La Tabella E reca, infatti, un importante rifinanziamento dello stanziamento a favore di ANAS Spa, per la manutenzione straordinaria della rete stradale, la realizzazione di nuove opere e la prosecuzione degli interventi previsti dai contratti di programma già stipulati tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la società, per un importo pari a 1.200 milioni di euro nel 2016, a 1.300 milioni nel 2017 e nel 2018 e a 3.000 milioni a decorrere dal 2019; nonché una riduzione di 250 milioni di euro per l'anno 2016, relativa al contributo in conto impianti a Ferrovie dello Stato Spa, che viene contestualmente incrementato di 200 milioni di euro solo nel 2017, 600 milioni nel 2018 e 7.500 milioni a decorrere dal 2019. Gli aumenti di risorse a favore delle due società non permettono di delineare con chiarezza un quadro dei programmi di investimento, delle priorità degli interventi da adottare e delle risorse disponibili. In questi ultimi giorni peraltro si è incominciato a parlare di diretto coinvolgimento della Cassa Depositi e Prestiti, società controllata dal Tesoro di cui le Fondazioni bancari possiedono il 18,4 per cento, nella verifica sulla reale fattibilità del Ponte sullo Stretto di Messina. Cassa Depositi e Prestiti che, tra le altre cose, nell'ambito del disegno di legge di stabilità 2016, integra la propria mission anche con la qualifica di istituto nazionale di promozione, come definito dall'articolo 2, n. 3, del Regolamento (UE) n. 2015/1017 del 25 giugno 2015 relativo al Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS), secondo quanto previsto nella Comunicazione COM (2015) 361 del 22 luglio 2015 della Commissione Europea. In questo senso, la Cassa depositi e prestiti diventa l'entità giuridica deputata ad espletare attività finanziarie su base professionale, cui viene conferito il mandato per svolgere attività di sviluppo o di promozione in relazione al FEIS finalizzato a sostenere, tra le altre cose, progetti per lo sviluppo delle infrastrutture di trasporto anche mediante la creazione o la dotazione di nuove infrastrutture o di infrastrutture mancanti, anche in linea di principio aggiuntive a quelle previste dalla Rete TNT, da cui il Ponte sullo Stretto appare attualmente escluso. Attualmente è in corso una interrogazione parlamentare firmata da tutto il Gruppo per conoscere quali siano i motivi per i quali la valutazione relativa alla riattivazione del progetto del Ponte sullo stretto di Messina non coinvolga direttamente in prima battuta il Dicastero delle Infrastrutture e dei Trasporti, bensì la Cassa Depositi e Prestiti, considerato che la mozione NCD impegnava il Governo e se vi sia un collegamento con le norme relative alla Cassa Depositi e Prestiti che introdotte nell'ambito della Legge di stabilità 2016;

              per tutto quanto ciò premesso,

DELIBERA DI RIFERIRE IN SENSO CONTRARIO

 

X COMMISSIONE PERMANENTE
(Attività produttive, commercio e turismo)

 

X COMMISSIONE PERMANENTE
(Attività produttive, commercio e turismo)
RELAZIONE    DI    MINORANZA
sui
DISEGNI DI LEGGE
Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2016 e per il triennio 2016-2018 (3445)
Stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno finanziario 2016 e per il triennio 2016-2018
(Tabella n. 2, limitatamente alle parti di competenza)
Stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico per l'anno finanziario 2016 e per il triennio 2016-2018
(Tabella n. 3, limitatamente alle parti di competenza)
Stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per l'anno finanziario 2016 e per il triennio 2016-2018 (Tabella n. 7, limitatamente alle parti di competenza)
Stato di previsione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per l'anno finanziario 2016 e per il triennio 2016-2018 (Tabella n. 13, limitatamente alle parti di competenza)
Nota di variazioni al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2016 e bilancio pluriennale per il triennio 2016-2018 (3445-bis)
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016) (3444)
dei deputati Ricciatti e Ferrara

      La X Commissione,

          esaminato, per le parti di propria competenza, il disegno di legge recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)»;

          premesso che:

              la legge di stabilità rappresenta un momento fondamentale del disegno di politica economica che ogni Governo deve realizzare;

              il deficit obiettivo per il 2016, al netto della clausola migranti, è inferiore dello 0,4 per cento del Pil rispetto a quello previsto nel 2015 (2,2 per cento rispetto al 2,6 per cento);

              per il quadriennio 2016-2019 l'avanzo primario parte dal 2 per cento per innalzarsi fino al 4,3 per cento nel 2019. Ciò equivale a non spendere una quantità rilevantissima di entrate (fino a 70 miliardi nel 2019), anche se destinate ad investimenti produttivi;

              gli alti avanzi primari previsti, in fase di bassa crescita, non sono compatibili con i livelli di sviluppo di cui il nostro paese ha bisogno;

              la manovra «vera» è di 10 miliardi;

              dei 26,5 miliardi più o meno «sicuri» della manovra ben 16,8 sono destinati semplicemente ad evitare le clausole di salvaguardia per il 2016;

              la stessa Confindustria con ottimismo parla di un incremento nel 2016 del PIL di uno scarso 0,3 per cento dovuto alla manovra, contestualmente l'industria appare in frenata (il dato peggiore dal settembre 2011) e calo dell'export ad agosto;

              le previsioni per il 2016 ( 1,6 per cento) sono troppo ottimistiche: il FMI – ad esempio – prevede 1,3 per cento;

              non ci sono risorse per gli investimenti pubblici. Si sostengono quelli privati se e quando ci saranno. Il provvedimento, infatti, prevede che circa la metà dei tagli di spesa di pertinenza dei ministeri sia quella in conto capitale, ovverosia quella per gli investimenti per investimenti pubblici, come peraltro confermato dalla Nota di aggiornamento al DEF 2015 dove si rileva una flessione delle spese in conto capitale per il 2016 pari al 2,6 per cento e per il 2017 addirittura al 7,3 per cento;

              non risultano peraltro presenti interventi significativi per rilanciare gli investimenti nel Mezzogiorno e la recente pubblicazione dell'imbarazzante Masterplan per il Sud conferma questo dato visto, che l'erogazione delle risorse ivi indicate sono quelle già previste a livello europeo e nazionale;

              appare del tutto evidente l'assenza di un piano strutturale per il rilancio dell'economia nel Mezzogiorno che non ha avuto alcun risvolto concreto, nonostante i numerosi annunci su misure speciali come il credito di imposta per aziende meridionali, la riduzione delle tasse per le imprese del sud e la decontribuzione per i nuovi assunti nelle regioni meridionali;

              a ciò si aggiunga che, come rilevato dalla Banca d'Italia in sede di audizione al Senato, il debito continua a rimanere troppo alto, mentre l'ISTAT misura una crescita 2016 troppo modesta rispetto alle attese, stigmatizzando una ripresa molto debole nel 2016 (0,1 per cento) e un po’ superiore nel 2017 (0,3 per cento);

              la manovra, in buona sostanza non persegue alcuna direzione espansiva, ma solo quella del galleggiamento economico ed elettorale (interventi sulla TASI e circolazione del contante, aiuti a pioggia alle imprese);

              la spesa pubblica viene depressa a favore del taglio delle tasse (di cui beneficiano di più i ricchi): è il vecchio sogno di Tremonti realizzato da Renzi;

              le riduzioni di imposte hanno un moltiplicatore molto minore di quello dei tagli di spese, come oramai riconosciuto anche dal FMI;

              non appare presente alcun «piano per il lavoro», ma solo ulteriore spinta alla precarizzazione del mercato del lavoro. Nonostante la propaganda del governo, i numeri parlano chiaro. Per sostenere la flebile ripresa e il lavoro, sarebbero stati necessari investimenti aggiuntivi per almeno un punto di Pil all'anno, per tre anni, da affidare ai Comuni per le piccole opere. Invece, il Governo utilizza la clausola degli investimenti senza aumentarli e introduce misure elettorali e inique;

              è una legge iniqua perché dà tutto alle imprese (gli sgravi, il taglio dell'Ires e gli sconti fiscali sugli acquisti dei macchinari) e niente o quasi a lavoratori, pensionati e giovani;

              la manovra avrebbe dovuto prevedere, nell'ambito della politica industriale nazionale, modalità per un intervento pubblico al fine di salvaguardare gli asset strategici, stimolare le innovazioni e la ricerca, facilitare la riconversione ecologica dell'apparato produttivo, garantire i livelli occupazionali;

              viceversa, la manovra predisposta dal Governo riduce le imposte per le imprese senza avere alcuna garanzia che aumenteranno i loro investimenti, che non delocalizzeranno i loro siti produttivi o che non licenzieranno oppure che si produrranno reali incrementi occupazionali non sostitutivi;

              non si evidenziano interventi di rilievo sul fronte del rilancio dell'economia in termini di ricerca e sviluppo e cooperazione strategica tra imprese, università e centri di ricerca;

              si cerca dunque di competere sul profilo basso senza cercare di aumentare la produttività di tutti i fattori del nostro sistema produttivo, e ci si rassegna a diventare un Paese di serie B;

              persistono i tagli, per il 2016, a carico del fondo sanitario nazionale pari a 2,2 miliardi e si introducono misure «spot» per il contrasto alla povertà;

              si tratta, in buona sostanza, di una legge che riprende in larga misura le proposte della destra, hanno dichiarato Schifani e Alfano. «Mi ha copiato» ha rilanciato Berlusconi. Non a caso appaiono completamente cambiate anche le politiche per il contrasto all'evasione fiscale, mentre l'Agenzia delle entrate appare di tutto punto abbandonata a se stessa in un Paese con la più grande evasione fiscale d'Europa;

              una manovra che produrrà comunque effetti recessivi perché prosegue nella politica dei tagli alla spesa pubblica anche per coprire la diminuzione delle imposte, tagli che notoriamente hanno un moltiplicatore superiore in termini di crescita del PIL della riduzione delle tasse;

              i ceti popolari pagheranno questa politica in termini di riduzione dei servizi essenziali e di incrementi della tassazione locale, mortificando diritti basilari delle persone;

          considerato che, per quanto riguarda le parti di competenza della X Commissione:

              il disegno di legge di stabilità 2016, sotto il profilo degli interventi nel settore delle politiche industriali presenta evidenti carenze e criticità;

              oltre a risultare praticamente assenti gli investimenti pubblici in particolare nel Mezzogiorno, come già evidenziato in premessa, si rileva una assenza totale di interventi sul fronte degli investimenti in ricerca e sviluppo nel campo delle energie rinnovabili, del risparmio energetico e sei servizi collettivi ad alto contenuto tecnologico, nonché nell'ideazione di nuovi prodotti che realizzino un significativo miglioramento della protezione dell'ambiente per la salvaguardia dell'assetto idrogeologico e le bonifiche ambientali, nonché nella prevenzione del rischio sismico;

              nulla si prevede in materia di incremento dell'efficienza negli usi finali dell'energia nei settori civile, industriale e

terziario, compresi gli interventi di social housing;

              nulla su processi di produzione o di valorizzazione di prodotti, processi produttivi od organizzativi ovvero servizi che, rispetto alle alternative disponibili, comportino una riduzione dell'inquinamento e dell'uso delle risorse nell'arco dell'intero ciclo di vita; nulla sulla pianificazione di interventi nell'ambito della gestione energetica, attraverso lo sviluppo di soluzioni hardware e software che consentano di ottimizzare i consumi, e della domotica;

              nulla sullo sviluppo di soluzioni per la gestione del ciclo dei rifiuti, con particolare riferimento ai modelli di raccolta, trattamento e recupero, e per la gestione idrica, attraverso la progettazione di strumenti che garantiscano un monitoraggio più attento della rete idrica;

              poco e niente se non un misero intervento sulle ciclovie per la progettazione di nuovi sistemi di mobilità ecologici e sostenibili, anche attraverso la definizione di processi che possano ottimizzare la logistica dell'ultimo miglio e le attività di trasporto proprie delle compagnie private in aree urbane, tenendo in considerazione il traffico generato la congestione, l'inquinamento e il dispendio energetico;

              praticamente niente per a sostenere la nascita di imprese operanti nei settori delle tecnologie innovative e lo sviluppo delle imprese operanti in settori a tecnologia avanzata, con particolare riferimento alle piccole e medie imprese, nonché a favorire la valorizzazione e il trasferimento del patrimonio di conoscenza scientifica e tecnologica presente nel sistema della ricerca pubblica e privata per incrementare lo sviluppo economico, compresi gli spin off accademici, al fine di sviluppare processi di ricerca comuni tra imprese, università e centri di ricerca;

              l'unico intervento di rilievo riguarda la proroga dell'Ecobonus che, comunque, non viene stabilizzato;

              risultano insoddisfacenti gli interventi per la tutela e la promozione del Made in Italy e nessuna misura viene prevista per accelerare l'attuazione dell'Agenda digitale e il Piano nazionale per la banda ultralarga volte ad accelerare la realizzazione della rete a banda larga e ultra-larga;

              non vi sono misure per definire una volta per tutte l'annoso problema della restituzione dei debiti vantati dalle pubbliche amministrazioni nei confronti delle imprese e si evidenzia l'assenza di interventi per favorire la liquidità delle imprese stesse a partire dal rifinanziamento del Fondo di Garanzia per le PMI;

              le uniche risorse significative del settore industriale sono collegate in gran parte a quello militare basti pensare che nella legge di stabilità per sono stanziati complessivi 870 milioni di euro, distribuiti nel periodo 2016-2025, del programma di sviluppo delle unità navali classe FREMM (di cui 100 milioni di euro nel 2016) nonché 1.640 milioni di euro, distribuiti nel periodo 2016-2021, per alcuni programmi aeronautici ad alto contenuto tecnologico. Inoltre, si prevede un significativo rifinanziamento degli interventi per lo sviluppo e la competitività delle industrie operanti nel settore aeronautico pari a 25 milioni di euro per il 2018 e a 700 milioni di euro per il periodo 2019-2032 (Tab. E);

          per tutto quanto ciò premesso,

DELIBERA DI RIFERIRE IN SENSO CONTRARIO
XI COMMISSIONE PERMANENTE
(Lavoro pubblico e privato)

 

XI COMMISSIONE PERMANENTE
(Lavoro pubblico e privato)
RELAZIONE    DI    MINORANZA
sui
DISEGNI DI LEGGE
Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2016 e bilancio pluriennale per il triennio 2016-2018 (3445)
Stato di previsione del Ministero e delle politiche sociali per l'anno finanziario 2016 e per il triennio 2016-2018
(Tabella n. 4, limitatamente alle parti di competenza)
Nota di variazioni al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2016 e bilancio pluriennale per il triennio 2016-2018 (3445-bis)
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016) (3444)
dei deputati Placido e Airaudo

      La XI Commissione,

          esaminato, limitatamente alle parti di competenza, lo stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (Tabella n. 4) del bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2016 e del bilancio pluriennale per il triennio 2016-2018 (Atto Camera n. 3445), la relativa Nota di variazioni (Atto Camera n. 3445-bis), nonché le connesse parti del disegno di legge di stabilità 2016 (Atto Camera n. 3444);
      premesso che:

          la legge di stabilità rappresenta il principale strumento di programmazione economica e finanziaria del Paese;

          nonostante le stime di crescita del PIL per il biennio in corso, su cui dovrebbero basarsi la sostenibilità delle finanze pubbliche e la progettazione della legge di stabilità, siano state, per la prima volta dal 2010, riviste al rialzo (0,9 per cento nel 2015 e 1,6 per cento nel 2016 rispettivamente contro lo 0,7 per cento e l'1,4 per cento stimato ad aprile), con la legge di stabilità 2016 il Governo scommettendo quasi tutto sul mercato, trascura due leve capaci di svalutare la competitività del lavoro: l'alto livello di disoccupazione giovanile e la deflazione salariale;

          anche nel quadro macroeconomico programmatico del Governo si prevede un

tasso di disoccupazione sopra il 10 per cento anche al 2019. Quindi nonostante la «manovra Fornero» e senza cambiamenti dell'assetto previdenziale, si programma, per tutti i prossimi cinque anni, un tasso di disoccupazione giovanile attorno al quaranta per cento, una previsione programmatica che andrebbe letta accanto a quella sul costo del lavoro. Così come, nel quadro previsionale 2015-2018 i salari crescerebbero meno della produttività e, in alcuni anni, anche dell'inflazione: in tal modo, la quota distributiva del reddito nazionale destinata al lavoro, già pesantemente ridotta prima della crisi, si ridimensionerebbe ulteriormente, rivelandosi una scelta poco sensata, anche alla luce del dato sull'inflazione, che si prevede al di sotto del 2 per cento fino al 2020;

          di contro, nel provvedimento non vi è alcuna traccia di misure capaci di fronteggiare la crisi di domanda e occupazionale e di qualificare l'offerta e il lavoro. Solo l'avvio di un ambizioso «Piano per il lavoro», che preveda l'investimento di almeno 10 miliardi di euro investiti nella creazione diretta di occupazione, per la produzione di beni e servizi utili socialmente (beni ambientali, beni pubblici, beni comuni, beni sociali, ecc.) e che potrebbe generare in un triennio oltre 700.0000 nuovi occupati, tra pubblico e privato, per effetto dei nuovi settori e dei nuovi mercati indotti, riportando così il tasso di disoccupazione vicino al livello pre-crisi e aumentando la crescita del PIL di almeno 3 punti percentuali;

          da un'attenta lettura del testo si evince, inoltre, che gli investimenti pubblici non aumenteranno, malgrado la clausola di flessibilità europea preveda lo sblocco di risorse da cofinanziare per investimenti che rientrino nei programmi europei, né vi è traccia di risorse pubbliche da destinare nel 2016 a una nuova politica industriale di sostegno alla domanda, allo sviluppo locale e alla riqualificazione dell'offerta produttiva;

          di più: il disegno di legge di stabilità per il 2016 ignora il Mezzogiorno, quando invece dovrebbe costituire proprio l'occasione per definire un primissimo perimetro d'azione possibile. Selettività degli incentivi, fiscalità di vantaggio, credito d'imposta per investimenti in ricerca e innovazione e rafforzamento della dotazione del Fondo per lo sviluppo e la coesione, sarebbero piuttosto alcune delle misure da collocare all'interno di una cornice complessiva che metta il sud al centro dell'agenda politica del governo;

          i capitoli della previdenza non prevedono, di fatto, alcun nuovo finanziamento: le norme sono parziali e inefficaci e soprattutto non risolvono i problemi aperti nel nostro sistema pensionistico. Non c’è, infatti, alcun riferimento alla flessibilità in uscita per il diritto a pensione, rinviandosi tutto al prossimo anno, adducendo il fatto che, al fine di non commettere nuovi errori, devono essere studiate le giuste soluzioni e trovare le adeguate risorse economiche, dimenticando che senza flessibilità in uscita non c’è nuova occupazione e che senza nuova occupazione non c’è nemmeno la ripresa economica;

          le sole tre misure di carattere previdenziale, la settima salvaguardia per i lavoratori «esodati»; la «proroga» del regime sperimentale «opzione donna»; il part-time in uscita chiamato «invecchiamento attivo». Tutte e tre le misure presentano vari problemi:

              a) la «settima salvaguardia» non chiude definitivamente la questione esodati, riferendosi soltanto a 26.300 lavoratori, mentre dai dati INPS quelli ancora scoperti e da tutelare sono 49.500; inoltre il testo predisposto dal Governo è ben diverso dal testo unificato approvato dalla Commissione Lavoro della Camera essendo scomparse le tutele per i «quota 96» della scuola e per i macchinisti;

              b) la proroga dell’«opzione donna» prevede che i requisiti per il diritto a pensione devono essere raggiunti entro il 31 dicembre 2015, nulla innovando rispetto alla situazione preesistente, ed il

suo finanziamento sottrae risorse al Fondo per gli esodati;

              c) la norma sul part-time in uscita è di carattere sperimentale, ha un finanziamento molto basso, che peraltro vincola l'accoglimento delle domande presentate dai lavoratori; vale solo per coloro che raggiungeranno il diritto alla pensione di vecchiaia entro il 31 dicembre 2018 con una possibilità di anticipo di tre anni; non prevede alcuna assunzione di giovani. Ricordiamo che tale norma si affianca a quella prevista nel decreto legislativo n. 148 del 2015 che prevede, però, tale possibilità sia agibile in presenza di contratti collettivi e con una contestuale assunzione part-time di giovani.

      Altrettanto grave e sconcertante è la proroga, fino al 2018, della riduzione della rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici per garantire la copertura del provvedimento della estensione della no tax area dal 2017 ai redditi da pensione e il finanziamento della opzione donna;

          il Governo continua, ormai da anni, a tagliare risorse a patronati e CAF, per i quali prescrive l'obbligo del visto di conformità che aumenta i livelli insostenibili i premi assicurativi, palesando la volontà di voler colpire le rappresentanze sociali e la loro funzione di assistenza, senza curarsi del fatto che per raggiungere il suo obiettivo si colpiscono milioni di cittadini che, rinunciando ad un servizio gratuito, sarebbero costretti, in assenza di patronati e CAF, a rivolgersi direttamente all'INPS, all'INAIL, alle prefetture, all'Agenzia delle entrate;

          insufficiente appare anche il rifinanziamento di 250 milioni di euro degli ammortizzatori sociali in deroga, totalmente insufficiente al fabbisogno. La precedente copertura prevista per il 2016, pari a 400 milioni, è stata totalmente esaurita nel corso del 2014 e 2015. L'incremento pertanto doveva valere almeno il doppio e cioè 500 milioni di euro;

          i commi da 83 ad 86 dell'articolo 1, riducono la quantità dell'esonero contributivo (con la riduzione del 60 per cento in un anno) e sia la durata (con la diminuzione di un anno), già introdotta con la legge finanziaria 2016, trascurando l'assenza di vincoli di qualsiasi tipo che obblighino a destinare le risorse date alla creazione di nuova occupazione aggiuntiva, tenendo ben ferme le normative contrattuali. Si continua con l'idea di lasciare mano libera all'impresa, con i risultati e le conseguenze noti;

          inoltre, la struttura dell'esonero è di troppo facile accesso. Essa, infatti, non è vincolata né a verifiche sul territorio, né a requisiti soggettivi del soggetto da assumere. Sarebbe stato, invece, auspicabile un maggiore incentivo per le aziende del Sud o per quelle zone del Paese in cui si registra un tasso di disoccupazione più alto della media nazionale, ed una serie di requisiti, come formazione ed età della persona da assumere, che lo rendessero alternativo all'apprendistato;

          sempre con riferimento al suddetto esonero contributivo, l'importo agevolato scende dagli 8.060 euro su base annua per trentasei mesi, previsti dalla legge di stabilità 2015 a 3.250 euro. A conti fatti per il settore privato, come ad esempio quello del commercio, i cui contratti scontano un'aliquota INPS complessiva del 38,17 per cento sull'imponibile, il 28,98 per cento del quale a carico dell'azienda, i rapporti di lavoro totalmente agevolati risulteranno quelli il cui imponibile contributivo è pari a circa 11.000,00 euro contro i 27.800,00 euro sul quale calcolare l'esonero riconosciuto dalla legge di stabilità dello scorso anno. È pertanto prevedibile un aumento dei rapporti di lavoro part-time con orari di lavoro fra le venti e le venticinque ore settimanali, essendo l'imponibile contributivo pari ad 11.000 euro riconducibile ai soli rapporti di lavoro a tempo parziale;

          sarebbe stato pertanto necessario introdurre un meccanismo premiale che riconoscesse l'esonero contributivo alle sole aziende che promuovono un incremento occupazionale da verificare ricorrendo,

ricorrendo ai parametri IRAP per calcolare le ULA (Unità Lavorative Anno);

          sempre con riferimento ai meccanismi di proroga dell'esonero contributivo per assunzioni a tempo indeterminato sarebbe opportuno introdurre un meccanismo che leghi l'incentivo non ad un «valore assoluto» ma ad una percentuale di sgravio sui contributi dovuti dall'azienda, come si opera, di solito, in tutti i casi di agevolazioni contributive;

          le disposizioni di cui ai commi da 87 a 95 dell'articolo 1, che «incentivano» la contrattazione aziendale anche e soprattutto in tema di welfare aziendale soprattutto nelle diversità presenti (detassazione completa in caso di welfare e cedolare in caso di salario diretto) segnano fortemente una direzione di marcia del Governo verso l'idea di un welfare aziendale/privato che rischia di essere antitetico a quello universale pubblico sottoposto a tagli di spesa;

          il suddetto regime fiscale dei premi di produttività, oltre a non apparire equo, attua una discriminazione fra i lavoratori che lavorano in aziende strutturate, dove esiste una contrattazione di secondo livello ed una partecipazione agli utili e quelli che prestano la loro opera in aziende dove ci sono riduzioni forzate dell'orario di lavoro. Il premio di produttività detassabile può essere anche decontribuito, grazie all'articolo 1, comma 68, della legge n. 247 del 2007, norma che però non è stata resa strutturale dalla legge n. 92 del 2012, generando una confusione normativa legata anche alla circostanza che lo stanziamento delle somme necessarie è effettuato solo a posteriori, ovvero nel caso in cui siano presenti «avanzi di cassa»;

          riguardo allo stesso regime fiscale sarebbe stato necessario anche rivedere opportunamente i limiti attualmente indicati dal testo unico delle imposte sui redditi ed ancora fermi ai parametri individuati prima dell'introduzione dell'euro, come ad esempio la soglia di 258 euro per le cessioni dei beni e dei servizi prestati ai dipendenti, eliminando nel contempo anche la norma del comma 3 dell'articolo 51 del medesimo testo unico. Andrebbe parimenti adeguata la soglia di 2.582 euro al di sotto della quale si considera fiscalmente a carico un famigliare o un congiunto, soprattutto in considerazione di una norma che prevede il non assoggettamento fiscale dei redditi di lavoro dipendente ottenuti con i voucher (che, al contrario, sono esenti da imposizione fiscale fino ad 7.000 euro e non rientrano nell'ISEE) così come la soglia della quota esente per trasferte tra Italia e estero, ferma a valori individuati nel 1986,

DELIBERA DI RIFERIRE IN SENSO CONTRARIO