• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA

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Atto a cui si riferisce:
C.4/02240 nel dicembre del 1982 venne approvato il progetto per la costruzione della diga di Gimigliano (Catanzaro) sul fiume Melito, ai piedi dell'altopiano della Sila il quale avrebbe dovuto dar vita al...



Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-02240presentato daPARENTELA Paolotesto diMartedì 22 ottobre 2013, seduta n. 102

PARENTELA, MANNINO, BRUGNEROTTO, GALLINELLA, MUCCI, LOMBARDI, GAGNARLI, L'ABBATE, LUPO, DAGA, TERZONI, BENEDETTI, TOFALO, LUIGI DI MAIO, D'UVA, BARBANTI, NESCI e DIENI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
nel dicembre del 1982 venne approvato il progetto per la costruzione della diga di Gimigliano (Catanzaro) sul fiume Melito, ai piedi dell'altopiano della Sila il quale avrebbe dovuto dar vita al lago Azzurro;
il progetto sarebbe dovuto essere la più grande opera in cantiere al Sud, una delle più estese d'Europa: 15 milioni di metri cubi di materiale, 108 metri di altezza massima per uno sviluppo a corona di 1,5 chilometri e la capacità di ingabbiare 108 milioni di metri cubi d'acqua, che dovrebbero spegnere la sete di mezzo milioni di calabresi in 50 comuni, oltre a centinaia di aziende agricole e imprese. E un costo elevato: 259,7 milioni (502 miliardi di lire), di cui 52,4 milioni impegnati;
il progetto in questione fu approvato e finanziato con 503 miliardi di lire dalla Cassa per il Mezzogiorno e l'appalto fu affidato al consorzio di bonifica Alli Punta di Copanello (oggi Consorzio di bonifica ionio-catanzarese);
nel 1990 i lavori furono concessi alla società pubblica Italstrade per 97,4 milioni. Durante i lavori emerge un'inadeguatezza nella tenuta della spalla destra dell'opera. Così si decise di superare l'ostacolo rivestendo l'area con la pietra verde di Gimigliano al fine di rinforzarne la struttura;
nel 1993 il Ministero dell'ambiente dispose la sospensione dei lavori a causa di una valutazione di impatto ambientale carente e di conseguenza l'Italstrade abbandonò il cantiere e il progetto;
nel 2003 l'Astaldi, che nel frattempo ha acquisito l'Italstrade, siglò l'atto transattivo con il consorzio divenendone definitivamente appaltatrice dei lavori;
durante lo stesso anno il Governo Berlusconi dichiarò che i lavori sarebbero ripresi, e che si concluderanno entro il 2010, mettendo a disposizione 262 milioni di euro per il completamento. Una località vicina al cantiere viene espropriata, duecento famiglie trasferite: le loro case, nel progetto, saranno inabissate. In realtà la gente continua a vivere nelle case espropriate ed il comune di Fossato Serralta (Catanzaro) continua a dover garantire i servizi pubblici essenziali nella zona;
in data 11 settembre 2003 riprendono i lavori, che proseguirono a «sviluppo ridotto» sino all'aprile del 2005, quando l'Astaldi sollevò dubbi sull'eseguibilità del progetto e invocò l'arbitrato per risolvere le controversie tecniche emerse. L'opera sarebbe risultata insicura, non sarebbe stata in grado di contenere la portata d'acqua prevista. Il consorzio, da cui dipende il futuro dell'opera, invece di trovare una soluzione tecnica, decise di rescindere il contratto con l'Astaldi, e riappaltò i lavori alla Safab spa. Un provvedimento che scatenò la rabbia dei vertici dell'azienda, che, dunque, si rivolsero al Tribunale. I giudici condannarono il consorzio a pagare 37 milioni di euro come risarcimento;
nel 2006, il sottosegretario di Stato pro tempore alle infrastrutture, onorevole Meduri, nel rispondere all'interrogazione 3-00154 del 3 ottobre 2006 dell'onorevole Iovene, aveva garantito la consegna dei lavori entro il 10 gennaio 2010;
nel 2009 ripartirono i lavori gestiti dalla Safab spa, con la speranza di conseguire la consegna degli stessi entro il 2015;
nel 2010 i lavori vennero bloccati nuovamente a seguito di un'informativa del prefetto di Roma che aveva rilasciato un'informativa antimafia negativa nei confronti della Safab spa a causa degli stretti rapporti tra la società ed un imprenditore arrestato nel luglio del 2009 nell'ambito dell'operazione antimafia «cerberus»;
oggi la zona dell'invaso, che avrebbe dovuto accogliere turisti, produzione di energia e fornitura di acqua per circa mezzo milione di cittadini calabresi versa in un totale stato di abbandono, con serie ripercussioni sul territorio sia dal punto di vista ambientale che economico –:
se il Governo sia aggiornato sui fatti esposti e quali siano le iniziative che intenda assumere per permettere la risoluzione della problematica relativa alla diga sul Melito considerata l'importanza dell'opera e dei finanziamenti erogati;
se non ritenga opportuno aggiornare i cittadini calabresi sull'intenzione di proseguire o meno i lavori in progetto da ormai oltre 30 anni;
se non si ritenga opportuno, visto lo stato di degrado presente tuttora sul territorio interessato, valutare di bonificare l'area qualora non vi fossero opportunità di prosecuzione dei lavori. (4-02240)